Proletariato: differenze tra le versioni
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, ''capite censi''<ref name="LivioI42">[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', I, 42.</ref> o ''adcensi'') sono termini variamente definiti a seconda degli approcci socio-economici e a seconda delle epoche storiche di riferimento.
▲Il termine ''proletarii'' venne usato già nell'[[Storia romana|antica Roma]] regia e repubblicana e viene con alterne vicende traslato fino all'oggi. Proletariato infatti ricorre negli scritti del giurista inglese [[Sir Thomas Smith|Thomas Smith]] del XVI secolo,<ref>Sir Thomas Smith, ''The Commonwealth of England'', 1583.</ref> a indicare la classe sociale economicamente più bassa tra le quattro individuate e successivamente lo si legge in [[Bernard de Mandeville]], [[Montesquieu]], [[Rousseau]], nel ''Dictionnaire des travaux'' (Jacques Binet Tarbé de Vauxclairs) e nell'''[[Encyclopédie]]'' di [[Diderot]]. Ricompare sempre più frequentemente dopo la [[rivoluzione francese]] del 1789 in contesti socialisti, in [[Saint-Simon]], [[Auguste Blanqui|Blanquii]], e in [[Félicité de Lamennais|de Lamennais]] e [[Louis Blanc|Blanc]], prima di essere interpretato nel senso strettamente marxista di classe circa dalla metà del XIX secolo.
Lo stesso significato di origine marxista muterà nel corso del XX secolo, riveduto da una parte dall'approccio [[Leninismo|leninista]] dove il proletariato è organicamente incapace di diventare una "classe per se stessa" se non mediante l'azione del [[Partito comunista|partito]] guidato dagli intellettuali, dall'altra dal cosiddetto [[Revisionismo del marxismo|revisionismo]] di [[Eduard Bernstein]], prodromo della [[socialdemocrazia]].
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