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Piuttosto che affaticarsi ancora attorno al tronco, Momun abbandona Oroskun per andare prima di tutto a prendere il bambino a scuola. Questo è di gran lunga troppo per il collerico Orozkul. In quel momento compaiono improvvisamente dei ''[[Cervus elaphus|maraly]]'', già estinti in quella zona, ritenuti i dicendenti della ''Madre Cerva''. Presumibilmente essi sono fuggiti da un parco naturale nel confinante [[Repubblica Socialista Sovietica del Kazakistan|Kazachstan]]. Orozkul non è commosso dall'apparizione dei rari animali; egli è furibondo col suocero, minaccia di licenziarlo e la sera rispedisce sua moglie alla casa paterna dopo una averla selvaggiamente bastonata. Gli abitanti del posto di guardia incassano. Di ritorno dalla scuola, Momun racconta dei cervi a suo nipote, che ne è entusiasta e crede che la ''Madre cerva dalle ramose corna'' stessa sia tornata, per portare finalmente un figlio a Orozkul, cosa dalla quale tutti troveranno giovamento.
Incontra poi egli stesso gli animali, che non mostrano alcun tipo di timore in quanto non si sono mai trovate a tu per tu con un essere umano. Alla sera il bambino è ammalato e con febbre e brividi deve andare a letto senza che nessuno l'accudisca, in
Momun è affranto. Sebbene non vi sia avvezzo, la sera si ubriaca, mentre gli altri si preparano a festeggiare con un lauto pasto. Il bambino si reca alla casa del nonno, nonostante stia sempre peggio. Non capisce che cosa sta succedendo e si meraviglia dell'ebbrezza del nonno; quindi si accorge della testa dal cervo, spiccata dal corpo e vede come il resto dell'animale da lui venerato sia fatto a pezzi dallo zio e dai suoi ospiti; in particolare, Orozkul si accanisce nel tentare di staccare l'impalcatura di corna dal cranio. Il mondo gli crolla addosso. Mentre gli uomini trincano, ridono, divorano e si fanno beffe di Momun, egli abbandona la casa in preda al delirio della febbre, per appartarsi e vomitare; vede allora suo nonno giacere abbandonato nel cortile, e corre al fiume. Egli ritornerà un pesce e fuggirà da questo mondo che l'ha rifiutato. È autunno, e il bambino malato si getta nella gelida acqua che scende dai monti. Con il pensiero "Meglio essere un pesce. Nuoterò via. Meglio essere un pesce" ha fine la sua esistenza.
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