Giovanna d'Arco: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Annullata la modifica 98095058 di 87.14.35.236 (discussione) lessico
Etichetta: Annulla
Riga 77:
 
== Infanzia e giovinezza ==
[[File:JoanOfArcLarge.jpeg|thumb|left|''Jeanne d'Arc'', [[Jules Bastien-Lepage]], olio su tela, 1879, [[Metropolitan Museum of Art]], [[New York]]. ]]
 
Giovanna nacque a [[Domrémy-la-Pucelle|Domrémy]]<ref group="N">Oggi "Domrémy-la-Pucelle"</ref> da Jacques d'Arc<ref group="N">Per quanto riguarda il cognome, "Darc", occorre notare che in quell'epoca (inizio XV secolo) non era utilizzato l'apostrofo e pertanto lo stesso è stato traslitterato in "d'Arc". Inoltre, il cognome appare per la prima volta in un documento scritto dopo la morte della stessa Pulzella, con l'apertura del ''Processo in nullità'' a firma del Pontefice Callisto III nell'anno 1455 Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 261–263}}</ref> e Isabelle Romée<ref group="N">Nei testi dell'epoca la madre di Giovanna viene indicata come "Isabelle Romée" evidentemente a motivo di un pellegrinaggio ch'ella avrebbe compiuto; erano infatti detti ''romei'' i pellegrini che si recavano a Roma. Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 55, 261}}</ref>, in una famiglia di contadini della [[Lorena (regione francese)|Lorena]], ma appartenente alla parrocchia di [[Greux]]<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 16 (Prima udienza pubblica, mercoledì 21 febbraio 1431, nella cappella del castello di Rouen)}}.</ref> e alla castellania di [[Vaucouleurs]], soggetta alla sovranità francese<ref group="N">Vaucouleurs era stata unita inseparabilmente alla corona nel 1365. Cfr. {{Cita|Michelet, 2000|p. 9}}</ref>. Secondo le testimonianze del tempo<ref group="N">Le testimonianze dei compaesani furono raccolte durante il ''Processo in nullità della sentenza di condanna'', detto più comunemente "Processo di Riabilitazione", conclusosi nel 1456. Furono escussi centoquindici testimoni, tra cui molti coetanei di Giovanna e altre persone del suo paese natale. Cfr. [http://www.stejeannedarc.net/rehabilitation/plan.php Procès en nullité de la condamnation]</ref>, era una ragazzina molto devota e caritatevole; nonostante la giovane età visitava e confortava i malati e non era insolito che offrisse il proprio giaciglio ai senzatetto per dormire lei stessa per terra, sotto la copertura del camino<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 203–205}}.</ref>.
 
All'età di tredici anni<ref>{{lingue|fr|la}} {{cita web|url=http://www.stejeannedarc.net/condamnation/interro_prive2.php|titolo=Procès de condamnation - procès d'office - Deuxième interrogatoire privé - 12 mars 1431|accesso=15 gennaio 2015}} "Item dicit quod, prima vice qua audivit vocem suam, ipsa vovit servare virginitatem suam, tamdiu quamdiu placuit Deo; et erat in ætate XIII annorum, vel circiter."</ref> incominciòiniziò a udire "voci celestiali" spesso accompagnate da un bagliore e da visioni dell'[[arcangelo Michele]], di [[Caterina d'Alessandria|santa Caterina]] e di [[Margherita di Antiochia|santa Margherita]]<ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 38, 39}}.</ref>, come sosterrà in seguito. La prima volta che queste "voci" le si palesarono, secondo il suo stesso racconto, reso durante il processo per [[eresia]] subíto a [[Rouen]] nel 1431, Giovanna si trovava nel giardino della casa paterna; era il mezzodì di un giorno d'estate<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 20 (Seconda udienza pubblica, giovedì 22 febbraio 1431, in fondo alla sala grande del castello di Rouen)}}.</ref>: sebbene sorpresa e impaurita da quell'esperienza, Giovanna decise di consacrarsi interamente a [[Dio]] facendo [[voto di castità]]<ref group="N">Altri traducono il termine "castità" con "[[verginità]]", sulla base sia delle differenti fonti che ci sono pervenute (alcune in latino, altre nel francese del XV secolo), sia della contestualizzazione delle espressioni nel momento della traduzione. Cfr. {{Cita|Pernoud, 1998|pp. 16, 17}}</ref> «per tutto il tempo che a Dio fosse piaciuto»<ref name="Cremisi 80, 81" /><ref>{{Cita|Pernoud, 1998|pp. 16–20}}.</ref>.
 
Nell'estate del 1428, a causa della [[guerra dei cent'anni]] che opponeva il [[regno di Francia]] al [[regno d'Inghilterra]] e alla [[Ducato di Borgogna|Borgogna]], la sua famiglia fuggì dalla valle della [[Mosa (fiume)|Mosa]] verso [[Neufchâteau (Francia)|Neufchâteau]], per sottrarsi alle devastazioni provocate dalle truppe di [[Antoine de Vergy]], capitano borgognone<ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 39}}.</ref><ref>{{Cita|Bogliolo, 2000|pp. 52, 53}}.</ref>. Era da poco incominciatoiniziato l'anno 1429 quando gli inglesi erano ormai prossimi a occupare completamente [[Orléans]], cinta d'[[assedio]] sin dall'ottobre del 1428<ref>{{Cita|Pernoud, 1969|pp. 78–83, 297}}.</ref>: la città, sul lato settentrionale della [[Loira]], aveva, per la posizione geografica e il ruolo economico, un valore strategico quale via d'accesso a tutte le regioni meridionali; per Giovanna, che sarebbe diventata una figura emblematica della storia di Francia, fu quello il momento - sollecitata dalle "voci" che diceva di sentire - per correre in aiuto di [[Carlo VII di Francia|Carlo]], [[Delfino (onorificenza)|Delfino]] di [[Francia]] e futuro re, estromesso dalla successione al trono a beneficio della dinastia inglese nella guerra che sosteneva contro gli inglesi e i loro alleati borgognoni<ref>{{Cita|Cardini, 1999|pp. 42–45}}.</ref><ref>{{Cita|Bogliolo, 2000|pp. 19–23}}.</ref><ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 21, 22 (Seconda udienza pubblica, giovedì 22 febbraio 1431, in fondo alla sala grande del castello di Rouen)}}.</ref>.
 
Come Giovanna stessa dichiarerà sotto interrogatorio<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 21, 22, 81, 82}}.</ref>, in un primo tempo mantenne il più stretto riserbo su queste apparizioni sovrannaturali, che all'inizio le parlavano della sua vita privata e che solo successivamente l'avrebbero spinta a lasciare la propria casa per guidare l'esercito francese. Tuttavia, i suoi genitori dovettero intuire qualcosa del cambiamento che stava avvenendo nella ragazza, forse anche allertati da qualche confidenza che Giovanna stessa si era lasciata sfuggire, come avrebbe ricordato, molti anni dopo, un suo amico di Domrémy<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 207}}.</ref>, e avevano deciso di darla in sposa a un giovane di [[Toul]]. Giovanna rifiutò la proposta di matrimonio e il suo fidanzato la citò in giudizio dinanzi al tribunale episcopale; ascoltate entrambe le parti, il tribunale diede ragione a Giovanna, dal momento che il fidanzamento era avvenuto senza il suo assenso<ref name="Cremisi 80, 81">{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 80, 81 (Secondo interrogatorio complementare, lunedì 12 marzo 1431, nella prigione di Giovanna)}}.</ref><ref>{{Cita|Pernoud, 1998|pp. 19, 20}}.</ref>.
Riga 93:
 
=== L'incontro con il Delfino ===
[[File:Portrait jeanne d'arc.jpg|thumb|left|upright=0.7|Ritratto [[Agiografia|agiografico]] di Giovanna d'Arco.]]
 
Senza neppure avvisare i suoi genitori<ref name="Cremisi 81">{{Cita|Cremisi, 2000|p. 81 (Secondo interrogatorio complementare, lunedì 12 marzo, nella prigione di Giovanna)}}.</ref>, Giovanna partì da Vaucouleurs il 22 febbraio [[1429]], diretta a Chinon, accompagnata da un manipolo guidato da un corriere reale, Colet de Vienne, e composto da Jean de Metz e [[Bertrand de Poulengy]], uomini di fiducia di Robert de Baudricourt, seguiti ciascuno da un proprio servitore, e da Richard Larcher, anch'egli soldato al servizio del capitano di Vaucouleurs. Il piccolo drappello percorse una non facile via fra territori contesi, giungendo al [[castello di Chinon]] all'inizio del mese di marzo. Il fatto di essere scortata dagli uomini di un capitano fedele al Delfino probabilmente giocò non poco a favore dell'incontro con quest'ultimo<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 36–39}}.</ref>.
Riga 101:
Appresi i resoconti degli ecclesiastici, la inviò quindi a [[Poitiers]]<ref>{{cita web|lingua=fr|url=http://www.stejeannedarc.net/rehabilitation/dep_duc_alencon.php|titolo=Déposition du Duc D'Alençon - Procès de Réhabilitation|accesso=2 novembre 2011}}</ref>. Qui Giovanna subì un secondo esame, più approfondito, protrattosi per circa tre settimane: fu interrogata da un gruppo di [[teologia|teologi]]<ref>{{Cita|Duby, 2001|p. 449}}.</ref> in parte provenienti dalla giovane [[Università di Poitiers]]<ref group="N">Nonostante l'Università di Poitiers risulti fondata effettivamente nel 1431, riportiamo qui la notizia di una sua prima nascita datata al 1422 con bolla del pontefice Martino V (cfr. {{Cita|Cardini, 1999|p. 48}}) - coerentemente sia con la [http://www.stejeannedarc.net/rehabilitation/dep_jean_pasquerel.php Deposizione di Jean Pasquerel al Processo in nullità] sia con quanto riportato nella [http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xv/bulls/documents/hf_ben-xv_bulls_19200516_divina-disponente_it.html Bolla di canonizzazione di Giovanna d'Arco a firma del Pontefice Benedetto XV]</ref>, nata nel 1422, oltre che dal cancelliere di Francia, e [[Arcidiocesi di Reims|arcivescovo di Reims]], Regnault de Chartres<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 46–51}}.</ref>. Solo quando la giovane ebbe superato questa prova Carlo, convintosi, decise di affidarle un intendente, Jean d'Aulon, nonché l'incarico di "accompagnare" una spedizione militare - pur non ricoprendo alcun incarico ufficiale - in soccorso di [[Orléans]] assediata e difesa da [[Jean de Dunois|Jean, Bastardo d'Orléans]], mettendo così nelle sue mani, di fatto, le sorti della Francia<ref>{{Cita|Cardini, 1999|pp. 49–52}}.</ref>.
 
Giovanna incominciòiniziò pertanto la riforma dell'armata trascinando con il suo esempio le truppe francesi e imponendo uno stile di vita rigoroso e quasi monastico: fece allontanare le prostitute che seguivano l'esercito, bandì ogni violenza o saccheggio, vietò che i soldati [[bestemmia]]ssero; impose loro di [[Penitenza (sacramento)|confessarsi]] e fece riunire intorno al suo stendardo l'esercito in preghiera due volte al giorno, al richiamo del suo confessore, Jean Pasquerel. Il primo effetto fu quello di instaurare un rapporto di reciproca fiducia tra la popolazione civile e i suoi difensori i quali, invece, avevano l'inveterata abitudine di tramutarsi da soldati in [[Brigante|briganti]] quando non erano impegnati in azioni di guerra<ref>{{Cita|Duby, 2001|p. 459}}.</ref><ref>{{Cita|Bogliolo, 2000|pp. 96–99}}.</ref>. Soldati e capitani, contagiati dal carisma della giovane, sostenuti dalla popolazione di Orléans, si prepararono alla riscossa<ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 33–35}}.</ref>.
 
=== L'assedio d'Orléans ===
{{vedi anche|Assedio di Orléans|Battaglia delle aringhe}}
[[File:Lenepveu, Jeanne d'Arc au siège d'Orléans.jpg|miniatura|sinistra|upright=0.7|Giovanna all'assedio di Orléans, quadro di [[Jules Eugène Lenepveu]] (1886-1890), esposto al [[Pantheon (Parigi)|Panthéon de Paris]]. ]]
 
Sebbene non le fosse stata affidata formalmente alcuna carica militare, Giovanna divenne ben presto una figura centrale nelle armate francesi: vestita da soldato, impugnando [[spada]] e un bianco stendardo con raffigurato Dio benedicente il [[Giglio (araldica)|fiordaliso francese]] e ai lati gli arcangeli [[arcangelo Michele|Michele]] e [[Arcangelo Gabriele|Gabriele]], ormai comunemente conosciuta da tutti come ''Jeanne la Pucelle'' ossia ''Giovanna la Pulzella'' (così come le "voci" l'avevano chiamata<ref name="Cremisi 82">{{Cita|Cremisi, 2000|p. 82 (Secondo interrogatorio complementare, lunedì 12 marzo, nella prigione di Giovanna)}}.</ref>) raccolse un gran numero di volontari da tutto il regno e guidò le truppe infervorate in battaglia contro gli inglesi. Questi, il 12 ottobre 1428, erano arrivati a porre l'assedio a Orléans, chiave di volta della [[valle della Loira]], nella Francia centrale. Se la città fosse caduta, l'intera Loira meridionale sarebbe stata presa; la stessa Chinon, sede della corte di Carlo, non era molto lontana.
Riga 111:
Orléans era accerchiata dagli inglesi, che avevano conquistato, costruito o fortificato undici avamposti intorno alla città, dai quali tenevano l'assedio: le Tourelles (all'estremità meridionale del ponte sulla [[Loira]]), la bastia<ref group="N">La bastia era un avamposto fortificato a carattere provvisorio o semipermanente, spesso in legno, utilizzato nella Guerra dei Cent'Anni. Cfr. {{cita web|url=http://www.istitutoitalianocastelli.it/risorse/supporti-scientifici/11-supporti-scientifici.html|titolo=Glossario dei termini relativi all'architettura fortificata|accesso=17 giugno 2018}} e anche {{cita web|url=https://www.etimo.it/?cmd=id&id=2015&md=8e37851150ef7c790f70984b39600033|titolo=Etimologia: bastia, bastita|accesso=17 giugno 2018}}</ref> di Champ Saint-Privé, le fortificazioni degli Augustins, di Saint-Jean-le-Blanc (sulla riva meridionale della Loira), le bastie di Saint-Laurent, della Croix-Boissée, di Saint-Loup, le tre dette "Londre", "Rouen" e "Paris" (sulla riva settentrionale della Loira), e infine la bastia di Charlemagne (sull'isola omonima).
 
In tal modo, le comunicazioni fluviali erano bloccate a valle della città da tre bastie (Saint-Laurent e Champ Saint-Privé, posizionate pressoché di fronte sulle opposte rive della Loira, all'altezza dell'isola di Charlemagne, dove la terza impediva un altrimenti facile attraversamento del fiume); inoltre, l'edificazione, nel marzo del 1429, della bastia di Saint-Loup aad est della città, sull'argine destro, in modo da controllare la via romana verso [[Autun]], preannunciava la volontà di impedire ogni navigazione sulla Loira anche a monte<ref>{{Cita|Pernoud, 1969|pp. 86–94}}.</ref>.
 
Il lato settentrionale del ponte sulla Loira terminava nella fortezza dello Châtelet, ancora in mano francese<ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 53}}</ref>, e culminava al centro nell'isola fortificata detta "Belle-Croix", dalla quale i difensori erano a portata di tiro e di voce del nemico, asserragliato nelle Tourelles. Ogni tentativo di infrangere la morsa che si stringeva sempre più intorno alla città era fallito. Il 12 febbraio 1429, dopo quattro mesi di assedio, il Bastardo d'Orléans aveva tentato una sortita che si era risolta nella disfatta della [[battaglia delle aringhe]]; peggio ancora, il 18 dello stesso mese, il conte di Clermont abbandonò Orléans insieme con lealle sue truppe, e così altri capitani.
 
Difesa da una guarnigione sempre più esile, stremata dalla carenza di vettovaglie, la popolazione convinse il Bastardo a lasciare che una delegazione guidata da [[Jean Poton de Xaintrailles]] raggiungesse il duca di Borgogna, [[Filippo III di Borgogna|Filippo il Buono]], per chiedere la fine delle ostilità, anche se questo avrebbe significato il passaggio della città alla Borgogna senza colpo ferire. Il duca, interessato all'offerta, la sottopose agli alleati inglesi, che la respinsero: Orléans era evidentemente troppo importante perché potessero delegarne il controllo ai borgognoni. Il 17 aprile la delegazione guidata da Xaintrailles fu di ritorno. L'unico effetto, peraltro marginale, fu che i soldati borgognoni vennero richiamati, misura più che altro simbolica dal momento che la quasi totalità delle truppe assedianti era inglese. La situazione della città restava critica<ref>{{Cita|Pernoud, 1969|pp. 99–106}}.</ref>.
Riga 139:
Il giorno dopo, 5 maggio, festività dell'[[Ascensione]], Giovanna volle fare un'ultima intimazione agli inglesi, affinché abbandonassero l'assedio, se non volevano subire una disfatta di cui si sarebbe serbata memoria nei secoli. Tuttavia, poiché gli assedianti trattenevano, contro il diritto di guerra, uno dei suoi araldi, incaricò un arciere di avvolgere la lettera intorno a una freccia e di scoccarla nel campo inglese, accompagnando il lancio con il grido: «Leggete! Sono notizie!». Quando i soldati ebbero letto la missiva, però, risposero soltanto: «Sono notizie della puttana degli Armagnacs!». Più tardi, il Bastardo d'Orléans, i capitani e Giovanna tennero un consiglio di guerra per decidere le mosse successive<ref>{{Cita|Pernoud, 1969|pp. 131, 132}}.</ref>.
 
Non tutti, del resto, accettavano di buon grado di prendere ordini dalla Pulzella, né amavano il suo tono franco; il sire di Gamaches aveva fatto platealmente atto di rendere la spada al Bastardo<ref>{{Cita|Garnier, 1999|p. 168}}.</ref> che, gentilmente ma con fermezza, lo aveva convinto a desistere dai suoi propositi e a scusarsi con lei<ref>{{Cita|Caffin de Merouville, 2003|p. 194}}.</ref>. Il 6 maggio l'esercito uscì dalle mura dalla porta di Borgogna, essendo ormai il lato orientale sufficientemente sicuro dopo la presa di Saint-Loup; attraversò con un ponte di barche la Loira, appoggiandosi all'Isola di Toiles, fino a raggiungere la riva meridionale. Qui trovò la fortificazione di Saint-Jean-le-Blanc abbandonata; gli inglesi si erano radunati in quella degli Augustins da cui godevano di una posizione favorevole. I francesi incominciaronoiniziarono a ritirarsi ma, quando Giovanna e La Hire videro i nemici uscire dalle loro postazioni e colpire i soldati, si volsero e contrattaccarono.; in breve tutta l'armata li seguì: gli inglesi furono travolti e quelli che poterono si rifugiarono nelle Tourelles, all'estremità del ponte<ref>{{Cita|Pernoud, 1969|pp. 132–134, 297}}.</ref>.
 
In questa battaglia Giovanna rimediò la sua prima ferita, causata da un ''chausse-trape'', un ferro a molte punte di cui il terreno dello scontro era stato disseminato<ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 55}}.</ref>. La sera l'esercito si accampò in vista delle Tourelles e i cittadini di Orléans per tutta la notte lo rifornirono di viveri<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|pp. 39, 40}}.</ref>. L'indomani, 7 maggio, all'alba, Giovanna ascoltò la messa come suo solito, quindi si armò e guidò l'esercito alla riconquista del ponte e delle Tourelles. L'assalto fu violento, i francesi colpirono i baluardi con l'artiglieria e tentarono di scalarli. Nella mischia, cercando di appoggiare una scala al muro, Giovanna fu trafitta da una freccia<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 46}}</ref><ref>{{Cita|Cousinot, 1992|p. 106}}.</ref>. La ferita, profonda, dolorosa, tra il collo e la scapola<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 188, dalla deposizione di Dunois, il Bastardo d'Orléans, agli atti dell'inchiesta per il processo di riabilitazione}}.</ref>, costrinse gli uomini a trascinarla via dalla battaglia.
Riga 153:
Dopo soli due o tre giorni dalla liberazione di Orléans, Giovanna e il Bastardo si misero in viaggio per incontrare il Delfino a [[Tours]]<ref>{{Cita|Cousinot, 1992|p. 298}}.</ref>, seguendo l'armata reale sino a [[Loches]]; in effetti, sebbene l'entusiasmo popolare si fosse acceso in un solo istante, così come l'interesse dei governanti incluso l'imperatore [[Sigismondo di Lussemburgo|Sigismondo]], il rischio che si spegnesse con uguale facilità, lasciando solo il ricordo delle gesta alle poesie di [[Christine de Pizan]] o di Alain Chartier<ref>{{Cita|Bogliolo, 2000|pp. 126, 127}}.</ref>, era reale<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 74}}.</ref>. La corte era divisa e molti nobili tentati di trarre profitti personali dall'inaspettata vittoria, temporeggiando o suggerendo obiettivi bellici d'interesse strategico secondario rispetto al cammino che Giovanna aveva tracciato, lungo la [[valle della Loira]] sino a [[Reims]]. Il Bastardo d'Orléans, forte della propria esperienza militare, dovette esercitare tutta la sua influenza sul Delfino prima che questi si decidesse, infine, a organizzare una spedizione su Reims<ref>{{Cita|Garnier, 1999|pp. 173–175}}.</ref>.
 
[[File:Paris 75001 Place des Pyramides Jeanne d'Arc equestre by Frémiet S1.jpg|thumb|left|Statua equestre di Giovanna d'Arco, opera di [[Emmanuel Fremiet]], 1874, Parigi, place des Pyramides.]]
 
Il comando dell'armata reale, nuovamente radunata nei pressi di Orléans, fu affidato il 9 giugno 1429<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 342 - Cronologia}}.</ref> al duca [[Giovanni II d'Alençon]], principe di sangue, subito raggiunto dalle compagnie del Bastardo d'Orléans e di Florent d'Illiers di Châteaudun. L'esercito, forte di 1200 [[Lancia (unità militare)|lance]], ossia quasi 4000 uomini, raggiunse [[Jargeau]] l'11 dello stesso mese; qui fu nuovamente Giovanna a risolvere un consiglio di guerra con irruenza, esortando ad attaccare senza esitazioni. Al loro arrivo i francesi erano intenzionati ad accamparsi nei sobborghi della città ma furono quasi travolti da un'offensiva inglese; Giovanna guidò al contrattacco la propria compagnia e l'esercito poté acquartierarsi<ref>{{Cita|Pernoud, 1969|p. 149}}.</ref>.
Riga 173:
Il 18 giugno 1429 un cervo attraversò il campo inglese, accampato presso [[Patay]], e i soldati, lanciato un alto grido, si misero al suo inseguimento; gli esploratori francesi, che si trovavano a poca distanza, poterono quindi indicare con rapidità e precisione la posizione del nemico ai capitani, che non si lasciarono sfuggire l'occasione. L'avanguardia dell'esercito, cui si unirono anche le compagnie di La Hire e della stessa Giovanna, attaccò improvvisamente il campo<ref>{{Cita|Garnier, 1999|p. 178}}.</ref>, prima che gli inglesi avessero modo di erigere la consueta barriera di tronchi appuntiti dinanzi a loro, che solitamente impediva alla [[cavalleria]] di travolgerli e dava modo agli arcieri di compiere stragi tra le file del nemico<ref>{{Cita|Bogliolo, 2000|p. 144}}.</ref>. Senza questa protezione, in campo aperto, l'avanguardia inglese fu schiacciata dalla [[cavalleria pesante]] francese<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 51}}.</ref>.
 
Dopo questo primo caso fortuito, un'incredibile catena di errori, malintesi e tattiche errate lasciò inoltre l'esercito inglese nella più totale confusione. Dapprima alcuni contingenti tentarono di ricongiungersi in tutta fretta al [[corpo d'armata]] principale, guidato dal conte Talbot; ma questo fece credere al capitano dell'avanguardia che fossero stati sconfitti, al che egli stesso, accompagnato dal portastendardo, si diede aad una fuga disordinata, cui presto si unirono le altre compagnie poste a difesa del corpo d'armata principale, lasciando il grosso dell'esercito esposto agli attacchi francesi senza più alcuna protezione.
 
Sopraggiungendo, sir John Fastolf si avvide del pericolo e prese la decisione di ritirarsi, anziché soccorrere Talbot, mettendo in salvo almeno il proprio corpo d'armata<ref name="Pernoud 154, 155">{{Cita|Pernoud, 1969|pp. 154, 155}}.</ref>. Per gli inglesi si trattò di una sconfitta completa quanto del tutto inattesa; in quella che sarebbe stata ricordata come la battaglia di Patay lasciarono sul campo oltre 2.000 uomini, mentre da parte francese si contarono solo tre morti e alcuni feriti<ref name="Pernoud-Clin 85">{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 85}}.</ref>. Gli echi della battaglia giunsero sino a [[Parigi]], nella convinzione che ormai un attacco sulla città fosse imminente; in campo avverso la fama di Giovanna la Pulzella crebbe enormemente, almeno quanto la sua importanza nelle file francesi<ref name="Pernoud-Clin 85" />.
Riga 186:
Infine, le insistenze della Pulzella, impaziente e dominata dal pensiero ricorrente della Consacrazione, affinché l'esercito marciasse risolutamente su Reims, furono accolte. Il 29 giugno 1429, presso [[Gien]], l'esercito "della Consacrazione", comandato almeno nominalmente dal Delfino in persona, si mise in marcia in pieno territorio borgognone<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 85, 86}}.</ref>. Lungo il tragitto, la prima città in mano nemica che l'armata reale incontrò fu [[Auxerre]] che, all'intimazione di arrendersi, rispose, per voce dei borghesi, che avrebbe concesso la propria obbedienza solo se [[Troyes]], [[Châlons-en-Champagne|Châlons]] e la stessa Reims lo avessero fatto; il consiglio di guerra decise di accettare.
 
Preceduto da una lettera di Giovanna, l'esercito giunse quindi dinanzi a Troyes, il luogo stesso in cui il Delfino era stato estromesso dalla successione al trono. La nutrita guarnigione di inglesi e borgognoni di Troyes rifiutò di arrendersi e si dispose alla battaglia; per di più, viveri e rifornimenti incominciavanoiniziavano a scarseggiare in campo francese. Il consiglio dei capitani di guerra, riunitosi dinanzi al Delfino, sembrò propenso a interrompere la spedizione o, al limite, a raggiungere Reims lasciandosi alle spalle Troyes ancora in mano anglo-borgognona. Giovanna, al limite della pazienza, osò bussare alle porte del consiglio, venendo ricevuta con scetticismo; dinanzi alle difficoltà che le furono prospettate, obiettò che la città sarebbe stata senz'alcun dubbio presa e, quando chiese che le venissero concessi solo due o tre giorni, le furono accordati. Senza porre tempo in mezzo, la Pulzella fece schierare l'esercito in assetto da battaglia e, minacciosamente, l'artiglieria che faticosamente avanzò sino a portarsi a tiro delle mura, agitando il proprio stendardo nel vento<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 86, 87}}.</ref>.
 
I cittadini furono presi dal panico, così come la guarnigione. Lo spiegamento di forze che Giovanna stava preparando era impressionante. In breve, vennero inviati messaggeri al campo francese: Troyes si arrese e riconobbe Carlo come proprio sovrano. Le truppe inglesi e borgognone ottennero di poter lasciare la città con quanto avevano e anche coi loro prigionieri, ma Giovanna si oppose: chiese che fossero liberati e Carlo pagò il loro riscatto<ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 53, 54}}.</ref>. Il 10 luglio Giovanna la Pulzella entrò a Troyes con la propria compagnia e, di lì a poche ore, Carlo fece il suo ingresso trionfale nella città: senza colpo ferire, l'ostacolo più grande che si frapponeva tra l'esercito e Reims era caduto.
 
L'esercito "della Consacrazione", sempre sotto l'impulso della Pulzella, riprese velocemente la strada per Reims. Si diresse dapprima verso Châlons, ove gli venne incontro il vescovo della città accompagnato da una delegazione di cittadini che fece atto di piena obbedienza a Carlo, il 14 luglio; quindi, verso [[Sept-Saulx]], ove gli abitanti avevano costretto la guarnigione anglo-borgognona ad abbandonare la città<ref>{{Cita|Cousinot, 1992|p. 132–135}}.</ref>. Lungo la via, Giovanna ebbe la gioia d'incontrare alcuni abitanti del suo paese natale, Domrémy, che avevano affrontato un difficile viaggio per presenziare alla solenne consacrazione del re, così come una moltitudine di persone dalle più diverse parti di Francia, e di riabbracciare suo padre, riconciliandosi con i suoi genitori<ref group="N">Il padre di Giovanna alloggiava alla locanda dell'Asino Striato, di fronte alla cattedrale. Cfr. {{Cita|Belloc, 2006|p. 60}}. Régine Pernoud e Marie-Véronique Clin riportano la presenza di entrambi i genitori alla Consacrazione - Cfr. Régine Pernoud; Marie-Véronique Clin, ''Giovanna d'Arco'', Roma, Città Nuova Editrice, 1987. ISBN 88-311-5205-X<nowiki> -p. 91}}.</nowiki></ref> per quella partenza segreta verso Vaucouleurs di soli pochi mesi prima. Frattanto, il 16 luglio, il Delfino ricevette nel castello di Sept-Saulx una delegazione di borghesi di Reims che offrirono la totale obbedienza della città.
 
Il giorno stesso l'esercito vi fece il suo ingresso e vennero avviati i preparativi per la cerimonia della consacrazione del re<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 88–91}}.</ref>. Il 17 luglio 1429, dopo aver trascorso la notte in veglia di preghiera, il Delfino fece il suo ingresso nella [[Cattedrale di Reims]], tra la folla festante, insieme con gliagli "ostaggi" della [[Santa Ampolla]], quattro cavalieri incaricati di scortare la [[reliquia]] che dai tempi di [[Clodoveo I]] era utilizzata per consacrare e incoronare il [[Sovrani di Francia|Re di Francia]]; pronunciò quindi i giuramenti prescritti dinanzi all'officiante, l'arcivescovo Regnault de Chartres. Da un lato, presenziavano sei "pari ecclesiastici", dall'altro, sei "pari laici", esponenti della nobiltà, tra i quali, in rappresentanza del fratellastro prigioniero, il Bastardo d'Orléans<ref>{{Cita|Garnier, 1999|pp. 181–183}}.</ref>.
 
Dinanzi a tutti gli altri stendardi, però, a un passo dall'altare, era stato posizionato quello bianco della Pulzella, e la stessa Giovanna assistette alla cerimonia vicinissima al re; infine il sovrano, unto con il [[crisma]], fu rivestito dei paramenti rituali e ricevette la corona, assumendo il nome di Carlo VII<ref>{{Cita|Cardini, 1999|pp. 71, 72}}.</ref>. Mentre i "pari laici" annunciavano al popolo la consacrazione e la festa incominciavainiziava per le vie della città, Giovanna si gettò dinanzi a Carlo, abbracciandogli le ginocchia, piangente, ed esclamando: «O gentile Re, ora è compiuto il volere di Dio, che voleva che vi conducessi a Reims per ricevere la Consacrazione, dimostrando che siete il vero re, e colui al quale il Regno di Francia deve appartenere!»<ref>{{Cita|Cousinot, 1992|pp. 322, 323}}.</ref><ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 55, 56}}.</ref>
 
Dopo quella giornata, che aveva rappresentato l'apice delle imprese di cui Giovanna si sentiva investita, la ragazza si sentì avvolgere da un'aura di sconforto che non l'abbandonerà più sino al giorno della sua cattura. Dopo la gioia di aver visto consacrare il "suo" re, dopo essersi riconciliata coi genitori che si erano opposti alla sua partenza e ora la guardavano meravigliati e commossi<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 88–91}}.</ref>, avvertiva che il suo compito era terminato.
Riga 201:
 
=== Le altre campagne militari ===
[[File:Contemporaine afb jeanne d arc.png|thumb|Ritratto di Giovanna d'Arco, dal registro del Parlamento di Parigi (1429) tenuto da Clément de Fauquembergue.<ref>[http://www.stejeannedarc.net/chroniques/chronique_fauquembergue.php dal registro del Parlamento di Parigi (1429) tenuto da Clément de Fauquembergue]</ref>]]
 
Dopo la Consacrazione Carlo VII soggiornò per tre giorni a Reims, attorniato dall'entusiasmo popolare; infine, accompagnato dall'esercito, riprese il cammino quando ormai gli echi di quell'impresa apparentemente impossibile si erano già sparsi per il paese. Entrò così a [[Soissons]] e a [[Château-Thierry]], mentre [[Laon]], [[Provins]], [[Compiègne]] e altre città fecero atto di obbedienza al Re. L'armata reale trovò la strada spianata dinanzi a sé<ref>{{Cita|Cousinot, 1992|p. 137–142}}.</ref>. Giovanna cavalcava insieme con ilal Bastardo d'Orléans e a [[Étienne de Vignolles|La Hire]], assegnata aad uno dei "corpi di battaglia" dell'esercito regio<ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 74}}.</ref>.
 
Mentre il successo arrideva al progetto di Giovanna, le invidie e gelosie di corte riaffiorarono. Il giorno stesso della Consacrazione, tra le assenze, spiccò quella del conestabile Richemont, che avrebbe dovuto reggere simbolicamente la spada durante la cerimonia ma che, ancora in disgrazia, aveva dovuto cedere l'incarico al Sire d'Albret<ref>{{Cita|Garnier, 1999|p. 182}}.</ref><ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 100}}.</ref>. Inoltre, era sempre più profonda la spaccatura tra i nobili che appoggiavano Giovanna e avrebbero voluto dirigersi verso [[Saint-Denis (Senna-Saint-Denis)|Saint-Denis]] per riconquistare poi la stessa Parigi e coloro che, nell'improvvisa ascesa del sovrano, vedevano un'opportunità per accrescere il proprio potere personale, soprattutto se fosse stato loro concesso il tempo necessario e se le relazioni con la Borgogna fossero migliorate.
Riga 209:
Fra questi ultimi, oltre a La Trémoïlle, favorito del re e acerrimo rivale di Richemont, vi erano non pochi membri del Consiglio reale; prendere tempo, indugiare, acquisire potere e influenza erano obiettivi diametralmente opposti a quelli della Pulzella, il cui fine era sempre stato solo uno, la vittoria, e la cui rapidità d'azione ora intralciava i piani della fazione più vicina a La Trémoïlle<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 98–100}}.</ref>. Nel frattempo l'esercito, partito da [[Crépy-en-Valois]] il 15 agosto 1429, si trovò dinanzi l'armata inglese, schierata in formazione da battaglia presso [[Montépilloy]]; questa volta, gli inglesi avevano preparato con cura la siepe di pioli che avrebbe impedito ogni carica frontale della cavalleria e attendevano i francesi al varco; questi ultimi non riuscivano a far spostare il nemico dalle sue posizioni<ref name="Cardini 74, 75">{{Cita|Cardini, 1999|p. 74, 75}}.</ref>, nonostante gli sforzi di Giovanna che tentò invano di impegnarlo in battaglia, fino a colpire la palizzata nemica con la sua spada, per dare modo agli altri reparti di intervenire<ref>{{Cita|Belloc, 2006|p. 64}}.</ref>.
 
Dopo una giornata spossante, tra il vento e la polvere<ref name="Cardini 74, 75" />, gli inglesi si ritirarono verso Parigi<ref>{{Cita|Cousinot, 1992|p. 145}}.</ref>. L'armata francese rientrò a Crépy, quindi raggiunse prima [[Compiègne]] e, da lì, [[Saint-Denis (Senna-Saint-Denis)|Saint-Denis]], luogo delle sepolture reali. Qui, per ordine di Carlo VII, incominciòiniziò lo scioglimento dell'"esercito della Consacrazione", in attesa delle trattative con la Borgogna che, oltre una tregua di quindici giorni, non approdarono mai a quella "buona pace stabile" che Giovanna si augurava. Il Bastardo d'Orléans e la sua compagnia furono licenziati e fatti ripiegare su Blois<ref>{{Cita|Garnier, 1999|pp. 186–187}}.</ref>.
 
L'atteggiamento della corte verso la Pulzella era indubbiamente mutato; a Saint-Denis Giovanna dovette evidentemente avvertire la differenza, e le sue "voci" le consigliarono, in quelle circostanze, di non procedere oltre<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 63}}.</ref>. Questa volta, però, le sue parole furono accolte come quelle di uno dei tanti capitani di guerra al servizio della corona; l'aura d'entusiasmo che l'attorniava stava diminuendo, almeno presso la nobiltà<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 65}}.</ref>. Accanto a Giovanna, per il momento, rimanevano il duca d'Alençon e La Hire<ref>{{Cita|Bogliolo, 2000|pp. 168–170}}.</ref>. Il re e la corte, infatti, anziché approfittare del momento propizio per marciare su Parigi, avevano incominciatoiniziato una serie di trattative con il duca di Borgogna, [[Filippo III di Borgogna|Filippo il Buono]], al quale era stata affidata dagli inglesi la custodia della capitale, rinunciando ad adoperare le risorse militari di cui disponevano.
 
Il 21 agosto, a Compiègne, città difesa da [[Guglielmo di Flavy]], incominciaronoiniziarono a prendere forma le linee di una tregua più lunga<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 102}}.</ref>. Effettivamente, gli inglesi semplicemente non avevano più risorse finanziarie per sostenere la guerra<ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 59, 60}}.</ref>. Ciononostante, la tregua con la potenza anglo-borgognona sembrò non tenere conto della debolezza della controparte e fu condotta, da parte francese, in modo da assicurare, di fatto, una pausa nelle ostilità senza ottenere significativi vantaggi in cambio<ref group="N">Tra l'altro, Filippo il Buono ottenne «l'ingiustificato vantaggio di "impegnarsi, se gli sembrerà opportuno, nella difesa della città di Parigi, e di resistere a coloro che vogliano farle guerra o arrecarle danno"», {{Cita|Bogliolo, 2000|pp. 168, 169}}.</ref>. Giovanna e gli altri capitani, nel frattempo, si attestarono presso le mura di Parigi; il duca d'Alençon mantenne i contatti con la corte, all'oscuro delle trattative in corso, convincendo infine Carlo VII a raggiungere Saint-Denis.
 
L'8 settembre 1429 i capitani decisero di prendere d'assalto Parigi e Giovanna acconsentì all'offensiva, stanca di continui rinvii<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 104}}.</ref>. Lasciato l'accampamento de La Chapelle, a metà strada fra Saint-Denis e Parigi, l'esercito prese d'assalto la porta SaintHonoré a colpi d'artiglieria, sino a che i difensori del camminamento che la sovrastava non si ritirarono all'interno; mentre D'Alençon comandava le truppe a difesa dell'artiglieria, Giovanna si recò con la sua compagnia fin sotto le mura della città, circondate da un primo e un secondo fossato; il secondo era allagato e qui la Pulzella dovette fermarsi, misurando la profondità dell'acqua con la sua lancia. D'improvviso venne ferita da una freccia che le attraversò la coscia<ref>{{Cita|Cousinot, 1992|p. 146–148}}.</ref>, ma non volle lasciare la posizione, ordinando di gettare fascine e altro materiale per riempire il fossato; si ritirò al riparo del primo fossato fino a sera, quando fu comandata la ritirata. Il duca d'Alençon la raggiunse e la fece trascinare via a forza mentre, sconfitto, l'esercito si ritirava nuovamente al campo de La Chapelle<ref>{{Cita|Cousinot, 1992|p. 146–148}}</ref><ref group="N">Secondo Régine Pernoud e Marie-Véronique Clin, invece, sulla scorta di Perceval de Cagny, fu il sire di Gaucourt a trarre via Giovanna dal bordo del fossato. Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 105}}</ref>.
 
Il giorno seguente, nonostante la ferita, Giovanna si preparò aad un nuovo assalto, quando lei e il duca d'Alençon furono raggiunti da due emissari, il duca di Bar e il conte di Clermont, che le intimarono per ordine del re di interrompere l'offensiva e tornare a Saint-Denis. Giovanna ubbidì<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 105}}.</ref>. Probabilmente rimproverata per quell'insuccesso dovuto a un'iniziativa neppure sua, ma essenzialmente decisa dai capitani che agivano in nome del re<ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 64, 65}}.</ref><ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 24 (Seconda udienza pubblica, giovedì 22 febbraio 1431, in fondo alla sala grande del castello di Rouen)}}.</ref>, Giovanna la Pulzella ritornò infine alle rive della Loira, dopo aver solennemente deposto sull'altare della chiesa di Saint-Denis la sua armatura<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 106}}.</ref>.
 
Il 21 settembre 1429, a Gien, venne sciolto definitivamente dal re l'esercito "della Consacrazione". Giovanna, separata dalle truppe e dal duca d'Alençon, fu ridotta all'inazione; affidata al Sire d'Albret fu condotta a [[Bourges]], ospite di Margherita di Tourolde, moglie di un consigliere del sovrano, ove rimase tre settimane. Carlo VII, infine, ordinò a Giovanna di accompagnare una spedizione contro [[Perrinet Gressart]], comandante anglo-borgognone; il corpo di spedizione, formalmente comandato dal Sire d'Albret, pose l'assedio a [[Saint-Pierre-le-Moûtier]]. Il 4 novembre la città fu presa d'assalto ma l'esercito venne più volte respinto; infine, fu suonata la ritirata.
 
Giovanna rimase invece sotto le mura con pochi soldati; quando il suo attendente, Jean d'Aulon, le chiese perché non tornasse indietro insieme con gliagli altri, rispose che aveva intorno a sé cinquantamila uomini, mentre in realtà egli ne vide solo quattro o cinque<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 65, 66}}.</ref>. Ripreso coraggio, l'esercito si volse nuovamente all'attacco, attraversò il fossato e prese la città. L'armata allora mosse verso [[La Charité-sur-Loire]] e incominciòiniziò a fine novembre uno spossante assedio che si protrasse per circa quattro settimane, al termine delle quali dovette ritirarsi<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 107-111, 344}}.</ref>, lasciando sul campo anche i migliori pezzi d'artiglieria<ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 79}}.</ref>. Giovanna ritornò a corte, presso il re, trascorrendo il tempo principalmente a [[Sully-sur-Loire]] dopo aver passato il Natale a [[Jargeau]].
 
[[File:Blason Jeanne-d-Arc.svg|thumb|upright=0.5|Arme araldica concessa a Giovanna d'Arco.]]
 
L'oscuro inverno trascorso da Giovanna a [[Mehun-sur-Yèvre]] prima e a Sully-sur-Loire poi, presso la corte e il re, fu caratterizzato dall'inazione<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 111, 113}}.</ref> e dall'acuta consapevolezza che la Borgogna stava intensificando i rapporti diplomatici e militari con la corona inglese<ref>{{Cita|Bogliolo, 2000|p. 183}}.</ref>. Carlo VII nobilitò Giovanna e la sua famiglia, donandole un'arme araldica (due gigli d'oro in campo azzurro e una spada sormontata da una corona)<ref>{{Cita|Belloc, 2006|pp. 66, 67}}.</ref> e il privilegio di trasmettere il titolo nobiliare anche per via femminile<ref name="Pernoud-Clin 111">{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 111}}.</ref> ma rifiutando, sempre, di accondiscendere alle richieste della ragazza affinché le fosse permesso di riprendere le armi<ref>{{Cita|Cardini, 1999|pp. 80, 81}}.</ref>. Giovanna, già separata dal duca d'Alençon, era sempre più sola<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 107}}.</ref>. Il 19 gennaio 1430<ref name="Pernoud-Clin 111" /> tornò tuttavia a Orléans, ove trovò ad accoglierla il Bastardo, «gentile e fedele»<ref group="N"> Caffin de Merouville scrive «toujours empressé et fidèle», ossia, letteralmente, «sempre caloroso e fedele». Cfr. {{Cita|Caffin de Merouville, 2003|p. 220}}</ref>, in occasione di un banchetto in suo onore. Il 16 marzo inviò finalmente una lettera agli abitanti di Reims, che temevano d'essere cinti d'assedio, in cui annunciava di essere pronta a riprendere le armi<ref group="N">Nella lettera, firmata, si legge «Giovanna la Pulzella ha ricevuto le vostre lettere in cui dite che temete di essere assediati. Vogliate sapere che non lo sarete (...) chiudete le vostre porte perché sarò tra breve da voi». Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 111, 331, 332}}</ref>.
Riga 229:
== La cattura ==
{{Vedi anche|Battaglia di Compiègne}}
[[File:Joan of arc interrogation.jpg|thumb|''Giovanna d'Arco malata viene interrogata in prigione dal cardinale di Winchester'', [[Hippolyte Delaroche|Paul Delaroche]], olio su tela, 1824, [[Musée des beaux-arts de Rouen|Musée des beaux-arts]], Rouen.]]
 
Stanca dell'inattività forzata, Giovanna lasciò la corte di Carlo VII tra il marzo e l'aprile 1430, ingaggiando nuovamente combattimenti sporadici con gli anglo-borgognoni. La Pulzella era alla testa di contingenti in parte formati da volontari e in parte da mercenari, tra cui duecento piemontesi agli ordini di Bartolomeo Baretta<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 113–116}}.</ref>; al suo comando vi era [[Arnaud Guillaume de Barbazan]], famoso capitano da sempre agli ordini di Carlo VII che, appena liberato (per mano di La Hire) dalla prigionia inglese, aveva conosciuto Giovanna nel febbraio 1430<ref>{{Cita|Caffin de Merouville, 2003|pp. 96, 220}}.</ref> e che si unì a lei a [[Lagny]]<ref name="Garnier 191" />. Passando per [[Melun]], Giovanna giunse infine il 6 maggio 1430 a Compiègne, difesa da [[Guglielmo di Flavy]]; la città fu posta sotto assedio dalle truppe anglo-borgognone, e Giovanna incominciòiniziò una serie di sortite eclatanti ma con scarso esito<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 111–117, 345}}.</ref>. A Montargis, il Bastardo d'Orléans fu raggiunto dalla notizia della nuova offensiva borgognona e si mise in viaggio per chiedere al re il comando di un corpo d'armata; lo ottenne, ma troppo tardi per portare soccorso a Giovanna sotto le mura di Compiègne<ref name="Garnier 191">{{Cita|Garnier, 1999|p. 191}}</ref><ref>{{Cita|Duby, 2001|p. 450}}.</ref>.
 
Il 23 maggio 1430 Giovanna tentò un attacco a sorpresa contro la città di [[Margny-lès-Compiègne|Margny]], dove trovò una resistenza più forte del previsto; dopo essere stata respinta per tre volte, vedendo giungere al nemico altri rinforzi dalle postazioni vicine comandò la ritirata al riparo delle mura di Compiègne<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 117-119}}.</ref>. AAd un certo punto il governatore della città, Guglielmo di Flavy, diede ordine di chiudere le porte delle mura nonostante le ultime compagnie non fossero ancora rientrate; ordine che, secondo alcuni, costituirebbe una prova del suo tradimento, essendosi egli accordato segretamente col nemico per rendere possibile la cattura della Pulzella<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 279–282}}.</ref>.
 
Secondo altri storici, tuttavia, benché questa eventualità sia possibile essa non è dimostrabile<ref name="Cardini 83">{{Cita|Cardini, 1999|p. 83}}.</ref>. AAd ogni modo, mentre l'esercito rientrava nella città, Giovanna, che ne proteggeva la ritirata, circondata ormai da pochi uomini della sua compagnia, fu cinturata e strattonata da cavallo, dovendo arrendersi al Bastardo di Wamdonne<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 120}}.</ref> combattente agli ordini di [[Giovanni II di Lussemburgo-Ligny|Giovanni di Ligny]], vassallo del duca di Borgogna<ref name="Cardini 83" />, ma al servizio del [[Sovrani d'Inghilterra|re d'Inghilterra]]<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|pp. 59, 60}}.</ref><ref group="N">[[Giovanni II di Lussemburgo-Ligny]] era un vassallo del duca Filippo di Borgogna; tuttavia, era al tempo stesso consigliere del re d'Inghilterra e, pertanto, è spesso considerato anche vassallo della corona inglese. Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 248, 249}}</ref>.
 
== La prigionia e il processo ==
Fatta prigioniera insieme con ilal suo intendente, Jean d'Aulon, e ilal fratello Pietro, Giovanna fu condotta in un primo tempo alla fortezza di [[Clairoix]], quindi, dopo pochi giorni, al castello di [[Beaulieu-les-Fontaines]] ove rimase sino al 10 luglio, e infine al castello di [[Beaurevoir]]. Qui, Giovanna venne trattata come una prigioniera d'alto rango e, infine, riuscì a conquistarsi la simpatia di tre dame del castello che, stranamente, portavano il suo stesso nome: Jeanne de Béthune, moglie di Jean de Luxembourg, la di lei figlia di prime nozze Jeanne de Bar e infine Jeanne de Luxembourg, zia del potente vassallo, che giunse sino al punto di minacciare di diseredarlo qualora la Pulzella fosse stata consegnata agli inglesi<ref>{{Cita|Cardini, 1999|pp. 89, 90}}.</ref>. Del pari, Giovanna avrebbe ricordato con affetto queste tre donne durante gli interrogatori, ponendole su un piano di rispetto immediatamente inferiore a quello dovuto solo alla propria regina<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 61, 62 (Sesta udienza pubblica, sabato 3 marzo, nella sala grande del castello di Rouen)}}.</ref><ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 127–132}}.</ref>.
 
{{Approfondimento
Riga 251:
Il pagamento del riscatto di un prigioniero aveva lo scopo di restituirgli la libertà; in questo caso, invece, Giovanna fu venduta agli inglesi, cui fu consegnata il 21 novembre 1430 a [[Le Crotoy]]<ref name="Cattività" />, in qualità di [[prigioniero di guerra|prigioniera di guerra]]<ref group="N">Il fatto che Giovanna fosse una "prigioniera di guerra" è attestato da una ricevuta di Jean Bruyse, lo scudiero che aveva materialmente ricevuto la somma versata a Jean de Luxembourg. Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 133}}</ref><ref>{{cita web|lingua=fr|url=http://www.stejeannedarc.net/histoire_wallon/wallon_VI-1.php|titolo=Henry Wallon, ''Jeanne d'Arc'', Livre VI - ROUEN - Les juges - V ed. 1879|accesso=15 ottobre 2011}}</ref>, e trasferita, tra novembre e dicembre, numerose volte in diverse piazzeforti, forse per timore di un colpo di mano dei francesi teso a liberarla. Il 23 dicembre dello stesso anno, sei mesi dopo la sua cattura sotto le mura di Compiègne, Giovanna giunse infine a [[Rouen]]<ref>{{Cita|Cardini, 1999|pp. 88–90, 94}}.</ref>.
 
Dopo la cattura di Giovanna, Carlo VII non offrì un riscatto per la prigioniera, né fece passi ufficiali per trattarne la liberazione. Secondo alcuni, Giovanna, ormai divenuta sin troppo popolare, fu abbandonata al suo destino<ref>{{Cita|Cardini, 1999|pp. 93, 94}}.</ref>. Secondo altri, invece, Carlo VII avrebbe incaricato segretamente prima La Hire, che fu catturato in un'azione militare, e poi il Bastardo d'Orléans di liberare la prigioniera durante i trasferimenti da una piazzaforte aad un'altra, come proverebbero alcuni documenti che attestano due "imprese segrete" presso Rouen, di cui uno datato 14 marzo 1431 in cui il Bastardo d'Orléans accusa la ricevuta di 3.000 lire tornesi per una missione oltre la Senna<ref>{{Cita|Garnier, 1999|p. 193}}.</ref>. Di fatto, le spedizioni del Bastardo si svolsero in aprile e maggio e in effetti per due mesi di lui si perdono completamente le tracce<ref>{{Cita|Caffin de Merouville, 2003|pp. 226–227}}.</ref>.
 
Giovanna aveva già provato a sottrarsi alla prigionia sia a Beaulieu-les-Fontaines, approfittando di una distrazione delle guardie<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 125}}.</ref>, sia al castello di Beaurevoir, annodando delle lenzuola per calarsi da una finestra per poi lasciarsi cadere al suolo; il primo tentativo fu sventato per un soffio, il secondo (causato dalla preoccupazione di Giovanna per una nuova offensiva anglo-borgognona, oltre che, probabilmente, dal sentore di essere in procinto di essere consegnata ad altre mani) ebbe come esito un trauma, dovuto alla caduta, talmente forte da lasciarla tramortita: quando fu nuovamente rinchiusa, per oltre due giorni Giovanna non poté né mangiare né bere. La Pulzella tuttavia si riprese dalle contusioni e dalle ferite<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|p. 64}}.</ref>.
Riga 257:
L'[[Università di Parigi]], che si riteneva depositaria della giurisprudenza civile ed ecclesiastica e che, dispiegando a favore degli inglesi le migliori armi retoriche, sin dal momento della sua cattura ne aveva richiesto la consegna, in quanto la giovane sarebbe stata «sospettata fortemente di numerosi crimini in odore di [[eresia]]», finalmente l'ebbe, almeno formalmente, in custodia: la prigioniera ormai era rinchiusa nel castello di Rouen, in mano inglese<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 122, 123, 136}}.</ref>. Qui la detenzione fu durissima: Giovanna era rinchiusa in una stretta cella del castello, guardata a vista da cinque soldati inglesi, tre all'interno della stessa cella, due al di fuori<ref name="Belloc 71">{{Cita|Belloc, 2006|p. 71}}.</ref>, mentre una seconda pattuglia era stata piazzata al piano superiore<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 137}}.</ref>; i piedi della prigioniera erano serrati in ceppi di ferro e le mani spesso legate; solo per partecipare alle udienze le venivano tolti i ceppi ai piedi, che invece, la notte, erano saldamente fissati in modo che la ragazza non potesse lasciare il proprio giaciglio<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 261–263}}.</ref>.
 
Le difficoltà nell'istruire il processo non mancarono: in primo luogo Giovanna era detenuta come prigioniera di guerra in un carcere militare e non nelle prigioni ecclesiastiche come per i processi d'Inquisizione<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|p. 68}}.</ref>; in secondo luogo, la sua cattura era avvenuta ai margini della diocesi retta da Cauchon (probabilmente al di fuori)<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 86}}.</ref>; inoltre, l'Inquisitore generale di Francia, Jean Graverent, si dichiarò non disponibile<ref name="Cardini 94, 95">{{Cita|Cardini, 1999|pp. 94, 95}}.</ref> e il vicario dell'Inquisizione di Rouen, Jean Lemaistre<ref group="N">Riportiamo il nome secondo la grafia dell'epoca. Cfr. {{Cita|Cardini, 1999|p. 95}}. Altri testi preferiscono la grafia moderna ''Jean Lemaître''. Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 143}}</ref>, rifiutò di partecipare al processo per «la serenità della propria coscienza» e perché non si riteneva competente che per la diocesi di Rouen; fu necessario scrivere nuovamente all'Inquisitore generale di Francia per ottenere che Lemaistre si piegasse, il 22 febbraio, quando le udienze erano già incominciateiniziate<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 143}}.</ref>; infine, Cauchon aveva inviato tre delegati, tra cui il notaio Nicolas Bailly, a Domrémy, [[Vaucouleurs]] e [[Toul]] per trarre informazioni su Giovanna, senza che essi trovassero il minimo appiglio per formulare alcun capo d'accusa; sarebbe stato solo dalle risposte di Giovanna agli interrogatori che i giudici, ossia Pietro Cauchon e Jean Lemaistre, e i quarantadue assessori<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 144}}.</ref><ref group="N">Il numero degli assessori varia da un'udienza all'altra sino a raggiungere il massimo di sessantatré. Cfr. {{Cita|Cremisi, 2000|p. 145 (Mercoledì 2 maggio, in una sala del castello di Rouen)}}.</ref> (scelti fra teologi ed ecclesiastici di fama) le avrebbero posto, che la Pulzella sarebbe stata giudicata, mentre il processo incominciavainiziava senza che contro di lei vi fosse una chiara ed esplicita imputazione<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|p. 67}}.</ref>.
 
Il processo a Giovanna ebbe inizio formalmente il 3 gennaio 1431, con atto scritto<ref name="Belloc 71" />; il 9 gennaio 1431<ref name="Cardini 94, 95" /> Cauchon, ottenuta la giurisdizione su Rouen (allora sede arcivescovile vacante), incominciòiniziò la procedura ridefinendo il processo stesso, cominciatoiniziato in un primo tempo "per [[stregoneria]]", in uno "per eresia"; conferì infine l'incarico di "procuratore", sorta di pubblico accusatore, a Jean d'Estivet, canonico di Beauveais che lo aveva seguito a Rouen<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 97}}.</ref><ref name="Pernoud 76">{{Cita|Pernoud, 1992|p. 76}}.</ref>. La prima udienza si tenne pubblicamente il 21 febbraio 1431 nella cappella del Castello di Rouen. La carcerazione non aveva fiaccato lo spirito di Giovanna; sin dal principio delle udienze, richiesta di giurare su qualsiasi domanda, ella pretese - e ottenne - di limitare il proprio impegno a quanto concernesse la fede. Inoltre, alla domanda di Cauchon di recitare il ''Padre Nostro'' rispose che lo avrebbe certamente fatto ma solo in confessione, modo sottile per ricordargli la sua veste di ecclesiastico<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 15 (Prima udienza pubblica, mercoledì 21 febbraio 1431, nella cappella del castello di Rouen)}}.</ref>.
 
L'interrogatorio di Giovanna si svolse in maniera convulsa, sia perché l'imputata era interrotta continuamente, sia perché alcuni segretari inglesi ne trascrivevano le parole omettendo tutto ciò che fosse a lei favorevole, cosa di cui il notaio Guillame Manchon si lamentò minacciando di astenersi dal presenziare ulteriormente; dal giorno seguente Giovanna fu così sentita in una sala del castello sorvegliata da due guardie inglesi<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|p. 70}}.</ref>. Durante la seconda udienza, Giovanna fu interrogata per sommi capi sulla sua vita religiosa, sulle apparizioni, sulle "voci", sugli accadimenti occorsi a Vaucouleurs, sull'assalto a Parigi in un giorno in cui cadeva una solennità religiosa; a questo la Pulzella rispose che l'assalto avvenne per iniziativa dei capitani di guerra, mentre le "voci" le avevano consigliato di non spingersi oltre Saint-Denis.
Riga 276:
Durante il sesto e ultimo interrogatorio, gli inquisitori spiegarono infine a Giovanna che esisteva una "Chiesa trionfante" e una "Chiesa militante"; l'imputata si limitò a riaffermare quanto aveva già risposto: «Che Dio e la Chiesa siano una cosa sola, mi sembra chiaro. Ma voi, perché fate tanti cavilli?»<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 110 (Sesto interrogatorio complementare, sabato 17 marzo, nella prigione di Giovanna)}}.</ref> Gli stessi contemporanei che ebbero modo di presenziare agli interrogatori, specialmente i più eruditi, come testimonia il medico Jean Tiphaine, notarono l'accortezza e la saggezza con le quali Giovanna rispondeva<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|pp. 75, 76}}.</ref>; al contempo difendeva la veridicità delle sue "voci", riconosceva l'autorità della Chiesa, si affidava completamente a Dio, così come di lì a pochi giorni, alla domanda se ritenesse di doversi sottomettere alla Chiesa, avrebbe risposto: «Sì, Dio servito per primo»<ref>{{Cita|Pernoud, 1998|p. 51}}.</ref>.
 
Il 27 e il 28 marzo furono letti all'imputata i settanta articoli che componevano l'atto di accusa formulato da Jean d'Estivet. Molti articoli erano palesemente falsi o quantomeno non suffragati da alcuna testimonianza, meno che mai dalle risposte dell'imputata<ref name="Pernoud 76" />; tra essi si leggeva che Giovanna avrebbe bestemmiato, portato con sé una [[mandragora]], stregato stendardo, spada e anello conferendo aad essi virtù magiche; frequentato le ''fate'', venerato spiriti maligni, tenuto commercio con due "consiglieri della sorgente", fatto venerare la propria armatura, formulato divinazioni. Altri, come il sessantaduesimo articolo, sarebbero potuti risultare più insidiosi, in quanto ravvisavano in Giovanna la volontà di entrare in contatto direttamente con il divino, senza la mediazione della Chiesa, eppure passarono quasi inosservati. Paradossalmente, risultò di sempre maggior rilevanza l'uso di Giovanna di portare abiti da uomo<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 124–144 Atti d'accusa}}.</ref>.
 
Si scontravano da un lato l'applicazione formale e letterale della dottrina, che si appigliava a quell'abito maschile come a un marchio d'infamia, dall'altro la visione "mistica" di Giovanna, per la quale l'abito era cosa da nulla se paragonato al mondo spirituale<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 40, 41 (Quarta udienza pubblica, martedì 27 febbraio, nella sala grande del castello di Rouen)}}.</ref>. Il 31 marzo Giovanna fu nuovamente interrogata nella sua prigione e acconsentì a sottomettersi alla Chiesa, purché non le fosse chiesto di affermare che le "voci" non provenissero da Dio; che avrebbe ubbidito aad essa purché Dio fosse «servito per primo»<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 139, 140 (Sabato 31 marzo, vigilia di Pasqua, nella prigione di Giovanna)}}.</ref>. Così trascorse la Pasqua, che quell'anno cadeva il primo giorno d'aprile, senza che Giovanna potesse udire Messa o comunicarsi, nonostante le sue suppliche.
 
I settanta articoli in cui consisteva l'accusa contro Giovanna la Pulzella furono condensati in dodici articoli estratti dall'atto formale redatto da Jean d'Estivet; tale era la normale procedura inquisitoriale. Questi dodici articoli, in base ai quali Giovanna era considerata «[[Idolatria#Teologia cattolica|idolatra]]», «invocatrice di [[diavolo|diavoli]]»<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 157, 158 (Mercoledì 23 maggio, in una sala del Castello di Rouen, Undicesimo articolo)}}.</ref>, «[[Bestemmia#Nuovo Testamento|blasfema]]», «eretica»<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 155, 156 (Mercoledì 23 maggio, in una sala del Castello di Rouen, Settimo articolo)}}</ref> e «[[Scisma#Uso nel Cristianesimo|scismatica]]»<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 158 (Mercoledì 23 maggio, in una sala del Castello di Rouen, Dodicesimo articolo)}}.</ref>, furono sottoposti agli assessori e inviati a teologi di chiara fama; alcuni li approvarono senza riserve ma diverse furono le voci discordanti: uno degli assessori, Raoul le Sauvage, ritenne che l'intero processo dovesse essere inviato al [[Papa|Pontefice]]; il vescovo di [[Diocesi di Avranches|Avranches]] rispose che non v'era nulla d'impossibile in quanto Giovanna asseriva<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 113}}.</ref>. Alcuni chierici di Rouen o ivi giunti ritennero di fatto Giovanna innocente o, quantomeno, il processo illegittimo; tra questi Jean Lohier, che reputò il processo illegale nella forma e nella sostanza<ref>[http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xv/bulls/documents/hf_ben-xv_bulls_19200516_divina-disponente_it.html Bolla di canonizzazione di Giovanna d'Arco a firma del Pontefice Benedetto XV]</ref>, in quanto gli assessori non erano liberi, le sedute si tenevano a porte chiuse, gli argomenti trattati troppo complessi per una ragazzina e soprattutto che il vero motivo del processo era politico, in quanto attraverso Giovanna s'intendeva infangare il nome di Carlo VII.
Riga 289:
Il 24 maggio 1431 Giovanna fu tradotta dalla sua prigione nel cimitero dalla chiesa di Saint-Ouen, sul margine orientale della città, ove erano già state preparate una piattaforma per lei, in modo che la popolazione potesse vederla e udirla distintamente<ref>{{Cita|Belloc, 2006|p. 74}}.</ref>, e tribune per i giudici e gli assessori. Più in basso, il carnefice attendeva sul suo carro<ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 132, 133}}.</ref>. Presente [[Enrico Beaufort]], vescovo di [[Antica diocesi di Winchester|Winchester]] e [[cardinale]], la ragazza fu ammonita dal teologo Guillame Erard che, dopo un lungo sermone, domandò a Giovanna ancora una volta di [[Atto di abiura|abiurare]] i crimini contenuti nei dodici articoli dell'accusa. Giovanna rispose: «Mi rimetto a Dio e al Nostro Santo Padre il Papa»<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 172, 173}}.</ref><ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 163 (Giovedì 24 maggio, nel cimitero dell'abbazia di Saint-Ouen a Rouen)}}.</ref><ref group="N">«Ego refero me Deo et domino nostro Papæ» - {{lingue|fr|la}} {{cita web|url=http://www.stejeannedarc.net/condamnation/abjuration24mai.php|titolo=Procès de condamnation - procès ordinaire - Abjuration - 24 mai 1431|accesso=26 novembre 2011}}</ref>, risposta che doveva esserle stata suggerita da Jean de La Fontaine, il quale, pur nella sua veste di assessore, evidentemente aveva ritenuto corretto informare l'imputata dei suoi diritti<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 167, 168}}.</ref> (fatto che gli sarebbe costato l'esclusione dal processo e l'allontanamento da Rouen)<ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 110, 111}}.</ref>; inoltre, presso la ragazza si trovavano i domenicani Isambart de la Pierre e Martin Ladvenu, esperti delle procedure inquisitoriali<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 165, 172}}.</ref><ref name="Cardini 151">{{Cita|Cardini, 1999|p. 151}}.</ref>.
 
[[File:Jehanne signature.jpg|thumb|La firma di Giovanna: analfabeta, era l'unica parola che fosse in grado di scrivere.]]
 
Com'era prassi del tempo, l'appello al Papa avrebbe dovuto interrompere la procedura inquisitoriale e portare alla traduzione dell'imputata innanzi al Pontefice; tuttavia, nonostante la presenza di un cardinale, Erard liquidò la questione sostenendo che il Pontefice era troppo lontano<ref name="Cardini 151" /><ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 173}}.</ref>, continuando ad ammonire Giovanna per tre volte; infine Cauchon prese la parola e incominciòiniziò a leggere la sentenza, quando fu interrotto da un grido di Giovanna: «Accetto tutto quello che i giudici e la Chiesa vorranno sentenziare!»<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 164 (Giovedì 24 maggio, nel cimitero dell'abbazia di Saint-Ouen a Rouen)}}.</ref>.
 
A Giovanna fu quindi consegnato una dichiarazione per mano dell'usciere, Jean Massieu; nonostante lo stesso Massieu l'avvertisse del pericolo in cui incorreva firmandola, la ragazza siglò il documento con una croce<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 173–175}}.</ref>. In realtà Giovanna, seppure analfabeta, aveva imparato a firmare con il suo nome, "Jehanne", così come appare nelle lettere che ci sono pervenute<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 110}}.</ref> e anzi la Pulzella aveva dichiarato durante il processo<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|p. 49 (Quinta udienza pubblica, giovedì 1º marzo, nella sala grande del castello di Rouen)}}.</ref> che era solita apporre una croce su una lettera inviata a un capitano di guerra quando voleva significare ch'egli non doveva fare ciò che ella gli aveva scritto; è probabile che tale segno avesse, nella mente di Giovanna, lo stesso significato, tanto più che la ragazza lo tracciò accompagnandolo con un riso enigmatico<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 174}}.</ref><ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 152}}.</ref>.
Riga 299:
Questa violazione delle norme ecclesiastiche fu con ogni probabilità voluta dallo stesso Cauchon per un fine preciso, indurre Giovanna a indossare nuovamente l'abito da uomo per difendersi dai soprusi dei soldati. Infatti solamente i ''relapsi'', ossia coloro che, avendo già abiurato, ricadevano in errore, erano destinati al rogo<ref>{{Cita|Pernoud, 1992|p. 82}}.</ref>. Gli inglesi, tuttavia, persuasi che ormai Giovanna fosse sfuggita loro di mano, poco avvezzi alle procedure dell'Inquisizione, esplosero in un tumulto e in un lancio di sassi contro lo stesso Cauchon<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 136}}.</ref>. Nuovamente in carcere, Giovanna divenne oggetto di una collera ancora maggiore da parte dei suoi carcerieri; il [[Ordine dei frati predicatori|domenicano]] Martin Ladvenu riporta che Giovanna gli riferì di un tentativo di violentarla da parte di un inglese, che, non riuscendovi, la percosse con ferocia<ref>{{Cita|Michelet, 2000|pp. 145, 146}}.</ref>.
 
La mattina di domenica 27 maggio, Giovanna chiese di alzarsi e un soldato inglese le sottrasse gli abiti da donna e gettando nella sua cella quelli maschili; nonostante le proteste della Pulzella, non gliene furono concessi altri<ref name="Belloc 75, 76">{{Cita|Belloc, 2006|pp. 75, 76}}.</ref>. A mezzogiorno, Giovanna fu costretta a cedere<ref>{{Cita|Michelet, 2000|p. 146}}.</ref><ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 175}}.</ref>; Cauchon e il viceinquisitore Lemaistre, insieme conad alcuni assessori, si recarono il giorno seguente alla prigione: Giovanna affermò coraggiosamente di aver ripreso l'abito maschile di propria iniziativa, poiché si trovava tra uomini e non, come suo diritto, in una prigione ecclesiastica, sorvegliata da donne, ove poter sentir messa.
 
Interrogata ancora, ribadì di credere fermamente che le voci che le apparivano erano quelle di santa Caterina e di santa Margherita, di essere inviata da Dio, di non aver capito una sola parola dell'atto di abiura, e aggiunse: «Dio mi ha mandato a dire per bocca di santa Caterina e santa Margherita quale miserabile tradimento ho commesso accettando di ritrattare tutto per paura della morte; mi ha fatto capire che, volendo salvarmi, stavo per dannarmi l'anima!» e ancora: «Preferisco fare penitenza in una sola volta e morire piuttosto che sopportare più a lungo la sofferenza di questa prigione»<ref>{{Cita|Cremisi, 2000|pp. 167–169 (Processo di "relapsa". Esecuzione)}}.</ref>. Il 29 maggio Cauchon riunì per l'ultima volta il tribunale per decidere la sorte di Giovanna. Su quarantadue assessori, trentanove dichiararono che fosse necessario leggerle nuovamente l'abiura formale e proporle la "Parola di Dio". Il loro potere, però, era solo consultivo: Cauchon e Jean Lemaistre condannarono Giovanna al rogo<ref group="N">Il nome di Lemaistre non compare, tuttavia, nella redazione del processo di «relapsa» ed è dubbio che egli vi abbia partecipato, nonostante fosse giudice al pari di Pietro Cauchon. Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 178}}</ref><ref>{{cita web|lingua=fr|url=http://www.stejeannedarc.net/condamnation/deliberation29mai.php |titolo=Procès de condamnation - la cause de relaps - Déliberation - 29 mai 1431|accesso=26 novembre 2011}}</ref>.
 
== Il supplizio e la morte==
[[File:Joan of arc burning at stake.jpg|thumb|''Morte di Giovanna d'Arco'', quadro di [[Jules Eugène Lenepveu]] (1886-1890) esposto al Panthéon de Paris.]]
 
Il 30 maggio 1431 entrarono nella cella di Giovanna due frati domenicani, Jean Toutmouillé e Martin Ladvenu; quest'ultimo la ascoltò in [[Penitenza (sacramento)|confessione]] e le comunicò quale sorte era stata decretata per lei quel giorno; nella sua ultima lamentazione, la Pulzella, vedendo entrare il vescovo Cauchon esclamò: «Vescovo, muoio per causa vostra». In seguito, quando questi si fu allontanato, Giovanna chiese di ricevere l'[[eucaristia]]. Martin Ladvenu non seppe che cosa risponderle, poiché non era possibile a un eretico comunicarsi e chiese allo stesso Cauchon come dovesse comportarsi; sorprendentemente, e in violazione ancora una volta di ogni norma ecclesiastica, questi rispose di somministrarle il sacramento<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 177}}.</ref><ref>{{Cita|Cardini, 1999|p. 158}}.</ref>.
Riga 317:
Quando Carlo VII entrò nella città fu accolto da trionfatore, e di lì a breve ordinò al suo consigliere Guillame Bouillé un'inchiesta sul processo subito da Giovanna diciotto anni prima<ref>{{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 194, 195}}.</ref>. Nel frattempo, molte cose erano cambiate o stavano cambiando: con la vittoria francese nella [[battaglia di Castillon]] del 1453 la guerra dei cent'anni ebbe fine, pur in assenza di un trattato di pace; gli inglesi mantenevano il controllo solo del porto di [[Calais]]<ref>{{Cita|Garnier, 1999|pp. 277–279}}.</ref>. Lo [[scisma]] che travagliava la Chiesa era cessato con l'abdicazione dell'ultimo [[antipapa]], [[Amedeo VIII di Savoia|Felice V]]; tra i negoziatori che giunsero a persuarderlo a sottomettersi all'autorità della Chiesa vi era lo stesso Bastardo d'Orléans<ref>{{cita|Pernoud-Clin, 1987|p. 234}}.</ref>, ormai braccio destro del re sul campo di battaglia, suo consigliere e suo rappresentante in tutte le questioni diplomatiche rilevanti<ref>{{Cita|Caffin de Merouville, 2003|pp. 344–349}}.</ref>
 
[[File:Jeanne d' Arc (Eugene Thirion).jpg|thumb|''Jeanne d'Arc écoutant les voix'', olio su tela di Eugene Thirion, 1876, Ville de [[Chatou]], église Notre-Dame.]]
 
Nel 1452, il legato pontificio [[Guillaume d'Estouteville]] e l'Inquisitore di Francia, Jean Bréhal, aprirono anch'essi un procedimento ecclesiastico che portò a un [[rescritto]] a firma del [[papa Callisto III]] con cui si autorizzava una revisione del processo del 1431, che durò dal 7 novembre 1455 al 7 luglio 1456. Dopo aver ascoltato centoquindici testimoni, il precedente processo fu dichiarato nullo e Giovanna fu, a posteriori, riabilitata e riconosciuta innocente<ref>{{fr|la}} {{cita web|url=http://www.stejeannedarc.net/rehabilitation/I-presentation_rescrit.php|titolo=Procès de réhabilitation - CHAPITRE I - PRÉSENTATION DU RESCRIT, PROCURATIONS ET PREMIÈRES CITATIONS - I - Présentation du rescrit et suppliques initiale - 7 novembre 1455|accesso=26 novembre 2011}}</ref><ref group="N">La data d'inizio del ''Processo in nullità della condanna'' è stabilita al 7 novembre 1455, giorno in cui la madre di Giovanna si presentò, a Parigi, innanzi a tre vescovi designati dal Pontefice, chiedendo formalmente la revisione del processo di condanna. Agli atti furono allegate anche le deposizioni già acquisite in tale data. Cfr. {{Cita|Pernoud-Clin, 1987|pp. 198–201}}</ref>.
Riga 325:
Giovanna venne beatificata il 18 aprile 1909 da [[papa Pio X]] e proclamata [[Santo#La Chiesa cattolica|santa]] da [[papa Benedetto XV]] il 16 maggio 1920, dopo che le era stato riconosciuto il potere intercessorio per i [[miracolo|miracoli]] prescritti (guarigione di due suore da [[ulcera|ulcere]] incurabili e di una suora da una osteo-periostite cronica tubercolare, per quanto concerne la [[beatificazione]], e la guarigione "istantanea e perfetta" di altre due donne, l'una affetta da una malattia perforante la pianta del piede, l'altra da "tubercolosi peritoneale e polmonare e da lesione organica dell'orifizio mitralico", per quanto concerne la canonizzazione)<ref>{{cita web|url=http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xv/bulls/documents/hf_ben-xv_bulls_19200516_divina-disponente_it.html|titolo=Bolla di canonizzazione di Giovanna d'Arco a firma di Benedetto XV del 16 maggio 1920|accesso=26 novembre 2011}}</ref>.
 
Giovanna fu dichiarata [[Patrono|patrona]] di Francia<ref group="N">Più precisamente, è una santa patrona secondaria della Francia, insieme cona Santa Teresa di Lisieux, mentre patrona principale è la Santissima Maria madre di Dio. Cfr. {{cita web|url=http://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/apost_letters/documents/hf_p-xii_apl_19440503_santa-teresa-bambino-gesu_lt.html|titolo=Lettera apostolica che proclama Santa Teresa di Lisieux patrona secondaria della Francia, a firma di Pio XII|lingua=la|accesso=26 novembre 2011}}</ref>, della [[Telegrafo|telegrafia]] e della [[radiofonia]]. È venerata anche come protettrice dei martiri e dei perseguitati religiosi, delle forze armate e di [[polizia]]. La sua [[calendario dei santi|memoria liturgica]] è celebrata dalla Chiesa cattolica il 30 maggio<ref group="N">Anche il calendario dei santi della [[Chiesa anglicana]] ricorda nello stesso giorno Giovanna d'Arco. Cfr. {{cita web|url=https://www.churchofengland.org/prayer-and-worship/worship-texts-and-resources/common-worship/prayer-and-worship/worship-texts-and-resources/common-worship/churchs-year/calendar|titolo=The Church of England - The Calendar}}</ref>. Giovanna d'Arco viene richiamata esplicitamente nel [[catechismo della Chiesa cattolica]] quale una delle più belle dimostrazioni di un animo aperto alla Grazia salvatrice<ref>{{cita web|url=http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s1c3a2_it.htm|titolo=Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2005|accesso=26 novembre 2011}}</ref>. Oggi è la santa francese più venerata.
 
== La verginità ==