Gilgameš: differenze tra le versioni

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Corretto la non appartenenza della figura a gilgamesh
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[[File:GIŠBILPAP.ga.mes.jpg|upright=1.8|thumb|<sup>d</sup>GIŠ:BIL:PAP.ga.mes (<sup>d</sup>GIŠ.NE.PAP.GA.MES). Particolare del retro (colonna 3) della tavola inerente alla Lista degli dèi rinvenuta a Fāra (Šurrupak, circa 2500 a.C.) e oggi conservata al Vorderasiatisches Museum di Berlino. È il primo testimone in assoluto che riporti il nome di Gilgameš. Da notare, in alto a sinistra, il segno {{simbolo|AN (cuneiforme).JPG}} (''dingir'') che ne attesta la divinità.]]
[[File:Hero lion Dur-Sharrukin Louvre AO19862.jpg|thumb|Eroefigura armatodi cheGilgamesh con in domamano il leonesuo gatto inseparabile, il suo nome vuole indicare proprio " Sono quello col gatto "; rilievo da Khorsabad, risalente al periodo di Sargon II (VIII secolo a.C.), alto m 4,45 è in pietra alabastrina; conservato presso il Museo del Louvre di Parigi. In passato tale figura è stata identificata in modo erroneo con Gilgameš; in realtà si tratta di una figura risalente al periodo protodinastico e utilizzata nei rilievi di Khorsabad per decorare i prospetti esterni delle corti<ref>Enrico Ascalone, ''Mesopotamia'', Milano, Electa, 2005, p.15</ref>.]]
[[File:Cuneiform sumer dingir.svg|thumb|Ideogramma sumerico, antico accadico e antico babilonese, per il dio An, il dio della volta celeste. Tale ideogramma, oltre ad indicare il dio, designa anche il "cielo", o una "spiga", o un "grappolo di datteri". Medesimo ideogramma esprime il sostantivo ''dingir'', termine che in sumerico indica una divinità e per questo veniva utilizzato come classificatore grafico, anteponendolo al nome, per chiarire subito che con esso si intendeva il nome di un dio. Gli studiosi traslitterano, in quest'ultimo caso, questo ideogramma con '''<sup>d</sup>'''. Tale ideogramma somiglia ad una "stella" e spesso viene individuato come tale. Il termine stella (in sumerico ''mul'') è tuttavia espresso in sumerico con la ripetizione di tre di questi ideogrammi {{simbolo|Mul.png|30}}<ref>Cfr. Pietro Mander, ''Le religioni dell'antica Mesopotamia'', p. 69.</ref>. In cuneiforme medio e neo babilonese, medio e neo assiro e ittita, il classificatore grafico della divinità, il ''dingir'', è indicato da {{simbolo|B010ellst.png|30}}. Questi classificatori sono anteposti al nome di Gilgameš per caratterizzarne la natura divina.]]
[[File:Assurbanipal op jacht.jpg|thumb|Il re assiro Aššur-bāni-apli (Assurbanipal, VII secolo a.C.) in una scena di caccia (bassorilievo del palazzo nord di Ninive, conservato al British Museum di Londra). La restituzione delle XII tavole di cui si compone l'Epopea classica babilonese della Saga di Gilgameš, la si deve alla paziente opera dell'ex incisore della zecca di stato britannica George Smith svolta fino al 1876. I resti delle tavole furono rinvenuti lungo la seconda metà del XIX secolo, sotto le macerie (Tell) della biblioteca della capitale assira Ninive, in un luogo chiamato dagli arabi Koyunjik. La distruzione della capitale assira, e della sua preziosa biblioteca, fu provocata dalla sua conquista, nel 612 a.C., da parte degli eserciti medo, guidato dal re Ḫavachštra (Ciassarre), e babilonese, guidato da re Nabû-apal-usur (Nabopolassar). Aššur-bāni-apli fu un re colto e amante della cultura, che inviava missive ai suoi luogotenenti per raccogliere a Ninive tutti i testi disponibili del suo vasto impero. Così Aššur-bāni-apli si descrive in una iscrizione: {{q|Ho appreso ciò che il saggio Adapa ha portato [agli uomini], il senso nascosto di tutta la conoscenza scritta. Sono iniziato ne[lla scienza dei] presagi del cielo e della terra. Sono in grado di partecipare a una discussione in un consesso di sapienti, di discutere la serie epatoscopica con gli indovini più esperti. So risolvere i "reciproci" e i "prodotti" che non hanno soluzione data. Sono esperto nella lettura dei testi eruditi, il cui sumerico è oscuro e il cui accadico è difficile da portare alla luce. Penetro il senso delle iscrizioni su pietra anteriori al Diluvio, che sono ermetiche, sorde e ingarbugliate.|Iscrizione "L" righe 13-18. Traduzione di René Labat in ''Storia Universale Feltrinelli'' vol. 4, Milano, Feltrinelli, 1969, p. 93}} ]]