Potere disciplinare: differenze tra le versioni

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I requisiti sostanziali per il corretto esercizio del potere disciplinare sono essenzialmente due:
# '''Sussistenza ed imputabilità del fatto''': l’[[onere della prova]] in ordine alla sussistenza del fatto spetta al datore. Qualora il prestatore ritenga che il fatto contestatogli non gli sia imputabile (ad es. per [[forza maggiore]], [[caso fortuito]], condotta di terzi, ecc.), è tenuto a dimostrare le ragioni della non imputabilità .
# '''Proporzionalità tra infrazione e sanzione'''. Il requisito della proporzionalità, previsto dall'art. 2106 c.c., vieta al datore di lavoro di applicare sanzioni non proporzionate all'indebito contestato. Di norma i [[contratto collettivo di lavoro|contratti collettivi]] prevedono le sanzioni comminabili a fronte di determinate condotte illegittime. In questo caso, il datore non può applicare sanzioni più gravi di quelle stabilite dalla contrattazione collettiva. Il controllo ultimo sulla proporzionalità spetta comunque al [[giudice]] avanti al quale la sanzione è impugnata, il quale, su espressa richiesta di parte, può anche sostituire la sanzione adottata dal datore (in ipotesi nulla per difetto di proporzionalità) con una adeguata.
==I limiti procedurali==
L'art. 7 dello Statuto dei lavoratori ha introdotto alcuni requisiti di procedura per il corretto esercizio del potere disciplinare.