Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali: differenze tra le versioni

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Il riscatto della rete ferroviaria della società, in seguito alla [[statalizzazione delle ferrovie]] italiane del [[1905]], avvenne in ritardo, nel [[1906]], dopo estenuanti trattative e la caduta di ben due governi (Fortis e Sonnino), a causa della situazione proprietaria molto più complessa rispetto a quella di altre società e compagnie ferroviarie dato che molte tratte ferroviarie erano di proprietà diretta della Società per le Strade Ferrate Meridionali, presieduta ora dal principe Corsini, la quale per la cessione delle stesse richiedeva somme esorbitanti.
 
Trovato finalmente un accordo di compromesso con il nuovo governo di [[Giovanni Giolitti]], che prevedeva per lo Stato il riscatto attraverso il pagamento di 30 milioni per la durata di 60 anni, la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali cedette la propria rete e si trasformò in una finanziaria d'investimento, pur mantenendo la ragione sociale originaria; borsisticamente la Società era chiamata da tempo "Bastogi". Nel nuovo ruolo il Consiglio di amministrazione, anche con il contributo del suo direttore ing. Secondo Borgnini, agì con decisione, investendo prevalentemente in società elettriche, ma anche meccaniche, di costruzioni, immobiliari e nei mercati azionari e finanziari, spesso insieme alla Banca Commerciale Italiana e al Credito Italiano<ref>AA VV Storia dell'industria elettrica italiana Cariplo Laterza cfr A. Confalonieri Banche e industria in Italia 1894-1906, Banca Commerciale Italiana, Milano, 1974, tre voll. Sub voce; ID Banca e industria in Italia Dalla crisi del 1907 all'agosto 1914, Banca Commerciale Italiana, Milano, 1982, due voll. Sub voce. ID Banche miste e grande industria in Italia 1914-1933 Banca Commerciale Italiana, Milano, 1997, due voll. Sub voce</ref>. Il passaggio allo Stato venne ufficializzato con Legge del 15 luglio [[1906]], n. 324<ref>Legge per il riscatto delle varie reti e la liquidazione della gestione della rete adriatica, 15 luglio 1906, n. 324</ref>. Gli interessi residui della società nel campo ferroviario cessarono del tutto con il passaggio alle [[Ferrovie dello Stato|FS]], nel [[1908]] delle linee laziali ancora in suo possesso.<ref>{{Cita|Gian Guido Turchi, Strade Ferrate Meridionali:ultimo atto|p.14}}</ref> Fu da quel momento la nascente industria elettrica a focalizzare principalmente la strategia aziendale: nel 1915 la società era ormai in possesso di pacchetti azionari di sedici imprese del settore, per circa 28 milioni di lire, su un capitale totale delle stesse di 180 milioni (tra queste la Adriatica, la Ligure‑Toscana, la Sme, la Conti, l'Adamello, la Maira, la Cellina e la Società Elettrica della Sicilia Orientale - SESO gestita da [[Enrico Vismara]] ).
 
==Principali progetti==