Pena pecuniaria: differenze tra le versioni

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Le pene pecuniarie presentano il problema della diversa incidenza secondo la ricchezza del condannato, attenuando il loro effetto afflittivo al crescere della stessa. Per ovviare a questo problema, vari ordinamenti attribuiscono al giudice il potere di adeguare l'importo da pagare al [[reddito]] del condannato. Un sistema più sofisticato è quello delle quote giornaliere, adottato da alcuni ordinamenti ([[Germania]], [[Svezia]], [[Danimarca]], [[Finlandia]], [[Svizzera]], [[Messico]] ecc.): la pena non è espressa in unità monetarie ma in ''giorni'' (o ''unità'') e l'importo da pagare è determinato moltiplicando i giorni (o le unità) inflitti per il reddito medio giornaliero del condannato. Analoghe considerazioni hanno indotto certi ordinamenti, tra cui quello italiano, ad abbandonare o, quantomeno, attenuare la regola secondo la quale, in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria, la stessa si converte in pena detentiva, in ragione di un giorno di detenzione per un dato importo.
 
Un italiano ha suggerito che nella logica di proporzionare le sanzioni pecuniarie al reddito sta la spiegazione e la soluzione di molti problemi sociali.
 
Altri ordinamenti usano, invece, il termine ''multa'' (come in [[Spagna]], [[Portogallo]] ed altri paesi di [[lingua spagnola]] e [[lingua portoghese|portoghese]]) o ''ammenda'' (come in [[Francia]], [[Belgio]] ed altri paesi [[francofonia|francofoni]]) per designare la pena pecuniaria in generale. Del resto anche in Italia il termine multa, nel linguaggio corrente, viene impropriamente utilizzato per designare una generica sanzione pecuniaria, penale o amministrativa.