Medea (Dolce): differenze tra le versioni

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== Storia ==
Venne ristampata più volte dal Giolito in edizioni singole, ed assieme a tutte le altre tragedie del Dolce nel 1560<ref>''Tragedie di m. Lodouico Dolce. Cioè, Giocasta, Medea, Didone, Ifigenia, Thieste, Hecuba'', Di nuouo ricorrette e ristampate, In Vinegia: appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1560</ref>. Lo stesso anno vennero dati alle stampe anche un volume contenente tutte le [[commedia|commedie]] del Dolce<ref>''Comedie di M. Lodouico Dolce. Cioè, Il ragazzo. Il marito. Il capitano. La Fabritia. Il ruffiano'', In Vinegia: appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1560</ref> e uno con la traduzione di tutte le tragedie di [[Seneca]], compresa ''[[Medea (Seneca)|Medea]]''<ref name = OpusSeneca/>. La ''Medea'' ispirata a Euripide fu ristampata infine dal Farri<ref>''Medea tragedia di M. Lodouico Dolce'', di nuouo ricorretta et ristampata, In Venetia: appresso Domenico Farri, 1566</ref>; venne stampata di nuovo solo nel [[XVIII secolo]]<ref>''La Medea. Tragedia di M. Lodovico Dolce'', In Venezia: appresso Agostino Savioli, 1749</ref><ref>''Tragedie di missier Lodouico Dolce. Cioè Didone, Giocasta, Medea, Iffigenia et Ecuba ora per la prima volta raccolte'', In Venezia: presso Cristoforo Calappo, 1771</ref>.
 
== Edizioni ==
 
Le edizioni a stampa della ''Medea'' sono tre, tutte curate personalmente dall'autore:
 
 
I) 1557: ''La Medea. Tragedia di M. Lodovico Dolce.'' In Vinegia Appresso Gabriel Giolito de' Ferrari. MDLVII (identica ristampa nel 1558)
 
II) 1560: ''Tragedie di m. Lodovico Dolce, cioè Giocasta, Didone, Thieste, Medea, Ifigenia, Hecuba. Di nuovo ricorrette e ristampate.'' In Vinegia appresso Gabriel Giolito De' Ferrari. MDLX
 
III) 1566: ''Tragedie di m. Lodovico Dolce, cioè Giocasta, Didone, Thieste, Medea, Ifigenia, Hecuba, di nuovo ricorrette e ristampate.'' In Venezia, appresso Domenico farri. MDLXVI
 
 
Esistono altre due stampe settecentesche dell'opera, sempre edite a Venezia: la prima presso Agostino Savioli (1749), l'altra presso Cristoforo Calappo (1771).
 
== Critica ==