Al-Farazdaq: differenze tra le versioni

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Beduino appartenente al clan dei Dārim trasferitosi dalla originaria [[Penisola araba|Arabia]] orientale ai territori [[Iraq|iracheni]], si rivelò un importante e prezioso testimone del primo secolo dell'[[Egira]].<ref name ="le muse">{{cita libro | titolo=le muse | editore=De Agostini | città=Novara | anno=1964 | volume=IV |p=454}}</ref>
 
È stato un rappresentante dei cosiddetti ''mukhāḍramūn'', che agirono nel periodo di transizione tra la cultura [[Beduini|beduina]] della [[Jāhiliyya]] e la società [[islam|musulmana]] che si stava formando.<ref name =Brit />
 
Già noto come poeta all'età di quindici anni, a causa sia delle sue tendenze [[Libertino (sociologia)|libertine]] e antireligiose sia per le sue frecciate argute che punzecchiarono vari [[Califfo#Califfi|califfi]] del ramo [[Omayyadi|omayyade]] dei [[Marwanidi]], fu protagonista di molte vicissitudini, sia in patria sia a [[Medina]].<ref name ="le muse" />
 
Nel [[669]] fu costretto a scappare da [[Bassora]], a causa delle minacce del ''[[Wali (governatore)|Walī]]'' di [[Kufa]] [[Ziyad ibn Abihi]], e trovò rifugio presso Medina, dove, accolto favorevolmente dall'[[Emiro]] Saʿīd ibn al-ʿĀṣ, rimase dieci anni descrivendo la vita delle tribù [[beduini|beduine]] dei Banū Nahshal e dei Banū Fuqaym.<ref name =Brit /> Però a causa di alcuni suoi versi di contenuto amoroso venne cacciato dal califfo [[Marwan ibn al-Hakam|Marwān I]] e quindi rientrò a Bassora grazie ai favori del successore di [[Ziyad ibn Abihi|Ziyād]], suo figlio [[Ubayd Allah ibn Ziyad|ʿUbayd Allāh]].<ref name =Brit />
 
In tutta la sua vita alternò momenti di disgrazia a quelli di successo e di stima, e queste sue vicende personali si intrecciarono con le lotte politiche intraprese dalla varie correnti attive nel primo secolo dell'Egira.<ref name ="le muse" />
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Grazie alla sua satira sociale e politica, le sue opere assursero, attraverso i secoli, al ruolo di importanti testimonianze, fisse nel tempo, di una società in rapida evoluzione.<ref name ="le muse" />
 
L'opera che ha reso immortale la poesia di al-Farazdaq fu il monumentale ''[[Diwan|Dīwān]]'' ("Canzoniere"), costituito da circa ottocento composizioni. L'opera può essere considerata la più vasta della [[letteratura araba]], ed è costituita da lamenti, poemi satirici e lodi.<ref name=Brit>{{Cita web|url= http://www.britannica.com/EBchecked/topic/201778/al-Farazdaq|titolo=al-Farazdaq nell’Enciclopedia Britannica|accesso=28 febbraio 2015}}</ref>
 
Per quanto riguarda i contenuti e lo stile, l'autore riadattò la tradizionale poesia beduina, della ''[[Qaṣīda|qasīda]]'' alle esigenze mutanti della realtà a lui contemporanea, aggiungendovi l'elemento epigrammatico, talvolta non privo di sfondi osceni e di sensualità.<ref name ="le muse" />