Pastorizia: differenze tra le versioni

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== Descrizione ==
[[File:Pastorizia - panoramio.jpg|thumb|[[Pastorizia|Gregge]] al [[pascolo]]]]
La pastorizia si contraddistingue dall'allevamento classico in [[stalla|stalle]] o recinti perché gli animali [[bestiame]] si nutrono lasciati liberi in un ambiente naturale ovvero sono al [[pascolo]] allo stato brado anziché nutriti con risorse dell'allevatore. Vi è una forte [[simbiosi mutualistica|simbiosi]] che si instaura tra gli [[animali]] e il [[pastore]], che si occupa di loro ''a tempo pieno'', non limitandosi ad accompagnarli al pascolo, ma fornendo loro protezione dai [[predatore|predatori]] (anche con il tradizionale ausilio di [[cane da pastore|cani]]), cure sanitarie, assistenza durante il parto ecc.
Un'altra peculiarità di questo tipo di allevamento è che la persona che si occupa degli animali è generalmente la stessa che provvede alla trasformazione dei prodotti (dalla tosatura della [[lana]] alla produzione di [[latticini|derivati del latte]]). Gli uomini della [[preistoria]] usavano fortemente la pastorizia perché erano fondamentalmente [[nomade|nomadi]].
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Una tradizione antichissima postula l'assoluta contrapposizione, quindi l'inevitabile conflittualità tra popolazioni pastorali e popolazioni agricole, le prime per necessità nomadi, le seconde inevitabilmente stanziali. Nel tempo si creò tra le due tipologie di popolazione una relazione quasi simbiotica, non solo di razzia, ma anche di scambi commerciali con il mondo agricolo ed urbano. Alcuni stati hanno cercato in tutti i modi di reprimere le popolazioni nomadi di pastori e queste hanno molto spesso dovuto elaborare delle strategie per sopravvivere. La conflittualità è attestata da cento vicende storiche, la più significativa, indubbiamente, la decisione di [[Gengis Khan]], indotto dal consenso dei propri generali a distruggere, in tutta la [[Cina]] appena conquistata, argini e canali che alimentavano le risaie, per fare del Celeste Impero un solo pascolo per i cavalli, una decisione da cui il conquistatore sarebbe stato dissuaso da uno dei consiglieri, Yelu Ch'u-ts'ai, che avrebbe salvato la civiltà cinese allettando l'avidità del selvaggio capo dei mongoli dimostrandogli l'entità dei tributi che i cinesi, lasciati alle loro risaie, avrebbero potuto pagare al nuovo padrone.
 
All'alba della letteratura agraria [[Lucio Giunio Moderato Columella|Lucio Columella]] proclama la necessità di superare la conflittualità e propugna la cooperazione di [[agricoltura]] e allevamento che, uniti, moltiplicano le produzioni di entrambi, costituendo il [[letame]] degli animali allevati, e il lavoro dei [[buoi]], condizioni di floridezza agricola, e offrendo, a sua volta, campi fecondi, abbondanza di fieno per alimentare convenientemente gli animali durante l'intero corso dell'anno <ref name = "Columella"> Antonio Saltini, '' Storia delle scienze agrarie'', vol. I, 1984, pagg.101-118 </ref>
[[File:Sheep eating grass edit02.jpg|thumb|Pastorizia in [[Australia]]]]
 
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[[File:Maremma-Abruzzese.jpg|thumb|left|[[Cane da pastore]] maremmano-abruzzese]]
 
Quanti animali erano coinvolti nella migrazione tra ciascuna delle coppie di poli che costituivano le mete del pendolare annuale? Gli storici hanno proposto una pluralità di dati. Per un'area chiave della pastorizia italiana, la [[Romagna]] anticamente appartenente al [[Granducato di Toscana]], le cui pecore migravano, per l'inverno, nella [[Maremma grossetana]], ha proposto una serie di valutazioni Antonio Saltini, che sulla base del rapporto medio nazionale tra animali migranti e stanziali suppone che nella [[Romagna]] granducale a metà dell'[[Ottocento]] si dovessero attribuire 35.000 capi alle greggi migranti, 105.000 a quelle stanziali. Considerando, peraltro, che la Romagna presentava caratteri che non rispecchiavano la media delle condizioni nazionali, e supponendo che, per l'entità del [[Pastorizia|gregge]] allevato in ogni podere romagnolo di collina, i poderi il cui gregge fosse più consistente dovessero affidare, in autunno, parte degli animali a “fida” ad un pastore migrante, ha proposto di elevare il numero degli animali transumanti a 50.000. Se, peraltro, le femmine del gregge romagnolo complessivo fossero, come pare verosimile, 100.000, reputandone maggiore la percentuale nelle greggi migranti, costituendo i “castrati” piuttosto produzione poderale, ha proposto di ripartire il totale tra 60.000 pecore stanziali, 40.000 migranti. <ref name="Romagna"> Antonio Saltini,'' Fiere e mercati nel pendolo della transumanza,'' in Romagna arte e storia, n.60, 2000 </ref>
 
=== La transumanza ===