Giusnaturalismo: differenze tra le versioni

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== Evoluzione storica ==
{{vedi anche|Filosofia#La filosofia nella storia del pensiero occidentale}}
Le prime riflessioni sul diritto naturale sono rinvenibili già nel [[Filosofia greca|pensiero greco]] [[età classica|classico]] e, specificamente, nello [[stoicismo]], dunque nel [[cristianesimo]] antico e [[Medioevo|medievale]]. Però, per [[antonomasia]], s'intende per giusnaturalismo la corrente di pensiero filosofico-giuridica maturata fra il [[Seicento]] e il [[Settecento]]<ref name=DizPol1/> (la cosiddetta ''scuola moderna del diritto naturale'')<ref>{{cita libro|autore=Massimo Mori|titolo=Storia della filosofia moderna|anno=2012|editore=Editori Laterza|città=Roma-Bari|annooriginale=2005|capitolo=Hobbes|citazione=Con questo termine [: Giusnaturalismo] – che deriva dal latino ''ius'', ‘diritto' e ''natura'' – ci si riferisce alla dottrina secondo cui il diritto ha un fondamento naturale indipendente dall'autorità politica che emana la singola legge e le conferisce una determinata configurazione storica o positiva. Nell'Antichità e nel Medioevo, quando il giusnaturalismo trovò espressione soprattutto nello stoicismo, nella Patristica agostiniana e nella Scolastica tomista, la ‘natura' in cui si trova inscritto il diritto è lo stesso ordine ontologico e teologico del mondo. Nel Sei-Settecento il giusnaturalismo assume una forma moderna – cui corrisponde la più esatta denominazione di ‘scuola moderna del diritto naturale' – nella quale il diritto viene fondato non più sulla natura in generale, ma su quella umana in particolare, e quindi sulla ragione. Il diritto naturale perde il carattere metafisico-teologico (e quindi oggettivo, inscritto nelle cose stesse), per diventare diritto razionale (e quindi soggettivo, non nel senso di variare da individuo a individuo, poiché la ragione è unica, ma di essere proprio soltanto del soggetto umano)|pp=94-95|ISBN=978-88-420-7569-1}}</ref><ref>Ma per un orientamento contrario sul concetto di ''scuola moderna del diritto naturale'' vedi {{Cita|G. Fassò|p. 89, ove si dice: «Gli svariati filosofi, giuristi e scrittori politici che nel Sei e nel Settecento hanno trattato del diritto nello spirito e con l'atteggiamento che abbiamo detto risaltare particolarmente nel giusnaturalismo moderno vengono tradizionalmente raggruppati in quella che fu, ed è ancora, chiamata ‘scuola moderna del diritto naturale': la cui origine si fa risalire a Grozio. Tale denominazione, per verità, è impropria: non solo perché molte dottrine etiche e giuridiche si sono richiamate al diritto naturale in ogni tempo, ma soprattutto perché gli scrittori del Sei e del Settecento che vengono considerati appartenenti a questa ‘scuola' sono lungi dal formare un complesso organico, ed anzi presentano spesso forti differenze fra l'uno e l'altro. In questa pretesa ‘scuola' sono per tradizione compresi scrittori eterogenei, filosofi (tra cui alcuni grandissimi, nella cui dottrina il giusnaturalismo è marginale), giuristi, teorici politici; di orientamento, oltre che di valore, filosofico diversissimo, e di idee politiche talvolta antitetiche».|Fas2}}</ref> che ha rielaborato il concetto classico di diritto naturale interpretandolo in chiave razionalistica e [[Umanesimo|umanistica]].<ref name=AdGrVe218/> Benché la fine della storia della scuola moderna del diritto naturale si faccia coincidere con la morte deldi [[Immanuel Kant|Kant]] avvenuta nel [[1804]], poiché, come scrive il [[Guido Fassò|Fassò]] nella sua ''Storia della filosofia del diritto'', la promulgazione nello stesso anno del [[codice napoleonico]] «sanciva positivamente i princìpi [del diritto naturale, dando vita] all'indirizzo ad esso opposto, il [[positivismo giuridico]]»<ref name=Fas2-330>{{Cita|G. Fassò|p. 330.|Fas2}}</ref>, il ricorso alle idee di questa scuola si ripresenterà anche nei secoli successivi al [[XVIII]], già col [[Johann Gottlieb Fichte|Fichte]]<ref name=Fas2-330/> e con lo [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]] (ma, come nota Bobbio, il suo «atteggiamento di fronte alla tradizione del diritto naturale è [...] insieme di rifiuto e di accoglimento»)<ref>{{Cita|N. Bobbio|p. 23.|BobHob}}</ref><ref>{{Cita|N. Bobbio|p. 315, ove si dice: «La scuola del diritto naturale [...] ha rappresentato nella storia del pensiero occidentale, in particolare nelle sue correnti moderne, che vanno da Grozio-Hobbes sino a Kant e a Hegel (incluso-escluso), il più grande tentativo che sia mai stato fatto di costruire una teoria razionale della morale e del diritto».|BobPar}}</ref><ref>{{Cita|N. Bobbio|p. 379, ove si dice: «Paradossalmente, la filosofia del diritto di Hegel nello stesso momento in cui si presenta come la negazione di tutti i sistemi di diritto naturale, è pure l'ultimo e più perfetto sistema di diritto naturale, il quale, in quanto ''ultimo'', rappresenta la ''fine'', in quanto ''più perfetto'', rappresenta il compimento di ciò che lo ha preceduto».|BobHeg}}</ref><ref>{{Cita|G. Fassò|p. 94: «L'universalismo della metafisica hegeliana finisce [...] col riprodurre taluni aspetti del giusnaturalismo oggettivistico. La filosofia dello Hegel, nell'atto stesso in cui supera e nega, affermando la razionalità del reale, il deontologismo astratto dei giusnaturalisti, viene ad essere il compimento di uno dei loro assoluti fondamenti, la razionalizzazione della realtà giuridico-politica. Per questo lato, la filosofia del diritto e della storia hegeliana, anziché rompere col giusnaturalismo, lo perfeziona e lo completa. [...] E si tratta, nel caso dello Hegel, di un giusnaturalismo assoluto che, per il suo storicismo del pari assoluto, porta (nonostante la riluttanza dello stesso Hegel, e più ancora dei suoi seguaci, ad ammetterlo) alla giustificazione degli istituti giuridici e politici nella loro effettualità storica, cioè a quello che si potrebbe dire un altrettanto assoluto positivismo giuridico».|Fas3}}</ref> nonché successivamente, dopo le [[Guerra mondiale|guerre mondiali]] del [[Novecento]]<ref>{{Cita|N. Bobbio|pp. 14-16, 155-157.|Bobbio2}}</ref><ref>{{cita libro|autore=N. Bobbio|wkautore=Norberto Bobbio|titolo=Locke e il diritto naturale|altri=introduzione di G. Pecora|editore=Giappichelli|città=Torino|anno=2017|annooriginale=1963|p=13|citazione=Il diritto naturale continua, almeno da cinquant'anni a questa parte, a rinascere. Già alla fine della prima guerra mondiale, e quindi in circostanze analoghe a quelle odierne – scatenamento degli odi tra le nazioni, violazione delle più elementari regole della convivenza civile, "inutili stragi" –, Julien Bonnecase, un giurista francese, aveva condannato con veemenza tutta la scienza giuridica tedesca, rea di aver soggiogato il diritto alla forza, attribuendo la vittoria degli alleati, con eccessivo candore, al non aver tradito l'idea eterna del diritto naturale|isbn=978-88-921-0945-2}}</ref>. Tuttavia, già a partire dal [[V secolo a.C.]], si delineano le tre tendenze che caratterizzeranno le varie correnti giusnaturalistiche che nel corso dei secoli si svilupperanno, ossia:<ref name=Fas30/><ref name=DizPol1/>
* quella che presuppone una legge giusta e assolutamente valida, superiore alle leggi positive perché dettata da una volontà sovraumana (cosiddetto ''giusnaturalismo volontaristico'');<ref name=Fas30/><ref name=DizPol1/>
* quella che intende la legge naturale come istinto comune a ogni animale (cosiddetto ''giusnaturalismo naturalistico'');<ref name=Fas30/><ref name=DizPol1/>