Ludovico Scarampi Mezzarota: differenze tra le versioni

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Solo nel mese di febbraio del [[1459]] il cardinale rientrò a Roma con un bottino di valore inestimabile ed il 16 marzo raggiunse il papa Pio II a Siena. Nel frattempo erano iniziate le peripezie della guerra di successione al trono di Napoli che ebbero drammatici riflessi anche dentro Roma. [[Giovanni Antonio Orsini Del Balzo]] principe di Taranto, per indebolire dentro Roma la signoria del papa Pio II che si era schierato dalla parte di [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante I d'Aragona]], sobillò la rivolta antipapale delle famiglie dell'Anguillara, dei Savelli e dei Colonna. Ancora una volta, il cardinale Ludovico Scarampi, rientrato con il papa Pio II a Roma il 6 ottobre [[1460]], alla testa di 5.000 cavalieri fornitigli da Milano, ripristinò l'ordine a Roma.<ref name="test4" />
 
Pio II ritornato a Roma, nonostante l'aperta contrarietà dello Scarampi, profuse tutte le sue energie per la realizzazione di una nuova crociata che fu il suo ultimo sogno. Giunto ad Ancona, il papa stremato dal viaggio si ammalò di peste e spirò nella notte tra il 14 ed il 15 agosto [[1464]]. Il conclave per la elezione del nuovo papa fu aperto il 28 agosto. A contendersi il soglio pontificio furono i cardinali Ludovico Scarampi e [[Guillaume d'Estouteville]]. Ma inaspettatamente al primo scrutinio fu eletto Pietro BalboBarbo che assunse il nome di [[Paolo II]].<ref name="test4" />
 
Ma «eletto al pontificato il Barbo col nome di [[Paolo II]], acerrimo nemico dello Scarampi, questi tanto se ne dolse, che dopo alcuni mesi per puro affanno se ne morì nel [[1465]], all'età d'anni 64 non compiuti, e 25 di cardinalato. Alla sua morte uscì per Roma questo motto, che il papato dato al Barbo era la spada che uccideva lo Scarampi, e non altra infermità. Narra il Cardella, che lo Scarampi fu sepolto nella chiesa del suo titolo, dove nottetempo rotta e infranta la tomba di lui da Antonio Tocco canonico di [[Basilica di San Lorenzo in Damaso|san Lorenzo in Damaso]], il cadavere fu spogliato delle vesti e dell'anello cardinalizio; onde il suo sepolcro rimase affatto oscuro e negletto per lo spazio di quarant'anni, finché la liberalità di [[Enrico Hunis]] arcivescovo di [[arcidiocesi di Taranto|Taranto]] fece a proprie spese costruire un magnifico avello, che tuttora esiste nella sagrestia dei canonici di quella basilica, con sottoposta elegante iscrizione»<ref>Giuseppe Vedova, ''Biografia degli scrittori padovani'', Padova, 1836, pp. 255-56</ref>.