Pietro Koch: differenze tra le versioni
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|Attività = militare
|Attività2 =criminale di guerra
|AttivitàAltre = e [[Ufficiale (forze armate)|ufficiale]] di [[polizia politica]]<ref>[http://www.cadutipolizia.it/articoli2008/sogno&incubo.htm ''Caduti della polizia: il sogno e l'incubo, Pietro Koch e Maurizio Giglio'']. Caduti Polizia. Articoli.2008.</ref>
|Nazionalità = italiano
}}
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In questi tre anni visse tra Roma e [[Perugia]] come mediatore di compravendite immobiliari e agricole. La Prefettura di Perugia lo segnalò, nell'ottobre [[1942]], per «una non indifferente attività truffaldina» (1- pg.155). Nel [[1940]] si era sposato con Enza Gregori, ma il matrimonio naufragò in pochi mesi a causa della relazione con Tamara Cerri, una ragazza sedicenne conosciuta a [[Firenze]].
Nella primavera del [[1943]] fu richiamato alle armi nel [[2º Reggimento "Granatieri di Sardegna"]] e l'[[Armistizio di Cassibile|8 settembre 1943]] era a Livorno con il suo reparto in attesa di imbarcarsi per la [[Sardegna]]. Dopo l'8 settembre si spostò a Firenze e si iscrisse al [[Partito Fascista Repubblicano]], entrando nel "Reparto Speciale di Sicurezza" di [[Mario Carità]]. Le incertezze del periodo sono riportate in tre lettere di Pietro Koch alla sorella, pervenute, dopo la Liberazione, ad un giovane funzionario del [[Partito Comunista Italiano]], [[Luca Canali]], che le pubblicò parafrasate nella sua autobiografia <ref>[[Luca Canali]], ''Autobiografia di un baro'', [[
Si mise subito in evidenza con la cattura, presso un albergo cittadino, del colonnello Marino, già aiutante del [[generale di corpo d'armata]] [[Mario Caracciolo di Feroleto]], l'ex comandante della [[5ª Armata (Regio Esercito)|5ª Armata]] che aveva tentato la difesa di Firenze. Attraverso questa azione fu notato da [[Benito Mussolini|Mussolini]]. Mario Caracciolo di Feroleto, uno dei pochi generali che si erano opposti ai tedeschi, si era rifugiato a Roma presso il [[Basilica di San Sebastiano fuori le mura|convento vaticano di San Sebastiano]], sotto tutela di [[Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo]].
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=== Attività a Roma ===
{{citazione|''Tutti quei che a Roma stanno / per la patria con gran danno / a tramare contro il Duce / che il fascismo ogn'or conduce / han da far con una banda / Pietro Koch la comanda.''|Inno della Banda Koch<ref>Aldo Lualdi - La Banda Koch, Bompiani.</ref>}}
Nel dicembre 1943 Koch si trovava a Roma<ref>{{Cita|Griner}}, 2000. Il periodo romano pag. 68.</ref> e si presentò al capo della Polizia Repubblicana, affermando di avere incarico dal generale Luna di riferire che il generale ricercato, Caracciolo, era nascosto presso il convento di San Sebastiano.
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Una volta costituita la squadra speciale, che prese la denominazione ufficiale di "Reparto Speciale di Polizia Repubblicana",<ref name=reparto>{{Cita|Griner}}, 2000. La costituzione del Reparto pag. 71.</ref> si aggregarono anche diversi elementi della Banda Carità fino ad arrivare a circa una settantina di unità tra i quali anche dei sacerdoti. La composizione era la più varia. La bibliografia ricorda: i preti [[Epaminonda Troya|Ildefonso Troya]] dell'ordine dei Benedettini Vallombrosiani (dopo la [[sospensione a divinis]]) e [[Pasquino Perfetti]], l'avvocato [[Augusto Trinca Armati]] del foro di Perugia (a capo dell'Ufficio Legale del reparto), il giornalista [[Vito Videtta]], l'esperto dei servizi segreti [[Francesco Argentino (reparto Koch)|Francesco Argentino]] detto "Dottor Franco", [[Armando Tela]] (con il ruolo di vice-comandante). Tra gli agenti del reparto ci furono anche degli ex arrestati che collaborarono, come il gappista [[Guglielmo Blasi]]. C'erano anche diverse donne: [[Alba Giusti Cimini]] (vedova di guerra<ref>{{Cita|Griner}}, 2000.
La costituzione del Reparto pag. 72.</ref> di 28 anni, e segretaria di Koch), [[Marcella Stopponi]] (dattilografa e verbalista) e [[Daisy Marchi]] (vero nome Dusnella Marchi<ref>Roberta Cairoli, ''Nessuno mi ha fermata: antifascismo e Resistenza nell'esperienza delle donne del Comasco, 1922-1945'', pag. 244.</ref>), una [[soubrette]] che fu per un periodo anche l'amante di Koch. A Milano la Cimini e la Marchi usavano spacciarsi, con i prigionieri, per la celebre [[Luisa Ferida]] (specialmente la seconda, molto somigliante fisicamente<ref>[http://www.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-934885d2-aec6-4294-9fbf-c53f1f848fcf.html ''Sanguepazzo
La formazione ottenne alcuni rapidi e clamorosi successi con irruzioni e perquisizioni nelle sedi della Chiesa. Gli arresti eccellenti nei conventi, la cattura di [[Giovanni Roveda]] e poi la cattura, su segnalazione del collaboratore di Koch Francesco Argentino, del professor [[Pilo Albertelli]] che fu torturato e poi fucilato alle Fosse Ardeatine, produssero impressione nel comando SS.
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Con l'aiuto dei tedeschi, Koch riuscì ad evadere il 25 aprile [[1945]] e da Milano si spostò a Firenze, allo scopo di ricongiungersi con [[Tamara Cerri]], che, dopo l'arresto a Villa Fossati, era stata liberata e aveva raggiunto la sua famiglia a Firenze, per essere nuovamente catturata dagli alleati. Avuta notizia dell'arresto, il 1º giugno si presentò alla questura del capoluogo toscano dichiarando: "''Se avete arrestato Tamara Cerri perché vi dica dov'è Koch, potete liberarla. Koch sono io, arrestatemi''". Subito tradotto a Roma, fu processato dopo una rapida istruttoria di due giorni, con procedura d'urgenza<ref>«Il 4 dello stesso mese, in un giorno, venne processato e condannato a morte» (Diego Meldi, op. cit. pag. 173)</ref>.
Il processo si aprì il 4 giugno nell'aula magna della [[Sapienza - Università di Roma|Sapienza]],<ref>{{Cita|Griner}}, 2000. Il processo davanti all Alta Corte pag. 302.</ref> l'interrogatorio dell'imputato e le deposizioni dei testimoni dell'accusa (l'ex-questore Morazzini e il commissario di polizia Marittoli) e a discarico ([[Luchino Visconti]], la cui deposizione finì invece per prodursi in un ulteriore capo d'accusa) occuparono due ore; la requisitoria del PM e l'arringa difensiva di [[Federico Comandini]], nominato avvocato d'ufficio quale Presidente dell'Ordine degli avvocati di Roma, presero circa mezz'ora. Alle 11:55 l'imputato fu condotto in camera di sicurezza e alle 12:17 rientrò in aula, dando la corte lettura del dispositivo della sentenza. Condannato alla pena capitale, fu giustiziato presso il [[Forte Bravetta]] alle ore 14:21 del 5 giugno [[1945]].
{{citazione|In nome di S.A.R. Umberto di Savoia, principe di Piemonte, luogotenente generale del Regno, l'Alta Corte di Giustizia, nel procedimento a carico di Pietro Koch di Rinaldo, dichiara Pietro Koch colpevole del reato di cui all'art. 5 del D.L. 27 luglio 1944, n°159 in relazione all'art. 51 del Codice Penale Militare di guerra. In conseguenza, visti gli articoli suddetti, condanna Pietro Koch alla pena di morte mediante fucilazione alla schiena.|Dalla sentenza del collegio giudicante agli atti del processo Koch}}
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