Il Popolo d'Italia: differenze tra le versioni

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Mussolini fu oggetto di critiche circa le sovvenzioni ed i finanziamenti ricevuti. Venne alla luce un finanziamento di mezzo milione di lire, utilizzato per il primo impianto del giornale. La somma fu procurata a Mussolini da [[Filippo Naldi]], giornalista (direttore del «[[Resto del Carlino]]» di Bologna) con numerosi agganci negli ambienti industriali genovesi e milanesi. Naldi svolse soprattutto un ruolo di mediazione.
 
Nell'Tra la fine di ottobre- e l'inizio di novembre [[1914]] Mussolini si recò con Naldi a [[Ginevra]], dove riuscì ad ottenere dei contratti per la pubblicità e, allo stesso tempo, incontrò uomini politici del fronte alleato. Per la gestione della pubblicità, Naldi ottenne un accordo con la [[concessionaria di pubblicità|concessionaria]] svizzera-tedesca [[Società per la Pubblicità in Italia#Haasenstein & Vogler italiana|Haasenstein & Vogler]]. Successivamente mise in contatto Mussolini con le [[Messaggerie Italiane]], che organizzarono la distribuzione del giornale sul territorio nazionale; inoltre presentò al futuro direttore l'economista ebreo Giuseppe Jona<ref>[https://books.google.it/books?id=ixWeAgAAQBAJ&pg=PA170&lpg=PA170&dq=giuseppe+jona+pubblicit%C3%A0&source=bl&ots=ztggp3YAmh&sig=XIm_pedXC3pbQvncZAIaSeWRLHc&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjCncb-9_HaAhXFUhQKHbszCgIQ6AEIVDAK#v=onepage&q=giuseppe%20jona%20pubblicit%C3%A0&f=false Editori a Milano (1900-1945)]</ref>, che aveva in animo di fondare una sua agenzia di pubblicità («Agenzia Italiana Pubblicità»). La Haasenstein & Vogler “subappaltò” la gestione della pubblicità all'agenzia di Giuseppe Jona<ref>Paolo Campioli, ''Filippo Naldi. Storia di un fidentino sconosciuto'', 2012, capitolo 3 , p. 20.</ref>. L'agenzia versò una somma, ottenendo da Mussolini le dovute garanzie. La carta usata per «Il Popolo d'Italia» proveniva dallo stesso fornitore che riforniva anche il «[[Resto del Carlino]]». Naldi fece assumere due suoi redattori al giornale milanese. Altri contatti furono presi per l'impianto del giornale per quanto riguardava il funzionamento tecnico ed amministrativo.
 
Nel febbraio del [[1915]] l'Associazione dei giornalisti della Lombardia avviò un'indagine sull'accaduto per verificare se Mussolini, tra l'abbandono dell'«Avanti!» e la fondazione del Popolo, avesse tenuto un comportamento moralmente indegno. La commissione rilevò che i contratti stipulati da Mussolini con le Messaggerie e con l'A.I.P. erano regolari. La commissione decise di archiviare l'inchiesta<ref>{{cita web|url=http://www.larchivio.org/xoom/febbraio1915.htm|titolo=Relazione Commissione d'inchiesta |accesso=27/12/2014}}</ref>. In un successivo momento, ovvero tra maggio e giugno del [[1915]], forse grazie all'incontro politico avuto a Ginevra, Mussolini riuscì ad ottenere buone sovvenzioni dal governo francese e dai partiti socialisti di [[Francia]] e [[Belgio]], che intendevano favorire l'interventismo anche presso il mondo del lavoro italiano.<ref>{{cita libro | Antonino | De Francesco | Mito e storiografia della "grande rivoluzione" | 2006 | Guida | pag. 179}}</ref><ref>{{cita libro | Renzo | De Felice | Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920| 1995 | Einaudi | pagg. 302-303}}</ref>
La carta usata per «Il Popolo d'Italia» proveniva dallo stesso fornitore che provvedeva anche per il «[[Resto del Carlino]]». Naldi fece anche assumere due suoi redattori al giornale milanese. Altri contatti furono presi per l'impianto del giornale per quanto riguardava il funzionamento tecnico ed amministrativo.
 
Quando ormai la vita del giornale viaggiava su binari sicuri, emerse una situazione che imbarazzò notevolmente Mussolini e Naldi. L'«Agenzia Italiana di Pubblicità» di Jona era stata tenuta all'oscuro dell'esistenza di contributi esteri notevolmente superiori a quelli raccolti sul territorio nazionale<ref>Paolo Campioli, ''Filippo Naldi, cit.'', capitolo 3, p. 34.</ref>. Quando si accorse di essere stato raggirato, fece causa a Naldi e a Mussolini<ref>Ma i tempi della giustizia furono lenti. Tre anni dopo Jona, caduto in depressione, si suicidò (22 marzo 1918). Il padre, Giacomo Jona, portò avanta la causa e in pochi mesi si arrivò alla sentenza, con la condanna a Naldi e Mussolini al risarcimento. Cfr. Paolo Campioli, ''Filippo Naldi, cit.'', capitolo 3, p. 71.</ref>. Nel resto del 1915 Naldi si concentrò sulla direzione del [[Resto del Carlino]], mentre Mussolini si arruolò volontario nell'Esercito<ref>Paolo Campioli, ''Filippo Naldi, cit.'', capitolo 3, p. 89.</ref>.
Nel febbraio del [[1915]] l'Associazione dei giornalisti della Lombardia indagò sull'accaduto per verificare se Mussolini, tra l'abbandono dell'Avanti! e la fondazione del Popolo, avesse tenuto un comportamento moralmente indegno. La commissione rilevò che i contratti stipulati da Mussolini con le Messaggerie e con l'A.I.P. erano regolari. La commissione decise di archiviare l'inchiesta<ref>{{cita web|url=http://www.larchivio.org/xoom/febbraio1915.htm|titolo=Relazione Commissione d'inchiesta |accesso=27/12/2014}}</ref>.
 
Le indagini per individuare le fonti di finanziamento del giornale mussoliniano continuarono anche dopo il secondo dopoguerra; le documentazioni ritrovate testimoniano sia la provenienza che i finanziatori. Nel [[1917]] il [[Regno Unito]] finanziò il giornale: Mussolini prese l'impegno, per la somma di 100 sterline a settimana, di boicottare eventuali manifestazioni pacifiste in Italia.<ref>[http://chelseamia.corriere.it/2009/10/le_cento_sterline_che_mussolin.html CORRIERE DELLA SERA.it - Blog - Le cento sterline che Mussolini intascava dalla 'perfida Albione'. Dal blog Chelsea mia di Alessio Altichieri<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> Oggi le documentazioni reperite attestano il versamento di contributi provenienti da industriali italiani interessati all'aumento delle spese militari per il desiderato ingresso in guerra dell'Italia; fra questi spiccano i nomi di [[Carlo Esterle]] ([[Edison]]), Emilio Bruzzone ("Società siderurgica di Savona" e "Società italiana per l'industria dello zucchero indigeno", di cui era membro più importante l'[[Eridania]]), [[Giovanni Agnelli (imprenditore 1866)|Giovanni Agnelli]] ([[Fiat]]), Pio Perrone ([[Ansaldo]]) e [[Emanuele Vittorio Parodi]] ([[Acciaierie di Terni|Acciaierie Odero]])<ref>{{DBI|nome = Carlo Esterle |nomeurl = carlo-esterle_%28Dizionario-Biografico%29|autore = Claudio Pavese|anno = 1993 |volume = XLIII|accesso = 6 marzo 2017|citazione = |cid = }}</ref><ref name=Falabrino121>Gian Luigi Falabrino, ''Pubblicità serva padrona'', Milano, Sole 24 Ore, 1989, pag. 121</ref>..
In un successivo momento, ovvero tra maggio e giugno del [[1915]], forse grazie all'incontro politico avuto a Ginevra, Mussolini riuscì ad ottenere buone sovvenzioni dal governo francese e dai partiti socialisti di [[Francia]] e [[Belgio]], che intendevano favorire l'interventismo anche presso il mondo del lavoro italiano.<ref>{{cita libro | Antonino | De Francesco | Mito e storiografia della "grande rivoluzione" | 2006 | Guida | pag. 179}}</ref><ref>{{cita libro | Renzo | De Felice | Mussolini il rivoluzionario: 1883-1920| 1995 | Einaudi | pagg. 302-303}}</ref>
 
Quando ormai la vita del giornale viaggiava su binari sicuri, emerse una situazione che imbarazzò notevolmente Mussolini e Naldi. L'«Agenzia Italiana di Pubblicità» di Jona era stata tenuta all'oscuro dell'esistenza di contributi esteri notevolmente superiori a quelli raccolti sul territorio nazionale<ref>Paolo Campioli, ''Filippo Naldi, cit.'', capitolo 3, p. 34.</ref>. Quando si accorse di essere stato raggirato, fece causa a Naldi e a Mussolini<ref>Ma i tempi della giustizia furono lenti. Tre anni dopo Jona, caduto in depressione, si suicidò (1918). Il padre, Giacomo Jona, portò avanta la causa e in pochi mesi si arrivò alla sentenza, con la condanna a Naldi e Mussolini al risarcimento. Cfr. Paolo Campioli, ''Filippo Naldi, cit.'', capitolo 3, p. 71.</ref>. Nel resto del 1915 Naldi si concentrò sulla direzione del [[Resto del Carlino]], mentre Mussolini si arruolò volontario nell'Esercito<ref>Paolo Campioli, ''Filippo Naldi, cit.'', capitolo 3, p. 89.</ref>.
 
Le indagini per individuare le fonti di finanziamento del giornale mussoliniano continuarono anche dopo il secondo dopoguerra; le documentazioni ritrovate testimoniano sia la provenienza che i finanziatori. Nel [[1917]] il [[Regno Unito]] finanziò il giornale: Mussolini prese l'impegno, per la somma di 100 sterline a settimana, di boicottare eventuali manifestazioni pacifiste in Italia.<ref>[http://chelseamia.corriere.it/2009/10/le_cento_sterline_che_mussolin.html CORRIERE DELLA SERA.it - Blog - Le cento sterline che Mussolini intascava dalla 'perfida Albione'. Dal blog Chelsea mia di Alessio Altichieri<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> Oggi le documentazioni reperite attestano il versamento di contributi provenienti da industriali italiani interessati all'aumento delle spese militari per il desiderato ingresso in guerra dell'Italia; fra questi spiccano i nomi di [[Carlo Esterle]] ([[Edison]]), Emilio Bruzzone (Società siderurgica di Savona e Società italiana per l'industria dello zucchero indigeno di cui era membro più importante l'[[Eridania]]), [[Giovanni Agnelli (imprenditore 1866)|Giovanni Agnelli]] ([[Fiat]]), Pio Perrone ([[Ansaldo]]) e [[Emanuele Vittorio Parodi]] ([[Acciaierie di Terni|Acciaierie Odero]])<ref>{{DBI|nome = Carlo Esterle |nomeurl = carlo-esterle_%28Dizionario-Biografico%29|autore = Claudio Pavese|anno = 1993 |volume = XLIII|accesso = 6 marzo 2017|citazione = |cid = }}</ref><ref name=Falabrino121>Gian Luigi Falabrino, ''Pubblicità serva padrona'', Milano, Sole 24 Ore, 1989, pag. 121</ref>..
 
==== Collaboratori e sostenitori (1914-1915) ====