Morte di Benito Mussolini: differenze tra le versioni

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Il capo del [[fascismo]] e della [[Repubblica Sociale Italiana]] si trovava in stato di arresto, catturato a [[Dongo (Italia)|Dongo]] il giorno precedente dai partigiani della [[52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici"]] comandata da [[Pier Luigi Bellini delle Stelle]]. In una serie di cinque articoli su ''[[l'Unità]]'' del marzo [[1947]], il comandante partigiano [[Walter Audisio]], detto ''Colonnello Valerio'', ha raccontato di essere stato l'unico autore dell'uccisione, nell'ambito di una missione cui avevano partecipato anche i partigiani [[Aldo Lampredi]] ''"Guido Conti"'' e [[Michele Moretti]] ''"Pietro Gatti"'' per dare esecuzione all'[[:s:Ultimatum 19 aprile 1945|Ultimatum del 19 aprile 1945]] e all'articolo 5 del ''Decreto per l'amministrazione della giustizia'', approvato a [[Milano]] il 25 aprile dal [[CLNAI]]<ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470325_0001.pdf Missione a Dongo] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826113120/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470325_0001.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 25 marzo 1947, p. 1.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470325_0002.pdf Missione a Dongo] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826133740/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470325_0002.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 25 marzo 1947, p. 2.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470326_0001.pdf Solo a Como con 13 partigiani] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826133746/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470326_0001.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 26 marzo 1947, p. 1.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470326_0002.pdf Solo a Como con 13 partigiani] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826113230/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470326_0002.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 26 marzo 1947, p. 2.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470327_0001.pdf La corsa verso Dongo] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826114835/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470327_0001.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 27 marzo 1947, p. 1.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470327_0002.pdf La corsa verso Dongo] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826113627/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470327_0002.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 27 marzo 1947, p. 2.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470328_0001.pdf La fucilazione del dittatore] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826133735/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470328_0001.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 28 marzo 1947, p. 1.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470328_0002.pdf La fucilazione del dittatore] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826113114/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470328_0002.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 28 marzo 1947, p. 2.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470329_0001.pdf Epilogo a Piazzale Loreto] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826115002/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470329_0001.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 29 marzo 1947, p. 1.</ref><ref>Walter Audisio, ''[http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1947_03/19470329_0002.pdf Epilogo a Piazzale Loreto] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140826113745/http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=%2Farchivio%2Funi_1947_03%2F19470329_0002.pdf |data=26 agosto 2014 }}'', in "l'Unità", 29 marzo 1947, p. 2.</ref>.
 
La responsabilità dell'esecuzione saràfu poi rivendicata dallo stesso [[CLNAI|Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia]] con il [[:s:Comunicato 29 aprile 1945|Comunicato del 29 aprile 1945]].
 
== La fuga da Milano a Dongo ==
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[[File:Lago di Como33.PNG|thumb|La linea viola indica il percorso di Mussolini; in rosso sono tratteggiate le possibili deviazioni stradali per valicare il confine svizzero, mentre in giallo è riportato il percorso più breve per la Valtellina - quest'ultimo tuttavia richiedente il maggior tempo di percorrenza, date le condizioni della strada in quel tempo e il rischioso attraversamento di un ponte sull'Adda)]]
 
Nel tentativo di sfuggire alla [[Caduta della Repubblica Sociale Italiana|disfatta definitiva della Repubblica Sociale Italiana]] e sperando ancora in un sussulto dei suoi con la possibilità di trattare un accordo di resa a condizione, Mussolini abbandonaabbandonò il 18 aprile [[1945]] l'isolata sede di [[Palazzo Feltrinelli]] a [[Gargnano]], sulla sponda occidentale del [[lago di Garda]], e si trasferiscetrasferì a [[Milano]], dove arrivagiungendovi in serata e prendendo alloggio nellapresso la [[Prefettura (Italia)|prefettura]]; il giorno precedente aveva discusso nell'ultimo consiglio dei ministri sulla possibile resistenza nel [[Ridotto Alpino Repubblicano|Ridotto della Valtellina]]<ref name=autogenerato1>Dolfin, (1949)</ref>.
 
Il 20 aprile, concedenei nellalocali della prefettura diove Milano, oveera ormai è rinchiuso, concesse un incontro al giornalista [[Gian Gaetano Cabella]], direttore del giornale "Popolo di Alessandria", e alla richiesta del giornalista di potergli rivolgere qualche domanda lo sorprendesorprese rispondendo: "Intervista o testamento?". Fu l'ultima intervista rilasciata da Mussolini, che la rilesse, corresse e siglò il 22 aprile<ref>Questa intervista è nota anche come il testamento politico di Mussolini (cfr. pag 124 e seguenti in Sergio Luzzatto, 1998)</ref>.
 
Sempre il 22 aprile, nel cortile della prefettura pronunciapronunciò l'ultimo discorso a un centinaio di ufficiali della [[Guardia Nazionale Repubblicana|Guardia Repubblicana]], chiuso con l'affermazione checoncludendo: "Se la Patria è perduta è inutile vivere". La sera si incontra conincontrò [[Carlo Silvestri]] e gli consegnaconsegnò una dichiarazione per il comitato esecutivo del [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria|PSIUP]]<ref>A quel tempo il partito socialista aveva la [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria#Precedenti della denominazione|denominazione PSIUP]]</ref> in cui chiedechiedeva che la [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]] finiscafinisse in mani repubblicane e non monarchiche, socialiste e non borghesi.
 
Il 23 aprile le truppe alleate entranoentrarono a [[Parma]], e da Milano non sonofurono più possibili le comunicazioni telefoniche con [[Cremona]] e [[Mantova]]; il giorno seguente fu liberata [[Genova]] è liberata e il console tedesco Wolf si fafece vivo per richiedere al ministro delle finanze [[Domenico Pellegrini Giampietro|Domenico Pellegrini]] il versamento anticipato di 10 milioni di lire, quota mensile per le spese di guerra del mese seguente. Il 25 aprile mattina gli operai comincianoiniziarono a occupare le fabbriche di [[Sesto San Giovanni]] alla periferia di Milano<ref name=autogenerato1 />.
 
Nel pomeriggio del 25 aprile, con la mediazione del cardinale-arcivescovo di Milano [[Alfredo Ildefonso Schuster]], si svolgesvolse nell'arcivescovado un incontro decisivo tra la delegazione fascista composta da Mussolini stesso, il sottosegretario [[Francesco Maria Barracu|Barracu]], i ministri [[Paolo Zerbino|Zerbino]] e [[Rodolfo Graziani|Graziani]] (l'industriale Gian Riccardo Cella e il prefetto di Milano Mario Bassi non parteciparono direttamente ai colloqui) e una delegazione del [[CLN]] composta dal generale [[Raffaele Cadorna Junior|Cadorna]], dall'avvocato [[democrazia Cristiana|democratico-cristiano]] [[Achille Marazza|Marazza]], dal rappresentante del [[Partito d'Azione]] [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]] e dal [[Partito Liberale Italiano|liberale]] [[Giustino Arpesani]]. [[Sandro Pertini]] arriveràarrivò in ritardo a riunione conclusa. A [[Milano]] èera intanto in corso lo sciopero generale e l'ordine dell'insurrezione generale èera imminente. Inoltre Mussolini apprende durante l'incontro Mussolini apprese che i tedeschi avevano già avviato trattative separate con il [[CLN]]: l'unica proposta che ricevericevette dai suoi interlocutori èfu quindi la "resa incondizionata". Un accordo al momento sembrasembrava possibile, dato che: vengonofurono dateofferte garanzie per i fascisti e per i loro familiari<ref>Pierre Milza, ''cit'', pag 58.</ref>, ma i repubblichini, anche se senza vie d'uscita, non voglionovollero essere i primi a firmare la resa per essere poi tacciati di tradimento<ref>Alessandro Zanella, ''cit'', pag 159.</ref>. Si riservanoriservarono di dare una risposta entro un'ora lasciando l'arcivescovado e ritirandosi in prefettura, ma non ritornerannofecero piùritorno.
 
In serata, verso le ore 20, mentre i capi della resistenza, dopo aver atteso invano una risposta, dannodavano l'ordine dell'insurrezione generale, Mussolini, salutati gli ultimi fedeli<ref>Tra questi [[Carlo Borsani]] cfr. Dolfin, (1949)</ref>, lascialasciò Milano e partepartì in direzione di [[Como]]. Assieme ai fascisti si trovatrovava il tenente Birzer con i suoi uomini, incaricato da Hitler di scortare Mussolini ovunque vadaandasse.<ref>Si formò una colonna di circa trenta automobili, tre delle quali occupata da militari della gendarmeria tedesca, aperta da quattro motociclisti e scortata da un carro tedesco e da alcune autoblindo della ''[[Legione Autonoma Mobile Ettore Muti|Muti]]''. Sulle automobili i membri del governo quasi al completo, funzionari e personalità fasciste.</ref>
 
Gli eventi del '45 corsero in parallelo allaalle vicende dell'archivio personale del Duce. Un regio decreto prescriveva di conservare tutte le carte del Capo del Governo in carica. Mussolini era un uomo molto preciso e scrupoloso, che annotava tutto. Nel 1943 il suo archivio personale occupava diversi scaffali, contenendo informazioni scritte di suo pugno sulla vita pubblica e privata del ''"Mussolini intimo"'' (Nota del Testo)<ref name= Petacco>{{cita libro|titolo= Riservato per il duce. I segreti del regime conservati nell'archivio personale di Mussolini.|autore= [[Arrigo Petacco]]|editore= [[Arnoldo Mondadori Editore]]|edizione= sedonda|data= Novsmbre 1979|città= [[Portovenere]]|lingua= it|p= 147|collezione= Le Scie|volume= unico|citazione= Impresso nel Novembre 1979 presso la Nuova Stampa di Mondadori- [[Cles]] (TN). La prima edizione è del Settembre, sempre del 1979. Il libro non ha codice ISBN.}}</ref>.<br />
Nel Febbraiofebbraio del 1944, l'archivio fu ritrovato nella stazione ferroviaria di Milano abbandonato in molte casse del deposito bagagli. Dopo il recupero, Mussolini decise che le casse fossero inviate a Gargnano, dove risiedeva. All'arrivo degli americani, le carte furono sequestrate. Quando l'archivio fu restituito al governo italiano, mancavano tutte le carte relative agli alti ufficiali delle Forze Armate. Il tribunale dispose anche che fossero tolte le carte di [[Galeazzo Ciano]], che furono consegnate allealla vedova.
Il carteggio è oggi conservato presso l'[[Archivio centrale dello Stato]], a [[Roma]].
 
[[Roberto Farinacci]], ex segretario nazionale del partito fascista, è ''"il nome che appare più di frequente fra le carte segrete del Duce"''(<ref name= Petacco />, pag. 16). In una delle prime lettere più datate, il Duce lo invita ad evitare la [[Massoneria in Italia|Massoneria]] (<ref name= Petacco />, pag. 19).
 
=== Finalità del viaggio ===
[[Como]] rappresentava per Mussolini una meta che offriva diverse possibilità: anzitutto, la città lariana e la sponda occidentale del suo lago erano considerate una zona marginale relativamente protetta e con una limitata presenza partigiana limitata. Qui era possibile trovare un rifugio sicuro e appartato e nascondersi sino a quando gli Alleati, al loro arrivo, avrebbero scoperto il nascondiglio; eera quindi era possibile consegnarsi a loro con garanzie. Secondo la testimonianza del prefetto di Como Renato Celio, questo era l'obiettivo primario<ref>vedi resoconto dell'agente [[Office of Strategic Services|OSS]] Lada Mokarski in [[Urbano Lazzaro]], ''Dongo mezzo secolo di menzogne'', pag 25.</ref> o punto di passaggio per raggiungere la [[Valtellina]] dove già da alcune settimane [[Alessandro Pavolini]] prospettava di costituire un estremo baluardo di resistenza, il [[Ridotto Alpino Repubblicano]], e dove erano affluiti tremila uomini del generale Onori ed erano attesi ancora mille uomini del maggiore Vanna. L'idea però era osteggiata oltre che dai vertici militari tedeschi, anche dal generale [[Niccolò Nicchiarelli]] comandante della [[Guardia Nazionale Repubblicana|GNR]] e dal ministro [[Rodolfo Graziani]]<ref>Vittorio Roncacci, ''cit'', pag 368.</ref>, o alternativamente sembrava possibile costituire nella città lariana un estremo baluardo di difesa, facendo convergere su di essa tutte le forze residue e resistere a oltranza per trattare poi “in''in extremis”extremis'' con gli Alleati al loro arrivo<ref name=autogenerato3>Marino Viganò, ''Un'analisi accurata della presunta fuga in Svizzera'', in Nuova Storia Contemporanea, n 3, 2001.</ref>. Infatti a [[Como]] si concentrarono numerose formazioni provenienti dalle zone circostanti, condotte da [[Alessandro Pavolini]]. L'afflusso durò tutta notte e parte della mattinata. Alcune fonti parlano di quarantamila fascisti<ref>Alessandro Zanella, ''cit'', pag 220.</ref>, mentre [[Giorgio Bocca]] riduce il numero dei militi a soli 6.000-7.000 uomini che, peraltro in giornata, si dispersero dopo che il Duce decise di abbandonarlicongedarli, sciogliendo dalla fedeltà al giuramento i suoi fedeli e partendo di nascosto con i ministri alle 3 del mattino<ref>G.Bocca, ''La repubblica di Mussolini'', pp. 334-335.</ref>.
 
Infine la vicinanza con la [[Svizzera]] poteva offrire una estrema possibile via di fuga, anche se Mussolini aveva sempre detto di rifiutare questa possibilità: peraltro le autorità svizzere, fin dall'estate 1944, avevano rifiutato la richiesta d'ingresso nel loro paese ai gerarchi fascisti e ai loro familiari<ref name=autogenerato3 />. Il rifiuto era stato confermato in quegli stessi giorni dal rappresentante elvetico a Milano Max Troendle<ref>v. Cavalleri, Giannantoni, Cereghino, ''La fine'' op. cit., pag. 29.</ref>. In Svizzera era possibile poi concretizzare trattative con diplomatici americani, attraverso l'intermediazione del console spagnolo a [[Berna]], oppure come meta momentanea per poi raggiungere la Spagna<ref>Wladimiro Settimelli, ''Mussolini in fuga verso la Spagna del camerata francoFranco'', in "Patria indipendente" 26 settembre 2010, pag 7.</ref>. Il Duce che ''giallo di livore e di paura tentava di varcare la frontiera svizzera è stato arrestato''<ref>Radiomessaggio di [[Sandro Pertini]] del 27 aprile 1945.</ref> è la prima immagine denigratoria, che non sembra corrispondere alla verità. Le testimonianze degli accompagnatori italiani superstiti di quei giorni riferiscono concordemente del rifiuto di Mussolini a espatriare, ma è il tenente Birzer a parlare del tentativo di fuga di Mussolini e compagnia. <ref>Marino Viganò, ''Un'analisi accurata della presunta fuga in Svizzera'', in Nuova Storia Contemporanea, n 3, 2001. Le testimonianze sono contraddette dal tenente Birzer, capo della scorta personale del Duce, che aveva ricevuto direttamente da Hitler il compito di non lasciare mai Mussolini: ''ne risponderà con la vita se ciò dovesse avvenire'', secondo il quale a [[Grandola ed Uniti|Grandola]] impedì all'ultimo minuto un tentativo di fuga di Mussolini, la Petacci ed almeno altri due gerarchi che erano quasi riusciti nell'intento di attraversare il confine. Le dichiarazioni di Birzer sono citate nel libro ''I tedeschi in Italia'', di Silvio Bertoldi, S&K editori</ref>.
 
=== Como ===
Durante il viaggio, il furgone di coda del convoglio, che trasportava valori e documenti riservatissimi e di particolare importanza politica e militare, vaandò in panne nei pressi di [[Garbagnate Milanese|Garbagnate]]. L'equipaggio, tra cui Maria Righini cameriera personale di Mussolini, raggiungeraggiunse [[Como]] con mezzi di fortuna. Vani risultanorisultrono i tentativi di recupero effettuati nella notte.; Ilil furgone saràfu ritrovato la mattina seguente dai partigiani<ref>Giorgio Cavalleri, ''cit'', pag 157.</ref>.
 
Alle 21.30 il capo del fascismo raggiungeraggiunse la prefettura di [[Como]]. Il giorno precedente nella città comasca era arrivata anche la moglie [[Rachele Guidi|Rachele]] con i figli [[Romano Mussolini|Romano]] e [[Anna Maria Mussolini|Anna Maria]], ma Mussolini si rifiutarifiutò di incontrarli<ref>Alcune fonti riferiscono di un incontro in prefettura a Como tra Mussolini e donna Rachele in compagnia della figlia Annamaria. v. [[Urbano Lazzaro]], ''Dongo mezzo secolo di menzogne'', pag 25.</ref>, limitandosi a scriver loro una lettera d'addio e a fare una telefonata con cui raccomandaraccomandava alla moglie di portare i figli in Svizzera<ref>Alla frontiera le autorità svizzere negherannonegarono l'entrata ai familiari del Duce, che farannofecero ritorno a villa Mantero a Como dove erano alloggiati, ed al ministro Guido Buffarini Guidi. In quei giorni altri familiari di Mussolini si trovavano a Como: a villa Mantero erano ospitate anche Gina Ruberti, moglie di [[Bruno Mussolini|Bruno]], con la figlia Marina; il figlio [[Vittorio Mussolini|Vittorio]] giunto col padre da Milano si ricongiungericongiunse con lasua moglie Orsola Buvoli già sfollata a villa Stecchini conassieme iai figli Guido ed Adria; [[Vanni Teodorani]], marito di Rosa, figlia di [[Arnaldo Mussolini|Arnaldo]] con Orio Ruberti, fratello di Gina, troverannotrovarono ospitalità al [[collegio Gallio]] il 27 aprile, ove il giorno prima vi si era già rifugiato Vittorio, resterannoe ove tuttirimasero nascosti fino a novembre; le mogli di Vittorio e di Vanni Teodorani, oltre che di [[Roberto Farinacci]], troverannotrovarono ospitalità presso l'istituto delle Orsoline; invece Vito, figlio di [[Arnaldo Mussolini|Arnaldo]] finiràfinì nelle carceri di san Donnino.</ref>. Durante la notte insonne, febbrili incontri con le autorità locali demolisconodemolirono la possibilità di una sosta prolungata innella città, consideratagiudicata indifendibile. [[Rodolfo Graziani]] consigliaconsigliò di ritornare a [[Milano]],; la maggior parte, in particolar modo [[Guido Buffarini Guidi]] e [[Angelo Tarchi (politico)|Angelo Tarchi]], spingonospinsero per entrare in [[Svizzera]], anche in maniera illegale. Su indicazione del federale di [[Como]] [[Paolo Porta]], si scegliescelse di proseguire verso [[Menaggio]].
 
Verso le quattro del mattino del 26 aprile, cercando invano di eludere la sorveglianza tedesca, il convoglio fascista abbandonaabbandonò precipitosamente [[Como]] muovendosi verso nord, costeggiando il lato occidentale del [[lago di Como]] lungo la [[Strada statale 340 Regina|strada Regina]] e giungendo a [[Menaggio]] verso le cinque e trenta senza problemi.
 
L'edizione del 26 aprile del [[Corriere della Sera]] esceuscì dedicando la sua prima pagina all'insurrezione generale di Milano contro ile forze nazifascistinazifasciste e riportando, sempre nella stessa pagina, la notizia dell'abbandono di Milano col titolo: "Mussolini scompare da Milano dopo drammatiche tergiversazioni"<ref>Il quotidiano uscì col nome di "Il nuovo Corriere", imposto dai dirigenti partigiani per evidenziare il taglio col passato filogovernativofilo-governativo del giornale</ref>.
 
=== Menaggio e Grandola ===
A [[Menaggio]] proseguonoproseguirono le discussioni e le riunioni sul da farsi, mentre continuano ad arrivare nel centro lariano continuavano ad arrivare importanti personalità fasciste e la notizia presto si diffondediffondeva. [[Rodolfo Graziani]] spingespinse per tornare indietro,; non ascoltatoinascoltato, si congedacongedò e fafece ritorno verso [[Como]]. Anche [[Alessandro Pavolini]] ritornaritornò sui suoi passi, per raccogliere e far convergere su [[Menaggio]] i militari arrivati a [[Como]]; nellungo il viaggiotragitto saràfu attaccato da una formazione partigiana rimanendo lievemente ferito. Molti voglionointendevano sconfinare in [[Svizzera]], prendendo la via di [[Porlezza]] e di là a [[Lugano]]<ref>La [[Val Menaggio]] èera l'unica possibilità, lungo la [[Strada statale 340 Regina|strada regina]], che permettapermettava una diversione automobilistica verso la [[Svizzera]].</ref>. Si scegliescelse di allontanarsi da [[Menaggio]] e di temporeggiare. Alla partenza, improvvisa per cercare di liberarsi dell'oppressiva presenza della gendarmeria tedesca, il convoglio deviadeviò a ovest in [[Val Menaggio]], per giungere a Cardano, frazione del piccolo comune di [[Grandola ed Uniti]], presso la caserma della 53ª compagnia della [[Milizia Confinaria]] con sede all'ex albergo Miravalle. A Cardano Mussolini èfu raggiunto dall'amante [[Clara Petacci]] accompagnata dal fratello, e dalla scorta tedesca che aveva ricevuto l'ordine da Hitler di scortarlo verso la Germania. Qui apprendeapprese che a [[Chiavenna]] un aereo da trasporto sarebbeera pronto al decollo per portarlo in salvo in [[Baviera]]<ref>Pierre Milza, ''Mussolini'', La biblioteca di Repubblica, 1999, pag 91.</ref>. A Grandola èfu raggiunto anche da Vezzalini, capo della [[provincia di Novara]], e dal maggiore Otto Kinsnatt della [[Waffen-SS]], diretto superiore del tenente [[Fritz Birzer]], proveniente dal [[lago di Garda]]<ref>Vittorio Roncacci, ''cit'', pag 384.</ref>. In serata arrivagiunse la notizia che i ministri [[Guido Buffarini Guidi]], [[Angelo Tarchi (politico)|Angelo Tarchi]] e il vicecommissario della prefettura di Como, Domenico Saletta, che tentavano l'espatrio forzando la dogana, sonoerano stati arrestati proprio a Porlezza dai partigiani. Nel frattempo la radio annunciaannunciava che anche [[Milano]] èera stata completamente liberata e che i responsabili della disfatta nazionale, trovati con le armi in mano sarannosarebbero stati puniti con la pena di morte<ref>Pierre Milza, ''cit.'', pag 86.</ref>. Tutto volgeva al peggio e la disperazione aveva contagiato i presenti. Nell'impossibilità di proseguire in quella direzione e constatata l'indifendibilità della piccola guarnigione da un eventuale attacco partigiano, si tornafece ritorno a [[Menaggio]]. Nella notte arrivaarrivò [[Alessandro Pavolini|Pavolini]], senza i numerosi contingenti sperati, ma con soli sette o otto militi della [[Guardia Nazionale Repubblicana|GNR]].
 
=== Dongo ===
[[File:Colonna dongo.jpg|thumb|Camion della colonna tedesca]]
Nella notte, insiemeassieme cona Pavolini, giungegiunse a Menaggio un convoglio militare tedesco in ritirata composto da trentotto autocarri e da circa duecento soldati della [[FlaK]], la contraerea tedesca, al comando del tenente Willy Flamminger<ref>Cavalleri, Giannantoni, Cereghino, ''La fine'' op. cit., pag 39.</ref> diretto a [[Merano]] attraverso il [[passo dello Stelvio]]. Mussolini, con i gerarchi fascisti e le rispettive famiglie al seguito, decidedecise di aggregarvisi. La colonna, lunga circa un chilometro, alle cinque del mattino partepartì da [[Menaggio]], ma alle sette, appena fuori dall'abitato di [[Musso]], vienefu fermata a un posto di blocco delle [[Brigate Garibaldi]]; dopo una breve sparatoria, e in seguito a lunghe trattative, i tedeschi ottengonoottennero il permesso di poter proseguire a condizione che vengasi effettuataeffettuasse un'ispezione, e che sianofossero consegnati tutti gli italiani presenti nel convoglio, nel sospetto che vi fosse il Duce con qualche gerarca in fuga. Mussolini, su consiglio del capo della sua scorta [[SS]], il sottotenente [[Fritz Birzer]], indossaindossò un cappotto e un elmetto da sottufficiale della [[Wehrmacht]], si fingefinse ubriaco e salesalì sul camion numero 34 della Flak, occultandosi in fondo al pianale, vicino alla cabina di guida, ricoperto da una coperta militare. A nessun altro italiano saràfu concesso di tentare di seguire nascostamente Mussolini nel convoglio.
 
Intanto, durante l'attesa in cui si svolgevano le trattative, [[Ruggero Romano]] con il figlio Costantino, [[Ferdinando Mezzasoma]], [[Paolo Zerbino]], [[Augusto Liverani]], [[Nicola Bombacci]], [[Luigi Gatti (politico)|Luigi Gatti]], [[Ernesto Daquanno]], [[Goffredo Coppola]] e [[Mario Nudi]] si consegnanoaffidarono al parroco don Enea Mainetti, nella canonica di [[Musso]], che li affideràconsegnò ai partigiani. Il sacerdote venne a conoscenza della presenza di Mussolini nella colonna e ne diede comunicazione a ''"Pedro"''.<ref>[[Urbano Lazzaro]], ''Dongo mezzo secolo di menzogne'', pag 33.</ref>
 
== La cattura e la detenzione ==
=== Dongo ===
Verso le ore 16 del 27 aprile, durante l'ispezione della colonna tedesca in piazza a [[Dongo (Italia)|Dongo]], Mussolini vienefu riconosciuto dal partigiano Giuseppe Negri<ref>Della presenza di Mussolini sul camion si erano precedentemente accorti anche il parroco di [[Musso]] don Enea Mainetti ed il giovane Fiorenzo Rampoldi, v. Giorgio Cavalleri, ''cit.'', pag 24.</ref> sotto una panca del camion n. 34. VieneFu perciò prontamente disarmato del mitra e di una pistola Glisenti, arrestato e preso in consegna dal vicecommissario di brigata [[Urbano Lazzaro]] ''"Bill"'' che lo accompagnaaccompagnò nella sede comunale, doveove gli vienefu sequestrata la borsa di cui era in possesso<ref name=borsa>Questa borsa a quattro scomparti, conteneva quattro cartelle, trecentocinquanta documenti riservatissimi, un milione e settecentomila lire in assegni e centosessanta sterline d'oro. Quella stessa sera la borsa di Mussolini verràfu depositata, insieme a quella del colonnello Casalinuovo, presso la filiale della [[Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde]] di [[Domaso]] dallo stesso ''Bill'', accompagnato dal collaboratore ed interprete, lo svizzero Alois Hofman, e dal partigiano Stefano Tunesi. v. Zanella, ''cit'', pag 378.</ref>.
 
Tutti gli altri componenti italiani al seguito vengonofurono arrestati: si trattatrattava di più di cinquanta<ref>Vittorio Roncacci, ''cit'', pag 403.</ref> persone, più le mogli e i figli al seguito. Tra di essi la maggior parte dei membri del governo repubblicano, più alcune personalità politiche, militari e sociali accompagnati dai loro familiari. Qualcuno si consegnaconsegnò spontaneamente, altri tentanotentarono di comprarsi una possibilità di fuga offrendo ingenti somme e valori alla popolazione locale. Gli occupanti di un autoblindo cercanocercarono di resistere ingaggiando una sparatoria, Pietro Corradori e [[Alessandro Pavolini]] fuggonofuggirono buttandosi nel lago, ma vengonofurono ripresi e Pavolini rimanerimase ferito. Il giorno seguente sedici di essi, tra gli esponenti più in vista del regime, sarannofurono sommariamente fucilati sul lungolago di Dongo; tra glii altrirestanti, che rimangonorimasti agli arresti a Dongo e sarannopoi trasferiti a Como, un'ulteriore decina di essi, innelle due notti successive, vienefu prelevata e uccisa una ulteriore decina di prigionieri.<ref>Vittorio Roncacci, ''cit'', pag 391.</ref>.
 
Il fermo della colonna motorizzata tedesca e il successivo arresto di Mussolini e del suo seguito era stato effettuato dai partigiani del distaccamento "Puecher" della [[52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici"]], comandata da [[Pier Luigi Bellini delle Stelle]], nome di battaglia ''“Pedro”''. Il suo commissario politico era [[Michele Moretti]] ''“Pietro Gatti”'', vice -commissario politico [[Urbano Lazzaro]] ''“Bill”'' e, il [[capo di stato maggiore]] [[Luigi Canali (partigiano)|Luigi Canali]] ''“Capitano Neri”''. Tra i gerarchi al seguito del dittatore, furono arrestati anche [[Francesco Maria Barracu]], sottosegretario alla presidenza del Consiglio, [[Alessandro Pavolini]], Ministro segretario del [[Partito Fascista Repubblicano|PFR]], [[Ferdinando Mezzasoma]], Ministro della Cultura Popolare, [[Augusto Liverani]], Ministro delle Comunicazioni, [[Ruggero Romano]], Ministro dei Lavori Pubblici, [[Paolo Zerbino]], Ministro dell'Interno. Fu arrestato anche Marcello Petacci, fratello di [[Clara Petacci|Claretta]], che a bordo di un'[[Alfa Romeo]] 1500 recante bandiera spagnola, seguiva il convoglio con la convivente Zita Ritossa, i figli Benvenuto e Ferdinando e la sorella. Esibendo un falso passaporto diplomatico spagnolo si dichiarava estraneo al convoglio, spacciandosi per diplomatico spagnolo. Anche Clara era in possesso di un passaporto spagnolo intestato a Donna Carmen Sans Balsells<ref>Alessandro Zanella, ''L'ora di Dongo'', Rusconi, Milano, 1993, pag 380.</ref>. Tra i fermati c'èera anche la presunta figlia naturale del Duce, Elena Curti<ref>Alessandro Zanella, ''cit'', pag 362.</ref><ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1994/aprile/30/Dongo_con_Mussolini_mio_padre_co_0_9404306847.shtml Biglia Andrea, " a Dongo con Mussolini, mio padre ", Corriere della Sera, 30 aprile 1994]</ref>.
 
Nello stesso tempo, i prigionieri rimasti a Dongo vengonofurono interrogati e schedati dal ''"[[Luigi Canali (partigiano)|capitano Neri]]"'' e separati in tre gruppi distinti: Bombacci, Barracu, Utimpergher, Pavolini e Casalinuovo vengonofurono anch'essi trasferiti a [[Germasino]],; i ministri rimangonorimasero rinchiusi nei locali del municipio e; gli altri, autisti, impiegati, militari - tra cui l'agente dei servizi segreti Rosario Boccadifuoco, - furono distribuiti nell'ex caserma dei Carabinieri e in case private. I Petacci, di cui non si era ancora scoperto la vera identità, vengonofurono alloggiati all'albergo Dongo. La partigiana ''"[[Giuseppina Tuissi|Gianna]]"'', in collaborazione con l'impiegata comunale Bianca Bosisio, esegueeseguì l'inventario di tutti gli ingenti valori e i beni sequestrati.
 
=== Decisioni del CLNAI a Milano ===
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Con il diffondersi della notizia, giungeva al comando del [[CLNAI]] dal quartiere generale [[Office of Strategic Services|OSS]] di [[Siena]] un telegramma<ref name=autogenerato2>Vittorio Roncacci, ''cit'', pag 394.</ref> con la richiesta di affidamento al controllo delle forze delle [[Nazioni Unite]] di tutti i membri di governo della [[Repubblica Sociale Italiana|RSI]], secondo la clausola numero 29 dell'[[armistizio lungo]] siglato a [[Malta]] da [[Eisenhower]] e dal maresciallo d'Italia [[Pietro Badoglio]] il 29 settembre 1943, che prevedeva espressamente che: «Benito Mussolini, i suoi principali associati fascisti e tutte le persone sospette di aver commesso delitti di guerra o reati analoghi, i cui nomi si trovino sugli elenchi che verranno comunicati dalle Nazioni Unite e che ora o in avvenire si trovino in territorio controllato dal Comando militare alleato o dal Governo italiano, saranno immediatamente arrestati e consegnati alle Forze delle Nazioni Unite». All'aeroporto di [[Bresso]] intanto si inviò un velivolo per prelevare il dittatore<ref>Giorgio Cavalleri' ''Ombre sul lago'', pag 30.</ref>.
 
Tuttavia, non appena a conoscenza dell'arresto dell'ex capo del governo, il Comitato insurrezionale di [[Milano]] formato da [[Sandro Pertini|Pertini]], [[Leo Valiani|Valiani]], [[Emilio Sereni|Sereni]] e [[Luigi Longo|Longo]], riunitosi alle ore 23.00 del giorno 27, decidedecise di agire senza indugio e di inviare una missione a Como peronde procedere all'esecuzione di Mussolini; questo per aggirare il comportamento equivoco del generale [[Raffaele Cadorna Jr|Cadorna]], diviso tra i doveri di comandante del [[Corpo volontari della libertà|CLN]] e dila lealtà verso gliagli Alleati<ref>Vittorio Roncacci, ''cit'', pag 398.</ref>.
 
[[Walter Audisio]], ''“colonnello Valerio”'', ufficiale addetto al comando generale del [[Corpo volontari della libertà|CVL]] e [[Aldo Lampredi]] ''"Guido"'' ispettore del comando generale delle [[Brigate Garibaldi]] e uomo di fiducia di [[Luigi Longo]], vengonofurono incaricati di eseguire la sentenza. Il riluttante generale [[Raffaele Cadorna Jr|Raffaele Cadorna]], riluttante, per evitare che Mussolini cadacadesse nelle mani degli Alleati<ref>Pierre Milza, ''cit'', pag 131.</ref>, rilasciarilasciò il salvacondotto necessario<ref>Peter Tompkins, ''Dalle carte segrete del Duce'',Tropea, Milano, 2001, pag. 328</ref>; Audisio, inoltre, vienefu munito di un secondo lasciapassare in lingua inglese, firmato dall'agente dell'[[Office of Strategic Services|OSS]] americano Emilio Daddario<ref>Giorgio Cavalleri, Franco Giannantoni e Mario J. Cerighino, ''La fine. Gli ultimi giorni di Benito Mussolini nei documenti dei servizi segreti americani (1945-46)'', Garzanti, Milano, 2009, pag. 69</ref>. Contemporaneamente, peraltro, Cadorna provvedeva a contattare il tenente colonnello Sardagna<ref>Giovanni Sardagna ''"Giovannino"'', barone di Hohenstein, ex aiutante del generale Raffaele Cadorna, già comandante della divisione corazzata "Ariete" che si era battuta nella difesa di Roma, dopo l'8 settembre 1943, svolgeva funzioni di collegamento fra i comandi del [[Corpo volontari della libertà|CVL]] di Como e Lecco.</ref> rappresentante del CVL a Como, al fine di predisporre misure per recuperare Mussolini e trasferirlo in luogo sicuro<ref name=56_57>Giorgio Cavalleri, Franco Giannantoni e Mario J. Cerighino, ''cit.'', pagg. 56-57</ref>.
Intanto alle 3 del mattino successivo, il servizio radio partigiano trasmettetrasmise agli alleati un fonogramma a scopo di depistaggio, nel quale si asserisceasseriva l'impossibilità della consegna di Mussolini, in quanto già processato dal Tribunale popolare e fucilato "nello stesso luogo ove precedentemente fucilati da nazifascisti quindici patrioti"<ref>Giorgio Cavalleri, Franco Giannantoni e Mario J. Cerighino, ''cit.'', pag. 51</ref>. Ci si riferiva alla [[Strage di Piazzale Loreto]] del 10 agosto [[1944]].
 
=== Germasino ===
In attesa di decisioni in merito, e temendo per la sua incolumità, il comandante Bellini delle Stelle, intorno alle 18.30 del 27 aprile, trasferiscetrasferiì l'ex duce, insieme con Porta, nella caserma della [[Guardia di Finanza]] di [[Germasino]], un paesino sopra [[Dongo (Italia)|Dongo]]. Prima di ritornare a Dongo ''"Pedro"'' riceve la richiesta da Mussolini di portare i saluti alla signora che accompagna il console spagnolo, senza ricevere indicazioni sulla sua vera identità. Dopo l'interrogatorio della signora, Bellini delle Stelle scoprescoprì che si tratta di [[Clara Petacci]], che chiedechiese di essere ricongiunta all'amante: il comandante acconsenteacconsentì.
 
Se al momento dell'arresto Mussolini sembrava oramai privo di energie, col passare delle ore manifestainiziò invecea manifestare una certa serenità. Già a Dongo rispondeva volentieri alle domande che gli venivano rivolte, a Germasino si intrattieneintrattenne con i suoi custodi discutendo su temi di politica, sulla guerra e sulla resistenza<ref>Pierre Milza, ''cit'', pag 137.</ref>. Prima di coricarsi alle 23.30, su richiesta dei partigiani di guardia, Mussolini sottoscrivesottoscrisse questa dichiarazione: «La 52<sup>a</sup> Brigata garibaldina mi ha catturato oggi, venerdì 27 aprile, sulla piazza di Dongo. Il trattamento usatomi durante e dopo la cattura è stato corretto. Mussolini».<ref>Vittori Roncacci, ''cit'', pag 392.</ref> All'1.00 vienefu svegliato per essere trasferito di nuovo in un posto ritenuto più sicuro e, affinché non siafosse riconosciuto, gli vienefu fasciato il capo. Di nuovo a Dongo, Mussolini èfu riunito alla Petacci, su richiesta di quest'ultima; poi, i due prigionieri sonofurono fatti salire su due vetture, con a bordo, oltre ai due autisti, anche ''Pedro'', il ''Capitano Neri'', ''Gatti'', la staffetta [[Giuseppina Tuissi]] ''"Gianna"'' e i giovani partigiani Guglielmo Cantoni ''"Sandrino Menefrego"'' e Giuseppe Frangi ''"Lino"''<ref name=Sandrino>Ferruccio Lanfranchi, ''Parla Sandrino uno dei cinque uomini che presero parte all'esecuzione di Mussolini'', in: ''Corriere d'Informazione'', 22-23 ottobre 1945</ref> e condotti verso il basso lago.
 
=== Bonzanigo ===
[[File:Bonzanigo mezzegra.jpg|thumb|Bonzanigo di Mezzegra, casa De Maria, in una immagine dell'epoca]]
La notizia del trasferimento a [[Germasino]] si era oramai diffusa rapidamente: i partigiani temevano un colpo di mano fascista per tentare di liberare Mussolini, o qualche tentativo da parte degli Alleati per impossessarsene. Si decise allora un ulteriore trasferimento in un luogo più distante. ''"Neri"'', d'accordo con ''"Pietro"'', èera del parere di trasferire Mussolini in una baita a San Maurizio di [[Brunate]], sopra [[Como]]. L'intenzione di ''"Pedro"'' èera invece di porre in salvo Mussolini, essendo stato contattato dal tenente colonnello Sardagna, rappresentante del [[Corpo volontari della libertà|CVL]] a Como, su ordine del comandante generale [[Raffaele Cadorna Junior|Raffaele Cadorna]], che aveva predisposto il traghettamento del prigioniero dal molo di [[Moltrasio]] sino alla villa dell'industriale Remo Cademartori a [[Blevio]], sull'altra sponda del ramo comasco del [[Lago di Como|Lario]]. Lungo la strada, tuttavia, dopo aver superato con difficoltà diciotto posti di blocco partigiani, ci si renderese conto che èera troppo rischioso procedere oltre e non èera possibile raggiungere la meta prefissata<ref>Giorgio Cavalleri, Franco Giannantoni e Mario J. Cerighino, ''cit.'', pagg. 57-58</ref>. ''"Pedro"'' riesceconvinse quindi a convincere il gruppo a fermarsi a [[Moltrasio]] ma, giunti sul molo, non vienefu rinvenuta nessuna imbarcazione pronta ad accoglierli.<ref name=56_57 />. Intanto in lontananza, sifuono odonouditi echi di una nutrita sparatoria:, siprovenienti tratta dida una prima avanguardia della 34<sup>a</sup> Divisione statunitense che sta entrandoentrava in città. Si decidedecise quindi, su proposta di Canali, di ritornare sui propri passi e di trovare un sicuro rifugio alternativo. Intanto una decina di Jeep di un reparto agli ordini del Generale Bolty perlustranoperlustravano la zona per cercare di assicurarsi la consegna di Mussolini<ref name=autogenerato2 />.
 
Intorno alle ore 3.00 del 28 aprile, Mussolini e la Petacci sonofurono quindi fatti scendere dalle vetture e alloggiati a [[Bonzanigo]], una frazione di [[Mezzegra]], presso la famiglia De Maria, conoscenti di lunga data del ''"capitano Neri"'' e di cui il capo partigiano si fidafidava ciecamente<ref>Successivamente Alice Canali, sorella del Neri, spiegò così la decisione del fratello: “Lia De Maria era nostra sorella di latte. Avevamo avuto la stessa balia. Mio fratello sapeva di potersi fidare ciecamente di lei e del marito” Cfr. Luciano Garibaldi, ''La pista inglese. Chi uccise Mussolini e la Petacci?'', ARES, Milano, 2002, pag. 163</ref>. Il piantonamento notturno èfu effettuato dai partigiani Cantoni e Frangi,; ''"Pedro"'' con l'autista Dante Mastalli ritornaritornà a Dongo, mentre ''"Neri"'', ''"Gianna"'' e ''"Pietro"'' con l'autista ''"Carletto Scassamacchine"'' si dirigonodiressero verso [[Como]].
 
== La morte ==
{{Approfondimento
|titolo=La versione storica - cronologia
|contenuto=[[L'Unità]] del 29 aprile 1945 riportò la notizia della morte di Mussolini senza ulteriori commenti ''Mussolini e i suoi accoliti giustiziati dai patrioti in nome del popolo''. Il primo resoconto ufficiale, seppur sintetico, comparve sul quotidiano [[L'Unità]] nella sua edizione milanese il 30 aprile 1945, ripreso il 1º maggio nell'edizione nazionale. Portava il titolo "L'esecuzione di Mussolini" e non era firmato. In esso non si fannofacevano nomi, ma si parla genericamente di ''esecutori''.
 
Dal 18 novembre al 24 dicembre 1945, sempre sullo stesso quotidiano nell'edizione romana, in ventiquattro puntate, vienefu presentata una relazione più dettagliata. Gli articoli non sonoerano firmati, ma sonoerano introdotti da una breve presentazione di [[Luigi Longo]]. Qui l'esecutore vieneveniva chiamato con il solo nome di battaglia di ''colonnello Valerio''. Questa versione è stata parzialmente ripubblicata il 25 aprile 1995.
 
L'identificazione del ''"Colonnello Valerio"'' con [[Walter Audisio]] è statafu effettuata solo nel 1947, in un servizio di otto puntate dal sei al sedici marzo firmato da Alberto Rossi, il quotidiano romano [[Il Tempo]] e dal periodico neofascista Meridiano d'Italia.<br />
Per questo motivo il 22 marzo, la segreteria del [[Partito Comunista Italiano|P.C.I.]] confermò con un comunicato che ''Valerio'' e Audisio erano la stessa persona.<br />
Il giorno dopo comparve su [[L'Unità]] una biografia di [[Walter Audisio]] dal titolo "Colui che fece giustizia per tutti. L'uomo Valerio".
 
Un circostanziato memoriale, in cui Audisio raccontaraccontava in prima persona, vennefu pubblicato in sei puntate da [[L'Unità]] fra il venticinque e il ventinove marzo.
 
Nel maggio 1972, su richiesta di [[Armando Cossutta]], [[Aldo Lampredi]] ''Guido'' consegnaconsegnò alla dirigenza del P.C.I. una relazione riservata non destinata alla pubblicazione., che è Saràstata però pubblicata da [[L'Unità]] il 26 gennaio 1996.
 
Nel 1975 [[Walter Audisio]] raccontaraccontò nel libro postumo ''In nome del popolo italiano'', curato dalla moglie Ernestina Ceriana, le vicende di cui èera stato protagonista.
 
[[Michele Moretti]] ''"Pietro Gatti"'' rilasciarilasciò la sua versione in diverse interviste e dichiarazioni. La testimonianza più rilevante è contenuta nel libro di Giusto Perretta, presidente dell'Istituto comasco per la storia del movimento di Liberazione, ''Dongo, 28 aprile 1945. La verità'' pubblicato nel 1997.
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