Lucio Cassio Longino Ravilla: differenze tra le versioni

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==Biografia==
Di famiglia plebea e figlio di [[Quinto Cassio Longino (console 164 a.C.)|Quinto Cassio Longino]], console nel [[164 a.C.]], ebbe il soprannome di Ravilla a causa degli occhi grigi (''ravi oculi'')<ref>[[William Smith (lessicografo)|William Smith]], ''Dictionary of greek and roman biography and mythology'', p. 798</ref>. Divenne [[tribuno della plebe]] nel [[137 a.C.]] e fece approvare la ''[[Lex Cassia Tabellaria]]'', che riformava il sistema elettorale romano introducendo il voto segreto<ref>[[Cicerone]], ''De Legibus'', III, 35; ''Pro Sestio'', 101</ref>. Nel 127 a.C. fu nominato console assieme a [[Lucio Cornelio Cinna (console 127 a.C.)|Lucio Cornelio Cinna]] e nel 125 a.C. divenne [[censore]] con [[Gneo Servilio Cepione (console 141 a.C.)|Gneo Servilio Cepione]], anno in cui fece iniziare i lavori per l'acquedotto dell'''[[Aqua Tepula]]''<ref>[[Sesto Giulio Frontino|Frontino]], ''De aquaeductu'', I, 8</ref>. Esercitò la carica con severità, tanto che fece processare l'[[consolare|ex console]] [[Marco Emilio Lepido Porcina]] perché viveva a Roma in una abitazione dall'affitto esorbitante (oltre al fatto che si era opposto alla legge tabellaria). In quel periodo coniò l'espressione ''[[cui bono?]]''<ref>Cicerone, ''Pro Roscio Amerino, 84''</ref>, con cui si chiedeva quale fosse il vero beneficiario di un'azione imputata ad una certa persona. Nel [[114 a.C.]] si occupò del processo in cui tre [[vergini vestali]] erano state accusate di non aver rispettato i voti di castità. Due vennero condannate a morte, nonostante il [[pontefice massimo (storia romana)|pontefice massimo]] [[Lucio Cecilio Metello Dalmatico]] le avesse fatte assolvere lo stesso qualche mese prima, assieme all'uomo responsabile del delitto<ref>[[Quinto Asconio Pediano]], ''Orationum Ciceronis quinque enarratio, Pro Milone'', 45-46</ref>.
 
==Note==