Ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà: differenze tra le versioni

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La vita nel manicomio era principalmente scandita dai pasti e dalle rigide disposizioni del regolamento interno. Ad ogni cambio di turno gli [[Infermiere|infermieri]] dovevano fare la conta dei pazienti in loro consegna e riportare il tutto su di un registro detto ''vacchetta'': era infatti sotto la loro personale responsabilità l'incolumità di ogni degente. A questo fine nei turni notturni gli elementi più problematici venivano spesso costretti a letto con fasce di contenzione o [[Sedativi|sedati]] con rimedi drastici. Questo contesto segregante e disumanizzante colpiva entrambe le parti come riporta Adriano, infermiere psichiatrico:
{{citazione|Il lavoro degli infermieri è molto difficile e si mettono in moto meccanismi spontanei di autodifesa psicologica. Si instaura un adeguamento alle regole e, com'è naturale in queste situazioni, si viene inglobati dai meccanismi istituzionali senza rendersene conto, divenendo allo stesso tempo strumento e vittima della repressione manicomiale|''Adriano Pallotta, ''Scene da un Manicomio''<ref name="Pall47">Tagliacozzi, Pallotta, ''Scene da un manicomio. Storia e storie del Santa Maria della Pietà'', op. cit., p.47</ref>}}
Nei momenti vuoti i mattidegenti venivano posti nelle sorveglianze interne od esterne e lasciati a se stessi, in una nullafacenza delirante e controproduttiva. Solo occasionalmente venivano concesse delle passeggiate nel parco del manicomio.
La normale routine veniva rotta solo in due occasioni: il [[Festa dei lavoratori|primo maggio]] e il 15 settembre, ricorrenza di Santa Maria della Pietà in cui veniva organizzata una grande festa che tramutava il manicomio, anche se per poco, in un ambiente piacevole.
Alcuni pazienti denominati ''malatini'' per le loro caratteristiche tranquille e servizievoli godevano di maggiori libertà: aiutavano gli infermieri nella gestione dei degenti più impegnativi o venivano loro affidati dei lavori ''retribuiti'' all'interno del manicomio stesso. Alcuni di loro infatti lavoravano in una piccola azienda agricola, creata nell'ottica dell'[[Terapia occupazionale|ergoterapia]], rendendo quasi autosufficiente la struttura.