Regia Marina: differenze tra le versioni

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[[File:Carlo Ferrari, maggiore.JPG|thumb|upright|Divisa di gala, maggiore del Corpo sanitario militare marittimo, 1924]]
 
Durante quasi tutta la vita precedente della Regia Marina le cariche di [[capo di stato maggiore]] ed anche di norma di [[ministero della Marina|ministro della marina]] erano state ricoperte da marinai competenti (escluso Persano), e fino al 1925, anche dopo l'ascesa al potere di [[Benito Mussolini|Mussolini]], il capo di stato maggiore fu Thaon di Revel; in quell'anno, dopo la crisi legata all'omicidio [[Giacomo Matteotti|Matteotti]], Mussolini assunse ''ad interim'' i tre ministeri della Guerra, della Marina e dell'Aeronautica<ref name=Rocca>{{cita libro|cognome=Rocca|nome=Gianni|titolo=Fucilate gli ammiragli. La tragedia della Marina Italiana nella seconda guerra mondiale |anno= 1987|editore=Mondadori |città=Milano|pp= 71-79|isbn=978-88-04-43392-7}}</ref>. Uno dei motivi era che, nei primi anni del governo Mussolini, uno degli intenti del governo era contenere la spesa pubblica, anche se non erano mancati avventurismi in politica estera, come la Crisi di Corfù del 1923, quindi le spese militari erano state compresse, specie per la Regia Marina. Inoltre gli ambienti navali avevano mal digerito lo scorporo della loro aviazione verso la Regia Aereonautica. Infine il fascismo, dopo l'omicidio Matteotti, conosceva la sua prima forte crisi di consenso.<ref>{{Cita libro|titolo=Fabio De Ninno, Fascisti sul mare, cit. pp.47 e ss. in particolare p. 66}}</ref>Un altro fronte di scontro, anche interno alla marina, riguardava il destino dei Regi Arsenali, ovvero della cantieristica pubblica. Il neonato regime fascista, durante il ministero di Alberto De Stefani, aveva scelto un modello fortemente liberista e favorevole ai grandi gruppi industriali, e sfavorevole ai lavoratori, riteneva inoltre che l'impresa pubblica fosse intrinsecamente inefficenteinefficiente. Infine i dipendenti dei Regi Arsenali (di cui ben 3.228 furono licenziati) erano considerati ideologicamente sospetti e vicini alla sinistra massimalista. Per queste ragioni il governo smantellò alcuni arsenali (Venezia, Napoli, Pola), riducendoli a officine per il raddobbo (riducendo ulteriormente le officine già esistenti di Ancona, Brindisi e Augusta), ridusse altri (La Spezia, Taranto) e mantenne come vera pubblica ufficina solo Castellamare di Stabbia.<ref>{{Cita libro|titolo=Fabio De Ninno, Op. cit. p. 52}}</ref> Politicamente si trattava di un forte favore alle grandi industrie private, che avevano favorito anche finanziariamente il regime (e cui era legato il sottosegretario Ciano), ma non fu un provvedimento gradito agli ufficiali, che perdevano (unica grande marina) la capacità di controllare e uniformare le costruzioni navali con grandi complessi di arsenali pubblici, capcaci anche di calmierare i prezzi e mantenre adeguata la qualità (l'uniformità delle munizioni era, quando mancava come in Italia, un gravissimo problema per la marina). Si avvenne ad un sistema in cui i cantieri privati (anche tecnologicamente arretrati) risuscivano ad attrarre forti ordini in base a legami politici con gerarchi e figure di primo piano del regime, soprattutto grazie a Costanzo Ciano che prediligeva Oto e Ansaldo contro i, pur più moderni, Cantieri Navali Riuniti dell'Adriatico, fino ad una vera e propria spartizione delle commesse su criteri esclusivamente politico-industriali e non militari.<ref>{{Cita libro|titolo=Fabio De Ninno, op. cit. pp. 144 e ss.}}</ref>
[[File:Armando Diaz AllenGren3.jpg|thumb|left|L'incrociatore ''[[Armando Diaz (incrociatore)|Armando Diaz]]'', della [[classe Condottieri (incrociatore)|classe Condottieri]] durante una visita in Australia nel 1934 o 1935.]]