L'anello del Nibelungo: differenze tra le versioni

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In primo luogo la genesi del progetto risale al 1848, anno di [[Primavera dei popoli|fermenti rivoluzionari]] in tutta Europa (ai quali lo stesso Wagner prese fisicamente parte al fianco dell'anarchico [[Michail Bakunin|Bakunin]]); l'abbozzo prende quindi forma in un ambiente socio-politico atto soprattutto a denunciare il sistema capitalistico e borghese che nel primo Ottocento cominciava ad affermare il suo monopolio sulle classi lavoratrici. Tale denuncia è mascherata dalla connotazione mitica della storia, tratta dall'epopea tedesca del [[La canzone dei Nibelunghi|''Nibelungenlied'']] e dalle antiche saghe dell'[[Edda]], cui Wagner attinse per rielaborare la trama del suo lavoro.
 
Preminenti sono le figure di [[Alberich]] e [[Odino|Wotan]]. Alberich (lo gnomo nibelungo da cui la storia prende nome) è la personificazione del male assoluto, il quale si impossessa dell'oro e lo fonde forgiando un anello magico che lo rende il padrone del mondo. Wotan (l'Odino della mitologia nordica, il re degli dèi che dimora tra le nubi del [[Valhalla]]) gli si contrappone come figura inizialmente ambigua (ambisce anche lui alla potenza, inconsapevole artefice della propria rovina), in seguito sempre più conscio della necessità di rimediare ma coinvolto nell'inevitabile caduta, fino al tragico crollo del suo stesso mondo - il [[Ragnarǫk|Ragnarök]] - che ristabilisce un nuovo ordine cosmico. Tra di loro, gli eroi [[Sigfrido]] e [[Brunilde|Brünnhilde]], che dovrebbero rappresentare la luce della speranza e che invece cadono vittima della loro stessa innocenza. Solo Brünnhilde, all'ultimo momento, determinerà il riscatto delle colpe commesse, immolandosi nel grande incendio distruttore e riconsegnando l'anello maledetto alle limpide acque del fiume Reno, da dove Alberich l'aveva strappato.
 
Inizialmente, il significato finale e il suo svolgimento all'interno della vicenda non fu chiaro nemmeno allo stesso Wagner, che partì da un'idea positivistica basata sulla filosofia di [[Karl Marx|Marx]] e di [[Ludwig Feuerbach|Feuerbach]] per poi optare per un finale tragico dopo l'incontro col pensiero di [[Arthur Schopenhauer]] e la sua visione della vita. Non si trattò, però, di un cambiamento improvviso e radicale, quanto di una conferma alle sue stesse nuove concezioni filosofiche (da cui i continui cambiamenti adottati alle parole finali di Brunnhilde). Altrettanto ambiguo risulta essere - volutamente - il tema musicale che risuona alla fine del dramma, quella "redenzione" che non si sa precisamente cosa voglia significare. È bene sapere che l'autore non lo chiamava tema della "redenzione" ma tema della "glorificazione di Brünnhilde", dove il monologo finale della protagonista costituirebbe più che altro una cosmica comprensione del "fallimento di ogni desiderio" (Schopenhauer). Proprio per la presenza di numerose chiavi interpretative, l'''Anello del nibelungo'' è stato successivamente sbandierato dalle più opposte ideologie: Comunismo, Anarchia, Nazismo.