Esercito romano: differenze tra le versioni

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|Simbolo=[[File:Vexilloid of the Roman Empire.svg|100px]] [[File:Logobes.jpg|100px]]
|Descrizione_simbolo=[[Aquila (storia romana)|Aquila]], ''[[SPQR|SPQR - Senatus popolusque romanus -]]'' (Repubblica ede Alto Impero);<br />[[Labaro|Labarum]], ''IHSV - In Hoc Signo Vinces -'' (Tardo Impero);
|Simbolo2=
|Descrizione_simbolo2=
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Secondo la tradizione fu [[Romolo]] a creare, sull'esempio della [[Falange (militare)|falange]] greca,<ref name="LivioVIII,8,3">[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', VIII, 8, 3.</ref> la [[legione romana]]. Egli iniziò a dividere la popolazione che era adatta alle armi, in contingenti militari. Ogni contingente militare era formato da 3.000 fanti e 300 cavalieri, scelti tra la popolazione, e che chiamò [[legione romana|legione]] (latino: ''[[legione romana|legio]]''),<ref name="Plutarco13,1">[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 13, 1.</ref><ref name="grantP22">Grant, ''The History of Rome'', p. 22<br />* Boak, ''A History of Rome to 565&nbsp;AD'', p. 69</ref> una tradizione di cui gli studiosi riconoscono l'evidente carattere di arbitrarietà.<ref group="a">L'''[[Enciclopedia Britannica|Encyclopedia Britannica]]'', [[Encyclopædia Britannica Eleventh Edition|undicesima edizione (1911)]], definisce questi numeri "evidentemente artificiosi e inventati."</ref> I 3.000 fanti (''pedites'') e 300 cavalieri (''[[cavalleria (storia romana)|equites]]'') erano arruolati dalle tre [[tribù]] che formavano la primitiva popolazione di Roma: i ''[[Tribù (storia romana)|Tities]]'', i ''[[Tribù (storia romana)|Ramnes]]'' ed i ''[[Tribù (storia romana)|Luceres]]''. In epoca regia era formata da cittadini compresi tra i 17 ed i 46 anni, in grado di potersi permettere il costo dell'armamento.<ref>Scheidel, W., 1996, "Measuring Sex, Age and Death in the Roman Empire" ''Journal of Roman Archaeology Supplementary series no. 21'', Chapter 3.</ref>
 
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a [[Falange (militare)|falange]],<ref name="LivioIVeVIII">[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', IV, 59-60; e VIII, 8, 3.</ref> con la [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]] ai lati. Ogni fila di 1.000 armati era comandata da un ''[[tribuno militare|tribunus militum]]'', mentre gli squadroni di cavalleria erano alle dipendenze di un ''[[celeres|tribunus celerum]]'',<ref>[[Marco Terenzio Varrone]], ''[[De lingua Latina]]'', V, 81 e 89.</ref><ref name="DeFrancisci57">[[Pietro De Francisci]], ''Sintesi storica del diritto romano'', p.57.</ref> mentre il ''[[Rex (storia romana)|Rex]]'' assumeva il comando dell'intero esercito ede a cui spettava, inoltre, il compito di scioglierlo al termine della campagna dell'anno.<ref>[http://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/Roman/Texts/secondary/SMIGRA*/Tribunus.html Smith, William ''A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, John Murray, London, 1875'' - voce ''Tribunus''].</ref>
 
Mommsen usa argomenti filologici e riferimenti a Livio e altri autori per suggerire che la gran massa dei fanti consisteva probabilmente di ''[[pilunno|pilumni]]'' (lanciatori di [[pilum]]), con un numero più piccolo a servire forse come ''[[arquites]]'' (arcieri).<ref name=mommsen20>[[Theodor Mommsen]], ''The History of Rome'', Volume 1, p. 20.</ref> La [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]] era di molto inferiore in numero e consisteva probabilmente unicamente dei cittadini più ricchi della città.<ref name=Boak69>Boak, ''A History of Rome to 565&nbsp;AD'', p. 69.</ref> L'esercito conteneva forse anche le prime forme di carri,<ref>Boak, ''A History of Rome to 565&nbsp;AD'', p. 86.</ref> a cui sembra alludere il riferimento al termine ''flexuntes''<ref>Il termine è usato, occasionalmente, come un antico nome dei cavalieri romani: in [[Gaio Plinio Secondo|Plinio il Vecchio]] (''[[Naturalis historia]]'', XXXIII, 35), ad esempio: ''Equitum quidem etiam nomen ipsum saepe variatum est, in iis quoque, qui id ab equitatu trahebant. celeres sub Romulo regibusque sunt appellati, deinde flexuntes, postea trossuli [...]'' [http://penelope.uchicago.edu/Thayer/L/Roman/Texts/Pliny_the_Elder/33*.html#35 testo on line da [[LacusCurtius]]]). Il termine ricorre anche in uno dei frammenti di [[Granio Liciniano]], ''Storia romana'', XXVI, 3, tramandataci da un [[palinsesto (filologia)|palinsesto]].</ref> (o ''flexuntae'': "carrettai, costruttori di carri") usato a volte per riferirsi alla cavalleria romana.<ref>[[Theodor Mommsen]], ''The History of Rome'', Volume 1, p. 65.</ref>
 
Ora sulla base dei recenti ritrovamenti archeologici si è potuto notare che il primo esercito romano, quello di [[Romolo|epoca romulea]], era costituito da fanti che avevano preso il modo di combattere e l'armamento dalla [[civiltà villanoviana]] della vicina [[Etruria]]. I guerrieri combattevano prevalentemente a piedi con lance, giavellotti, spade (con lame normalmente in bronzo, ed in rari casi in ferro, della lunghezza variabile tra i 33 ed i 56&nbsp;cm<ref name="Connolly91">P. Connolly, ''Greece and Rome at war'', Londra 1998, p. 91.</ref>), pugnali (con lame di lunghezza compresa tra i 25 ed i 41&nbsp;cm<ref name="Connolly92">P. Connolly, ''Greece and Rome at war'', Londra 1998, p. 92.</ref>) ede asce, mentre solo i più ricchi potevano permettersi un'armatura composta da elmo e corazza, gli altri una piccola protezione rettangolare sul petto, davanti al cuore, delle dimensioni di circa 15 x 22&nbsp;cm.<ref name="Connolly93">P. Connolly, ''Greece and Rome at war'', Londra 1998, p. 93.</ref> Gli scudi avevano dimensioni variabili (comprese tra i 50 ed i 97&nbsp;cm<ref name="Connolly94">P. Connolly, ''Greece and Rome at war'', Londra 1998, p. 94.</ref>) e di forma prevalentemente rotonda (i cosiddetti ''[[clipeo|clipeus]]'', abbandonati secondo [[Tito Livio]] attorno alla fine del [[V secolo a.C.]]<ref name="LivioIVeVIII"/>) atti ad una miglior maneggevolezza.<ref name="Connolly91"/> [[Plutarco]] racconta, inoltre, che una volta uniti tra loro, [[Storia romana|Romani]] e [[Sabini]], [[Romolo]] introdusse gli scudi di tipo sabino, abbandonando il precedente di tipo [[achei|argivo]] e modificando le precedenti armature.<ref>[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 21, 1.</ref>
 
Si dice però che [[Romolo]], quando la città di Roma si ingrandì e si unirono i [[Sabini]], abbia deciso di raddoppiare le sue truppe in: 6000 fanti e 600 cavalieri.<ref name="Plutarco20,1">[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'' 20, 1.</ref> E da ultimo sembra che [[Romolo]] costituì una guardia personale di trecento cavalieri chiamata ''[[Celeres]]''<ref name="Plutarco26,2">[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 26, 2.</ref><ref name="Livio1,15">[[Tito Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', I, 15.</ref> (eliminata poi da [[Numa Pompilio]]<ref>[[Plutarco]], ''Numa'', 7, 8.[[Giovanni Zonara|Zonara]], ''Epitome Historiarum'', 7, 5.</ref>), similmente a quanto fece oltre settecento anni più tardi [[Augusto]] con la creazione della [[guardia pretoriana]] a difesa del ''[[Principato (storia romana)|Princeps]]''. E sempre Romolo sembra fu il primo ad aver distribuito personalmente ai soldati la terra conquistata in guerra.<ref name="Plutarco27,3">[[Plutarco]], ''Vita di Romolo'', 27, 3.</ref>
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Secondo [[Tito Livio]], attorno alla metà del [[IV secolo a.C.]], durante la [[guerra latina]], le [[legione romana|legioni]] erano composte da 5.000 fanti e 300 [[cavalleria (storia romana)|cavalieri]].<ref name="LivioVIII8,14">[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', VIII, 8, 14.</ref> Era utilizzata all'interno della [[legione romana|legione]], la formazione [[manipolo (storia romana)|manipolare]] (dal [[lingua latina|latino]] ''manipulus''). La legione a sua volta era divisa in tre differenti schiere:
# la prima era costituita dagli ''[[Hastati]]'' ("il fiore dei giovani alle prime armi", come racconta Livio<ref name="LivioVIII,8,6">[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', VIII, 8, 6.</ref>) in formazione di quindici manipoli (di 60 fanti ciascuno<ref name="Connolly126-128"/>) oltre a 20 fanti armati alla leggera (dotati di lancia o giavellotti, non invece di [[Scudo (esercito romano)|scudo]]), chiamati ''[[leves]]''.<ref>[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', VIII, 8, 5.</ref>
# la seconda era formata da armati di età più matura, chiamati ''[[Principes]]'', anch'essi in formazione di quindici manipoli, tutti forniti di [[Scudo (esercito romano)|scudo]] ede armi speciali.<ref name="LivioVIII,8,6"/> Queste prime due schiere (formate da 30 manipoli) erano chiamate ''[[antepilani]]''.<ref name="LivioVIII,8,7">[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', VIII, 8, 7.</ref>
# la terza era formata da altri quindici "ordini", formati ciascuno da 3 manipoli (il primo di ''[[Triarii]]'', il secondo di ''[[Rorarii]]'' ed il terzo, di ''[[Accensi]]'') di 60 armati ognuno.<ref name="LivioVIII,8,7"/> Ognuna di queste quindici unità constava di due [[signifer|vessilliferi]] e quattro [[centurione|centurioni]], per un totale di 186 uomini. I ''Triari'' erano soldati [[veterano (storia romana)|veterani]] di provato valore, i ''Rorarii'', più giovani e meno esperti, ed infine gli ''Accensi'', ultima schiera di scarso affidamento.<ref name="LivioVIII,8,8">[[Tito Livio|Livio]], ''[[Ab Urbe condita libri]]'', VIII, 8, 8.</ref>
 
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;Sotto [[Tiberio]]:
:* nominò dal [[14]] al [[37]] un solo [[prefetto del pretorio]] per volta, designando per questa posizione di comando il tristemente noto [[Seiano]]. Insieme a quest'ultimo decise di concentrare ede alloggiare le 9 [[guardia pretoriana|coorti pretoriane]] e le 3 [[coorti urbane]] ([[20]]-[[23]] ca.) nella stessa città di Roma, (nei ''[[Castra Praetoria]]'' sull'[[Esquilino]], al di là delle [[mura serviane]]).<ref name="LeBohec30"/> Le dodici unità furono alloggiate in un [[castrum|campo]] di 440 x 380 metri, pari a 16,72 [[ettaro|ha]], ad ovest del quale fu approntata un'area per le esercitazioni.<ref>[[Yann Le Bohec|Y. Le Bohec]], ''L'esercito romano da Augusto alla fine del III secolo'', p. 29.</ref>
:* concesse nel [[24]] la [[cittadinanza romana]] alle [[vigiles|coorti di vigili]] di Roma che avessero svolto almeno sei anni di servizio, in seguito ridotto a soli tre anni;<ref name="LeBohec31">Y. Le Bohec, ''L'esercito romano da Augusto alla fine del III secolo'', Roma 2008, p. 31.</ref>
:* dispose che l'[[castrum#Fortezze legionarie|acquartieramento delle legioni]] lungo il ''[[limes romano|limes]]'' acquisisse le caratteristiche di una maggiore permanenza e stabilità, tanto che i terrapieni, rinforzati con una palizzata in legno, diventassero sempre più massicci, mentre gli alloggiamenti più confortevoli, mentre in rari casi sembra che alcuni accampamenti legionari siano stati costruiti in pietra (come ad ''[[Argentoratae]]'' e ''[[Vindonissa]]'');<ref>Cambridge University Press, ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', in ''Storia del mondo antico'', vol. VIII, Il Saggiatore, Garzanti, Miano 1975, p. 446.</ref>
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:* al fine di aumentare la capacità difensiva dei [[limes romano|confini imperiali]] per tutta la loro lunghezza (oltre 9.500 km terrestri), dispose di ricostruire numerose [[castrum#Fortezze legionarie|fortezze legionarie]] in pietra ed in posizioni strategicamente migliori, in modo da non trascurare la sicurezza delle legioni ivi acquartierate;<ref>J. Szilagyi, ''Les variations des centres de preponderance militaire dans le provinces frontières de l'empire romain'', in ''Acta Antiqua Academiae Scientiarum Hungaricae'', 2 (1953), p. 205.</ref>
:* non trascurò il fatto che le truppe di confine, quando rimanevano inattive per troppo tempo, in un ambiente ospitale (soprattutto in Oriente), perdevano la loro capacità di combattere. Queste truppe, non avendo infatti una prospettiva immediata di guerra o di [[bottino di guerra (storia romana)|bottino]], rischiavano di perdere la proverbiale disciplina e deteriorarsi. Solo un allenamento costante poteva preservare le capacità di combattimento, anche in tempo di pace, ben sapendo che dai primi [[castrum|accampamenti]] "rurali" (circondati dalle sole campagne) si era ormai passati a fortezze che andavano sempre più acquisendo una tipica atmosfera urbana (''[[canabae]]'');<ref>E. Luttwak, ''La grande Strategia dell'Impero romano'', pp. 159-162.</ref>
:* tornò all'ordinamento augusteo, riducendo le coorti pretoriane a 9, ede ancora una volta ''quingenarie'',<ref>Cambridge University Press, ''Storia del mondo antico'', ''L'impero romano da Augusto agli Antonini'', vol. VIII, Milano 1975, p. 531.</ref> le quali furono aumentate poi dal figlio [[Domiziano]] fino a 10.<ref>Alessandro Milan, ''Le forze armate nella storia di Roma antica'', XII, p. 116.</ref>
:* la riforma della prima [[coorte]], che secondo alcuni potrebbe essere avvenuta all'epoca di [[Augusto]], forse si colloca al tempo dei [[Dinastia flavia|Flavi]] e più precisamente attorno al 70.<ref name="Keppie176">L. Keppie, ''The Making of the Roman Army, from Republic to Empire'', 1984, p. 176.</ref><ref>{{Cita libro|cognome=McNab|nome=Chris|titolo= L'esercito di Roma| editore= Libreria editrice goriziana| anno=2012|pagine=182-183}}</ref> Si trattava di una coorte ''milliare'', vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti (dalla II alla X, formate ciascuna da 6 centurie = 3 manipoli), con 5 manipoli di 160 armati ciascuno (pari a 800 legionari), a cui era affidata l'[[Aquilifer|aquila della legione]].<ref name="Keppie176"/> Primo esempio di costruzioni che ospitassero una coorte di queste dimensioni lo troviamo nella [[castrum#Fortezze legionarie|fortezza legionaria]] di [[Pinnata Castra|Inchtuthill]] in [[Scozia]].<ref name="Keppie174-175">L. Keppie, ''The Making of the Roman Army, from Republic to Empire'', 1984, pp. 174-175.</ref>
 
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;Sotto [[Traiano]]:
:* fu introdotto l'uso del ''[[kontos|contus]]'' per le unità di [[cavalleria (storia romana)|cavalleria ausiliaria]], anche costituendo un reparto di cavalieri su [[camelus dromedarius|dromedari]] ede arruolando nella cavalleria romana reparti di [[Daci]];
:* fu forse abolita la [[cavalleria legionaria]];<ref name="LeBohec33">Y. Le Bohec, ''L'esercito romano da Augusto alla fine del III secolo'', Roma 2008, p. 33.</ref>
:* La speciale "guardia del corpo" voluta da [[Augusto]] e poi sciolta da [[Galba]], reclutata tra le popolazioni [[germani]]che dei [[Batavi]] (''corporis custodes''), fu ricostituta da Traiano, questa volta organizzata in ''[[turma]]e'', comandate da [[decurione|decurioni]], il cui primo ufficiale era un ''[[tribuno militare|tribunus militum]]''.<ref name="LeBohec31"/>
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[[File:Roman soldier 175 aC in northern province.jpg|thumb|upright|Ricostruzione dell'abbigliamento e della panoplia di un soldato romano nelle province settentrionali, seconda metà del II secolo]]
;Sotto [[Marco Aurelio]]:
:* Tra il [[163]] ed il [[166]] [[Lucio Vero]] fu costretto dal fratello, [[Marco Aurelio]] a condurre una [[campagne partiche di Lucio Vero|nuova campagna in Oriente]] contro i [[Impero partico|Parti]], che l'anno precedente avevano attaccato i territori romani di [[Cappadocia (provincia romana)|Cappadocia]] e [[Siria (provincia romana)|Siria]] ede avevano distrutto un'intera legione (la [[Legio VIIII Hispana|IX ''Hispana'']]<ref name="Keppie214" />). Il nuovo imperatore lasciò che fossero i suoi stessi generali ad occuparsene, tra cui lo stesso [[Gaio Avidio Cassio]] (che riuscì ad usurpare il trono imperiale, anche se solo per pochi mesi, dieci anni più tardi nel [[175]]). Le armate romane, come cinquant'anni prima quelle di [[Traiano]], riuscirono anche questa volta ad occupare i territori fino alla capitale dei [[Impero partico|Parti]], [[Ctesifonte]]. La [[peste antonina|peste]] scoppiata durante l'ultimo anno di campagna, nel [[166]], costrinse i [[Impero romano|Romani]] a ritirarsi da parte dei territori appena conquistati, portando questa terribile malattia all'interno dei suoi stessi confini, e flagellandone la sua popolazione per oltre un ventennio. Sembra, infatti, che queste campagne abbiano portato all'occupazione permanente dei territori ad est dell'[[Eufrate]] e la creazione delle [[provincia romana|province]] di [[Mesopotamia (provincia romana)|Mesopotamia]] e [[Armenia (provincia romana)|Armenia]]<ref>Una forte guarnigione romana veniva posta nella nuova città di [[Kainepolis]] (l'odierna [[Ečmiadzin]]) a 40 km a nord-est di [[Artašat|Artaxata]] (Frontone, ''Ad Verum imperatorem'', 2.1.; F. A. Arborio Mella, ''L'impero persiano da Ciro il Grande alla conquista araba'', Milano 1980, Ed.Mursia, p. 333).</ref> da parte dei [[Impero romano|Romani]], difesa anche in fasi successive durante l'intero [[III secolo]] (da [[Settimio Severo]] a [[Diocleziano]]-[[Galerio]]).
:* Appena terminata questa fase offensiva in Oriente, l'impero romano dovette affrontare una crisi ben più grave in Occidente. L'imperatore [[Marco Aurelio]] e suo figlio [[Commodo]], furono [[guerre marcomanniche|costretti a combattere contro le popolazioni germaniche e sarmatiche]] a nord del [[Danubio]] dal [[166]]/[[167]] al [[188]]. È probabile che Marco Aurelio avesse in progetto fin dagli inizi del suo regno l'occupazione permanente dei territori a nord del medio danubio. Non a caso formò attorno al [[165]]-[[166]] due nuove legioni: si trattava della [[legio II Italica|II]] e [[legio III Italica|III ''Italica'']].<ref>Parker, Roman legions, p.116-117.</ref> E se alla fine sia le popolazioni [[germani]]che, sia quelle [[sarmati]]che furono battute, dopo la morte dell'[[Marco Aurelio|imperatore filosofo]], il figlio [[Commodo]] disattese alle aspettative paterne e rinunciò a dare loro il colpo di grazia, evitando di fare di questi territori due nuove province a nord del medio corso del [[Danubio]]: la ''[[Marcomannia]]'' e la ''[[Sarmazia|Sarmatia]]''.
:* Notevole fu l'utilizzo di ''[[vessillazione|vexillationes]]'' legionarie soprattutto durante le [[guerre marcomanniche]], al fine di comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-[[provincia romana|provincia]] di ''[[Marcomannia]]'', come testimoniano numerose iscrizioni, tra cui quella rinvenuta a ''[[Trenčín|Leugaricio]]'', delle legioni [[legio I Adiutrix|I ''Adiutrix'']] e [[legio II Adiutrix|II ''Adiutrix'']].<ref>{{CIL|3|13439}} e {{AE|1956|124}}.</ref>
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::* il numero degli effettivi della [[guardia pretoriana]] venne aumentato da 5.000 a 10.000;<ref name="CarriéEsercitiStrat87-88"/>
::* fu triplicato il numero di armati delle [[coorti urbane]], passando da 2.000 a 6.000;<ref name="CarriéEsercitiStrat87-88"/>
::* a cui si devono sommare i 3.500 ''[[Vigiles]]'' ede ai 1.000 ''[[equites Singulares Augusti|equites singulares]]''.<ref name="CarriéEsercitiStrat87-88"/>
:* favorì i legionari in vari modi, aumentando loro la [[paga (esercito romano)|paga]] e riconoscendo loro il diritto di sposarsi durante il servizio,<ref>L. Keppie, ''The Making of the Roman Army, from Republic to Empire'', 1984, p. 148.</ref> oltre ad abitare con la propria famiglia fuori del campo (''[[canabae]]''). Tale riforma comportò una "regionalizzazione" delle legioni, che in questo modo si legarono non solo al loro comandante, ma anche a un territorio ben preciso.
:* Secondo [[Erodiano]] le truppe che stazionarono in Roma (o nelle sue vicinanze, come i [[castra Albana]]) furono quadruplicate,<ref>[[Erodiano]], ''Storia dell'impero dopo Marco Aurelio''III, 13.4.</ref> o almeno triplicate se consideriamo che: gli effettivi delle [[guardia pretoriana|coorti pretorie]] furono raddoppiati da [[Settimio Severo]], fino a 1.000 armati ciascuna (''milliarie''), per un totale di 10.000 armati, ora sostituiti con soldati scelti delle legioni [[Pannonia (provincia romana)|pannoniche]], per punire coloro che si erano in precedenza schierati contro di lui durante la [[guerra civile romana (193-197)|guerra civile]];<ref>[[Cassio Dione|Cassio Dione Cocceiano]], ''Storia romana'', LXXIV, 1; [[Historia Augusta]], ''Septimius Severus'', XVII, 5; [[Zosimo (storico)|Zosimo]], ''Storia nuova'', I, 8.2.</ref> quelli delle [[coorti urbane]], furono probabilmente portati fino a 1.500 (per un totale di 6.000 armati);<ref name="LeBohec30"/> a questi si sommavano poi i 3.500 armati dei ''[[Vigiles]]'', i 1.000 ''[[equites Singulares Augusti|equites singulares]]'' e i 5.500/6.000 della ''[[legio II Parthica]]'', per un totale complessivo di 30.000 armati, contro i 10.500 dell'[[Riforma augustea dell'esercito romano|epoca augustea]].
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La predisposizione per la [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]] riguardava non solo le forze ausiliarie ed i numeri, ma anche le [[legione romana|legioni]] stesse, dove il numero di cavalieri passò da 120 a 726 per legione.
 
Con la riforma di Gallieno, inoltre, si completava il passaggio di responsabilità militari dall'[[senato romano|ordine senatorio]] a [[cavalleria (storia romana)|quello equestre]]. Se in passato, infatti, i comandanti delle legioni (''[[legatus legionis]]'') provenivano in buona parte dal Senato, e solo pochi erano cavalieri, come quelli che comandavano le legioni [[Egitto (provincia romana)|egiziane]], [[Mesopotamia (provincia romana)|mesopotamiche]] (come la [[Legio I Parthica|I]] e [[Legio III Parthica|III ''Parthica'']]) o del [[Castra Albana|castrum italico]] presso i [[colli Albani]] ([[Legio II Parthica]]), grazie a Gallieno provenivano tutti dalla sola classe equestre (''[[praefectus legionis]]''). Gallieno non fece altro che formalizzare una pratica, iniziata sotto Augusto ede andata consolidandosi a partire da Settimio Severo, che toglieva progressivamente l'esperienza militare ai senatori.<ref>{{Cita libro|autore=Santo Mazzarino|titolo=L'impero romano|città=Bari|anno=1973
|p=550}} {{CIL|8|20996}}.</ref> Ciò potrebbe essere spiegato anche con il fatto che gli stessi senatori erano ormai più interessati a vivere nel lusso delle loro ville in [[Italia]], piuttosto che nelle ristrettezze che la vita militare nelle province richiedeva.
 
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Qualora non fosse fornito di armamento pesante indossava un ''berretto pannonico'' (più comune in occidente) o un ''berretto frigio'' (più comune in oriente). Solitamente brandiva uno scudo ovale o rotondo dipinto con lo stemma della sua unità, lo ''spiculum'' (simile al ''pilum''), il ''verutum'' (giavellotto) o la ''lancea''. Appesa al ''[[cingulum]]'' (simile ad una cintura) portava la ''[[spatha]]''. Le unità di fanteria dell'esercito romano tardo imperiale erano le ''legiones'' (''[[comitatensi palatini|palatinae]]'', ''[[comitatensi|comitatenses]]'' o ''[[pseudocomitatense]]s'') e le ''[[auxilia palatina|auxiliae palatinae]]''. Le prime erano eredi delle antiche legioni spesso ne portavano ancora il nome (a titolo di esempio si pensi ai ''[[Legio I Italica|Primani]]'', alla ''[[Legio II Augusta|Secunda Britannica]]'' o agli ''[[Legio VIII Augusta|Octavani]]''), erano costituite da 1000 - 2000 fanti, generalmente con armamento pesante, erano adeguate per scontri in campo aperto.
 
Le seconde erano eredi delle unità ausiliarie di differenti origini etniche (a titolo di esempio si pensi agli ''[[Heruli]]'' ede ai ''[[Batavi (legione romana)|Batavi]]'') che dopo la ''[[constitutio Antoniniana|constitutio antoniniana]]'' di [[Caracalla]] (212) erano state integrate nel tessuto imperiale.<ref name="ReferenceC">Silvano Mattesini, ''Le Legioni Romane, L'armamento in mille anni di storia'', pag. 147.</ref> In particolare le ''auxiliae palatinae'' erano costituite da 500 - 1000 fanti, generalmente con armamento leggero, più versatili delle ''legiones'' ed impiegabili anche in azioni di guerriglia e rastrellamento. Le ''auxiliae palatinae'' furono il prodotto di un riuscito processo di integrazione dell'elemento barbarico nelle Istituzioni Romane, a differenza di quanto avvenne con i ''foederati''.
 
[[File:PICT0709small.jpg|thumb|Due rievocatori dell'esercito romano del Tardo impero mostrano l'abbigliamento quotidiano (a sinistra) e da battaglia (a destra) di un soldato romano del V secolo]]
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==== Imbarbarimento e dissoluzione dell'esercito in Occidente ====
{{vedi anche|Impero romano d'Occidente|Caduta dell'Impero romano d'Occidente}}
L'esercito romano nel V secolo si trovava nella necessità di dover rispondere rapidamente alla crescente pressione barbarica in Occidente, ma senza poter sopperire alle esigenze di reclutamento attingendo unicamente dai territori imperiali, a causa della diffusa resistenza alle coscrizioni.<ref>Spesso, per non privarsi della manodopera necessaria alla coltivazione delle loro terre, i latifondisti riscattavano dal servizio militare i loro contadini, versando al fisco una quota in denaro, che era usata dallo Stato per reclutare i barbari (il problema è in realtà molto discusso; cfr. Jean-Michel Carrié, Eserciti e strategie, in Storia di Roma, II.2, Einaudi, Torino, 1991, pp. 137-139).</ref><ref>Gibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si tagliarono le dita della mano destra pur di non essere arruolati.</ref> Per questa ragione si ricorse sempre di più a contingenti barbarici, utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari tardo imperiali (''legiones'', ''vexillationes'' ed ''auxiliae''), ed in seguito, in forme sempre più massicce, come'' foederati'' che conservavano i loro modi nazionali di vivere e fare la guerra. Il risultato fu un esercito ''romano'' nel nome, ma sempre più estraneo alla società che era chiamato a proteggere. Da alcune fonti letterarie del tempo si può evincere che il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad indicare una fase di progressiva smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie. In una seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identità, come già sarebbe avvenuto all'epoca del ''magister militum'' [[Flavio Ezio]], quando probabilmente anche la maggior parte delle ''auxiliae palatinae'', esempio di riuscita integrazione dell'elemento barbarico nella macchina bellica romana, furono rimpiazzate da federati.<ref name = "Giordane">[[Giordane]], ''[[De origine actibusque Getarum]]'', XXXVI, 192: «...hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie nationes..».</ref> Non è un caso che a questo periodo si pensa risalga l'ultimo aggiornamento della ''[[Notitia dignitatum|Notitia Dignitatum]]'' in seguito all'istituzione dell'unità denominata ''Placidi Valentinianici felices'' (dedicata all'imperatore [[Valentiniano III]] ede annoverata tra i ''numeri intra Italiam'').<ref>Guido Clemente, ''Guida alla storia romana'', pp. 173 e seg.; p. 199 nt.81; Zecchini, ''Aezio: l'ultima difesa dell'Occidente romano'', Roma, 1983, p. 151 nt. 42.</ref> Questa effettivamente potrebbe essere considerata "l'ultima legione" dell'Impero romano.
 
[[Vegezio]], autore di un manuale di strategia militare redatto tra la fine del IV secolo e la prima metà del del V secolo, si lamentò per l'imbarbarimento progressivo dell'esercito romano, il quale, cominciando a combattere alla maniera barbarica, perse il suo tradizionale vantaggio nella superiore disciplina e strategia militare; lo stesso Vegezio si lamentò per il fatto che l'imperatore Graziano avesse permesso ai suoi fanti, probabilmente di origini barbariche, di non indossare più elmo e armature, esponendoli maggiormente alle armi nemiche e portando come nefasta conseguenza a diverse sconfitte contro gli arcieri goti.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|pp. 29-30.}}</ref> Vegezio lamentò poi che non si costruissero più accampamenti e riferisce le conseguenze nefaste di questa scelta.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|p. 30.}}</ref> Sempre Vegezio lamentava poi che i proprietari terrieri, non intendendo perdere manodopera, escogitavano diversi espedienti pur di non fornire soldati all'esercito, ricorrendo anche alla corruzione degli ufficiali reclutatori: ciò fece sì che, invece di reclutare gente idonea al combattimento, venissero reclutati pescatori, pasticcieri, tessitori e altre professioni ritenute non idonee da Vegezio.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|p. 29.}}</ref> La soluzione di Vegezio era tornare all'antico modo di combattere, alla "maniera romana", abbandonando il modo di combattere "alla barbara" introdotto dal sempre più crescente arruolamento di Barbari; in Occidente, tuttavia, per diverse ragioni, non si riuscì a invertire questa tendenza, portando alla sua rovina.<ref>{{cita|Ravegnani 2012|pp. 30-31.}}</ref>
 
Ma se l'Impero fosse riuscito a controllare l'immigrazione dei Barbari e a romanizzarli, sarebbe riuscito a sopravvivere. Prima della battaglia di Adrianopoli, ai barbari che migravano nell'Impero con il permesso dell'Impero (''receptio'') oppure come prigionieri di guerra non era permesso di conservare la loro unità di popolo: alcuni venivano arruolati nell'esercito, mentre il resto veniva sparpagliato per un'area vastissima come contadini non liberi; in questo modo l'Impero rendeva inoffensivi i nuovi arrivati, e li romanizzava.<ref>{{cita|Heather|pp. 201-202.}}</ref> In seguito alla sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette però venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come ''Foederati'' semiautonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei Romani. Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'Imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari che inflissero a Roma, il permesso imperiale di stanziarsi all'interno dell'Impero.
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Nonostante tutto, secondo alcuni studiosi, l'esercito romano fu efficiente fino ad almeno a Maggioriano (461).<ref name=Dri166/> Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero era ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi, Bagaudi, Franchi, e di mantenere sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza.<ref>{{cita|Drinkwater e Elton|p. 170.}}</ref> Solo con l'uccisione di Maggioriano cominciò il vero declino: la rivolta del ''magister militum per Gallias'', [[Egidio]], legato a Maggioriano e perciò adirato per il suo assassinio, privò l'Impero d'Occidente dell'esercito delle Gallie, passato dalla parte del ribelle; l'Impero si trovò così costretto a fare concessioni territoriali a Burgundi e Visigoti per convincerli a combattere per conto dell'Impero il ribelle in modo da vincerlo e riportare sotto il suo controllo l'esercito gallico; ciò si provò inefficace, e le province galliche settentrionali sotto il controllo di Egidio si separarono dall'Impero, costituendo il [[Regno di Soissons|Dominio di Soissons]].<ref name=Dri166/> Privato dell'esercito delle Gallie ed essendosi ridotti i possedimenti imperiali nelle Gallie a Provenza e Alvernia, l'Impero non era in grado di difenderle con il solo esercito d'Italia e nel 475/476 le due regioni furono conquistate dai Visigoti di re [[Eurico]].
 
Nel 476 l'esercito sollevato da [[Odoacre]] contro il ''magister militum'' [[Flavio Oreste]] e l'ultimo imperatore in Italia, [[Romolo Augusto]], era costituito unicamente da federati germanici, perlopiù [[Sciri]] ed [[Eruli]].<ref>[[Giordane]], ''[[De origine actibusque Getarum|Getica]]'', 242: «...Odoacer Torcilingorum rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque gentium auxiliarios Italiam occupavit..».</ref> Tuttavia l'assetto generale dell'esercito romano tardo-imperiale, ede alcune sue unità, sopravvissero almeno fino alla fine del VI secolo in seno alla ''Pars Orientis'', come testimoniato dalla presenza dei ''[[Regii]]'', una ''auxilia palatina'' attiva sin dalla pubblicazione della ''[[Notitia dignitatum|Notitia Dignitatum]]'', a difesa delle [[Mura aureliane]] minacciate dagli [[Ostrogoti]] durante la guerra di riconquista di [[Giustiniano I|Giustiniano]].<ref name = "Procopio di Cesarea">[[Procopio di Cesarea]], ''De Bello Gothico'', I, 23.</ref>
 
== Dimensione dell'esercito nel corso della storia romana (753 a.C. - 476 d.C.) ==
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* {{Cita libro|nome=André|cognome=Piganiol|titolo=Le conquiste dei Romani|città=Milano|anno=1989|editore=il Saggiatore|cid=Piganiol, 1989|isbn=978-88-565-0162-9}}
* {{Cita libro|cognome=Potter|nome=David|capitolo=The Roman Army and Navy|titolo=The Cambridge Companion to the Roman Republic|curatore=Harriet I. Flower|lingua=inglese|editore=Cambridge University Press|anno=2004|cid=Potter, 2004|isbn=978-0-521-00390-2}}
* {{cita libro | cognome=Ravegnani | nome=Giorgio | titolo=La caduta dell'Impero romano | editore=Il Mulino |città=Bologna | anno=2012 | ISBN=978-88-15-23940-2 | cid=Ravegnani 2012}}
* {{Cita libro|nome=Michael|cognome=Reddé|titolo=Mare nostrum - les infrastructures, le dispositif et l'histoire de la marine militaire sous l'empire romain|lingua=francese|editore=Ecole Française de Rome|città=Parigi|anno=1986|cid=Reddé, 1986|isbn=978-2-7283-0114-0}}
* {{Cita libro|nome=H. Russell|cognome=Robinson|titolo=The Armour of Imperial Rome|anno=1975|lingua=inglese|editore=Arms and Armour Press|città=Londra|cid=Robinson, 1975|isbn=978-0-85368-219-6}}