Idea: differenze tra le versioni

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Anche [[Sant'Agostino|Agostino]] riprese la concezione neoplatonica delle idee, sottolineando che esse non erano in contrasto con la [[dottrina cristiana]], ma anzi le si adattavano perfettamente. Da un lato, rifacendosi al pensiero [[bibbia|biblico]], egli affermò che [[Dio]] aveva creato il mondo dal nulla, dall'altro però, prima di creare il mondo, le idee esistevano già nella Sua mente. Le idee platoniche quindi erano in Dio, e in tal modo Agostino poté conciliare la [[creazione (teologia)|creazione]] cristiana con le idee eterne.<ref>«Le idee sono infatti forme primarie o ragioni stabili e immutabili delle realtà: non essendo state formate, sono perciò eterne e sempre uguali a se stesse, e sono contenute nell'intelligenza divina. Non hanno origine né fine: anzi si dice che tutto ciò che può nascere e morire, e tutto ciò che nasce e muore, viene formato sul loro modello. […] Partecipando di esse, esiste tutto ciò che esiste, qualunque sia il modo di essere» (Agostino d'Ippona, ''Questione 46'' in ''83 Questioni diverse'', in ''Opere di Sant'Agostino'', Città nuova editrice, Roma, vol. VI/2, pp. 85 e 87).</ref>
 
Le idee mantengono in Agostino la loro duplice caratteristica di ''causa essendi'' e ''causa cognoscendi'', ovvero la "causa" per cui il mondo risulta fatto così, e grazie a cui possiamo [[conoscenza|conoscerlo]].<ref>Agostino, ''De vera religione'', capp. XXXIV e XXXVI.</ref> In esse pertanto si trova anche il fondamento [[soggetto (filosofia)|soggettivo]] del nostro pensare: per i neoplatonici il [[pensiero]] non è un fatto, un concetto collocabile in una dimensione temporale, ma un atto fuori dal tempo. Il pensiero ''pensato'', posto cioè in maniera quantificabile e finita, è per essi un'illusione e un inganno, perché nel pensare una qualunque realtà sensibile, questa non si pone come un semplice oggetto, ma è in realtà ''soggetto'' che si rende presente al pensiero, quindi un'entità viva. In altri termini, la caratteristica principale del pensiero è quella di possedere la [[mente]], non di esserne posseduto, e comporta dunque il rapimento della [[coscienza (psicologia)|coscienza]] da parte del suo stesso oggetto: l'idea.<ref>Un paragone spesso utilizzato dai [[Neoplatonismo|neoplatonici]] consistette nell'assimilare le idee alla [[luce]]: come quest'ultima è la condizione del nostro vedere, così le idee sono la condizione del nostro pensare. Le idee pertanto possono venir soltanto [[Intuizione|intuite]] con un atto di apprensione immediata, e non possono essere dimostrate [[Logica|logicamente]] perché altrimenti verrebbero ridotte a un semplice oggetto, slegato dal soggetto che le pensa; esse sono piuttosto all'origine del pensiero logico stesso, che per risalire alla propria fonte deve così auto-annullarsi.<br />
Il neoplatonico [[Ralph Waldo Emerson|Emerson]] dirà in proposito: «Abbiamo poco controllo sui nostri pensieri. Siamo prigionieri delle idee» (Ralph Waldo Emerson, ''Il pensiero e la solitudine'', a cura di Beniamino Soressi, Armando, 2004 ISBN 88-8358-585-2).
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In tal modo l'idea viene ridotta ad un semplice contenuto della mente: non è più qualcosa da cui si viene posseduti, ma qualcosa che si possiede.<ref>«Prendo il nome di idea per tutto ciò che è concepito immediatamente dallo spirito […]; ed io mi son servito di questo nome perché esso era già comunemente accettato dai filosofi per significare le forme delle concezioni dell'intelletto divino» (Cartesio, ''Terze risposte a Hobbes'', in ''Opere filosofiche'', Laterza, Roma-Bari 1996, pag. 171).</ref> Pur rifacendosi all'[[innatismo]] platonico, Cartesio considera “idea” soltanto ciò che può essere riconosciuto come “chiaro ed evidente” dalla [[ragione]], in virtù della sua valenza oggettiva. Essa è l'elemento su cui la ragione esercita il [[metodo (filosofia)|metodo]] conoscitivo del ''[[cogito ergo sum]]''.
 
Mentre l'Idea cartesiana restava slegata dalla dimensione ontologica, [[Baruch Spinoza|Spinoza]] cercò di ricostruire un sistema coerente in cui vi fosse corrispondenza tra realtà e idee, ovvero tra forme dell'[[essere]] e forme del [[pensiero]].<ref>L'espressione coniata da Spinoza che sintetizza maggiormente il suo pensiero è: «''Ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum''», ossia «L'ordine e la connessione delle idee è identica a quella che sussiste nella realtà» (Spinoza, Ethica, II, pr. VII).</ref> [[Gottfried Leibniz|LeibnitzLeibniz]] per parte sua criticò Cartesio, affermando che le idee non sono solo quelle di cui si ha una coscienza chiara e distinta, ma che esistono anche idee [[inconscio|inconsce]], da cui il nostro pensiero viene mosso e attivato.<ref>«Lo stato passeggero, che implica o rappresenta una molteplicità nell'unità o sostanza semplice, non è altro che ciò che è chiamato percezione, e che deve essere distinta dall'[[appercezione]] o coscienza, come si vedrà in seguito. Ed è su questo punto che i cartesiani hanno sbagliato gravemente, avendo considerato come un nulla le percezioni delle quali non si abbia appercezione» (G. W. Leibniz, ''Monadologia'', 14, in ''Scritti filosofici'', UTET, Torino, 1967, vol. I, pagg. 284-285).</ref>
 
== L'empirismo ==