Comizi curiati: differenze tra le versioni

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===Declino dei ''comitia curiata''===
Poco dopo la nascita della Repubblica, i poteri dei ''Comitia curiata'' vennero trasferiti ai ''[[Comitia centuriata]]'' ed ai ''[[Comitia tributa]]''.<ref name="Byrd, 33"/> Mentre i ''comitia curiata'' caddero in disuso, lasciando solo qualche funzione teorica, tra cui il potere di ratificare le elezioni dei maggiori [[Magistratura (storia romana)|magistrati romani]] ([[concoleconsole romano|consoli]] e [[pretore (storia romana)|pretori]]) approvando la legge ''[[lex curiata de imperio]]'', la quale conferiva l'autorità legale del comando (''[[imperium]]''). In pratica, essi ricevevano questa autorità dai ''Comitia centuriata'' (che li eleggeva formalmente), giusto per ricordare l'antico potere regio di Roma.<ref name="Taylor, 3, 4"/> E perfino dopo aver perduto i suoi poteri, i ''comitia curiata'' continuarono ad essere presieduti da consoli e pretori, e fu oggetto di ostruzionismo da parte di magistrati come i [[tribuno della plebe|tribuni della plebe]] e presagi sfavorevoli (come accadeva anche in altre assemblee). Gli atti di questa assemblea divennero così più che altro simbolici. Ad un certo punto, attorno al [[218 a.C.]], l'assemblea delle trenta curie venne abolita e rimpiazzata con trenta [[littore|littori]], uno per ciascuna delle [[gentes originarie|''gentes'' originarie]] [[patrizio (storia romana)|patrizie]].<ref name="Taylor, 3, 4"/>
 
E poiché la ''[[curia (storia romana)|curia]]'' era da sempre stata organizzata sulla base della [[famiglia romana]],<ref name="Abbott, 250" /> in realtà mantenne una sua giurisdizione sulle ''[[gens|gentes]]'' anche dopo la fine della Repubblica romana ([[27 a.C.]]).<ref name="Abbott, 253" /> Sotto la presidenza del ''[[Pontifex Maximus]]'', era testimone e ratificava [[testamento|testamenti]] e [[adozione|adozioni]],<ref name="Byrd, 33" /> eleggeva alcuni sacerdoti e trasferiva alcuni cittadini dalla classe dei patrizi a quella dei plebei (o viceversa). Nel [[59 a.C.]], infatti, trasferì [[Publio Clodio Pulcro]] dallo ''status'' di patrizio a quello che gli permettesse di candidarsi a [[tribuno della plebe]].<ref>[[Cassio Dione Cocceiano]], ''Storia romana'', XXXIX, 11.</ref> Nel [[44 a.C.]], ratificò il testamento di [[Gaio Giulio Cesare]], e con l'adozione dello stesso di suo nipote Ottaviano (il futuro primo [[imperatore romano]] [[Augusto]]) come suo figlio ed erede.<ref name="Taylor, 3, 4"/>