Vetro di Murano: differenze tra le versioni

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=== L'Ottocento ===
Caduta la Repubblica di San Marco, nel 1797 cominciò per Venezia una crisi industriale e occupazionale, poiché nel [[1806]] i decreti napoleonici sancirono l'abolizione delle corporazioni artigianali, e quindi l'opera dei vetrai perse la tutela della [[Mariegola|Mariegola dell'Arte]]; in più le fornaci soffrirono la concorrenza della [[Boemia]], [[Stiria]] e [[Carinzia]], delle cui produzioni in vetro abbondavano i nostri mercati. Inoltre, l'imponente emigrazione dei vetrai, diffuse i segreti professionali mentre le materie prime importate e i prodotti esportati, subirono l'alto peso della tassazione. Una stasi si manifestò, quindi, tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX secolo, sia a livello tecnico che estetico, anche se si continuava molto rozzamente la tradizione dei vetri dipinti a smalto dei Brussa. La rinascita fu merito nel 1838 di Domenico Bussolin e di Pietro Bigaglia nel 1845, che ripresero a produrre vetro filigranato dai colori vivaci e dalla varietà di intrecci e alla produzione deldell'"avventurina" e di Lorenzo Radi coi "calcedoni". Successivamente, nella metà del secolo, i fratelli Toso fondarono la fornace omonima e nel 1859 [[Antonio Salviati]] creò il laboratorio collaborando con l'abate [[Vincenzo Zanetti]] alla Fondazione dell'Archivio e alla Scuola di disegno per vetrai, che diverrà [[Museo del Vetro]]. Scuola e Museo erano strettamente connessi poiché gli allievi diventavano maestri se abili a riprodurre fedelmente gli oggetti antichi. Dopo la guerra del 1866, con l'annessione del [[Veneto]] all'[[Italia]], rinacque lo splendore dell'attività muranese. Infatti, nel 1866 Antonio Salviati riattivò la produzione e il commercio del vetro soffiato esportando soprattutto a [[Londra]]. In quest'epoca Vincenzo Moretti creò i "vetri murrini" della Compagnia di Venezia e Murano riproducendo i vetri a mosaico romani. Gli artigiani riproposero anche i vetri paleocristiani a foglia d'oro esposti all'[[Esposizione Universale]] di Parigi del 1878 e i vetri smaltati tra i quali la "Coppa Barovier", conservata al Museo, che ne costituisce l'opera prima; invece, nella tecnica che riproduceva le ceramiche di scavo, vi sono i vetri Corinti e Fenici prodotti dalla Compagnia di Venezia e Murano, da Salviatti e dai Fratelli Toso. Verso gli anni novanta in tutta Europa nascevano movimenti innovatori, ma a Murano si continuava a produrre vetro ottocentesco. Nel 1895, però, i Barovier, all'apertura della prima [[Biennale di Venezia]], produssero calici leggerissimi con gambo a spirale di chiara foggia [[Art Nouveau]].
 
=== Il Novecento ===