Regno di Sicilia: differenze tra le versioni
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|linkLocalizzazione = Regno di Sicilia - Altavilla 1160.jpg
|linkMappa = Regno di Sicilia 1154.svg
|motto = [[Antudo|Animus Tuus Dominus]]<
|lingua ufficiale = [[lingua latina|latino]] <small>(1130-1816)</small>, [[Lingua francese|francese]] <small>(1130-1300)</small><ref name="Smith">{{Cita libro
|lingua = [[Lingua francese|francese]], [[Lingua normanna|normanno]], [[Dialetti gallo-italici di Sicilia|gallo-italico]], [[Lingua tedesca|tedesco]], [[Lingua siciliana|siciliano]], [[Lingua arbëreshe|albanese]], [[Lingua italiana|italiano]]<ref name="treccani.it"/><ref name="unime.it"/>
|capitale principale = [[Palermo]] <small>(1130-1266 e 1282-1816)</small>
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|portale =
|primo sovrano = [[Ruggero II di Sicilia]]
|ultimo sovrano = [[Ferdinando III di Borbone]]
|capitale = [[Palermo]]
|dipendenze = {{simbolo|Coat of Arms of the House of Hauteville (according to Agostino Inveges).svg}} [[Regno normanno d'Africa|Regno d'Africa]]<br><small>([[1135]]-[[1160]])</small><
}}
{{Storia della Sicilia}}
Il '''Regno di Sicilia''' fu uno Stato sovrano esistito dal 1130 al 1816, ovvero fino all'istituzione del [[Regno delle Due Sicilie]].
Costituito nel [[1130]], con [[Ruggero II d'Altavilla]] (fusione della [[Contea di Sicilia]] e del [[Ducato di Puglia]]) e durato fino all'inizio del [[XIX secolo]], la sua sovranita' fu assicurata dall'assai longevo [[Parlamento Siciliano|Parlamento]] con sede a [[Palermo]]. Per questo è considerato da diversi studiosi come il prototipo del moderno [[Stato]] [[Europa|europeo]].<ref>Secondo [[Jacob Burckhardt|Burckhardt]]: «[…] il primo modello dello stato moderno in Europa». Cfr. {{Cita libro
Il nuovo Stato insisteva così su tutti i territori del [[Mezzogiorno (Italia)|Mezzogiorno]] e della Sicilia, attestandosi come il più ampio e importante degli antichi Stati della penisola italiana. A seguito della rovina della famiglia [[Sacro Romano Impero germanico|imperiale]] degli [[Hohenstaufen]], che era succeduta agli [[Altavilla]], [[papa Urbano IV]] nominò nel [[1263]] [[Carlo I d'Angiò]] nuovo ''Rex Siciliae''. Ma il pesante fiscalismo imposto dai sovrani della dinastia di origine angioina e il malcontento diffuso a tutti gli strati della popolazione isolana determinarono la [[rivolta del Vespro]]; seguì la [[Guerre del Vespro|guerra dei novant'anni]] tra [[Pietro III d'Aragona]], imparentato con gli Hohenstaufen, e gli Angiò. Sconfitto, il 26 settembre [[1282]] Carlo d'Angiò lasciò definitivamente la sola Sicilia nelle mani degli Aragonesi.
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Nel 1504, la Spagna unita sconfisse la Francia e anche il regno di Napoli fu da allora unito dinasticamente alla monarchia ispanica, come quello di Sicilia, fino al [[1713]] (de facto fino al 1707), governati come due [[vicereami]] distinti ma con la dicitura ''ultra et citra Pharum'' e con la conseguente distinzione storiografica e territoriale tra Regno di Sicilia e Regno di Napoli. I due regni, furono nuovamente riuniti ''de facto'' da [[Carlo III di Spagna|Carlo di Borbone]] tra il 1734 e il 1735, ma la fine del Regno di Sicilia si ebbe formalmente solo con l'unificazione giuridica definitiva di entrambi i regni nel dicembre 1816, con la fondazione dello stato sovrano del [[Regno delle Due Sicilie]].
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{{Vedi anche|Contea di Sicilia}}
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Fondata, sotto investitura papale, dal capostipite normanno [[Ruggero I di Sicilia|Ruggero]] nel 1061 (anno dell'inizio della riconquista cristiana della Sicilia) e fino al 1130, comprendeva la Sicilia e [[Malta]]. Con la nascita del regno normanno in Sicilia fu introdotto un nuovo sistema politico-sociale, il [[Feudalesimo|sistema feudale]].
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{{Vedi anche|Parlamento siciliano|Storia della Sicilia normanna|Altavilla}}
Conclusa la conquista, nel [[1097]] venne convocata da [[Ruggero I di Sicilia]] la prima assise a [[Mazara del Vallo]], di quello che diverrà uno dei parlamenti più antichi del mondo<ref>[http://sites.google.com/site/ilparlamento02/storia-del-parlamento Storia del Parlamento - Il Parlamento]</ref><ref>{{Cita libro
[[File:Sud Italia nel 1112.jpg|thumb|left|upright|[[Contea di Sicilia]] e [[Ducato di Puglia e Calabria]].]]
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Poiché [[Innocenzo II]] non intendeva rinunciare alla [[tiara]], si aprì un vero e proprio scisma all'interno della [[Chiesa latina|Chiesa di Roma]] che finì per coinvolgere soprattutto elementi non ecclesiastici, ovvero alcuni grandi Stati d'[[Europa]], come l'[[Inghilterra]], la [[Francia]] e la [[Germania]] che, unitamente a gran parte dell'[[Italia]], appoggiavano Innocenzo II. Papa Anacleto II, bersagliato anche per le sue origini ebraiche e completamente isolato chiese l'appoggio dei [[Normanni]] del Duca Ruggero II, al quale offrì, in cambio, la corona regia. La dinastia degli Altavilla, cui apparteneva il duca, avevano già conquistato la Sicilia, rendendola un punto cardinale nei traffici e nell'economia del mondo dell'epoca.
Il Duca non si lasciò sfuggire l'occasione e concluse, nel settembre [[1130]], una vera e propria alleanza militare con il Papa, in seguito alla quale questi emise una [[Bolla papale|Bolla]] che consacrava il Conte di Sicilia, nonché Duca di Calabria e di Puglia, ''Rex Siciliae'': «''Anacletus concedit Rogerio universas terras, quas predecessores Roberto Guiscardo et Rogerio filio eius dederant''»; poi, il 27 settembre concesse al duca la potestà regia: «Concediamo dunque, doniamo e consentiamo, a te, a tuo figlio Ruggero, agli altri tuoi figli che secondo le tue disposizioni dovranno succedere nel regno, ed ai tuoi discendenti, la corona del regno di Sicilia e di Calabria e di Puglia e di tutta la terra che noi e i nostri predecessori donammo e concedemmo ai tuoi predecessori duchi di Puglia, i ricordati Roberto Guiscardo e Ruggero suo figlio; e concediamo che tu tenga il regno e l'intera dignità regia ed i diritti regali a titolo perpetuo, sicché tu li tenga e signoreggi in perpetuo, e istituiamo la Sicilia capo del regno»<ref name="CESN">{{Cita web
Le [[Curiae generales]] lo proclamarono [[re di Sicilia]], dopo di che, nella notte di [[Natale]] del medesimo anno, riprendendo un cerimoniale già visto nel lontano anno [[800]] in occasione dell'incoronazione di [[Carlo Magno]], fu incoronato a [[Palermo]], ''[[Prima Sedes, Corona Regis et Regni Caput]]'', come Ruggero II, Re di Sicilia, [[Puglia]] e [[Calabria]].
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[[File:Martorana RogerII.jpg|thumb|upright|[[Ruggero II di Sicilia|Ruggero II]] riceve la corona da [[Cristo]], mosaico presso la [[Chiesa della Martorana]].]]
Il Regno di Sicilia nasceva nella notte di Natale del [[1130]], e veniva affidato nelle mani del figlio di colui che aveva conquistato la Sicilia dagli arabi. Il Regno di Sicilia nasceva all'insegna della dinastia normanna degli Altavilla e comprendeva non soltanto l'[[isola di Sicilia]], ma anche le terre di [[Calabria]] e [[Puglia]]. Ruggero II riunendo tutto il Meridione sotto la sua autorità creò il terzo tra i grandi stati d'Europa<ref>{{Cita libro
Innocenzo II, però, ritenendosi legittimo Pontefice, promulgò la scomunica nei confronti di [[Antipapa Anacleto II|Anacleto II]] e dichiarò nulli tutti i suoi atti. In una serie di [[Concilio ecumenico|Concili]] successivi - [[Reims]] ([[1131]]), [[Piacenza]] ([[1132]]), [[Pisa]] ([[1135]]) - fu riconosciuto come legittimo pontefice da Inghilterra, [[Spagna]], Francia, [[Milano]], Germania. Il 4 giugno [[1133]] in [[San Giovanni in Laterano]] incoronò [[imperatore]] [[Lotario II di Supplimburgo|Lotario II]].
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[[File:Palermo palazzo normanni.jpg|thumb|Il [[Palazzo dei Normanni|Palazzo reale]], la più antica residenza reale d'Europa.]]
Ruggero II fece del regno di Sicilia uno degli Stati d'Europa più potenti e meglio ordinati dandogli una base legislativa con le [[Assise di Ariano|Assise]] del Regno di Sicilia, promulgate nel [[1140]] ad [[Ariano Irpino]]<ref>{{Cita web
[[File:Regnonormanno1160.jpg|thumb|left|Il "Regno normanno d'Africa" di [[Ruggero II]].]]
In seguito gli Altavilla si dedicarono ad espandere il proprio reame, annettendo [[Napoli]] verso nord ma anche e soprattutto vari territori nord africani ([[Malta]], Gozo e una parte dell'Africa settentrionale, compreso l'entroterra tunisino-libico tra [[Bona]] e [[Tripoli]]) e [[Corfù]]. Intorno al [[1140]] [[Tunisi]] fu assoggettata da [[Ruggero II]]. Nel [[1146]] una grossa flotta siciliana al comando di [[Giorgio d'Antiochia (ammiraglio)|Giorgio d'Antiochia]], ammiraglio di Ruggero II, partì da [[Trapani]] e conquistò Tripoli e la [[Tripolitania]] costiera, che rimase sino a quasi la fine del secolo sotto il Regno di Sicilia<ref>{{Cita web
{{Citazione|I tentativi di Ruggero II di insediarsi in Africa, in primo luogo a Mahdia e poi a Tripoli, sfociarono nella creazione di un piccolo impero normanno lungo le coste dell'[[Ifriqiya|Ifriqiyya]], con la sola eccezione di Tunisi. Gli sceicchi locali si sottomisero all'autorità del Re di Sicilia, che tentò di promuovere nella regione nuovi insediamenti cristiani allo scopo di proteggere la modesta popolazione cristiana già esistente.<ref>{{Cita libro
Ruggero II creò poi il "[[Regno normanno d'Africa]]" nella cosiddetta ''[[Ifriqiya]]'' con l'intenzione di unirlo al Regno di Sicilia, ma la morte nel [[1154]] glielo impedì.
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[[File:Guglielmo I.jpg|thumb|upright=0.7|[[Guglielmo I di Sicilia]] detto il Malo.]]
Alla morte di Ruggero II, il figlio [[Guglielmo I di Sicilia|Guglielmo I]] gli succedette al trono, e dovette presto affrontare una difficile situazione politica a causa della minaccia dell'impero germanico, portata dal [[Federico Barbarossa|Barbarossa]], di quella dell'[[Impero Romano d'Oriente|impero di Bisanzio]] portata da [[Manuele I Comneno]] e da quella del papato retto da [[Papa Adriano IV|Adriano IV]]. Ai primi del [[1155]] a Manuele Comneno arrivò notizia che i baroni di [[Puglia]] non avevano mai visto di buon occhio gli [[Altavilla]], e avevano intenzione di ribellarsi<ref>{{Cita libro
Con la perdita dei territori conquistati in Africa<ref>{{Cita web
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[[File:Monreale photo ru Sibeaster02.jpg|thumb|upright=0.7|''Cristo incorona re Guglielmo II'', mosaico del [[Duomo di Monreale]] (XII secolo)]]
Alla morte di Guglielmo I nel [[1166]], il figlio [[Guglielmo II di Sicilia|Guglielmo II il Buono]] appena dodicenne, salì al trono sotto tutela della regina madre. Il re riuscì a godere di un periodo di relativa stabilità e riappacificazione nelle relazioni fra le diverse fazioni del regno. Nel [[1172]] Guglielmo II riformò la [[Magna Curia]], divise l'istituto in Magna Curia ''rationum'', supremo organo finanziario, e Magna Curia con funzioni di Alta Corte di giustizia<ref>{{Sapere|Magna+Curia.html|Magna Curia|accesso=10 luglio 2016}}</ref>. Nel [[1176]] fu inviato [[Alfano di Camerota]], arcivescovo di Capua, a negoziare il matrimonio con la figlia di [[Enrico II d'Inghilterra]], per instaurare un'alleanza fra gli Altavilla e i Plantageneti. La missione fu svolta con successo e la principessa fu condotta nella capitale. A Palermo il 13 febbraio [[1177]] Guglielmo sposò [[Giovanna d'Inghilterra|Giovanna Plantageneto]] (1165-1199), sorella di [[Riccardo Cuor di Leone]]. Dopo la morte di [[Manuele I Comneno]] ([[1180]]), l'erede designato [[Alessio II Comneno|Alessio II]] venne assassinato e il trono usurpato dallo zio [[Andronico I Comneno]]. Guglielmo II colse l'occasione dell'arrivo alla corte di Palermo di un individuo che pretendeva di essere Alessio II, per attaccare Bisanzio. La spedizione, sotto il comando di Tancredi, sbarcò a [[Durazzo]] nel giugno del [[1185]] e giunse a [[Tessalonica]] che fu presa nella notte tra il 23 e il 24 agosto, anche Bisanzio sembrava a portata di mano, quando [[Isacco II Angelo]] prese il posto dell'usurpatore incapace Andronico e l'esercito bizantino si riorganizzò contro l'attacco normanno. Alla fine dell'estate la grande flotta normanna dovette fare rientro in Sicilia.
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[[File:Arabo-NormanArchitecture.JPG|thumb|Il palazzo della [[La Zisa|Zisa]] (dall'arabo al-ʿAzīza, ovvero "la splendida").]]
Intanto Guglielmo II avviava con l'imperatore [[Federico Barbarossa|Federico I]] le trattative volte all'unione matrimoniale della zia [[Costanza d'Altavilla|Costanza]] e il figlio dell'imperatore [[Enrico VI di Svevia|Enrico VI]], matrimonio che si celebrò a [[Milano]] il 27 gennaio [[1186]]. Nonostante la giovane età di Guglielmo e della moglie Giovanna, dalla loro unione non nacque alcuna discendenza, l'eventualità di una mancata discendenza era espressamente prevista nel contratto matrimoniale per le nozze di [[Enrico VI Hohenstaufen]] e [[Costanza d'Altavilla]], ultima figlia di Ruggero II e zia di Guglielmo, a cui sarebbe toccato, nell'eventualità, il Regno di Sicilia<ref name="Treccani">{{DBI
Il regno di Guglielmo fu particolarmente proficuo per le arti in Sicilia. Fra le opere avviate da Guglielmo merita una citazione il [[Duomo di Monreale]], realizzato a cominciare dal [[1174]] con il beneplacito di [[papa Lucio III]], e l'[[Abbazia di Santa Maria di Maniace]], fortemente voluta dalla regina madre Margherita. Anche la splendida costruzione della [[La Zisa|Zisa]], avviata dal predecessore Guglielmo I, fu completata sotto il suo regno. Notevoli interventi edilizi ebbe anche il [[Duomo di Palermo]].
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[[File:Tancred von Lecce.jpg|thumb|upright=0.7|[[Tancredi di Sicilia]] Conte di Lecce (1149-1154 e 1169-1194) e re di Sicilia (1189-1194).]]
[[Tancredi di Sicilia|Tancredi]] che fu in esilio a [[Bisanzio]], per la congiura contro il re [[Guglielmo I di Sicilia|Guglielmo ''il Malo'']], ritornò in Sicilia solo nel 1166 dopo l'assunzione del trono da parte di [[Guglielmo II di Sicilia|Guglielmo II il Buono]]. Quando Guglielmo il Buono morì ([[1189]]), non essendovi discendenti diretti, si pose il problema della successione. Alla morte senza discendenti diretti, Guglielmo II avrebbe indicato la zia [[Costanza d'Altavilla]] come erede, e obbligato i cavalieri a giurarle fedeltà. Una parte della corte Normanna, sperando anche nell'appoggio papale, simpatizzava per Tancredi, per quanto illegittimo, ultimo discendente maschio della famiglia [[Altavilla]]. Il papa [[Papa Clemente III]] che non vedeva di buon occhio gli Svevi, approvò nel novembre 1189 l'incoronazione di Tancredi a [[Palermo]] Re di Sicilia.
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Quando [[Enrico VI di Svevia|Enrico VI]] marito di Costanza d'Altavilla, succedette nel trono al padre [[Federico Barbarossa]] ([[1191]]), decise subito di riconquistare il Regno di Sicilia, supportato anche dalla flotta della [[Repubblica di Pisa|Repubblica pisana]], da sempre fedele all'imperatore. Tuttavia la flotta siciliana riuscì a battere la flotta pisana, a decimare l'esercito di Enrico, e a catturare ed imprigionare a [[Salerno]] la zia Costanza. Per il rilascio dell'imperatrice Tancredi pretese che l'imperatore scendesse a patti con un accordo di tregua, tuttavia la tregua non venne più stipulata, in quanto, durante il viaggio verso [[Roma]] il convoglio fu attaccato e l'Imperatrice liberata.
[[File:Coat of Arms of the House of Hauteville (according to Agostino Inveges).svg|upright=0.6|thumb|[[Stemma degli Altavilla]].]]
Nell'agosto [[1192]] Tancredi faceva sposare il figlio [[Ruggero III di Sicilia|Ruggero]] con [[Irene Angelo]] ([[1180]]-[[1208]]), figlia dell'imperatore bizantino [[Isacco II Angelo]]. Ruggero III designato a succedergli al trono, nel dicembre [[1193]], all'età di 19 anni, morì<ref>«1193 […] e così, pacificate le terre delle Puglie e di Terra del Lavoro, il re se ne tornò in Sicilia, dove contro natura morì il figlio Ruggero, che era stato coronato re e a lui succedette come re suo fratello Guglielmo.» {{Cita libro
'''I re della dinastia dei [[normanni]] di Sicilia ([[Altavilla]])'''
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{{vedi anche|Enrico VI Hohenstaufen|Hohenstaufen}}
[[File:Heinrich VI - Konstanze von Sizilien.jpg|thumb|[[Enrico VI Hohenstaufen|Enrico VI]] e [[Costanza d'Altavilla]], miniatura dal "Liber ad honorem Augusti" di Pietro da Eboli.]]
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L'imperatrice Costanza, divisa tra il ruolo di moglie di un personaggio temuto ed odiato e quello di discendente di una famiglia amata dal popolo siciliano, sviluppò una sorta di odio per i tedeschi. Enrico aveva la consapevolezza che il suo potere, per quanto enorme, mancasse di unità, e vide la nascita dell'erede come l'occasione giusta per realizzare un progetto di organicità. Nel [[1196]] l'imperatore decretò la feroce esecuzione di [[Riccardo d'Acerra]], a seguito della quale credette di avere scoperto un ulteriore complotto ai suoi danni, sospettandovi la partecipazione anche di [[papa Celestino III]]. Enrico calcò la mano e ordinò sanguinose repressioni ed esecuzioni di massa, il clima di terrore che attanagliò la Sicilia si allentò solo con la morte improvvisa dell'imperatore. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre [[1197]], morì per il riacutizzarsi di un'infezione intestinale, forse in seguito a un avvelenamento da parte della moglie, che gli sopravvisse poco più di un anno.
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{{vedi anche|Federico II di Svevia}}
[[File:Palazzo Reale di Napoli - Federico II.jpg|thumb|upright|Particolare della statua dedicata a Federico II, [[Napoli]], [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo Reale]].]]
Morto prematuramente Enrico VI nel 1197 a Messina, gli succedette l'ancora infante [[Federico II di Svevia|Federico II]] (come Federico I di Sicilia); per lui, come reggente, governò la madre Costanza e alla sua morte ([[1198]]) [[Papa Innocenzo III]]. Principale preoccupazione del Pontefice fu quella di mantenere distinti Impero e Regno di Sicilia, per questo affidò il giovane re ad un consiglio di reggenza, riconoscendogli la successione al trono siciliano, mentre in [[Germania]] sostenne [[Ottone IV di Brunswick]], candidato guelfo contrapposto a [[Filippo di Svevia]], zio di Federico. Dal [[1201]] al [[1206]] Federico, sotto la tutela di [[Marcovaldo di Annweiler|Marcovaldo]] e poi di [[Guglielmo di Capparone]] ricevette un'educazione reale, anche se alcuni autori, sostengono che venne cresciuto dal popolo palermitano più povero, autodidatta per ogni forma di cultura<ref>{{Cita libro
[[File:Castel del Monte BW 2016-10-14 12-26-11 r.jpg|thumb|[[Castel del Monte]], fatto costruire da [[Federico II di Svevia|Federico II]] ad [[Andria]] in [[Puglia]].]]
Aveva quindi deciso di lasciare il Regno di Germania al figlio [[Enrico VII di Germania|Enrico]], conservando tuttavia, quale imperatore, la suprema autorità di controllo. Essendo stato educato in Sicilia è probabile che si sentisse più siciliano che tedesco, ma, soprattutto, egli conosceva bene le potenzialità del suo regno<ref>{{Cita libro
[[File:Diemer Hofhaltunga.jpg|thumb|left|Il [[cancelliere aulico]] ricevuto alla corte, presso il palazzo delle Favare dove i sovrani ricevevano letterati, artisti e studiosi siciliani.]]
Approfittando di un periodo di pace, il sovrano si dedicò agli affari interni dei suoi domini. Condusse un'intensa attività legislativa a [[Capua]] e a [[Catania]] nel [[1220]], a [[Messina]] nel [[1221]], a [[Melfi]] nel [[1224]], a [[Siracusa]] nel [[1227]] e a [[San Germano dei Berici|San Germano]] nel [[1229]], accentrando il potere nelle proprie mani sottraendoli ai feudatari che li avevano precedentemente usurpati. Ad agosto del [[1231]] nel [[Castello di Melfi]] Federico II, con l'ausilio del suo fidato notaio [[Pier della Vigna]], emanò le ''Constitutiones Augustales'' (note anche come ''[[Costituzioni di Melfi]]'' o ''Liber Augustalis''), codice legislativo del Regno di Sicilia, fondato sul diritto romano e normanno, considerato tra le più grandi opere della storia del diritto. Ne doveva nascere uno Stato centralizzato, burocratico e tendenzialmente livellatore, con caratteristiche che gli storici hanno reputato "moderne".<ref>{{cita|Cardini e Montesano|p. 287}}.</ref>. Due anni dopo inasprì la normativa antiereticale equiparando l'[[eresia]] ai delitti di lesa maestà<ref>{{Cita libro
Si preoccupò inoltre di formare un ceto di funzionari colti che potessero occuparsi della cosa pubblica fondando l'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università di Napoli]]. Favorì anche la [[scuola medica salernitana]]<ref>{{cita|Cardini e Montesano|p. 285}}.</ref>, prima e più importante istituzione medica d'[[Europa]] nel [[Medioevo]]. Palermo e la corte divennero il centro dell'Impero, e grazie al mecenatismo del re (definito per la sua cultura ''[[Stupor mundi]]''), divenne un importante polo culturale, punto d'incontro tra le tradizioni greca, araba ed ebraica. Qui nacque la ''[[scuola siciliana|Scuola poetica siciliana]]'' con il primo utilizzo della forma letteraria di una [[lingua romanza]], il [[lingua siciliana|siciliano]] o meglio il siculo-appulo<ref>{{Cita web
[[File:Tomb of Frederick II, Holy Roman Emperor - Cathedral of Palermo - Italy 2015.jpg|thumb|upright|Il sarcofago di [[Federico II di Svevia|Federico II]] nella [[Cattedrale di Palermo]]. Il cuore dell'Imperatore fu custodito nella [[Cattedrale di Foggia]] ma il sepolcro andò distrutto nel terribile [[terremoto del 1731]].]]
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Tra i più importanti esponenti della Scuola Siciliana, [[Giacomo da Lentini|Jacopo da Lentini]], ideatore del [[sonetto]]. Molti storici – come scrive [[Santi Correnti]]<ref>{{cita|Santi Correnti|p. 162}}.</ref> – hanno visto in Federico l'anticipazione politica della "figura del principe rinascimentale" o del "nazionalismo risorgimentale".
Il suo regno fu tuttavia caratterizzato dalle lotte contro il Papato e i Comuni italiani, nelle quali riportò vittorie o cedette a compromessi, da ricordare la notevole vittoria che Federico colse nel novembre [[1237]] sulla Lega Lombarda a [[Battaglia di Cortenuova sull'Oglio|Cortenuova]], conquistando il [[Carroccio]] che inviò in omaggio al papa. L'anno successivo il figlio [[Enzo di Sardegna|Enzo]] (o Enzio) sposò [[Adelasia di Torres]], vedova di [[Ubaldo Visconti]], giudice di [[Giudicato di Torres|Torres]] e [[Gallura]] e Federico lo nominò [[Re di Sardegna]]. La Sardegna era stata promessa in successione al papa, il quale scagliò subito contro Federico la scomunica durante la [[settimana santa]]<ref>Sulla data esatta di questa scomunica gli storici sono in disaccordo tra il 20 marzo, [[domenica delle Palme]], indicato dal Kamp, ed il 24 marzo, [[giovedì santo]], secondo il Pinzi; lo storico gesuita Hans Wolter sostiene, con una interessante indicazione, che Federico sarebbe stato scomunicato domenica 20 marzo e la scomunica sarebbe stata reiterata dal papa il successivo giovedì 24, durante i riti del giovedì santo. Cfr. {{Cita libro
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[[File:Bible1 manfred.jpg|thumb|left|Lo scrittore Johensis consegna a re [[Manfredi di Hohenstaufen|Manfredi]] la Bibbia.]]
Federico II nel suo testamento nominava il figlio secondogenito [[Corrado IV di Svevia|Corrado IV]] erede universale e suo successore sul trono imperiale, su quello di Sicilia e su quello di Gerusalemme, e lasciò a Manfredi il [[Principato di Taranto]] con altri feudi minori, e inoltre la [[luogotenenza del regno]] di Sicilia. Nell'ottobre [[1251]] Corrado si mosse verso la penisola dove incontrò i vicari imperiali, e nel gennaio [[1252]] sbarcò a [[Manfredonia|Siponto]], proseguendo poi insieme a Manfredi nella pacificazione del Regno. Nel [[1253]] riportarono sotto il loro controllo le riottose contee di [[Caserta]] e [[Acerra]], conquistarono [[Capua]] e nell'ottobre infine anche [[Napoli]]. Il 21 maggio Corrado morì di malaria<ref>Corse voce che Manfredi avesse fatto avvelenare il fratello, ma al riguardo non si hanno prove.</ref> lasciando il figlio [[Corradino di Svevia|Corradino]] sotto la tutela del papa. Il Papato, che continuava a non vedere di buon occhio l'insediamento della casa imperiale di Svevia promise il regno a [[Edmondo il gobbo]] purché occupasse il regno con un esercito proprio. Manfredi grazie però alla fine abilità diplomatica ereditata dal padre, concluse con il pontefice un accordo, che vide l'occupazione pontificia con una semplice riserva dei diritti di Corradino e propri. Manfredi, non ritenendosi sicuro di fronte al papa, arruolò un ingente esercito per muovere guerra all'esercito pontificio, che sconfisse presso [[Foggia]]. Nel corso del [[1257]] la guerra procedette vantaggiosamente per gli Svevi, Manfredi sbaragliò l'esercito pontificio e domò le ribellioni interne.
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{{Vedi anche|Angioini|Storia della Sicilia angioina|Regno di Sicilia citeriore}}
[[File:Tour Ferrande - Clément IV & Charles 1er de Sicile.JPG|thumb|left|upright=0.8|[[Clemente IV]] incorona re Carlo, affresco nella Tour Ferrande.]]
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Nonostante fosse riconosciuto come capo del [[guelfi|partito guelfo]], il Papato non vide di buon occhio l'intraprendenza di Carlo. Addirittura pare che Roma si sia riavvicinata alla [[Chiesa ortodossa]], sotto il pontificato di [[Gregorio X]] e [[Niccolò III]], pur d'evitare che l'angioino potesse atteggiarsi a difensore della cristianità latina. Per fare ciò intralciarono attivamente i suoi disegni di riconquista di Costantinopoli. Gli stessi guelfi furono visti con sospetto, poiché erano rei d'essere più impegnati a conquistare il potere nelle loro città ed imporvi una signoria di Carlo, che difendere la libertà della [[Chiesa cattolica|Chiesa di Roma]]. Con la salita al trono pontificio di [[Martino IV]], papa a lui più favorevole, il re di Sicilia poté predisporre un piano di conquista dell'[[Impero Bizantino]].
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{{Vedi anche|Vespri Siciliani}}
[[File:Francesco Hayez 023.jpg|thumb|left|Drouet trafitto dalla spada viene ucciso. Da ''I Vespri siciliani'' di [[Francesco Hayez]]]]
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Le cause dell'insurrezione siciliana sono da ricercare nel forte malcontento nei confronti degli Angiò. Esso fu causato sia dalla scelta di trasferire la capitale del regno a Napoli, sia dall'impopolarità del nuovo governo, il quale stava riducendo in miseria il paese. La situazione precipitò quando, secondo la ricostruzione storica, un soldato francese, tale [[Drouet]], mancò di rispetto verso una donna siciliana. Il gesto, immediatamente vendicato dal marito, che uccise Drouet, diede il via a un'insurrezione che da Palermo si estese subito in tutta la Sicilia.
Si racconta che i siciliani, per individuare i francesi che si camuffavano fra i popolani, facessero ricorso ad uno ''[[shibboleth]]''<ref>Si veda il ''[[Libro dei Giudici]]'', {{passo biblico|Giudici|12,5-6}}.</ref>, mostrando loro dei ceci («''cìciri''», nella [[lingua siciliana]]<ref name="Runciman281"/>) e chiedendo di pronunziarne il nome; quelli che venivano traditi dalla loro pronuncia francese (''sciscirì''), venivano immediatamente uccisi<ref name="Runciman281">{{Cita libro
'''I re della dinastia degli [[angioini]] di Sicilia'''
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* {{simbolo|Arms of Jean dAnjou.svg}} [[Carlo I d'Angiò|Carlo I]] ([[1266]]-[[1282]])
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{{Vedi anche|Guerre del Vespro}}
[[File:Arrivo aragonesi.jpg|thumb|''Pietro III d'Aragona sbarca a [[Trapani]]'', manoscritto della Biblioteca Vaticana]]
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La prima fase del conflitto si concluse nel [[1302]] con la [[Pace di Caltabellotta]] che stabiliva la divisione del regno in due: ''Regnum Siciliae citra Pharum'' ([[Regno di Napoli]]) e ''Regnum Siciliae ultra Pharum'' (anche noto per un breve periodo come [[Regno di Trinacria]]), con la condizione che [[Federico III d'Aragona]] continuasse a regnare con il titolo di re di Trinacria, e che alla sua morte la corona sarebbe tornata agli Angioini<ref>{{cita|Montanelli e Gervaso|p. 39}}.</ref>. Questi tuttavia nel 1313 rivendicò il titolo di Re per il figlio Pietro, e cambiò il titolo in "re di Sicilia" creando l'assurdo per cui esistevano due regni di Sicilia e due re di Sicilia<ref name="Ibidem, p. 314">Ibidem, p. 314.</ref>, ciò provocò l'inevitabile reazione angioina e la ripresa della guerra che si trascinò sino al 20 agosto [[1372]] quando si concluse dopo ben novanta anni con il [[Trattato di Avignone]] firmato da [[Giovanna d'Angiò]] e [[Federico IV d'Aragona]] e con l'assenso di [[Papa Gregorio XI]].
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{{Vedi anche|Regno di Trinacria|Storia della Sicilia aragonese}}
[[File:Federico III.jpg|thumb|upright| [[Federico III di Sicilia]] nel mosaico dell'abside dell'altare maggiore del [[Duomo di Messina]].]]
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Nel [[1392]] sposerà [[Martino I di Sicilia|Martino il giovane]], considerato dai Siciliani un usurpatore, poiché la loro unione fu frutto del rapimento di Maria da parte di [[Guglielmo Raimondo III Moncada]] con la segreta approvazione di [[Pietro IV di Aragona]]. Con la morte di Maria nel [[1401]] si estinguerà la dinastia aragonese-sicula. Lo stesso anno Martino I ripudiò il [[Trattato di Avignone]] e governò la Sicilia da solo, senza più considerarsi vassallo dei Re di Napoli. Il 21 maggio del [[1402]], a Catania, sposerà in seconde nozze, [[Bianca di Navarra (1387-1441)|Bianca di Evreux]] che diventerà regina consorte di Trinacria. Con la morte di Martino I, il padre [[Martino I di Aragona]], divenne re di Sicilia col nome di Martino II. Per mancanza di eredi, questa linea di successione causò la fine dell'indipendenza del regno di Sicilia. Per un breve periodo la sede del regno fu [[Catania]]<ref>Vedi ad esempio [[Vito Amico]], ''Catania capitale - Storia della città di Catania nel Basso Medioevo'' traduzione dal latino, avvertenza, indicazione delle fonti ed indici, a cura di Enzo Sipione, C. Tringale Editore, Catania 1982. Come ricorda Enzo Sipione nell'avvertenza al libro, "da feudo ecclesiastico la città viene evolvendosi fino a diventare capitale, per ricadere, morti i Martini ed estintisi gli Alagona, nell'orbita di altre egemonie, dovendosi contentare del ruolo di terza sorella dietro Palermo e Messina."; cfr. ''Ibidem'' pp. 5-6.</ref>. Alla morte di Martino II ([[1410]]), seguì un periodo di incertezza detto interregno, che durò due anni.
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Con il [[Compromesso di Caspe]] del [[1412]], le [[Cortes]] decisero che sarebbe stato sovrano della corona d'Aragona e re di Sicilia [[Ferdinando I di Aragona|Ferdinando ''el de Antequera'']], [[infante]] del [[Regno di Castiglia e León|casato castigliano]] di [[Trastamara]] che fu proclamato Re il 28 giugno [[1412]]. Bianca di Evreux venne nominata dal re d'Aragona Ferdinando I regina con il titolo di vicaria del regno isolano. Per un breve periodo i siciliani sperarono di tornare ad avere una propria corte, in quanto Martino I sposò Bianca, e quindi alcuni nobili siciliani cercarono di offrire come consorte alla regina, [[Niccolò Peralta]]). Nel [[1416]] Bianca divenne [[regina di Navarra]], con la conseguenza che l'isola perderà definitivamente l'indipendenza di regno per diventare un vicereame.
[[File:Alfonso-V-el-Magnanimo.jpg|thumb|upright|left|Alfonso il Magnanimo.]]
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Morto Ferdinando I il 2 aprile del [[1416]], regnò [[Alfonso V d'Aragona|Alfonso il magnanimo]], questi, vedendo che i Siciliani, per la loro sete di indipendenza, avrebbero voluto eleggere il fratello [[Giovanni II di Aragona|Giovanni]], governatore per conto del padre, a re di Sicilia, lo richiamò a corte e lo inviò in Castiglia ad aiutare l'altro fratello, [[Enrico di Trastámara (1400-1445)|Enrico di Trastàmara]].
Alfonso unì alla corona d'Aragona anche il [[regno di Napoli]] e lo unì anche se solo formalmente sotto la corona di ''rex Utriusque Siciliae'' in quanto le investiture papali ed i regni erano ormai diventati due. Egli istituì a [[Catania]], nel [[1434]] l'università più antica della Sicilia (''[[Università degli Studi di Catania|Siciliae Studium Generale]]''). Alfonso V, alla sua morte, lasciò il Regno di Napoli al suo figlio illegittimo [[Ferdinando I di Napoli|Ferdinando]]<ref name=ARAGON>{{Cita web
'''I re della dinastia aragonese di Sicilia o [[Regno di Trinacria|Trinacria]] ([[Casa di Barcellona]])'''
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{{Vedi anche|Storia della Sicilia spagnola|Viceré di Sicilia}}
[[File:Palermo-Porta-Nuova-bjs-1.jpg|thumb| [[Porta Nuova (Palermo)]] voluta nel [[1583]] dal viceré [[Marcantonio Colonna]] per ricordare la vittoria di [[Carlo V d'Asburgo|Carlo II]] sulle armate turche.|292x292px]]
Dal [[1415]], la [[Sicilia]] ospitò un primo viceré anche se fu solo formale, in quanto il regno dell'isola era ancora governato sotto la tutela di Bianca d'Evreux che lascerà l'isola l'anno successivo. Questo sarà un periodo di grossa decadenza, segnato dal malgoverno dei vari viceré che si succedettero sulla poltrona, molte le rivolte popolari, talvolta anche sanguinose, come per esempio [[Rivolta del 1516|quella del 1516]] contro Ugo Moncada chiamata "[[Pietra del Malconsiglio]]".<ref>{{Cita web
I Senati cittadini furono istituiti nelle principali città dell'isola, da [[Palermo]]<ref>[http://book.stanford.edu/view/5416940 E non altrimenti : il Settecento a Palermo nei bandi del Senato cittadino in SearchWorks<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> a [[Trapani]]<ref>[http://www.trapaniinvittissima.it/archivio_del_senato_di_trapani.html Archivio del Senato di Trapani<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>, a [[Siracusa]]<ref>[http://books.google.it/books?id=jzEv_VlJtSoC&pg=PA42&lpg=PA42&dq=senato+cittadino+siracusa&source=bl&ots=jzlJ2z8Lfl&sig=8m7zhzav2CbM97vp4fnQoI2wP90&hl=it&sa=X&ei=KuBKVOe4AsaqPJmegYAB&ved=0CBwQ6AEwADgK]</ref>, a Messina<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.cannizzaro203.it/Messina/Messina e la sua Storia.asp] |date=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>.
Nel [[1583]] vi una nuova suddivisione amministrativa: dopo i [[Valli di Sicilia|Valli]] il territorio fu suddiviso in 42 [[comarca|Comarche]] (poi 44). Istituite dal viceré [[Marcantonio Colonna]]<ref>{{Cita libro
Con la [[Costituzione siciliana del 1812]] le comarche furono poi sostituite da 23 distretti, riorganizzati dal 1816 in sette provincie.
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Il periodo di [[Filippo IV di Spagna]], III di Sicilia, fu caratterizzato da una generale crisi economica a livello europeo. La crisi arriva al culmine tanto che le rivolte del popolo aumentano in numero ed intensità, nel [[1647]] toccò a Palermo, nel [[1674]] a Messina e poi a Catania.
L'apice della rivoluzione si toccò con l'[[insurrezione di Palermo]]<ref>{{Cita web
Fu poi nell'agosto successivo sempre a Palermo che D'Alesi riprese la rivolta contro gli spagnoli, organizzando dapprima una congiura di corte che però viene scoperta a causa della presenza di due spie. Successivamente venne eletto dal popolo ''capitano generale''<ref>{{Treccani|giuseppe-d-alessi|Alèssi, Giuseppe d'|accesso=10 luglio 2016}}</ref><ref>{{Cita web
La [[rivolta antispagnola di Messina]], con l'appoggio del re francese [[Luigi XIV di Francia|Luigi XIV]], scoppiò nel [[1674]]. Tra le cause scatenanti vi furono le revoche di storici privilegi che la città godeva, tanto da contendere a Palermo il ruolo di capitale del regno, e alcune carestie e pestilenze che peggiorarono le condizioni di vita del popolo messinese. La città divenne protettorato francese. Nel [[1678]] però, con la firma della [[pace di Nimega]] tra Francia e Spagna, i francesi abbandonarono la città messinese che subì una crudele riconquista spagnola.
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{{Vedi anche|Storia della Sicilia sabauda|Storia della Sicilia austriaca}}
[[File:Noto, terrazza verso il duomo 03.JPG|thumb|[[Cattedrale di Noto]] costruita dopo il terremoto del Val di Noto del 1693.]]
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Il regno e l'omonima isola, in conseguenza degli eventi della [[guerra della Quadruplice Alleanza]], saranno gestiti dai viceré per conto degli Asburgo d'Austria dal [[1719]] al [[1734]] quando verranno ceduti, nell'ambito dei trattati conseguenti alla [[guerra di successione polacca]], a [[Carlo III di Spagna]].
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{{vedi anche|Regno di Sicilia (1734-1816)|Storia della Sicilia borbonica}}
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[[File:Charles III of Spain.jpg|thumb|left|upright|[[Carlo III di Spagna|Carlo III]]]]
Nel [[1734]], il Regno di Sicilia, come prima il [[Regno di Napoli]], fu invaso dalle truppe spagnole di [[Carlo III di Spagna|Carlo di Borbone]], fondatore della dinastia dei Borbone di Napoli. L'[[infante]] di Spagna, senza incontrare forti resistenze, sconfisse gli austriaci, sottraendo la [[Sicilia]] alla dominazione austriaca. Nel [[1735]], Carlo venne incoronato nella Cattedrale di [[Palermo]]: la costituzione della nuova monarchia [[Borbone delle Due Sicilie|borbonica]] liberava dalla condizione di viceregno la [[Sicilia]], che ritornava ad essere uno stato indipendente, sebbene, di fatto, unito a Napoli<ref>{{cita|Benito Li Vigni|pp. 9-10}}.</ref>. L'incoronazione avvenne quando parte della Sicilia era ancora sotto il controllo austriaco<ref name="LiVigni10-11">{{cita|Benito Li Vigni|pp. 10-11}}.</ref>, questa rapidità gli fu imposta dalla necessità di riconoscere le pretese sui regni di Sicilia e Napoli, in quanto considerati dalla [[Santa Sede]] feudi della Chiesa.
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L'incoronazione in Sicilia portò a credere alla nobiltà Siciliana che il re volesse fissare la propria dimora a Palermo anziché a [[Napoli]], tuttavia, trascorsa una settimana, Carlo partì per il continente fissando la propria dimora a Napoli, tale scelta provocò un clima di delusione che rafforzò l'antica divisione tra Napoli e Palermo. La politica del nuovo sovrano fu all'insegna delle riforme: esse furono orientate a modernizzare l'amministrazione e l'erario e a favorire i commerci. In particolare, però, il re attuò interventi tendenti a limitare il potere ecclesiastico e baronale. Il baronaggio, infatti, aveva acquisito funzioni e poteri propri della corona, di cui il sovrano intendeva riappropriarsi<ref>{{cita|Benito Li Vigni|p. 15}}.</ref>. Le riforme in Sicilia acquisirono un certo consenso quando Carlo scelse il principe [[Bartolomeo Corsini (diplomatico)|Bartolomeo Corsini]] come [[Viceré di Sicilia|viceré]] dell'isola, la sua politica ebbe un'impronta di tipo "costituzionale", cosa assai insolita per quel tempo, ciò gli permise di fungere da mediatore tra le direttive governative e le obiezioni della classe dirigente isolana<ref>{{cita|Benito Li Vigni|p. 16}}.</ref>. Ciononostante la politica riformistica del re fu fortemente osteggiata dal ceto nobiliare e subì una pesante battuta d'arresto, tanto che il sovrano dovette abbandonarla e gli ultimi anni del suo regno furono caratterizzati, paradossalmente, da una filosofia di governo del tutto opposta<ref name="LiVigni22">{{cita|Benito Li Vigni|p. 22}}.</ref>.
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[[File:FerdinandITwoSicilies.jpg|thumb|left|upright| [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando III]]]]
Nel [[1759]], alla morte di suo fratello [[Ferdinando VI di Spagna|Ferdinando]], [[Carlo III di Spagna|Carlo]] divenne [[Re di Spagna]], mentre il Regno di Sicilia e il Regno di Napoli furono assegnati al figlio terzogenito [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando]], di appena otto anni<ref name="LiVigni22"/>. Il [[consiglio di reggenza]] a cui fu affidato il giovane Ferdinando III di Sicilia riprese il vecchio progetto riformista<ref>{{cita|Benito Li Vigni|p. 23}}.</ref>, che continuò anche dopo la maggiore età del sovrano. Come avvenne per il padre, Ferdinando avrebbe dovuto prestare giuramento di rispetto delle costituzioni e dei privilegi del Regno, ma ciò non avvenne poiché ancora minorenne<ref name="LiVigni25">{{cita|Benito Li Vigni|p. 25}}.</ref>. Divenuto maggiorenne, il reggente [[Bernardo Tanucci]] decise, in quanto contrario al potere baronale nell'isola, che il re non avrebbe prestato nessun giuramento, questo fu motivo di contrasto tra la famiglia regnante e la nobiltà Siciliana<ref name="LiVigni25"/>. Di particolare rilievo fu la requisizione e successiva vendita del ricco patrimonio terriero del soppresso [[ordine religioso]] della [[Compagnia di Gesù]]. Circa 34.000 [[Ettaro|ettari]] furono messi all'asta e una parte di essi fu sottratta al baronaggio e riservata ai piccoli agricoltori: oltre tremila di essi ebbero assegnate porzioni di terra<ref>{{cita|Benito Li Vigni|p. 32}}.</ref>.
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Questa politica sociale tesa alla redistribuzione delle terre ai contadini poveri rappresentò il primo serio tentativo di riforma e di colonizzazione del [[latifondo]] meridionale, costituendo la più consistente operazione di [[riforma agraria]] attuata in Italia nel corso del [[XVIII secolo]]<ref>{{cita|Benito Li Vigni|p. 29}}.</ref>. Anche il nuovo piano riformistico fu pesantemente osteggiato dai baroni. La risposta della corona fu l'estromissione della nobiltà siciliana dal ruolo primario di governo del paese, relegandola in una posizione di secondo piano. Si affermò un orientamento antibaronale, che divenne, poi, antisiciliano, che portò a sostenere una politica nella quale Napoli ebbe piena supremazia su Palermo. Tutto ciò influirà, in seguito, sul ruolo del "partito siciliano" nell'ambito delle sorti del [[Regno delle Due Sicilie]]<ref>{{cita|Benito Li Vigni|p. 34}}.</ref>. Nel [[1774]] il nuovo viceré di Sicilia era il principe Marc'Antonio Colonna, questi napoletano d'adozione, interruppe l'usanza secondo il quale il viceré veniva scelto in ambienti non napoletani. I baroni siciliani e la regina [[Maria Carolina d'Asburgo-Lorena|Maria Carolina]] si schierarono contro il marchese Tanucci<ref name="LiVigni35">{{cita|Benito Li Vigni|p. 35}}.</ref>, e con soddisfazione della nobiltà Siciliana, Tanucci abbandonò il suo incarico. Maria Carolina lo rimpiazzò con il marchese Beccadelli, il quale con la sua politica, finì con il danneggiare il baronaggio siciliano<ref>{{cita|Benito Li Vigni|pp. 35-36}}.</ref>. Nel [[1795]], il patriota siciliano [[Francesco Paolo Di Blasi]], sostenitore di idee [[repubblica]]ne e [[indipendentismo siciliano|indipendentiste]], propugnatore dei diritti dell'uomo, venne arrestato, processato e giustiziato per accusa di cospirazione per l'istituzione di una repubblicana siciliana.
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{{vedi anche|Costituzione siciliana del 1812|Regno delle Due Sicilie}}
[[File:Location of the Kingdom of the Two Sicilies-it.svg|thumb|Il Regno delle Due Sicilie.]]
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[[File:Congresso di Vienna.png|thumb|left|Il Congresso di Vienna in un dipinto di Jean-Baptiste Isabey.]]
In seguito alla sconfitta di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], con il [[Congresso di Vienna]], gli antichi confini degli stati europei furono quasi tutti ripristinati. Ferdinando riguadagnò il [[Regno di Napoli|regno continentale]] lasciando Palermo nel [[1815]], e nel dicembre [[1816]] riunì la Sicilia ulteriore e la Sicilia citeriore in un unico stato, il [[regno delle Due Sicilie]], ripristinando, grossomodo, i confini del 1282. Con il nome di Ferdinando I, il sovrano borbonico assunse il titolo di [[re delle Due Sicilie]]<ref name="Acton733">{{cita|Harold Acton|p. 733}}.</ref>. L'abbandono dell'[[unione personale]] dei due regni e la fusione di essi in un'unica entità statuale, dove dal 1817 Napoli assumeva il ruolo di unica capitale, ebbe, quindi, come conseguenza la soppressione del Regno di Sicilia, della Costituzione e la perdita, per Palermo, delle sedi centrali del governo e la chiusura ''[[de facto]]'' del [[Parlamento siciliano]], provocando malumori nell'opinione pubblica siciliana<ref name="Acton733"/>. [[Nicolò Palmieri]] scrisse un saggio polemico al re Ferdinando I, dove dichiarava: «''Dal 1816 in poi, la Sicilia ebbe la sventura di essere cancellata dal novero delle nazioni e di perdere ogni costituzione. Noi domandiamo l'indipendenza della Sicilia e i voti non sono solo di Palermo ma della Sicilia intera e la maggior parte del popolo siciliano ha pronunziato il suo voto per l'indipendenza''».<ref>{{Cita libro
'''I re della dinastia dei [[Borbone]] di Napoli'''
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* {{simbolo|Coat of Arms of Ferdinand III of Sicily.svg}} [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando III]] ([[1759]] – [[1816]])
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La soppressione formale del Regno, che fu sottomesso a Napoli e cancellato dai [[Borbone|Borboni]], fece nascere in tutta l'isola un movimento di protesta e il 15 giugno [[1820]] gli indipendentisti insorsero (nelle mani degli insorti caddero circa 14.000 fucili dell'arsenale di Palermo) guidati da [[Giuseppe Alliata di Villafranca]], acclamato presidente della giunta di stato<ref>{{Treccani|giuseppe-alliata|Giuseppe Alliata, principe di Villafranca|accesso=16 febbraio 2015}}</ref>. Venne istituito un governo a Palermo (18-23 giugno), presieduto dal principe Paternò Castello, che ripristinò la [[Costituzione siciliana del 1812]], con l'appoggio degli inglesi. Il 7 novembre [[1820]] il re Ferdinando inviò un esercito (circa 6.500 soldati i quali si aggiunsero agli altrettanti di guarnigione nella parte orientale della Sicilia non in rivolta) agli ordini di [[Florestano Pepe]] (poi sostituito dal generale Pietro Colletta) che riconquistò in breve tempo la Sicilia con delle lotte sanguinose e ristabilì la monarchia assoluta, risottomettendo l'isola a Napoli. Altre rivolte, questa volta nella Sicilia orientale, esplosero nel 1837.
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{{vedi anche|Rivoluzione siciliana del 1848|Regno di Sicilia (1848-1849)}}
[[File:Ruggero Settimo.jpg|thumb|left|upright=0.7|[[Ruggero Settimo]] presidente del governo provvisorio nel 1848.]]
Il 12 gennaio [[1848]], prese il via, prima a Palermo e poi in tutta la Sicilia, un moto rivoluzionario anti-borbonico, guidato da [[Rosolino Pilo]] e [[Giuseppe La Masa]]. La Sicilia venne dichiarata indipendente, mentre l'esercito borbonico, opposta una debole resistenza, si ritirò dall'isola.
Il 23 gennaio si riunì il Comitato Generale, i cui leader erano i patrioti siciliani [[Vincenzo Fardella di Torrearsa]], [[Francesco Paolo Perez]] e [[Ruggero Settimo]] (presidente), [[Mariano Stabile (politico)|Mariano Stabile]] (segretario generale)<ref>{{cita libro
All'interno del parlamento l'orientamento politico era in netto contrasto. Vi erano monarchici e repubblicani che aspirano ad un'indipendenza dell'isola, federalisti ad un'Italia confederata in tanti Stati, e unitari, ma tutti desiderosi di liberare la Sicilia dai borbone.<ref>{{Cita libro
[[File:Bandiera dello Stato della Sicilia (28.04.1848 - 15.05.1849).PNG|thumb|upright=0.9|Un [[tricolore italiano]] con al centro la [[Trinacria (araldica)|trinacria]] fu il vessillo adottato dal governo provvisorio nel 1848]] [[Michele Amari]] (Ministro delle Finanze del governo)<ref>{{cita web|http://notes9.senato.it/Web/senregno.NSF/429b5e7a33d376c5c1256ffc0038d6f5/fbc53eb146f8efeec125706900318653?OpenDocument|Amari, Michele*|10-08-2012|cid=Senato|sito=[[Senato della Repubblica|Senato.it]]}}</ref> avrebbe scritto nel 1851 che [[Domenico Scinà]] «con un sorriso amaro» chiedeva ai giovani della sua cerchia se anche loro fossero stati contagiati dall'''isteria italica''.<ref>{{Cita libro
Nei primi mesi del [[1849]], l'esercito borbonico con l'[[Assedio di Messina (1848)|assedio di Messina]] avviò la riconquista, inviando un esercito di 16.000 uomini, comandato da [[Carlo Filangieri]]. Nel corso dei mesi di lotta a [[Messina]] vi furono sette distinte grandi fasi di bombardamenti dell'artiglieria borbonica sulla città, oltre a violente battaglie di fanteria. Il bombardamento e gli incendi appiccati suscitarono le proteste dei diplomatici stranieri presenti, precisamente dei consoli del Belgio, della Danimarca, della Francia, dell'Inghilterra, dell'Olanda, della Russia, della Svizzera<ref>{{Cita libro
Il 7 aprile, dopo aspri combattimenti, fu ripresa [[Catania]], e il 14 maggio 1849 Filangieri riprese possesso di Palermo, mentre i leader siciliani andarono in esilio. L'ultimo Stato indipendente di Sicilia durò così 17 mesi.
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*Enrico Mazzarese Fardella, ''Aspetti dell'organizzazione amministrativa dello stato normanno-svevo'', Giuffrè, 1966
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* [[Apostolica Legazia di Sicilia]]
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{{interprogetto|commons=Category:Kingdom of Sicily}}
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* {{Treccani|regno-di-sicilia||accesso=10 luglio 2016}}
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