Tertium non datur: differenze tra le versioni

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L'espressione entra nella formulazione del ''principio logico del terzo escluso'' che afferma che due [[proposizione (logica)|proposizioni]] formanti una coppia antifatica (p e ¬p) devono avere valore di [[verità]] opposto, ovvero non esiste una terza possibilità (''Tertium non datur''). Esso si trova già formulato nella ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'' di [[Aristotele]].
 
In altre parole, non è possibile che due proposizioni contradditorie siano entrambe non vere, in quanto esso afferma che il valore di verità di una proposizione è sempre opposto a quello della proposizione contraddittoriacontradditoria. Il principio del ''tertium non datur'' implica ed è più generale del [[principio di non-contraddizione]] o di consistenza, per cui se una proposizione è vera, non lo è il suo contrario, fatto che a priori non esclude che entrambe possano essere non vere. Il principio si differenzia anche dal [[principio di bivalenza]] che afferma che una proposizione è vera o è falsa.
 
Le teorie sui [[fondamenti della matematica]], in particolare la scuola [[intuizionismo|intuizionista]], non ne danno oggi per scontata l'autoevidenza. La [[logica fuzzy]] rifiuta questo principio perché i valori di verità sono presi nell'intervallo chiuso tra vero e falso nel campo dei numeri reali, violandone la polarità. In tutte le logiche in cui i valori di verità sono polari questo principio conserva ancora tutta la sua validità, come si dimostra in [[logica binaria]].