Alexander Dubček: differenze tra le versioni
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Convinto della necessità di abbandonare il modello sovietico, Dubček riunì intorno a sé un folto gruppo di politici e intellettuali riformatori, diventando il maggiore interprete di una linea antiautoritaria – definita "[[socialismo]] dal volto umano" – e di una feconda stagione politica: la [[Primavera di Praga]]. Il 5 gennaio [[1968]] venne eletto segretario generale del [[Partito Comunista di Cecoslovacchia|PCC]] al posto di [[Antonín Novotný]], leader della componente più legata al [[Partito Comunista dell'Unione Sovietica|Partito comunista sovietico]], dando avvio al cosiddetto "nuovo corso", una strategia politica volta a introdurre elementi di democrazia in tutti i settori della società, fermo restando il ruolo dominante del partito unico.
Il consenso popolare ottenuto dall'azione riformatrice di Dubček suscitò ben presto la reazione di [[Mosca (Russia)|Mosca]] e degli altri regimi comunisti est-europei, che, infine, si risolsero a porre fine all'eterodossa esperienza praghese ordinando, nell'agosto del [[1968]], l'intervento delle truppe del [[Patto di Varsavia]]. In conseguenza dell'intervento, egli fu arrestato dalle forze speciali
con il Cremlino che vincolava il suo ritorno alla guida del Partito con la "normalizzazione" della situazione politica nel paese. Nonostante questo, l'opposizione popolare al regime d'occupazione consentì a Dubček di mantenere una certa autonomia dal Cremlino, tanto che in seguito ai suoi tentennamenti di fronte alle proteste anti-sovietiche della primavera successiva, egli venne rimosso dal suo incarico e, dopo aver prestato servizio come ambasciatore in [[Turchia]] (1969-1970), venne espulso dal [[Partito Comunista di Cecoslovacchia|PCC]] nel 1970. Quell'anno tornò in Slovacchia, dove trovò impiego come manovale in un'azienda forestale.
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