Friedrich Schelling: differenze tra le versioni

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L'inizio della seconda fase del pensiero di Schelling è generalmente situato nel [[1809]], quando vengono pubblicate le sue ''[[Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana]]''. Riprendendo alcuni temi già elaborati dai [[mistici]] tedeschi, e in particolare da [[Jakob Böhme]], Schelling ripercorre il problema già affrontato in precedenza di come far derivare la [[molteplicità]] dall'[[Uno (filosofia)|Uno]] indifferenziato. Per giustificare la presenza della diversità e della storicità, senza ridurle a semplici inganni e apparenze (che era l'accusa mossagli da Hegel), e per evitare al contempo la caduta in un [[dualismo]] insanabile in cui l'unità indistinta di Dio risulti contrapposta alla dispersione e mutevolezza del mondo, secondo Schelling occorrerà ammettere che la storia e il divenire abbiano in [[Dio]] stesso il loro fondamento.
 
Ciò è possibile solo se [[Dio]] viene inteso non come un essere statico, ma come un Dio vivo ed [[esistenza|esistente]], che accolga in sé la storia e la vita, tale per cui Egli non soltanto ''è'', ma diviene. Rifacendosi al precedente bipolarismo [[spirito (filosofia)|spirito]]/[[natura]], Schelling afferma che la [[Natura]] rappresenta l'aspetto oscuro e [[inconscio]] di Dio, un abisso profondo a partire dal quale però Dio emerge, rivelando sé stesso come Persona e facendo trionfare la luce sull'oscurità. Le tenebre di per sé non sono un principio del male, ma piuttosto il fondamento attraverso il quale Dio si attua come ''causa sui'', cioè causa di sé. È tuttavia in questo fondo oscuro che risiede la possibilità del [[male]], che dunque non è un semplice non-essere, ma una potenzialità, che richiede di essere sconfitta. È importante sottolineare come Schelling fosse stato l'unico tra i filosofi idealisti ad essersi interessato della problematica kantiana relativa al [[male radicale]], che aveva suscitato grandi polemiche anche nell'ambito della cultura tedesca, perché si pensava che Kant si fosse troppo riavvivinato alla tematica cristiana del [[peccato originale]], tradendo il duo spirito critico.
 
Dio, scegliendo il [[bene (filosofia)|bene]], ha testimoniato la vittoria sulla morte, riconciliando e riunificando in sé la natura e lo Spirito, il fondamento e l'esistenza, in maniera definitiva; l'uomo invece, che è un Dio in divenire, dove tutto è ancora provvisorio, può decidere di separare i due princìpi opposti, lacerandone l'unità. Il [[male]] è dunque il risultato della libera [[volontà]] dell'uomo che ha scelto la strada della ribellione, mettendo in atto quella scissione che in Dio era presente in forma latente, seppure come possibilità già vinta. A causa dell'intrinseca irrazionalità del male, la sola [[ragione]] non è sufficiente per sconfiggerlo, ma è necessaria anche la [[fede]]. L'uomo, che è fatto a immagine di Dio, è un essere spirituale nel quale si mostra il Creatore, ma è un Dio caduto che all'unione ha preferito la via della discordia e della [[molteplicità]]. Il tentativo dell'uomo di ricucire la separazione tra il fondo oscuro della Natura e la luce della Ragione, è indice però non solo della sua natura [[peccato|peccaminosa]], ma anche di quella [[divinità|divina]]. Nella caduta Schelling vede già implicita la [[redenzione (religione)|redenzione]].