Masaniello: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Etichette: Rimozione di avvisi di servizio Modifica visuale
m Annullate le modifiche di 93.44.41.194 (discussione), riportata alla versione precedente di Ruthven
Etichetta: Rollback
Riga 24:
 
Nonostante la breve durata, la ribellione da lui guidata indebolì il secolare dominio spagnolo sulla città, aprendo la strada per la proclamazione dell'effimera e filofrancese [[Real Repubblica Napoletana]], avvenuta cinque mesi dopo la sua morte. Questi eventi, visti in un'ottica europea, vanno comunque inquadrati all'interno della cornice della [[guerra dei trent'anni]] e la tradizionale rivalità tra [[Spagna]] e [[Francia]], anche per il possesso della [[Regno di Napoli|corona di Napoli]].
 
==Nome e luogo di nascita==
Per molto tempo si è creduto che Masaniello fosse originario di [[Amalfi]], mentre in realtà nacque a Vico Rotto al [[Mercato (Napoli)|Mercato]], uno dei tanti vicoli che circondano [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]] a Napoli. All'origine di questo equivoco c'è quel ''d'Amalfi'', che è semplicemente il cognome, ma che è stato tradizionalmente interpretato come un riferimento al luogo d'origine del capopopolo. Alcune fonti<ref>{{cita|Gleijeses|p. 452}}.</ref> sostengono che Tommaso Aniello nacque ad Amalfi, dove sarebbe stato amico di un altro singolare personaggio amalfitano, l'abate Pirone, così chiamato perché usava abusivamente la tonaca per sfuggire alla giustizia, in realtà bandito che uccideva dietro compenso, e che poi sarebbe stato anche suo collaboratore nei giorni della rivolta. Nel [[1896]], il poeta [[Salvatore Di Giacomo]] smentì la tesi dell'origine amalfitana di Masaniello, trascrivendone l'atto di battesimo reperito nella Chiesa di Santa Caterina in Foro Magno,<ref>''Foro Magno'' è l'antico nome di piazza del Mercato.</ref> che cita:
 
[[File:Iscrizione Masaniello.jpg|upright=1.1|thumb|Iscrizione presso la casa dove Masaniello nacque e visse.]]
 
{{Citazione|''A 29 giugno 1620 Thomaso Aniello figlio di Cicco d'Amalfi et Antonia Gargano è stato battezzato da me Don Giovanni Matteo Peta, et levato dal sacro fonte da Agostino Monaco et Giovanna de Lieto al Vico Rotto.''<ref>{{cita|Di Giacomo|p.84}}; {{cita|Campolieti|p. 21}}.</ref>}}
 
La celebrazione avvenne lo stesso giorno della nascita, nella stessa chiesa dove nel [[1641]] Tommaso Aniello sposò poi la sedicenne Bernardina Pisa. Lo storico [[Giuseppe Galasso]] ipotizza che l'equivoco «sia stato agevolato e incoraggiato da un consapevole atteggiamento del potere e della [[cultura ufficiale]] della Napoli spagnola. Nella ''fedelissima città'' [...] non si doveva e non si poteva ammettere la presenza di un ''infedele'', di un ribelle come colui che aveva messo in questione il governo spagnolo a Napoli».<ref>{{cita news|autore=[[Giuseppe Galasso]]|titolo=Masaniello e Maradona|pubblicazione=[[Il Mattino]]|giorno=5|mese=7|anno=1987|pagina=12}} cit. in {{cita|Musi|p. 92}}.</ref>
Il 7 luglio [[1997]], in occasione del 350º anniversario della sommossa popolare, il Comune di Napoli ha posto un'iscrizione a Vico Rotto in onore di Masaniello.
 
==Dalla nascita al 1647==
[[File:Casa di Masaniello.jpg|upright=1.1|thumb|left|Il luogo dove si trovava la casa di Masaniello a Vico Rotto al Mercato come si presenta oggi.]]
La famiglia di Masaniello era umile ma non poverissima. Il padre, Francesco (Cicco) d'Amalfi, era un pescatore e venditore al minuto. La madre, Antonia Gargano, incinta di Masaniello prima del matrimonio, era una massaia. Aveva due fratelli minori ed una sorella: Giovanni, che fu un altro capo della ribellione; Francesco, che morì durante l'infanzia; e Grazia. La casa dove visse si trovava tra la pietra del pesce, nel quartiere [[Pendino]], dove avveniva la riscossione della gabella sui prodotti ittici, e [[Porta Nolana]], dove invece avveniva quella del dazio sulla farina.<ref name="cita|Musi||Musi2">{{cita|Musi||Musi2}}.</ref>
 
Napoli era all'epoca, con circa 250.000 abitanti,<ref>Dato riportato in {{cita libro|Giuseppe Maria|Galanti|wkautore=Giuseppe Maria Galanti|Della descrizione geografica e politica delle Sicilie tomo I|url=http://books.google.it/books?id=lGk5AAAAcAAJ&source=gbs_navlinks_s|accesso=10 agosto 2009|1793||Napoli}} p. 224.</ref> una delle metropoli più popolose dell'[[Impero spagnolo]] e di tutta [[Europa]]; e [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]], nei cui dintorni Masaniello trascorse tutta la sua vita, ne era il centro nevralgico. Ospitava bancarelle che vendevano ogni sorta di merce, palchi da cui i saltimbanchi si esibivano per i popolani ed era, come ai tempi di [[Corradino di Svevia]], il luogo preposto alle esecuzioni capitali. Essendo il principale centro di commercio della città, in piazza aveva luogo la riscossione delle imposte da parte degli ''arrendatori''<ref>La parola deriva dallo [[lingua spagnola|spagnolo]] ''arrendar'' ed indica la riscossione delle gabelle, ufficio che veniva affidato in [[appalto]] a privati.</ref> al servizio del governo spagnolo.
 
Nel corso degli [[anni 1640|anni quaranta]] del [[Seicento]], la [[Spagna degli Asburgo|Spagna asburgica]] si trovava a dover affrontare una lunga serie di conflitti rovinosi: la [[guerra degli ottant'anni|rivolta dei Paesi Bassi]] ([[1568]]-[[1648]]), la [[guerra dei trent'anni]] ([[1618]]-[[1648]]), la [[sollevazione della Catalogna]] ([[1640]]-[[1659]]), la [[Giuseppe D'Alesi|rivolta siciliana]] ([[1647]]) e la [[guerra di restaurazione portoghese|secessione del Portogallo]] ([[1640]]-[[1668]]). Per sostenere lo sforzo bellico, il regno [[Penisola iberica|iberico]] impose una forte pressione fiscale al [[Regno di Napoli#Ferdinando il Cattolico e l'istituzione del vicereame|Vicereame di Napoli]] allo scopo di risanare le casse del [[Impero spagnolo|suo enorme impero]], il cui ''[[Siglo de Oro]]'' stava fatalmente volgendo al termine.
 
Masaniello, pescatore e pescivendolo come il padre, era descritto così dai suoi contemporanei:
 
[[File:Micco Spadaro - Punizione dei ladri al tempo di Masaniello.jpg|upright=1.4|thumb|''Punizione dei ladri al tempo di Masaniello'', [[Micco Spadaro]], 1647 ca.<ref name=museo>Opera esposta nel [[Museo di San Martino]] a Napoli.</ref>]]
{{Citazione|''Era un giovine di ventisette anni, d'aspetto bello e grazioso, il viso l'aveva bruno ed alquanto arso dal sole: l'occhio nero, i capelli biondi, i quali disposti in vago zazzerino gli scendevano giù per lo collo. Vestiva alla marinaresca; ma d'una foggia sua propria, la quale, [...] alla mezzana, ma svelta sua persona molto di gaio e di pellegrino aggiungeva.''<ref>{{cita|Musi|p. 17}}.</ref>}} Spesso, per evadere la gabella, portava il pesce direttamente nelle case dei notabili, ma veniva quasi sempre ripagato male o colto sul fatto dai gabellieri ed imprigionato. La sua principale attività era però il [[contrabbando]], tanto che nel [[1646]] la sua fama di abile contrabbandiere era già ampiamente consolidata nell'ambiente del Mercato. Lavorava principalmente per la nobiltà feudale, tra cui la marchesa di [[Brienza]] e don [[Diomede Carafa, V duca di Maddaloni|Diomede Carafa]], duca di [[Maddaloni]], dal quale era trattato come uno schiavo.<ref name="cita|Musi||Musi2"/> Anche la moglie Bernardina, arrestata per aver introdotto in città una calza piena di farina evadendo il dazio, fu imprigionata per otto giorni. Per ottenerne il rilascio, Masaniello fu costretto a pagare un riscatto di cento [[scudo (moneta)|scudi]], che racimolò indebitandosi. Secondo la tradizione, fu proprio questo episodio a scatenare in lui il desiderio di vendicare la popolazione dagli oppressori.
 
[[File:Giulio Genoino e Masaniello.jpg|upright=1.1|thumb|left|[[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]] e Masaniello in un'illustrazione del [[XVIII secolo|'700]].]]
Durante uno dei soggiorni in prigione incontrò, nel carcere del Grande Ammiraglio, il giovane [[Cava de' Tirreni|cavese]] e dottore in legge [[Marco Vitale (1647)|Marco Vitale]], figlio illegittimo di un noto avvocato, che lo mise in contatto con alcuni esponenti del ceto medio stanchi dei continui soprusi dei gabellieri e dei privilegi della nobiltà. Masaniello divenne allievo del letterato don [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]], prete ultraottantenne con un passato da difensore del popolo.
 
Nel [[1619]], durante il mandato del [[viceré di Napoli|viceré]] don [[Pedro Téllez-Girón, III duca di Osuna|Pedro Téllez-Girón]], [[duca di Osuna]], Genoino era stato chiamato due volte a rappresentare gli interessi del popolo contro la nobiltà, svolgendo in sostanza la funzione di un antico [[tribuno della plebe]]. Nel [[1620]] fu però fatto destituire dal [[Consiglio Collaterale]] ed incarcerato lontano da Napoli.
 
Rientrato in città nel [[1639]], tornò subito a combattere per i diritti del popolo e formò intorno a sé un nutrito gruppo di agitatori, composto da: [[Francesco Antonio Arpaja]], suo vecchio e fidato collaboratore; il frate [[carmelitano]] Savino Boccardo; il già citato Marco Vitale; i vari ''capitani delle ottine''<ref>Le ''ottine'' erano gli antichi quartieri di Napoli. La città era divisa in 29 ottine, ognuna aveva un capitano il cui compito era mediare tra il governo vicereale spagnolo e le istituzioni locali.</ref> della città; ed una numerosa schiera di ''[[lazzari]]''. Il vecchio ecclesiastico, logorato nel fisico, ma non negli intenti rivoluzionari, trovò nel giovane e ignorante Masaniello il suo braccio armato.
 
==La rivolta==
[[File:Casa di Masaniello.png|upright=1.4|thumb|La casa di Masaniello, dal quadro di [[Micco Spadaro]]]]
Il peso delle tasse diminuì lievemente sotto il viceré [[Giovanni Alfonso Enriquez de Cabrera|Juan Alfonso Enríquez de Cabrera]] che revocò alcune imposte e che, sollecitato da [[Madrid]] a reperire un milione di [[ducato (moneta)|ducati]] per finanziare la guerra contro la Francia, chiese a re [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]] di essere sostituito.<ref>{{cita|Gleijeses|pp. 450-451}}.</ref> La situazione si aggravò quando il suo successore, [[Rodrigo Ponce de León]], [[Ducato di Arcos|duca d'Arcos]], descritto dai contemporanei come un uomo dedito alla vita mondana, frivolo e senza esperienza di governo, reintrodusse nel [[1646]] una gravosa gabella sulla frutta, all'epoca l'alimento più consumato dai ceti umili. Lo stesso provvedimento nel [[1620]], ai tempi di [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Genoino]], aveva già scatenato gravi tumulti in città. La [[vigilia di Natale]], uscendo dalla [[Basilica del Carmine]], il duca d'Arcos fu circondato da un gruppo di [[lazzari]] che gli estorse la promessa di abolire le tasse sugli alimenti di necessario consumo. Tornato a [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo Reale]], il viceré fu però convinto dai nobili, ai quali era stata affidata la riscossione delle tasse, a non abolire la gabella sulla frutta.<ref>{{cita|Gleijeses|p. 454}}.</ref> Il popolo, sempre più provato dalla prepotenza dei gabellieri, attese invano per sei mesi l'abolizione dell'imposta.
 
Alla situazione già esplosiva si aggiunse l'esempio della [[Sicilia]], dove nel biennio [[1646]]-[[1647]] il malcontento popolare verso la forte tassazione provocò una serie di gravi tumulti cittadini. Il 24 agosto [[1646]], [[Messina]] fu la prima città siciliana sotto il dominio spagnolo ad insorgere contro le gabelle. Nel maggio dell'anno successivo scoppiarono poi i moti di [[Catania]] e [[Palermo]], i cui buoni risultati contribuirono a spingere i popolani napoletani alla rivolta.<ref>{{cita|Gleijeses|p. 455}}.</ref>
 
[[File:Aniello Falcone - Ritratto di Masaniello.jpg|upright=0.9|thumb|left|Masaniello ritratto da [[Aniello Falcone]], 1647.]]
Line 33 ⟶ 66:
La domenica seguente, il 7 luglio, dopo essere stati incoraggiati da [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Genoino]], un gruppo di [[lazzari]] si riunì nei pressi di [[Chiesa di Sant'Eligio Maggiore|Sant'Eligio]] allo scopo di sostenere il cognato di Masaniello, il [[Pozzuoli|puteolano]] Maso Carrese, che capeggiava un gruppo di fruttivendoli decisi a non pagare la gabella sulla frutta. Per calmare gli animi fu chiamato l'eletto del popolo Andrea Naclerio, un ricco mercante, che, nonostante il suo ruolo, si schierò dalla parte dei gabellieri. Ci fu quindi una zuffa tra il mercante e Carrese, che si concluse con la morte di quest'ultimo. Questa fu la scintilla che scatenò la ribellione, e Masaniello ed i suoi alarbi sollevarono la popolazione, ed al grido di: «Viva 'o Rre 'e Spagna, mora 'o malgoverno» la guidarono fino alla reggia dove, sbaragliati i soldati spagnoli ed i mercenari tedeschi di guardia, giunsero fino alle stanze della viceregina.<ref>{{cita|Gleijeses|pp. 456-457}}.</ref>
 
Il duca d'Arcos, riuscito miracolosamente a salvarsi dall'aggressione di un popolano,<ref>{{cita|Campolieti|p. 74}}.</ref> si rifugiò nel Convento di San Luigi<ref>Il Convento di San Luigi si trovava nei pressi di Palazzo Reale, nel ''Largo di Palazzo'' (oggi [[piazza del Plebiscito]]). Fu demolito nell'Ottocento durante il [[Regno di Napoli#Il periodo napoleonico|periodo napoleonico]].</ref> e da qui fece recapitare all'[[arcivescovo di Napoli]], il [[cardinale]] [[Ascanio Filomarino]], un messaggio in cui prometteva l'abolizione di tutte le imposte più gravose. Temendo ancora per la sua sorte, il viceré si spostò prima a [[Castel Sant'Elmo]] ed infine a [[Castel Nuovo]].
[[File:Micco Spadaro - L'uccisione di Don Giuseppe Carafa.jpg|upright=1.4|thumb|left|''L'uccisione di Don [[Giuseppe Carafa]]'', [[Micco Spadaro]], 1647 ca.<ref name="museo">Opera esposta nel [[Museo di San Martino]] a Napoli.</ref>]]
 
[[File:Cardinale Filomarino.jpg|upright=0.9|thumb|Il cardinale [[Ascanio Filomarino|Filomarino]], ritratto in un mosaico a pasta vitrea di Giovan Battista Calandra del 1642. [[Chiesa dei Santi Apostoli (Napoli)|Chiesa dei Santi Apostoli]], Napoli.]]
Ottenuta l'abolizione di tutte le gabelle come voleva Masaniello, Genoino, che perseguiva un progetto rivoluzionario più ambizioso, chiese il riconoscimento di un vecchio [[privilegio (diritto comune)|privilegio]] concesso nel [[1517]] da [[Carlo V]] (popolarmente chiamato ''Colaquinto'') al popolo napoletano. Il privilegio avrebbe dovuto sancire per il popolo una rappresentanza uguale a quella dei nobili, oltre alla riduzione ed equa ripartizione delle tasse tra le classi sociali. Il cardinale Filomarino, da sempre amico della plebe ed inviso alla nobiltà, si propose come mediatore per il riconoscimento del documento appoggiando apertamente le rivendicazioni dei rivoltosi.<ref>{{cita|Filomarino|lettera a papa Innocenzo X dell'8 luglio, p. 380}}.</ref>
 
Nella notte tra il 7 e l'8 luglio furono puniti tutti coloro che erano ritenuti responsabili delle gabelle, primo fra tutti Girolamo Letizia, il colpevole dell'arresto della moglie di Masaniello, a cui fu bruciata la casa nei pressi di Portanova. Seguirono la stessa sorte diversi palazzi nobiliari, le case di ricchi mercanti e quelle di altri influenti oppressori, tra cui quella di Andrea Naclerio, che fu in seguito fucilato. Furono poi dati alle fiamme tutti i registri delle imposte e liberati dalle prigioni tutti coloro che erano stati incarcerati per evasione o contrabbando.
 
Ottenere i documenti chiesti da Genoino fu molto difficile: diverse volte il viceré ed i nobili sottoposero all'esame del vecchio prelato dei documenti falsi o inutili. Un tentativo fu fatto anche dal duca di Maddaloni [[Diomede V Carafa]] che, una volta smascherato, fu costretto a scappare per salvarsi dalla furia dei popolani. La stessa sorte toccò a [[Gregorio Carafa]], priore della [[Roccella Ionica|Roccella]].<ref>{{cita|Gleijeses|pp. 458-459}}.</ref> Il 9 luglio, mentre si aspettava la consegna del documento autentico, il giovane pescivendolo organizzò con successo la presa della [[Basilica di San Lorenzo Maggiore|Basilica di San Lorenzo]] e si impossessò di alcuni cannoni che erano custoditi nel chiostro. Finalmente una copia del privilegio autentico fu consegnata dagli spagnoli al cardinale Filomarino, che la consegnò a Masaniello, e quindi a Genoino. Il privilegio era in realtà stato concesso alla ''fedelissima città'' da [[Ferdinando il Cattolico]], e poi confermato da suo nipote Carlo V nel [[1517]], al momento della sua investitura a Napoli da parte di [[papa Clemente VII]].
 
[[File:Micco Spadaro - L'uccisione di Don Giuseppe Carafa.jpg|upright=1.4|thumb|left|''L'uccisione di Don [[Giuseppe Carafa]]'', [[Micco Spadaro]], 1647 ca.<ref name=museo/>]]
Il 10 luglio, la quarta giornata di rivolta, Masaniello si era procurato già molti nemici. Il duca di Maddaloni allo scopo di attentare alla sua vita fece introdurre trecento banditi nella Basilica del Carmine, ritrovo dei rivoltosi. I banditi in realtà, servendo la nobiltà ai danni dei più umili, erano molto più simili ai ''[[Bravi (I promessi sposi)|bravi]]'' manzoniani che a dei semplici fuorilegge. Dopo la lettura in pubblico dei capitoli del privilegio, i sicari si avventarono contro il capopopolo, ma l'attentato fallì. La folla inferocita catturò ed uccise il noto bandito Domenico Perrone, ed anche altri furono rincorsi e linciati, tra cui un certo Antimo Grasso che prima di morire confessò di essere al soldo del duca di Maddaloni. La plebe allora si vendicò sul fratello del duca, don [[Diomede V Carafa|Giuseppe Carafa]], che dopo essere stato ucciso fu decapitato, affinché si potesse portare la sua testa in trionfo da Masaniello.
 
Lo stesso giorno si addentrarono nel [[golfo di Napoli]] le [[galee]] spagnole di stanza a [[Genova]] agli ordini dell'ammiraglio [[Giannettino Doria (XVII secolo)|Giannettino Doria]]. Temendo uno sbarco, Masaniello ordinò che la flotta stesse lontana almeno un [[miglio (unità di misura)|miglio]] dalla terra ferma, costringendo l'ammiraglio Doria ad inviargli un messaggero per ottenere almeno la possibilità di fare scorta di viveri per gli equipaggi. Il messaggero supplicò il pescatore di Vico Rotto, a cui si rivolse chiamandolo «Sua Signoria illustrissima», di concedere vettovaglie alla flotta e Masaniello accettò ordinando di provvedere alla richiesta con quattrocento ''palate'' (pezzi) di pane.<ref>{{cita|Capecelatro}}, [http://books.google.it/books?id=5r4JAAAAQAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_summary_r&cad=0#PRA1-PA52,M1 annotazioni e documenti, pp. 52-53].</ref>
 
==Il brevissimo "regno" di Masaniello==
Giovedì 11 luglio, dopo la ratifica dei capitoli del privilegio nella [[Basilica del Carmine]] da parte di un'assemblea popolare, Masaniello cavalcò tra le acclamazioni ed i festeggiamenti dei popolani, insieme al cardinale Filomarino ed al nuovo eletto del popolo [[Francesco Antonio Arpaja]], fino a [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo Reale]] per incontrare il viceré. Alla presenza del duca d'Arcos, a causa di un improvviso malore, perse i sensi e svenne iniziando a manifestare i primi sintomi di quell'instabilità mentale che gli avrebbe poi procurato l'accusa di pazzia. Durante l'incontro, dopo un infruttuoso tentativo di corruzione, il pescatore fu nominato ''Capitano generale del fedelissimo popolo napoletano''. Filomarino, scrivendo a [[papa Innocenzo X]], lo descrisse così:
 
[[File:Domenico Gargiulo - Presumed portrait of Masaniello.jpg|thumb|upright=0.9|Presunto ritratto di Masaniello nelle vesti di capitano generale. Dipinto di [[Micco Spadaro]]. Collezione privata.]]
{{Citazione|''Questo Masaniello è pervenuto a segno tale di autorità, di comando, di rispetto e di ubbidienza, in questi pochi giorni, che ha fatto tremare tutta la città con li suoi ordini, li quali sono stati eseguiti da' suoi seguaci con ogni puntualità e rigore: ha dimostrato prudenza, giudizio e moderazione; insomma era divenuto un re in questa città, e il più glorioso e trionfante che abbia avuto il mondo. Chi non l'ha veduto, non può figurarselo nell'idea; e chi l'ha veduto non può essere sufficiente a rappresentarlo perfettamente ad altri. Non vestiva altro abito che una camicia e calzoni di tela bianca ad uso di pescatore, scalzo e senza alcuna cosa in testa; né ha voluto mutar vestito, se non nella gita dal Viceré.<ref>{{cita|Filomarino|lettera del 12 luglio, p. 383}}.''</ref>}}
 
Iniziò da questo momento a frequentare la corte spagnola e fu coperto di onori dai nobili e dallo stesso duca d'Arcos. I suoi abiti non erano più quelli di un pescivendolo ma quelli di un nobiluomo, e sotto la sua casa a Vico Rotto venne eretto un palco dal quale poteva legiferare a suo piacimento in nome del re di Spagna. Fu più volte ricevuto a Palazzo Reale con la moglie Bernardina, che si presentò come "viceregina delle popolane" alla duchessa d'Arcos,<ref>{{cita|Campolieti|p. 165}}.</ref> e la sorella Grazia.
 
La tradizione vuole che la presunta pazzia di Masaniello fu causata dalla ''reserpina'', un potente allucinogeno somministratogli durante un banchetto nella reggia. Probabilmente il comportamento di Masaniello era improvvisamente mutato a causa dell'improvvisa ascesa al potere, e gli "atti di follia" che commise erano in realtà causati dall'incapacità di gestire grandi responsabilità di comando. Al culmine del potere i segni di squilibrio che manifestò furono numerosi: il lancio del coltello tra la folla; le interminabili galoppate; i tuffi notturni nel mare; e l'insistere nel progetto strampalato di trasformare [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]] in un porto, e di costruirvi un ponte per collegare Napoli alla Spagna.<ref>{{cita|Musi|p. 123}}.</ref>
 
Il 12 luglio iniziò inoltre ad ordinare diverse esecuzioni sommarie dei suoi oppositori, compresa quella di un bandito verso il quale [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Genoino]] gli chiese di essere clemente.<ref>{{cita|Gleijeses|p. 460}}.</ref> Ormai il vecchio prete era consapevole di aver perso ogni influenza sul capopopolo e sulla rivoluzione. La popolazione cominciò a non vedere di buon occhio il fatto che un popolano pretendesse simile obbedienza e rispetto, ed iniziò a credere alle voci sulla pazzia del suo protettore. Cominciò anche a diffondersi la voce che Masaniello fosse un [[pederasta]], e che intrattenesse una relazione [[omosessuale]] con il sedicenne Marco Vitale, suo amico e segretario.<ref>Alcuni documenti spagnoli definivano [[Marco Vitale (1647)|Marco Vitale]] «ragazzo di 16 anni, notorio omosessuale» (''moço de 16 años sodomita publico''), e lo stesso Masaniello «buffone, pazzo e omosessuale» (''bufon, loco y sodomita''). ({{cita|Campolieti|pp. 42-44}}).</ref>
 
Il 13 luglio il viceré giurò solennemente sui capitoli del privilegio nel [[Duomo di Napoli]]: il popolo era alla fine riuscito ad imporre le proprie rivendicazioni al governo spagnolo. Questo successo, a cui Masaniello aveva contribuito più di tutti, non lo risparmiò dall'ostilità di alcuni suoi ex-compagni di lotta, tra cui Genoino che di nascosto tramava la sua eliminazione.
 
==Il tradimento e la morte==
Il 16 luglio, ricorrenza della [[Madonna del Carmine]], affacciato da una finestra di casa sua, cercò inutilmente di difendersi dalle accuse di pazzia e tradimento che provenivano dalla strada. Il capopopolo, il cui fisico era ormai debilitato dalla malattia, accusò i suoi detrattori di ingratitudine e ricordandogli le condizioni in cui versavano prima della rivolta, pronunciò la frase rimasta proverbiale:«tu ti ricordi, popolo mio, come eri ridotto?».<ref>{{cita|Campolieti|p. 194}}.</ref><ref>{{cita|Gurgo|p. 99}}.</ref>
Sentendosi braccato cercò rifugio nella [[Basilica del Carmine]], e qui, interrompendo la celebrazione della messa, pregò l'arcivescovo Filomarino di poter partecipare prima di morire, insieme a lui, al viceré ed alle altre autorità della città, alla tradizionale cavalcata in onore della Vergine.<ref>{{cita|Gurgo|p. 102}}.</ref> Poi salì sul pulpito e tenne un ultimo discorso.
Dopo essersi spogliato ed essere stato deriso dai presenti fu invitato a calmarsi dall'arcivescovo e fatto accompagnare in una delle celle del convento. Qui venne raggiunto da alcuni capitani delle ottine corrotti dagli spagnoli: Carlo e Salvatore Catania, Andrea Rama, Andrea Cocozza e Michelangelo Ardizzone. Sentita la voce amica di quest'ultimo, Masaniello aprì la porta della cella e fu freddato con una serie di [[archibugio|archibugiate]]. Il corpo fu decapitato, trascinato per le strade del Lavinaio, e gettato in un fosso tra [[Porta del Carmine]] e [[Porta Nolana]] vicino ai rifiuti, mentre la testa fu portata al viceré come prova della sua morte.
 
I capitani delle ottine coinvolti nella congiura, come rivelano alcuni documenti conservati nell'[[Archivo General de Simancas|Archivo General]] a [[Simancas]], furono ampiamente ricompensati dalla Corona di Spagna. Carlo Catania chiese la ''capitania a guerra'' della città di Napoli e cinquecento scudi; Salvatore Catania, la carica di ''Percettore di [[Terra di Lavoro]]''; Andrea Cocozza, la ''capitania a guerra'' di [[Nicastro]] ed una pensione di trecento [[scudo (moneta)|scudi]] per il figlio. Le loro aspirazioni furono coronate il 17 giugno [[1648]], quando ricevettero tutti il ''privilegio di nobiltà'' ed il compito di governare per sei anni, rispettivamente, i territori di [[Modugno]], [[Cava de' Tirreni|Cava]] e [[Catanzaro]], con venticinque scudi mensili di pensione ad incarico compiuto.<ref>{{cita|Musi|p 119}}.</ref>
 
[[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]] fu invece premiato con le nomine, conferitegli il giorno dopo la fucilazione di Masaniello, a ''Presidente Decano della [[Regia Camera della Sommaria|Sommaria]]'' ed a ''Presidente del Collegio dei Dottori'', trovandosi così al vertice dell'ordinamento forense del regno.<ref>{{cita|Musi|pp. 119-120}}.</ref> Il servigio reso alla monarchia iberica non risparmiò l'anziano prete quando, procuratosi di nuovo l'ostilità degli spagnoli, fu arrestato per l'ultima volta. Genoino morì a [[Mahón]] sull'isola di [[Minorca]], durante il viaggio verso la prigione di [[Malaga]].
 
L'arcivescovo Filomarino, il cui sostegno verso il capopopolo era venuto a mancare a causa della «temerità, furore e tirannide» dimostrata dopo il 13 luglio, si recò con il duca d'Arcos a rendere grazie «a Dio Benedetto, alla Beatissima Vergine, ed al glorioso [[San Gennaro|S. Gennaro]]» per avere «estinto il perturbatore, e restituita la perduta quiete» alla città di Napoli.<ref>{{cita|Filomarino|lettera del 16 luglio, p. 387}}.</ref>
 
==Dannazione e riabilitazione==
Il giorno dopo il popolo si accorse che con la morte del pescatore i tanto sofferti miglioramenti ottenuti durante la rivolta erano svaniti. La mattina, le donne del [[Mercato (Napoli)|Mercato]] che si recarono a comprare la ''palata'' di pane, trovarono che essendo stata reintrodotta la gabella sulla farina, la ''palata'', il cui peso era stato fissato da Masaniello a trentadue [[oncia (unità di misura)|once]], era tornata a pesare trenta once. Ben presto si incominciò a sentire la mancanza di colui che era riuscito, anche se per pochissimo tempo, a migliorare le condizioni di vita della popolazione, finché un gruppo di persone ne recuperò pietosamente il corpo e la testa, che dopo essere stati lavati con l'acqua del [[Sebeto]] furono ricuciti insieme.<ref>{{cita|Gurgo|p. 106}}.</ref>
 
Le autorità spagnole, temendo l'infuriare di una nuova sommossa, ordinarono di assecondare tutte le manifestazioni di devozione verso il capopopolo assassinato. Il cardinale Filomarino, supplicato di celebrare i funerali, scrisse al papa:
 
{{Citazione|''Da questo incidente del pane n'è risultato, che dove la morte del Masaniello non era stata sentita più che tanto, né avea fatta grande impressione negli animi de' suoi seguaci (perché con la sua pazzia s'era reso a tutti esoso); il mercoledì l'incominciarono a piangere, a sospirare, esaltare e preconizzare; e desiderando la sua sepoltura, di cui prima non si curavano, vennero a chiedermela in grazia, timorosi che per gli uffici fatti io non fossi per concedercela; ma gliela concedei di buona voglia, e prontamente.''<ref>{{cita|Filomarino|lettera del 19 luglio, p. 389}}.</ref>}}
 
Dopo aver accettato, Filomarino ordinò che tutti i preti sotto la sua giurisdizione partecipassero il 18 luglio alla celebrazione. Il corteo funebre, uscito dalla [[Basilica del Carmine]] due ore prima del tramonto, era seguito da decine di migliaia di persone,<ref>{{cita|Musi|p 127}}.</ref> mentre da tutte le finestre venivano esposte coperte e lumi come tributo d'onore. Il feretro, avvolto in un lenzuolo di seta bianco ed in una coltre di velluto nero, con alla destra una spada ed alla sinistra il bastone di capitano generale, fu portato in processione per tutta la città quasi si trattasse delle spoglie di un santo. Attraversò tutti i sei seggi di giustizia della città, seguendo l'itinerario della rituale cavalcata che i viceré tenevano al momento dell'insediamento.<ref name="cita|Musi|p. 128">{{cita|Musi|p. 128}}.</ref> Dopo aver attraversato [[via Toledo]], passando di fronte al [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo Reale]], il duca d'Arcos ordinò di abbassare le bandiere spagnole in segno di lutto.<ref>{{cita|Gurgo|p. 107}}.</ref>
 
[[File:Lapide Masaniello.jpg|upright=0.9|thumb|Lapide commemorativa nella [[Basilica del Carmine]].]]
Un anonimo poeta compose:
<div align="center">{{Citazione|''È muorto chi lu Nobile ha smaccato,<br />È muorto chi ha cresciuto li panelle,<br />È muorto chi ha strette li Gabelle,<br />È muorto chi nu Regno ha sorzellato.<br />Napole scuso tene e derropato<br />Chi l'ha fatto saglì 'ncopp' a li stelle;<br />L'accise co na mano de rebbelle<br />Nu panettiere<ref>Salvatore Catania, uno dei congiurati, era un panettiere.</ref> suggeco frustrato.<br />Che sbarione! S'amma stammatina,<br />Sta sera s'odia e se le fa gran guerra.<br />Mprimma s'onora, appriesso s'assassina.<br />Hoje se vede senza capa 'nterra,<br />Pe tutta la cetate se trascina;<br />Craje da Generalissimo s'attera.<ref>È morto colui che ha dato smacco al Nobile, / È morto colui che ha fatto crescere il peso delle panelle, / È morto colui che ha abbattuto le gabelle, / È morto colui che ha sollevato un Regno. / Napoli tiene nascosto e abbandonato / Colui che l'ha fatta salire alle stelle; / Lo ha ucciso con mano da congiurato / Un panettiere soggetto frustrato. / Quale errore! Si ama stamattina, / Stasera si odia e si fa gran guerra. / Prima si onora e poi si uccide. / Oggi si vede senza testa in giù, / E si trascina per tutta la città; / Domani da Generalissimo si seppellisce.''({{cita|Campolieti|p. 211}}; {{cita|Gurgo|pp. 108-109}}).</ref>}}</div>
 
Il corpo del capopopolo fu oggetto di una forma di venerazione religiosa: la [[litanie dei santi|litania]] che la folla recitò comprendeva anche un «Sancte Mas'anelle, ora pro nobis»<ref>{{cita|Campolieti|p. 206}}.</ref>; ed alcune donne, invocandolo come un redentore, cercarono di toccarne il corpo e di staccarne i capelli per conservarli come reliquie.<ref name="cita|Musi|p. 128"/> Alle tre del mattino, finita la processione, fu data sepoltura al feretro nella Basilica del Carmine, dove i resti di Masaniello rimasero fino al [[1799]]. In quell'anno, dopo aver represso violentemente la [[Repubblica Napoletana (1799)|rivoluzione napoletana]], [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV di Borbone]] ne ordinò la rimozione e la dispersione allo scopo di cancellare il ricordo di ogni opposizione al potere regio. Sul luogo c'è oggi una lapide commemorativa fatta apporre dai [[Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo|Frati carmelitani]] nel [[1961]], in occasione del centenario dell'[[Unità d'Italia]].
 
[[File:Carlo Coppola - Resa di Napoli a Don Giovanni d'Austria nel 1648.jpg|thumb|left|upright=1.4|''Resa di Napoli a [[Don Giovanni d'Austria (1629-1679)|Don Giovanni d'Austria]] nel 1648'', Carlo Coppola, 1648.<ref name=museo/>]]
La moglie Bernardina, la sorella Grazia e la madre Antonia fuggirono a [[Gaeta]], dove le ultime due furono uccise. Bernardina, risparmiata perché incinta, tornò a Napoli dove, ridotta alla più assoluta povertà, fu costretta a prostituirsi in un vicolo del [[Borgo Sant'Antonio Abate]]. Qui venne più volte picchiata e derubata per sfregio dai soldati spagnoli suoi clienti.<ref>{{cita|Campolieti|p. 263}}.</ref> Morì di [[peste]] durante l'[[peste del 1656|epidemia del 1656]].
 
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopolo [[Gennaro Annese]], un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri contro la nobiltà ed i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli spagnoli dalla città. Il 17 dicembre fu infine proclamata la [[Real Repubblica Napoletana]] sotto la guida del duca francese [[Enrico II di Guisa]], che in qualità di discendente di [[Renato d'Angiò]] rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da [[Giuseppe d'Alesi]] a [[Palermo]], e da [[Ippolito di Pastina]] a [[Salerno]]. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il 6 aprile [[1648]], quando [[don Giovanni d'Austria (1629-1679)|don Giovanni d'Austria]], figlio naturale di [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]], alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
 
Nel [[1701]], più di cinquant'anni dopo la rivolta popolare, ci fu un altro tentativo di insurrezione contro il governo spagnolo, ma stavolta da parte della nobiltà: la [[congiura di Macchia]]. In questo periodo, il ricordo di Masaniello fu rievocato in chiave antispagnola: tra varie iscrizioni apparse in città contro il re [[Filippo V di Spagna|Filippo V di Borbone]], ne apparve una sul sepolcro del capopopolo nella Basilica del Carmine, recante il verso del vangelo ''Lazare veni foras'', pronunciato da Gesù nell'atto di resuscitare [[Lazzaro di Betania|Lazzaro]]<ref>Angelo Granito, principe di Belmonte, ''[http://books.google.it/books?id=o5dJAAAAMAAJ&pg=PA66 Storia della congiura del principe di Macchia e della occupazione fatta dalle armi austriache del regno di Napoli nel 1707]'', 1861, vol. I, p. 66.</ref>. La ribellione nobiliare fallì anche a causa di una scarsa partecipazione dei ceti umili, memori dell'ostilità dei nobili durante la rivolta del 1647. Quando l'[[eletto del popolo]] cercò di sollevare la popolazione contro gli spagnoli arringando la folla a [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]], un anziano popolano prese la parola e disse:
 
{{Citazione|''Voi, Eletto, e voi, popolo, ascoltate. Sono molti anni che il mal governo spagnuolo fu da noi scosso, movendoci Masaniello popolano. Stettero i nobili o contra noi o in disparte, e spesso vennero ad aringare (come ora il nuovo Eletto) per ricondurci alla servitù, chiamandola quiete. Io, giovinetto, seguitai le parti del popolo; vidi le fraudi de' signori, le tradigioni del governo, le morti date a' miei parenti ed amici. Io vecchio che ora parlo, e assennato dal tempo, credo che in questa congiura di nobili debba il popolo abbandonarli, come nella congiura di Masaniello fu da nobili abbandonato.''[...]<ref>{{cita libro|Pietro|Colletta|wkautore=Pietro Colletta|Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 vol. I|url=http://books.google.com/books?id=hQsMAAAAYAAJ&printsec=titlepage&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA41|accesso=27 ottobre 2009|1834|Tipografia Elvetica|Capolago}} p. 41.</ref>}}
 
Fallita anche la congiura di Macchia, il dominio spagnolo su Napoli continuò senza più opposizioni fino al [[1707]],<ref>La Corona di Spagna cedette ufficialmente il Regno di Napoli con il [[trattato di Utrecht]] del [[1713]].</ref> anno in cui la [[guerra di successione spagnola]] pose fine al viceregno iberico sostituendogli [[Regno di Napoli#Il vicereame degli Asburgo|quello austriaco]].
 
==Influenza storica e culturale==
===L'eco della rivolta di Masaniello in Europa===
[[File:Masaniello - Pieter de Jode.jpg|thumb|Masaniello raffigurato dall'incisore olandese Pieter de Jode, 1660 ca.]]
Line 49 ⟶ 140:
Il filosofo [[Baruch Spinoza|Benedetto Spinoza]], come testimoniato dal suo biografo Johannes Colerus,<ref>Nella biografia del filosofo, Colerus scrive: «Ho tra le mani un libro intero di ritratti simili dove si trovano diverse persone distinte e che lui conosceva o che avevano avuto occasione di recargli visita. Tra questi ritratti, trovo al quarto foglio un pescatore disegnato in camicia, con la rete sulla spalla destra, assolutamente somigliante, per l'attitudine al famoso capo di ribelli di Napoli, Masaniello, come viene rappresentato nella storia. A proposito del disegno in questione non devo omettere che il signor Van der Spyck, presso cui alloggiava Spinoza al momento della sua morte, mi ha assicurato che il bozzetto ritratto assomigliava perfettamente a Spinoza, e che l'aveva senza dubbio disegnato prendendo se stesso a modello».</ref> era talmente affascinato dalla figura del capopopolo napoletano da ritrarlo spesso con le proprie sembianze considerandosi il "Masaniello della [[metafisica]]".<ref>{{cita libro|Ausonio|Franchi|wkautore=Cristoforo Bonavino|Letture su la storia della filosofia moderna: Bacone, Descartes, Spinoza, Malebranche vol. II|url=http://books.google.it/books?id=25INAAAAYAAJ&printsec=titlepage&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA120|accesso=24 maggio 2009|1863|Fratelli Ferrario|Milano}} p. 120.</ref>
 
=== Strade,Critica piazze e monumentistoriografica ===
Nel [[Settecento]], in un'Europa attraversata dai valori liberali dell'[[Illuminismo]], diversi intellettuali esaltarono la figura del capopopolo napoletano. A Napoli, durante l'[[Repubblica Napoletana (1799)|esperienza repubblicana del 1799]], Masaniello fu spesso erroneamente celebrato dai rivoluzionari come il «primo Repubblicano di Napoli», e per questo motivo gli fu intitolato il quartiere [[Mercato (Napoli)|Mercato]] con il nome di ''Cantone Masaniello''.<ref>[http://www.repubblicanapoletana.it/mon9.htm Monitore Napoletano n.9].</ref> Il presidente della Repubblica [[Carlo Lauberg]] scrisse: «La presente rivoluzione altro non è che quello stesso che volle fare, e per il tradimento della tirannia non poté eseguire, Masaniello».<ref>{{cita|Gurgo|p. 263}}.</ref> Il giacobino Giovanni Pastore, in una lettera pubblicata sul ''[[Monitore Napoletano]]'' di [[Eleonora Pimentel Fonseca]], lo descrisse come un combattente per i [[diritti dell'uomo]], capace di trascinare proprio quella popolazione umile della città che invece nel [[1799]] mostrava ostilità verso il governo repubblicano:
 
{{Citazione|Qual biasimevole contrasto opponete ora Voi a' vostri avoli de' tempi del gran Masaniello! Senza tanto lume di dottrine e di esempj, quanti ora ne avete, diè Napoli le mosse, proseguirono i vosti avoli, insorsero da per tutto contra il dispotismo, gridarono la Repubblica, tentarono stabilir la democrazia, e per solo ragionevole istinto reclamarono i diritti dell'Uomo. Ora proclamano l'uguaglianza, e la democrazia i nobili, la sdegnano le popolazioni!<ref>[http://www.repubblicanapoletana.it/mon11.htm Monitore Napoletano n.11].</ref>}}
 
Infine [[Vincenzo Cuoco]], nel suo ''Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799'', ne fece un precursore della corrente rivoluzionaria settecentesca:
 
{{Citazione|Masaniello, senza i nostri lumi, ma nel tempo stesso senza i nostri vizi e gli errori nostri, suscitò in tempi meno felici una gran rivoluzione in quel regno; la spinse felicemente avanti perché la nazione lo desiderava ed ebbe tutta la nazione con lui perché egli voleva solo ciò che la nazione bramava. Con piccolissime forze, Masaniello ardì opporsi, e non invano, alla immensa vendetta della nazione spagnola; Masaniello morì, ma l'opera sua rimase.<ref>{{cita libro|Vincenzo|Cuoco|wkautore=Vincenzo Cuoco|Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799|1801|Tipografia Milanese in Strada Nuova|Milano|ed=1}} Il riferimento non è presente nella seconda edizione (1806) dell'opera.</ref>}}
 
L'attaccamento al mito dimostrato dai rivoluzionari del 1799 probabilmente provocò quella sorta di ''[[damnatio memoriae]]'' a cui Masaniello fu condannato durante la restaurazione borbonica ([[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV di Borbone]] ne ordinò la dispersione dei resti), e quindi la conseguente riscoperta in chiave risorgimentale. Durante il [[Risorgimento]] infatti, gli storici interpretavano gli eventi della storia italiana preunitaria alla luce del processo di unificazione in corso, caricandoli spesso di valori patriottici che in realtà non possedevano. Masaniello incarnò l'ideale indipendentista diventando un eroe che combatteva contro la dominazione straniera.
 
Al termine della stagione risorgimentale il mito del capopopolo decadde progressivamente fino alla provincializzazione del personaggio. [[Michelangelo Schipa]] e [[Benedetto Croce]] contribuirono enormemente al ridimensionamento dei moti del [[1647]], ed alla banalizzazione della figura del pescatore-rivoluzionario. Schipa descrisse Masaniello come «strumento d'altri» che «divenne presto d'impaccio», mettendo invece in risalto il ruolo del giurista [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]], che secondo lo storico pugliese fu la «vera mente» dei moti.<ref>{{cita|Schipa|p. 72}} cit. in {{cita|Musi|p. 23}}.</ref> Croce definì la rivolta come «uno dei tanti moti plebei senza bussola e senza freno, senza capo né coda, senza presente e senza avvenire», attribuendone il grande successo storiografico «al naturale effetto della poesia pronta a prorompere dai petti umani a ogni favilla o parvenza di libertà».<ref>{{cita|Croce|pp. 32-33}}.</ref>
 
Il giudizio dei due grandi storici intaccò pesantemente la figura di Masaniello, tanto che finì per personificare tutti quegli stereotipi e pregiudizi che volevano il popolano napoletano rozzo, incolto, furbo, prepotente con i deboli, e servile con i potenti, finendo per essere accostato alla figura di [[Pulcinella]]. È da questa visione del personaggio che deriva il modo di dire ''essere un Masaniello'' o ''fare il Masaniello'', rivolto a coloro che incitano le folle con argomenti ritenuti di facile [[demagogia]] e [[populismo]]. Gli storici del [[Novecento]], tra cui il [[meridionalista]] [[Giuseppe Galasso]], che ha definito il giudizio crociano «deludente» e dettato da un «tono sprezzante»,<ref>Giuseppe Galasso, ''prefazione'' a {{cita|Musi|pp. 9-10}}.</ref> hanno rilanciato la ricerca storica sugli eventi del 1647.
 
===Arte, letteratura, spettacolo ed altro===
[[File:Onofrio Palumbo - Masaniello.jpg|upright|thumb|''Masaniello precocemente invecchiato''. Dipinto di Onofrio Palumbo, 1647 ca.<ref name=museo/>]]
I pittori napoletani [[Aniello Falcone]], [[Salvator Rosa]], [[Micco Spadaro]] e [[Andrea di Leone]], appartenenti alla cosiddetta "Compagnia della Morte",<ref>Alla compagnia fu dato questo nome perché Aniello Falcone giurò di vendicare un amico ucciso da un soldato spagnolo uccidendo tutti gli spagnoli presenti in città.</ref> rappresentarono Masaniello e le vicende della rivolta nei propri dipinti. Alcune delle opere sopravvissute sono conservate nel [[Museo di San Martino]] a Napoli.
 
Nel [[1846]] lo scultore [[Alessandro Puttinati]] realizzò una statua in marmo raffigurante il capopopolo, che ora è esposta nella [[Galleria d'arte moderna (Milano)|Galleria d'arte moderna di Milano]].
 
La rivolta di Masaniello nel corso dei secoli è stata rappresentata in numerose opere teatrali europee, tra cui:
*[[1669]]. ''Op- en ondergang van Mas Anjello of Napelse beroerte'', di [[Thomas Asselijn]].
*[[1682]]. ''Trauer-Spiel von dem Neapolitanischen Haupt-Rebellen Masaniello'', di [[Christian Weise]].
*[[1706]]. ''Die Neapolitanische Fischer-Empörung oder Masagniello furioso'', di [[Reinhard Keiser]].
*[[1828]]. ''La muette de Portici'' (''[[La muta di Portici]]''), opera di [[Daniel Auber]] su libretto di [[Eugène Scribe]]. Rappresentata a [[Bruxelles]] nel [[1829]] con grande successo di pubblico ebbe una certa influenza sulla [[Rivoluzione belga]] del [[1830]]-[[1831]].
*[[1874]]. ''[[Salvator Rosa (opera)|Salvator Rosa]]'', di [[Antonio Carlos Gomes]] su libretto di [[Antonio Ghislanzoni]]. Masaniello (baritono) è uno dei due protagonisti.
*[[1963]]. ''[[Tommaso d'Amalfi]]'', di [[Eduardo De Filippo]], il cui interprete è stato [[Domenico Modugno]]. L'opera è presente nella raccolta chiamata ''[[Cantata dei giorni dispari]]''.
*[[1974]]. ''Masaniello'', di Elvio Porta ed Armando Pugliese, con le musiche di [[Roberto De Simone]] e interpretato da [[Mariano Rigillo]], Angela Pagano e [[Lina Sastri]].
*[[1996]]. ''Masaniello-il musical'', di [[Tato Russo]], in cui il protagonista è stato prima interpretato da [[Gigi Finizio]], poi da [[Gianni Fiorellino]] e quindi da Antonio Murro.<ref>[http://www.masaniellomusical.net// ''Masaniello-il musical''] sito del musical di Tato Russo.</ref>
 
Una versione assai romanzata del personaggio è presente inoltre nell'opera ''Il Corricolo'' ([[1853]]) di [[Alexandre Dumas padre]].
 
Masaniello è presente in ''Miserere coi fichi'' di [[Vittorio Giovanni Rossi]], dove la rivolta viene descritta in modo ironico, secondo lo stile dello scrittore, dal protagonista-narratore, un venditore milanese in viaggio di lavoro a Napoli.
 
Il ribelle napoletano è protagonista di due canzoni della [[Nuova Compagnia di Canto Popolare]]: '''O cunto 'e Masaniello'', tratta dall'album ''Li Sarracini Adorano lu Sole'' ([[1974]]), e ''Dint' 'o mercato'', dall'album ''Aggio Girato Lu Munno ([[1978]])''. Viene inoltre citato in ''Canto allo Scugnizzo'' dei [[Musicanova]] (da ''Musicanova'', [[1978]]) e quindi nella [[cover]] ''Scugnizzi'' dei [[24 Grana]] (da ''Loop live'', [[1998]]), in ''Je so' pazzo'' di [[Pino Daniele]] (da ''Je so' pazzo/Putesse essere allero'', [[1979]]), ed in ''Quel Giorno a Primavera'' dei [[Modena City Ramblers]] (da ''[[Dopo il lungo inverno]]'', [[2006]]).
 
Una particolare varietà di ''[[Nymphaea]]'' (ninfea) porta il nome di ''Nymphaea Masaniello''.<ref>Vedi la {{en}} [http://zipcodezoo.com/Plants/N/Nymphaea_Masaniello/default.asp scheda descrittiva] ed un'[[commons:Image:Nymphaea 'Masaniello' - botanic garden adelaide.jpg|immagine su Commons]].</ref>
 
==Strade, piazze e monumenti==
A Masaniello sono state intitolate centinaia di strade e piazze in diverse città italiane ma, proprio a Napoli, nessuna fino agli [[anni 1970|anni settanta]]. Per questa mancanza protestò anche il famoso scrittore [[Luciano De Crescenzo]] nel romanzo ''[[Così parlò Bellavista (romanzo)|Così parlò Bellavista]]'' del [[1977]].<ref>{{cita|De Crescenzo|p. 215}}.</ref> In realtà esisteva una via Masaniello proprio a sud di [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]], aperta cento anni prima della denuncia di De Crescenzo: [[1877]]. La strada fu cancellata dalla costruzione del palazzo Ottieri, imponente casermone frutto degli anni della speculazione edilizia, sorto nel [[1958]]. Comunque, a Masaniello fu dedicata la piccola piazzetta proprio ai piedi del palazzo Ottieri, riottenendo grossomodo il luogo originario.
 
Line 61 ⟶ 191:
Immagine:Piazza San Martino - Cerreto Sannita.JPG|Piazza San Martino a Cerreto Sannita (BN) con in primo piano la [[fontana dei Delfini (Cerreto Sannita)|fontana di Masaniello]].
</gallery>
 
==Note==
<references/>
 
==Bibliografia==
*{{cita libro|Bartolommeo|Capasso|wkautore=Bartolommeo Capasso|La casa e la famiglia di Masaniello. Ricordi della storia e della vita napolitana|1919|Giannini Editore|Napoli}}
*{{cita libro|Bartolommeo|Capasso|Masaniello. La sua vita la sua rivoluzione|1993|Luca Torre|Napoli}}
*{{cita libro|Giuseppe|Campolieti|Masaniello. Trionfo e caduta del celebre capopopolo nello sfondo della tumultuosa Napoli del Seicento|1989|Istituto geografico De Agostini|Novara|wkautore=Giuseppe Campolieti|isbn=88-402-0315-X|cid=Campolieti}}
*{{cita libro|Francesco|Capecelatro|Diario di Francesco Capecelatro contenente la storia delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650 vol. I|url=http://books.google.it/books?id=5r4JAAAAQAAJ|accesso=17 settembre 2008|1850|Stabilimento Tipografico di Gaetano Nobile|Napoli|cid=Capecelatro}}
*{{cita libro|Benedetto|Croce|Storia del Regno di Napoli|1980|Laterza|Bari|wkautore=Benedetto Croce|cid=Croce}}
*{{cita libro|Silvana|D'Alessio|Contagi. La rivolta napoletana del 1647-48: linguaggio e potere politico|2003|Centro Editoriale Toscano|Firenze|isbn=88-7957-213-X}}
*{{cita libro|Silvana|D'Alessio|Masaniello. La sua vita e il suo mito in Europa|2007|Salerno Editrice|Salerno|isbn=88-8402-586-9}}
*{{cita libro|Eduardo|De Filippo|wkautore=Eduardo De Filippo|Tommaso d'Amalfi|1980|Einaudi|Torino}}
*{{cita libro|Tommaso|de Santis|Storia del tumulto di Napoli|url=http://books.google.it/books?id=qZwBAAAAQAAJ|accesso=17 settembre 2008|1858|Colombo Coen|Trieste}}
*{{cita libro|Roberto|De Simone|wkautore=Roberto De Simone|coautori=Thomas Asselijn; Christian Weise|Masaniello nella drammaturgia europea e nella iconografia del suo secolo|1998|[[Gaetano Macchiaroli Editore]]|isbn=88-85823-28-9}}
*{{cita libro|Salvatore|Di Giacomo|wkautore=Salvatore Di Giacomo|Celebrità napoletane|1896|Vecchi|Tranio|cid=Di Giacomo}}
*{{cita libro|Vittorio|Dini|Masaniello. L'eroe e il mito|1995|Newton Compton|Roma|isbn=88-7983-848-2}}
*{{cita libro|Ascanio|Filomarino|wkautore=Ascanio Filomarino|curatore=Francesco Palermo|Narrazioni e documenti sulla storia del regno di Napoli dall'anno 1522 al 1667|url=http://books.google.it/books?id=Wr1nOUbVF9MC|accesso=5 agosto 2008|1846|Giovan Pietro Vieusseux|Firenze|pagine=379-393|capitolo=Lettere|url_capitolo=http://books.google.it/books?id=Wr1nOUbVF9MC&pg=PA379|cid=Filomarino}}
*{{cita libro|Mario|Forgione|wkautore=Mario Forgione|Masaniello. 7-16 luglio 1647. Cronaca di dieci giorni rivoluzionari|1994|EDI|Napoli}}
*{{cita libro|Alessandro|Giraffi|Le rivolutioni di Napoli|url=http://books.google.it/books?id=qmUPAAAAQAAJ|accesso=17 settembre 2008|1648|Filippo Alberto|Venezia}}
*{{cita libro|Vittorio|Gleijeses|wkautore=Vittorio Gleijeses|La Storia di Napoli vol. II|1974|Società Editrice Napoletana|Napoli|cid=Gleijeses}}
*{{cita libro|Ottorino|Gurgo|wkautore=Ottorino Gurgo|Lazzari. Una storia napoletana|url=http://books.google.it/books?id=zH1BRrkAjw0C|accesso=5 agosto 2008|2005|Guida Editori|Napoli|isbn=88-7188-857-X|cid=Gurgo}}
*{{cita libro|Aurelio|Musi|La rivolta di Masaniello nella scena politica barocca|url=http://books.google.it/books?id=cvTBGLJNTVgC|accesso=5 agosto 2008|1989|Guida Editori|Napoli|isbn=88-7188-586-4|cid=Musi}}
*{{cita libro|Aurelio|Musi|Protagonisti nella Storia di Napoli|1994|Elio De Rosa|Napoli|cid=Musi2}}
*{{cita libro|Nicola|Napolitano|Masaniello e Giulio Genoino. Mito e coscienza di una rivolta|1962|Fausto Fiorentino Editore|Napoli}}
*{{cita libro|Gaetano|Parente|Masaniello. Storia del Secolo XVII|url=http://books.google.it/books?id=Dw0MAAAAYAAJ|accesso=17 settembre 2008|1838|Vincenzo Batelli e Figli|Firenze}}
*{{cita libro|Giovan Battista|Piacente|Le rivoluzioni del Regno di Napoli negli anni 1647-1648 e l'assedio di Piombino e Portolongone|url=http://books.google.it/books?id=aVKhbNHQb3IC|accesso=17 settembre 2008|1861|Tipografia di Giuseppe Guerrera|Napoli}}
*{{cita libro|Antonio|Romano|Memorie di Tommaso Aniello d'Amalfi detto Masaniello. Responsabilità della Chiesa nella sconfitta della rivoluzione napoletana e guerra d'indipendenza|1990|Edizioni del Delfino|Napoli}}
*{{cita libro|Michelangelo|Schipa|wkautore=Michelangelo Schipa|La così detta rivoluzione di Masaniello: da memorie contemporanee inedite|1918|Pierro|Napoli|cid=Schipa}}
*{{cita libro|Michelangelo|Schipa|curatore=Giuseppe Galasso|Studi masanielliani|1997|[[Società Napoletana di Storia Patria]]|Napoli|isbn=88-8044-045-4}} ([[ristampa anastatica]])
* Alain Hugon, ''Naples insurgée 1647-1648. De l'événement à la mémoire'', Rennes, Presses universitaires de Rennes, 2011, 410 p., ISBN 978-2-7555-1586-0
 
==Voci correlate==
*[[Ascanio Filomarino]]
*[[Gennaro Annese]]
*[[Giulio Genoino (XVII secolo)]]
*[[Repubblica Napoletana (1647)]]
 
==Altri progetti==
{{interprogetto|commons=Category:Masaniello|q}}
 
{{vetrina|26|agosto|2008|Wikipedia:Vetrina/Segnalazioni/Masaniello|arg=biografie}}
{{Controllo di autorità}}
{{Portale|biografie|Due Sicilie|storia}}
 
[[Categoria:Storia di Napoli]]