Regia Marina: differenze tra le versioni

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<p>[[File:Masthead pennant of the Kingdom of Italy.svg|200x80px]]<br />Fiamma (dal 1943)</p>
|Descrizione_simbolo2 = Stemma
|Simbolo2 = [[File:CoA Regia Marina.svg|50px]]<br />dal 25 aprile 1941<br />(solo sulla carta)<ref>{{Cita web|titolo=La bandiera|editore= Marina Militare italiana|url=http://www.marina.difesa.it/storiacultura/storia/tradizioni/Pagine/LaBandiera.aspx|accesso=30 gennaio 2015}}</ref><ref>{{Cita web|titolo= Araldica militare su iagi.info|url=http://www.iagi.info/ARALDICA/militare/militare_06.html|accesso=2 gennaio 2011|urlmorto=sì}}</ref>
|Descrizione_simbolo3 =
|Simbolo3 =
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Questi sviluppi, evidenti soprattutto a partire dal 1935, segnarono l'ascesa di un nuvo gruppo di potere interno alla marina e di una nuova filosofia operativa, diversa da quella cara ai sostenitori della flotta bilanciata propugnata dagli "evoluzionisti" al governo della marina sin dall'inizio degli anni '20. Si pensava infatti ad una marina volutamente sbilanciata, con al centro due punti di forza: un grande numero di sommergibili (ancorché tecnologicamente meno avanzati di quelli britannici o tedeschi, ma in numero sovrabbondante) e un forte nucleo di navi da battaglia. I sommergibili avrebbero dovuto sottoporre la flotta nemica ad una forte usura, danneggiandone o affondandone le unità maggiori (si pensava quindi ad un uso del sommergibile più contro le unità da guerra che contro i traffici), una volta danneggiata la flotta nemica sarebbe intervenuta la squadra di battaglia, su almeno 4-6 corazzate moderne, per affrontare in una battaglia navale classica la flotta nemica e (eventualmente) distruggerla a cannonate. Rispetto alle idee di inizio anni '20 si dava poca importanza ai convogli, il dominio del mare, in una prospettiva di tipo mahanniana, sarebbe appartenuto a chi fosse riuscito a distruggere la flotta da battaglia nemica. Strategicamente poi, questa scuola "sbilanciata" puntava molto sulla concentrazione di forze e di potere in poche mani (con un comando a terra molto forte), sull'accettazione della divisione di compiti con la Regia Aereonautica (che non era mai stata accettata prima dalla Marina), e sull'accettazione senza riserve della politica estera fascista, revisionista rispetto ai trattati e aggressiva anche verso la "perfida Albione". Questa era una novità nelle tradizioni della Regia Marina, sostanzialmente filobritanicca dalla sua fondazione, e sempre interessata ad una politica di alleanze con la potenza che controllava Gibilterra e Suez. A capo di questa linea di pensiero vi era il teorico Oscar Di Giamberardino, l'ammiraglio a capo dei sommergibili Mario Falangola e l'uomo di fiducia nella Marina di Mussolini, l'ammiraglio Domenico Cavagnari, che accentrò nella sua persona un enorme potere.<ref>{{Cita libro|titolo=Fabio De Ninno, I Sommergibili del fascismo, op. cit. pp.158 e ss.}}</ref>
 
Si aggiunga che poca o nulla cura fu dedicata alla ricerca scientifica di apparecchiature di scoperta, come il [[radar]] e il [[sonar]] (o ecogoniometro), che pure erano oggetto di studi nelle università italiane e negli stessi laboratori militari, come dimostrano gli studi del prof. [[Ugo Tiberio]] e di [[Guglielmo Marconi]]<ref>{{cita web|url=http://radarlab.disp.uniroma2.it/Seminari/Stoccolma_2009_Galati_Radar%20History.pdf|titolo=The italian way to radar: Guglielmo Marconi and Ugo Tiberio|lingua=en|accesso=10 novembre 2010|urlmorto=sì}}</ref>, principalmente per le scelte dell'ammiraglio [[Domenico Cavagnari|Cavagnari]], nominato da Mussolini capo di stato maggiore della marina nel 1933 e successivamente [[Sottosegretario di Stato|sottosegretario]] alla marina (senza che lasciasse la carica militare)<ref name=Rocca/>; lo stesso valeva per gli strumenti di puntamento diurno e il munizionamento per il combattimento notturno<ref name=Rocca/>, e Cavagnari affermò, riguardo ai radiolocalizzatori di "non volere trappole tra i piedi"<ref name=baroni>{{cita libro|cognome=Baroni|nome=Piero|titolo=La guerra dei radar: il suicidio dell'Italia: 1935/1943 |url=http://books.google.it/books?id=N3jPv-yONNoC&pg=PA80&lpg=PA80&dq=organizzazione+della+regia+marina+1938&source=bl&ots=ZizgW1RO1j&sig=IkemDZ_L7vfYUJgs9s8oRBAwz3U&hl=it&ei=LXjcTJSgNcyUswbtj5GiBA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=8&ved=0CEMQ6AEwBzgK#v=onepage&q=organizzazione%20della%20regia%20marina%201938&f=false |accesso=11 novembre 2010|anno=2007|mese=gennaio|editore=Greco & Greco|p=80|isbn=88-7980-431-6}}</ref>, mentre l'ammiraglio [[Angelo Iachino|Iachino]] scriveva fosse meglio<ref name=baroni/>
{{Citazione|... procedere con estrema cautela nell'accettare brillanti novità tecniche che non siano ancora collaudate da una esperienza pratica sufficientemente lunga}}
 
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Nel [[1925]] venne inviato in [[Cina]] un reparto del Reggimento San Marco, ad assicurare il presidio della [[Concessione italiana di Tientsin]]<ref>{{cita web|url=http://www.trentoincina.it/mostrapost.php?id=182|titolo=I Fanti di Marina in Cina negli anni venti e trenta|accesso=24 dicembre 2010}}</ref> e di [[Pechino]], creato in seguito alla [[rivolta dei Boxer]]; questo contingente si aggiunse all'esiguo gruppo della Regia Marina presente e facente parte della Legazione italiana, alla cannoniera ''Carlotto'' che faceva servizio sul fiume Yang Tze Kiang e all'ariete torpediniere ''Calabria'', che verrà poi sostituito dalla RN ''Libia'', come nave comando<ref>{{cita|Da Zara|p. 187}}.</ref>.
 
Durante la [[guerra d'Etiopia]] la marina non fu ovviamente coinvolta come forza navale nelle operazioni militari contro l'[[Abissinia]], anche se reparti del [[Battaglione San Marco|San Marco]] parteciparono alla parte terrestre della campagna. Inoltre in quell'anno fu mobilitata completamente la flotta e, per la prima volta, appartve chiaro che l'Italia sarebbe potuta entrare in guerra sia con la Francia che con la Gran Bretagna. Per questo si inizò a potenziare la componente sommergibilistica (puntando però solo al fattore quantitativo, e non a quello qualitativo) e a studiare le operazioni speciali. A seguito dell'embargo dichiarato dalla [[Società delle Nazioni]] nei confronti del Regno d'Italia, la Royal Navy aumentò la propria presenza nel Mediterraneo, tanto da paventare uno scontro tra le due squadre da battaglia, ed elaborò anche un piano di attacco al porto di Taranto; questo piano, più volte aggiornato negli anni successivi, avrebbe poi trovato applicazione l'11 novembre 1940 durante la cosiddetta [[notte di Taranto]]<ref name=Rocca/><ref>{{cita web|url=http://www.regiamarinaitaliana.it/ATaranto.html|titolo= La notte di Taranto|accesso=11 novembre 2010|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20091117111254/http://www.regiamarinaitaliana.it/ATaranto.html|dataarchivio=17 novembre 2009}}</ref>. L'embargo rese molto più costosa la cantieristica italiana e diffcoltoso reprerire alcune materie prime, cui si cercò di rimediare con (spesso scadenti) surrugati autarchici.
 
Nel 1936, In seguito allo scoppio della [[guerra civile spagnola|guerra civile in Spagna]], il regime fascista italiano diede il proprio appoggio alla fazione [[franchista]]. Di conseguenza, la Regia Marina, che ufficialmente avrebbe dovuto vigilare sull'embargo di armi ad entrambi i contendenti, fu invece impegnata ad assicurare la protezione dei convogli di truppe e di armi inviati a [[Francisco Franco]] e prese parte anche direttamente alle operazioni offensive dei nazionalisti. La marina italiana impiegò, in tempi differenti, decine di sommergibili<ref>Giorgerini nel suo libro ''Uomini sul fondo'' pp. 194-199 cita l'impiego di 36 e 48 sommergibili nel corso di due distinte offensive sottomarine, mentre Rocca in ''Fucilate gli ammiragli'' scrive dell'utilizzo di 33 sommergibili.</ref>, che attaccarono vari mercantili impegnati a trasportare rifornimenti a vantaggio dei repubblicani, vennero anche danneggiate due navi da guerra appartenenti alla marina repubblicana spagnola, mentre gli incrociatori ''Duca d'Aosta'' ed ''Amedeo di Savoia'' bombardarono di notte alcune città spagnole<ref name=Rocca/>. Questo conflitto fu molto oneroso in termini finanziari per lo stato italiano (8,5 miliardi di lire di allora, di fronte a nessun vantaggio economico e una pura spesa ideologica a favore del fascismo spagnolo), rendendo più complessa la modernizzazione delle forze armate. In compenso permise di scoprire le deficienze di afidabilità dei siluri (specie di quelli prodotti al Silurificio Italiano di Baia) che furono in buona parte corrette entro l'inizio della guerra (anche se i siluri italiani non furono all'altezza di quelli tedeschi, giapponesi e britannici si rivelarono relativamente afidabili e più efficaci delle artiglierie). Comunque il conflitto, condotto contro una marina antiquata, piccola e divisa tra campo nazionalista e campo repubblicano, genero un senso di ingiustificato ottimismo nelle forze armate italiane (un ''victory desease''), malgrado dimostrasse un enorme quantità di deficienze. Nello specifico la Regia Marina lanciò una prima massiccia campagna subaquea di sostegno ai franchisti (novembre 1936-febbraio 1937), che per il diritto internazionale era da considerarsi un atto di pirateria (i battelli infatti posti sotto falsa bandiera). Furono impiegati 38 sommergibili, patugliato tutto il Mediterraneo per fermare le navi sovietiche dirette in Spagna (e quelle spagnole dirette in URSS), e furono identificate 161 navi, di cui 15 furono ritenute bersagli validi, con il lancio di ben 28 siluri, che però spesso non funzionarono per l'allagamento della sezione di guida del siluro. Furono colpite infatti solo 3 navi, l'incrociatore ''Miguel de Cervantes'' (7.475 tonnelate danneggiato), e due piccoli mercantili da meno di 1500 tonnelate, mentre furono effettuate 8 missioni di bombardamento terroristico contro alcune città costiere (tra cui Valencia e Barcellona), reiterate in febbraio dagli incrociatori (di notte e sotto falsa bandiera spagnola). Il 16 gennaio 1937 il sottomarino ''Diamante'' per poco non si autosilurò per un difetto del siluro, che iniziò a viaggiare in maniera circolare. Molto carente risultò l'addestramento e la preparazione degli equipaggi, oltre che il coordinamento con il SIM (servizio informazioni militare). Alla fine di questa prima campagna furono ceduti 2 sommergibili ai franchisti (affonderanno 3 mercantili), mentre si iniziava un balletto diplomatico internazionale in cui l'Italia ufficialmente prclamava la propria neutralità, ma di fatto partecipava al conflitto con "volontari". Il 5 agosto 1937 due cacciatorpedinieri cercarono di fermare un convoglio diretto verso la Spagna, fallendo; questo diede il via ad una seconda campagna sottomarina (6 agosto-19 ottobe 1937), in cui parteciparono 48 battelli e diverse torpediniere, i sottomarini identificarono 444 navi, ne attaccarono 24, lanciando 43 siluri, affondando 4 piroscafi (3 nell'Egeo e 1 in acque spagnole). I Cacciatorpedinieri nel canale di Sicilia affondarono 3 mercantili. Questi attacchi illegali iniziarono a essere stigmatizzati dall'opinione pubblica internazionale, inoltre il 30 agosto il sottomarino ''Iride'' (comandato da Julio Valerio Borghese), attaccò (senza esito ) il cacciatorpediniere britannico ''Havoc,'' che reagì dandogli la caccia, mentre il 1 settembre il ''Diaspro'' affondò davanti al porto di alicante un mercantile britannico. Per questo il 23 ottobre 4 unità italiane divennero "legionarie" cioè furono ufficialmente cedute alla Spagna, mantenendo però equipaggio italiano (per altro "comandato" e non volontario), che non ottennero alcun risultato, mentre furono ceduti agli spagnoli 4 cacciatorpedinieri. Uno dei risultati della partecipazione (per altro in buona parte illegale) del conflitto fu il ridestare l'interesse della Royal Navy e dei servizi segreti britannici sulle unità italiane, i loro metodi, e i loro codici: il conflitto permise alla Gran Bretagna di capire e conoscere la Regia Marina sul campo,anche se permise di comprendere (ma non di risolvere) alcune delle deficienze dell'arma subacquea e delle forze leggere italiane.<ref>{{Cita libro|titolo=Fabio De Ninno, I sommergibili del fascismo, op. cit. pp. 219 e ss.}}</ref>