Socii e foederati: differenze tra le versioni
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Ezio faceva molto affidamento sui mercenari [[unni]], i quali erano stati determinanti per la sua ascesa al potere. Nel 425 Ezio, con un esercito di 60.000 mercenari unni, era accorso in Italia in sostegno dell'usurpatore Giovanni Primicerio; arrivato troppo in ritardo per salvare Giovanni, Ezio riuscì però a costringere Galla a nominarlo generale, nonostante fosse un sostenitore dell'usurpatore, proprio grazie al grande potere che gli aveva fornito l'armata unna.<ref>Filostorgio, XII,14.</ref> In seguito, nel 433, Ezio riuscì a costringere Galla a nominarlo ''[[magister utriusque militiae]]'', ovvero generalissimo d'Occidente, invadendo l'Italia con altri mercenari unni. Ezio fece ampio uso di mercenari unni anche in Gallia: grazie al sostegno degli Unni, Ezio riuscì a vincere nel 436 i [[Burgundi]], massacrati dall'esercito romano-unno di Ezio, ridotti all'obbedienza e insediati come ''foederati'' intorno al [[lago di Ginevra]]; gli Unni risultarono poi decisivi anche nella repressione della rivolta dei [[bagaudi]] in Armorica e nelle vittorie contro i Visigoti [[battaglia di Narbona (436)|a Narbona]] e sul monte Colubrario,<ref>{{cita|Heather|pp. 350-351.}}</ref> grazie alle quali nel 439 i Visigoti accettarono la pace a condizioni non troppo dissimili a quella del 418. In cambio del sostegno degli Unni, Ezio fu però costretto a cedere loro la Pannonia.<ref>{{cita|Heather|p. 350.}}</ref> Inoltre l'alleanza militare di Ezio con gli Unni suscitò lo sdegno e la condanna di scrittori cristiani come [[Prospero Tirone]] e [[Salviano di Marsiglia]], che si lamentarono non solo per il fatto che il generale [[Litorio]] permettesse agli Unni di compiere sacrifici alle loro divinità e di predire il futuro attraverso la scapulimanzia, ma anche per i saccheggi degli Unni contro gli stessi cittadini che erano tenuti a difendere. Secondo il vescovo Salviano, autore del ''De gubernatione dei'' ("Il governo di Dio"), l'impiego dei pagani Unni contro i cristiani (seppur [[arianesimo|ariani]]) Visigoti non avrebbe fatto altro che provocare la perdita della protezione di Dio, perché i Romani «avevano avuto la presunzione di riporre la loro speranza negli Unni, essi invece che in Dio». A conferma della sua tesi, Salviano rammenta che nel 439 Litorio, arrivato alle porte della capitale visigota [[Tolosa]] con l'intento di conquistarla e sottomettere completamente i Visigoti, perse la battaglia decisiva a causa della defezione degli Unni, venendo catturato e successivamente giustiziato. Secondo Salviano, la sconfitta degli arroganti Romani, adoratori degli Unni, contro i pazienti goti, timorati di Dio, oltre a costituire una giusta punizione per Litorio, confermava il passo del [[Nuovo Testamento]], secondo cui «chiunque si esalta sarà umiliato, e chiunque si umilia sarà esaltato».<ref>Salviano, ''De gubernatione Dei'', VII, 9.</ref>
Ormai l'esercito romano in Occidente era costituito quasi esclusivamente da barbari. Tra il 440 e il 443 Ezio autorizzò nuovi gruppi di barbari ad insediarsi in Gallia come ''foederati'': nel 440 insediò nei pressi di [[Valence (Drôme)|Valence]] un gruppo di Alani, assegnando loro campi abbandonati (''deserta rura'') per evitare di dover ricorrere a confische ai danni dei proprietari terrieri locali, mentre nel 442 un altro gruppo di Alani fu insediato nei pressi di [[
[[File:rechila.gif|thumb|right|upright=1.6|Le conquiste del re svevo Rechila (438-448).]]
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