Gioviano: differenze tra le versioni

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Figlio del ''[[comes domesticorum]]'' Varroniano, Gioviano divenne comandante dei ''[[protectores domestici]]'' (''primicerius'') dell'esercito di [[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano]], dopo le dimissioni del padre. Il 26 giugno [[363]], l'imperatore Giuliano rimase ucciso in seguito alle ferite riportate in una battaglia contro i [[Sasanidi]]. Gioviano, che "godeva di una modesta fama per i meriti paterni", venne eletto (avventatamente a parere di [[Ammiano Marcellino]]<ref>''Rerum gestarum libri'', XXV, 5, 4</ref>) imperatore da un consiglio di comandanti dell'esercito e delle legioni, dopo che la scelta era inizialmente ricaduta su [[Saturnino Secondo Salustio|Salustio]], [[prefetto del pretorio]] d'Oriente, di maggiore esperienza, ma che rifiutò l'investitura adducendo motivi di salute e vecchiaia.
 
Una volta ottenuto il potere, Gioviano, consapevole della sua inesperienza militare, concluse con l'[[impero persiano]] una pace svantaggiosa per [[Roma]], abbandonando i territori conquistati da [[Galerio]] in [[Mesopotamia]] nel [[297]], comprese le fortezze di [[Singara]] e [[Nisibi]] (più altri 15 castelli), e lasciando di fatto l'[[Armenia]] sotto il controllo dell'Impero persiano, il quale poté insediarvi un sovrano vassallo. Tale scelta fu aspramente criticata dallo storico del tempo [[Ammiano Marcellino]] che definì tale accordo "vergognosissimo" e "ignobile", a cui sarebbe stato preferibile "affrontare dieci battaglie" (''Rerum gestarum libri'', XXV, 7,10).
 
Abrogò i decreti del suo predecessore contrari alla [[chiesa (istituzione)|chiesa]] [[Cristianesimo|cristiana]] (era egli stesso un cristiano), pur mantenendo una politica di tolleranza verso tutte le religioni, attirandosi l'odio e il sospetto dello stesso Ammiano (pagano, noto per l'appoggio dato a Giuliano), che questi definisce un debole, succube del [[Cristianesimo]] e incapace politicamente (a motivo della sua età giovane e della mancanza di esperienza).