Palazzo Barberini: differenze tra le versioni

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Le raccolte della collezione Barberini, straordinarie per ricchezza, varietà e qualità dei singoli pezzi, si erano arricchite lungo tutto il secolo XVII<ref>''Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità: Dalla elezione di Paolo V alla morte di Innocenzo XII (16 maggio 1605-27 settembre 1700)'', Quasar, 1994.</ref>, a partire dal pontificato di [[Urbano VIII]]: erano divise tra l'''antiquarium'' di Villa Barberini a [[Castel Gandolfo]] ed il "palazzo Barberini alle quattro Fontane"<ref>Paolo Liverani, ''Il museo Gregoriano Egizio'', Aegyptus, Anno 79, No. 1/2 (Gennaio-Dicembre 1999), p. 61.</ref>.
 
I reperti dell'antica Roma presenti nella [[collezione Barberini]] avevano subito varie traversie e dispersioni fin dal Settecento, ma - nonostante la [[Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini |cattiva reputazione popolare]] della famiglia - erano ancora esistenti e assai cospicue nel [[1934]], grazie al [[fedecommesso]] che, confermato nel passaggio dallo Stato pontificio al Regno d'Italia, aveva conservato anche altre importanti raccolte principesche romane, come quella [[palazzo Doria Pamphili|Doria Pamphili]], [[Torlonia]], [[galleria Borghese|Borghese]], ecc. Il 26 aprile di quell'anno un discutibilissimo [[Regio Decreto]] aboliva il vincolo in cambio di appena 16 dipinti (su circa 640), consentendo la dispersione delle raccolte Barberini, anche all'estero<ref name=R>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/05/06/il-museo-cancellato.html ''Il museo cancellato'', articolo del 2005 su Repubblica.it]</ref>: minimizzando l'importanza della raccolta, si venne incontro ai cospicui interessi privati dei proprietari, degli intermediari e del mondo degli acquirenti di opere d'arte di prestigio, in una fase in cui i "rubinetti" italiani non erano ormai più aperti come nel secolo precedente, a fronte invece di una crescente domanda nata proveniente soprattutto dai ricchissimi Stati Uniti, che andavano creando proprio in quegli anni le proprie grandi collezioni pubbliche e private<ref>[http://www.bta.it/txt/a0/05/bta00564.html Storia delle collesioni Barberini]</ref>.
 
Lasciarono così l'Italia opere di statuaria antica, di [[Dürer]] (''[[Cristo dodicenne tra i dottori]]''), [[Caravaggio]] (''[[Santa Caterina d'Alessandria (Caravaggio)|Santa Caterina d'Alessandria]]'' e ''[[I bari]]''), [[Guido Reni]], [[Guercino]] e [[Poussin]] (''[[Morte di Germanico]]'', tra i capolavori dell'artista), oltre a un'innumerevole quantità di artisti minori, alcuni di eccezionale interesse storico-artistico, come le rarissime tavolette del [[Maestro delle Tavole Barberini]], poi identificato in [[Fra Carnevale]]<ref name=R/>. L'unica conseguenza positiva della vendita della collezione Barberini fu almeno il sollevare uno scandalo tale da rendere inevitabile la creazione di nuove e urgenti norme di tutela che impedissero in futuro una perdita di tali dimensioni.