Imperatore del Giappone: differenze tra le versioni

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Secondo la [[Costituzione del Giappone]], l'{{nihongo|'''Imperatore'''|天皇|tennō|letteralmente "sovrano celeste"}} è il simbolo della nazione [[giappone]]se e dell'unità del suo popolo. È a capo della [[famiglia imperiale del Giappone]]. Secondo l'attuale costituzione, l'imperatore è una figura simbolica e cerimoniale della [[monarchia costituzionale]] ed è l'unico imperatore in carica al mondo. L'attuale sovrano è [[Akihito]], salito al [[trono del crisantemo]] nel [[1989]] dopo la morte del padre, l'[[Hirohito|Imperatore Hirohito]].
 
Il ruolo dell'imperatore del Giappone ha sempre oscillato tra quello di un capo religioso di alto grado, con grandi poteri simbolici, e quello di autentico regnante imperiale. È esistito un autentico culto imperiale (l'[[Arahitogami]]) che vedeva l'imperatore come discendente delle divinità. Il termine tennō, sovrano celeste, che venne adottato per la prima volta nel VII secolo, era già in uso nel paese prima di tale adozione, e veniva usato per definire i {{nihongo|[[Quattro Re Celesti]]|四天王|Shitennō}}, i leggendari guardiani del mondo nella tradizione [[induismo|induista]] e [[buddhismo|buddhista]].
 
Fino al [[1946]] i monarchi giapponesi sono sempre stati formalmente i comandanti dell'esercito e della marina, ma nella pratica non agivano come tali.<gallery>
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L'attuale [[Titolo (onomastica)|titolo]] imperiale di {{nihongo|"sovrano celeste"|天皇|tennō}}, secondo buona parte della storiografia, fu introdotto per il regno dell'imperatore [[Temmu]] (672-686). Fino ad allora i sovrani avevano regnato con il titolo di {{nihongo|"grande re che governa tutto quanto sta sotto il cielo"|治天下大王|Sumeramikoto o Amenoshita Shiroshimesu Ōkimi}}, oppure anche "grande re di Yamato" (ヤマト大王/大君).
 
I clan dell'antica [[Yamato (provincia)|provincia di Yamato]], che corrisponde all'attuale [[prefettura di Nara]], costituirono il regno che, nel [[periodo Kofun]] ([[250]]-[[538]]), si espanse conquistando buona parte dei territori delle isole di [[Honshū]], [[Kyūshū]] e [[Shikoku]]. Altre aree dell'odierno Giappone, popolate principalmente da tribù indigene come [[Emishi]], [[Hayato]] e [[Kumaso]], si trovavano al di fuori dei confini del regno di Yamato. A seguito di tali conquiste, ai sovrani di Yamato fu riconosciuto il titolo di {{nihongo|"grande re"|大王|Ōkimi}} di Yamato. Fu solo a partire dal VII secolo che il "grande regno" venne chiamato impero, ed il titolo di imperatore fu esteso a tutti i sovrani precedenti della dinastia.
 
Il V secolo fu anche interessato da avvenimenti epocali, come le immigrazioni di massa, che favorirono la formazione del popolo giapponese. In quel periodo furono inoltre intensificati gli scambi commerciali con la Cina e la Corea, dalle quali arrivarono grandi novità in campo educativo, con l'introduzione del sistema di scrittura cinese, in quello religioso, con l'avvento del buddhismo ed in quello tecnologico.
 
Secondo alcuni storiografi, la prima dinastia dei sovrani di Yamato ebbe termine con l'imperatore [[Buretsu]], che morì nel 507 senza avere avuto figli. L'aristocrazia scelse come nuovo sovrano [[Keitai]] che, pur avendo tra i suoi antenati l'imperatore [[Ōjin]], prima di accedere al [[trono del Crisantemo]] era diventato sovrano del regno di [[provincia di KoshiKōshi|Koshi]] e fu quindi considerato il capostipite della nuova dinastia.<ref name=volume2>Aston, William: ''Nihongi'', vol. 2 pagg. 1÷25.</ref> Alla metà del VI secolo, la antiche famiglie regnanti si erano congiunte genealogicamente con la nascita di [[Kimmei|Kinmei]] e di suo figlio, dai quali si è generata l'attuale linea di discendenza imperiale.
 
Alcune date e alcuni dettagli sono al centro di una disputa tra gli storici giapponesi. Molti degli imperatori presenti nella [[Imperatori del Giappone|lista tradizionale degli imperatori del Giappone]] morirono giovanissimi, senza aver effettivamente governato il paese. Altri furono manovrati dai loro predecessori, che si ritiravano spesso in [[monastero]] ma continuavano ad esercitare la loro influenza in un processo chiamato "[[governo del chiostro]]".
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==== Periodo Nanbokucho ====
La conseguenza della restaurazione Kemmu fu il {{nihongo|Periodo [[Nanbokucho]]|南北朝時代|Nanbokuchō jidai}}, detto anche ''Periodo delle Corti del Nord e del Sud'', che va dal [[1336]] al [[1392]] e che vide l'esistenza e la contrapposizione tra due contemporanei imperatori agli inizi dello [[shogunato Ashikaga]]. La Corte del Nord fu insediata dallo shogun [[Ashikaga Takauji]] a [[Kyōto]], mentre la Corte del Sud fu fondata dall'imperatore [[Go-Daigo]] che aveva trovato rifugio a [[Yoshino (Nara)|Yoshino]] presso [[Nara]].
 
Le due corti si contesero aspramente il prestigio e il diritto di governare fino alla sconfitta del Sud nel [[1392]] e la riunificazione. Furono entrambe guidate da un monarca di sangue imperiale non interrompendo così la millenaria tradizione. Nonostante la sconfitta subita, gli imperatori della dinastia del Sud sono considerati dagli storici, a partire dal [[XIX secolo]], i monarchi legittimi del Giappone in quanto furono sempre in possesso delle [[Insegne imperiali del Giappone|insegne imperiali]]. Gli imperatori del Nord vengono generalmente annoverati nelle genealogie come "pretendenti" al trono.
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=== Gli Shogun ===
A partire dagli ultimi anni del [[XII secolo]] fino al [[1867]], il potere effettivo era nelle mani degli [[shōgun]], che ricevevano in teoria la loro autorità dall'imperatore. Quando gli esploratori [[Portogallo|portoghesi]] ebbero i primi contatti con il Giappone (nel cosiddetto periodo [[Nanban]]), paragonarono il rapporto fra imperatore e shogun a quello tra [[Papa]] (figura spirituale, con poco potere temporale) e re (figura temporale con grande potere politico), sebbene questo paragone non sia pertinente, in quanto, come l'imperatore, il papa ha esercitato il potere temporale e politico con diverse intensità nella storia.
 
=== Il Rinnovamento Meiji ===
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Il ruolo dell'Imperatore è definito nel Capitolo I della [[Costituzione del Giappone]] del [[1947]]. L'articolo 1 definisce l'Imperatore come il simbolo dello stato e dell'unità del suo popolo; l'articolo 3 richiede l'assenso del [[Gabinetto del Giappone|Gabinetto]] per tutti gli atti dell'Imperatore nelle questioni di stato; l'articolo 4 afferma specificatamente che l'Imperatore non deve avere poteri relativi al governo; l'articolo 6 dà all'Imperatore il potere di nominare il [[Primo ministro del Giappone|primo ministro]] ed il giudice-capo della [[Corte Suprema del Giappone|Corte suprema]], secondo la volontà, rispettivamente, della [[Dieta Nazionale del Giappone|Dieta]] e del Gabinetto; l'articolo 7 dà all'Imperatore il potere di svolgere varie funzioni ministeriali tipiche per un capo di Stato, soggette alla proposta e all'approvazione del Gabinetto. Diversamente da altri sovrani costituzionali, l'Imperatore del Giappone non ha i poteri generalmente affidati ai capi di Stato (ad esempio il potere di veto).
 
Sebbene l'Imperatore svolga attualmente numerosi ruoli tipici di un sovrano cerimoniale come [[capo di Stato]], ci sono state persistenti controversie in Giappone sul fatto se l'Imperatore sia effettivamente un vero [[monarca]] in senso politico o semplicemente un [[pretendente]] che svolge dette funzioni all'interno di una [[repubblica parlamentare]]. In una monarchia tradizionale, il potere politico emana dal sovrano monarchico, la cui [[prerogativa reale]] è poi esercitata da un legislatore eletto, secondo quanto stabilito dalla [[convenzione costituzionale|convenzioni costituzionali]]. Tuttavia, quando non esiste una prerogativa reale, la sovranità emana dal popolo così come è stabilito dalla [[Costituzione del Giappone]]. Quindi l'Imperatore è semplicemente un attore politico in una forma di governo che non è basata esattamente sul [[modello Westminster]], dove la carica di "capo di Stato" richiede una persona dotata di sovranità monarchica o con mandato popolare. Gli sforzi compiuti negli anni cinquanta dai conservatori per emendare la costituzione in modo che affermasse esplicitamente che l'imperatore è il capo dello stato, furono vani. Nonostante ciò, l'Imperatore svolge tutte le funzioni diplomatiche normalmente riservate ai capi di Stato e come tale è riconosciuto dagli altri stati.
 
== Il nome dell'Imperatore ==
La denominazione degli imperatori è sempre stata problematica, a causa delle differenze linguistiche e culturali tra Giappone e mondo occidentale. Mentre i giapponesi usano "{nome} tennō" (per gli imperatori passati) o "Kinjō Heika" (今上陛下) per l'imperatore attuale, gli studiosi anglofoni hanno usato numerose varianti, come "imperatore {nome}" e, meno comunemente, "{nome} tenno". Ciò che spesso non viene compreso, tuttavia è che gli imperatori sono nominati "{nome} tennō" a posteriori, e quindi la parola "tennō" è parte integrante del loro nome. Questo è particolarmente frainteso per gli imperatori da Meiji in poi, da quando la convenzione è di nominare a posteriori gli imperatori con lo stesso nome dell'era in cui regnarono, dal momento che il regno di un imperatore poteva contenere una successione di brevi [[nomi delle ere giapponesi|ere]]. Termini come "Imperatore Meiji" sono quindi comprese in inglese (e in italiano) con il significato di "il periodo dell'Imperatore Meiji", che non è sempre compreso in giapponese.
 
In [[lingua inglese|inglese]], il termine ''mikado'' (御門 o 帝 o みかど) (precedente), che significa letteralmente "la porta", era usato per riferirsi all'Imperatore del Giappone; questo uso è ormai obsoleto. In [[lingua giapponese|giapponese]], gli imperatori del Giappone, ma non quelli di altri paesi, sono conosciuti come ''tennō'' (天皇). Letteralmente, la parola ''tennō'' include i caratteri di "regnante" e "paradiso", ma ciò non è un segno di divinità; l'uso di ''ten'' (天, "paradiso") nella parola giapponese è l'adozione del concetto [[cultura cinese|cinese]] del [[Mandato del Paradiso]], che significava che l'imperatore era nominato nei cieli per bilanciare gli affari politici e quelli religiosi del suo regno.
 
Ci sono due parole giapponesi equivalenti alla parola italiana "imperatore": ''tennō'' (天[[tre augusti e cinque imperatori|皇]]) è usata specificatamente per riferirsi all'imperatore del Giappone, ''kōtei'' (皇帝, il titolo usato per l'imperatore cinese) è usato per riferirsi a imperatori stranieri. ''Sumeramikoto'' (letteralmente "Re del cielo oltre le nuvole") era usato nell'[[lingua giapponese antica|antica lingua giapponese]].
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Più di mille anni fa ha origine la tradizione che vuole l'imperatore ascendere al trono in tenera età. L'età di sei, otto anni era considerata sufficiente per salire al trono. Il raggiungimento della maggiore età non era considerato indispensabile. Per questi motivi, una moltitudine di imperatori giapponesi è salita al trono da bambini. I tipici doveri dell'alto clero erano considerati svolgibili da un bambino che sapesse almeno camminare. Un regno di circa dieci anni era considerato un servizio sufficiente. Essere un bambino era apparentemente una buona qualità per sopportare i tediosi doveri e per tollerare la subordinazione ai potentati politici, oppure per coprire i veri membri potenti della dinastia imperiale. Quasi tutte le imperatrici e dozzine di imperatori abdicavano e vivevano il resto della loro vita in un ritiro dorato, o esercitando la loro influenza dietro le quinte. Molti imperatori abdicavano e si ritiravano quando erano ancora adolescenti. Queste tradizioni si ritrovano nel teatro, nella letteratura, nel folklore e nella cultura giapponese, in cui l'imperatore è descritto o dipinto solitamente come un adolescente.
 
Prima della [[restaurazione Meiji]], il Giappone ha avuto nove [[controversie sulla successione imperiale giapponese|donne tennō]], o imperatrici regnanti, tutte figlie della linea maschile della Casa Imperiale. Nessuna salì al trono come moglie o vedova di un imperatore. Le figlie e nipoti imperiali, salivano al trono solitamente come misura di emergenza nel caso in cui non ci fossero maschi adatti o per comporre i conflitti tra i rami della famiglia imperiale. Quasi tutte le imperatrici giapponesi e molti imperatori abdicavano una volta che un maschio adatto veniva considerato abbastanza vecchio per governare (appena dopo la prima infanzia, in qualche caso). Tre imperatrici l'[[Suiko|imperatrice Suiko]], l'[[Kogyoku|imperatrice Kogyoku]] (detta anche imperatrice Saimei) e l'[[Jito|imperatrice Jito]], erano vedove di imperatori deceduti e principesse di sangue imperiale per loro proprio diritto. Una, l'[[Gemmei|imperatrice Gemmei]], era la vedova di un principe della corona e principessa di sangue imperiale. Le altre quattro, l'[[Gensho|imperatrice Gensho]], l'[[Koken|imperatrice Koken]] (detta anche imperatrice Shōtoku), l'[[Meisho|imperatrice Meisho]] e l'[[Go-Sakuramachi|imperatrice Go-Sakuramachi]], erano figlie non sposate di precedenti imperatori. Nessuna di queste imperatrici si sposò o ebbe figli dopo la salita al trono.
 
L'articolo 2 della [[Costituzione Meiji]] del [[1889]] (la Costituzione dell'Impero del Giappone) recitava, "Il trono imperiale si trasmette ai discendenti imperiali maschi, secondo quanto disposto dalla legge della Casa Imperiale." La legge sulla Casa Imperiale del 1889 fissò la successione per i maschi discendenti della linea imperiale, e escluse specificatamente le discendenti femmine dalla successione. Nel caso della completa estinzione del ramo principale, il trono sarebbe passato al più vicino ramo collaterale, sempre nella linea maschile. Se l'imperatrice non aveva figli, l'imperatore poteva prendere una concubina, il cui figlio sarebbe stato riconosciuto erede al trono. Questa legge, promulgata lo stesso giorno della Costituzione Meiji, godeva del grado gerarchico costituzione.