Masaniello: differenze tra le versioni

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Quella di Masaniello, finché lui fu in vita, non si configurò come una rivolta antispagnola e repubblicana<ref>da: [[Gaspare De Caro]], [http://www.treccani.it/enciclopedia/amalfi-tommaso-aniello-d-detto-masaniello_%28Dizionario-Biografico%29/''Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello]'', [[Dizionario Biografico degli Italiani]], vol. 2, Roma, 1960: «un accordo col governo, in cui fossero sancite le conquiste della rivolta, era il fine ultimo della rivolta stessa, giacché in nessun modo veniva messo in discussione il dominio spagnolo su Napoli».</ref> come avrebbe voluto la storiografia dell'[[Ottocento]] che, profondamente influenzata dai valori [[Risorgimento|risorgimentali]], vedeva in lui un patriota ribellatosi alla dominazione straniera<ref>{{cita|Musi|p. 21}}.</ref>. Le cause degli eventi del luglio [[1647]] risiedono esclusivamente nella specificità politica, economica e sociale della Napoli spagnola nella prima metà del [[Seicento]]. Dopo la sua morte, tuttavia, la rivolta assunse connotazioni politiche e sociali<ref>Sia a Napoli che a Palermo infatti «...la rivolta che iniziò come un sollevamento dovuto alla fame, assunse una connotazione politica favorita da alcuni appartenenti al ceto intellettuale e alla classe media e, in breve tempo, anche sociale...». In sp: ''...la revuelta, que empezò siendo un motín de hambre, tomó un tinte político favorecido por algunos elementos de la intelectualidad y las clases medias y pronto se deslizó hacia el plano social''. Da: Antonio Domínguez Ortiz, ''Historia de España. El antiguo régimen: los Reyes Católicos y los Austria'' (tomo 3 de la ''Historia de España'' diretta da Miguel Artiola), Alianza Editorial, Madrid, 1983 (IX edizione), ppp. 391-392, tomo 3 ISBN 84-206-2042-4 (opera completa: ISBN 84-206-2998-7)</ref> dal carattere antifeudale e antispagnolo<ref>«...dopo la morte di Masaniello l'insurrezione popolare assunse toni più radicali, mentre il "popolo civile" ne perdeva il controllo e sorgevano dalla plebe nuovi capi, come l'Annese, che chiamando alla lotta le popolazioni delle province diedero a essa un più largo respiro e un più preciso carattere antifeudale e antispagnolo, sino a proclamare la decadenza del dominio di Spagna e la costituzione della effimera Repubblica di Napoli...» da: Gaspare De Caro ''ibidem'' ([http://www.treccani.it/enciclopedia/amalfi-tommaso-aniello-d-detto-masaniello_%28Dizionario-Biografico%29/''Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello''], [[Dizionario Biografico degli Italiani]], vol. 2, Roma, 1960)</ref> e, secondo taluni, anche secessionista, al pari di quanto era accaduto alcuni anni prima, in [[Portogallo]] e [[Sollevazione della Catalogna|Catalogna]].<ref>Antonio Domínguez Ortiz, ''ibidem'', p. 392.</ref>
 
La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le [[gabelle]] imposte dai governanti sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «''Viva 'o Rre 'e Spagna, mora 'o malgoverno''», secondo la consuetudine popolare tipica dell'''[[Ancien régime]]'' di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento stravagante, frutto di una strategia mirata, volta a fargli appunto 'fare pazzie', Masaniello fu accusato ufficialmente di pazzia ed ucciso per volere del viceré, di alcuni capi popolari e di una piccola parte della plebe.
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==Nome e luogo di nascita==
Per molto tempo si è creduto che Masaniello fosse originario di [[Amalfi]], mentre in realtà nacque a Vico Rotto al [[Mercato (Napoli)|Mercato]], uno dei tanti vicoli che circondano [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]] a Napoli. All'origine di questo equivoco c'è quel ''d'Amalfi'', che è semplicemente il cognome, ma che è stato tradizionalmente interpretato come un riferimento al luogo d'origine del capopopolo. Alcune fonti<ref>{{cita|Gleijeses|p. 452}}.</ref> sostengono che Tommaso Aniello nacque ad Amalfi, dove sarebbe stato amico di un altro singolare personaggio amalfitano, l'abate Pirone, così chiamato perché usava abusivamente la tonaca per sfuggire alla giustizia, in realtà bandito che uccideva dietro compenso, e che poi sarebbe stato anche suo collaboratore nei giorni della rivolta. Nel [[1896]], il poeta [[Salvatore Di Giacomo]] smentì la tesi dell'origine amalfitana di Masaniello, trascrivendone l'atto di battesimo reperito nella Chiesa di Santa Caterina in Foro Magno,<ref>''Foro Magno'' è l'antico nome di piazza del Mercato.</ref> che cita:
 
[[File:Iscrizione Masaniello.jpg|upright=1.1|thumb|Iscrizione presso la casa dove Masaniello nacque e visse.]]
 
{{Citazione|''A 29 giugno 1620 Thomaso Aniello figlio di Cicco d'Amalfi et Antonia Gargano è stato battezzato da me Don Giovanni Matteo Peta, et levato dal sacro fonte da Agostino Monaco et Giovanna de Lieto al Vico Rotto.''<ref>{{cita|Di Giacomo|p.84}}; {{cita|Campolieti|p. 21}}.</ref>}}
 
La celebrazione avvenne lo stesso giorno della nascita, nella stessa chiesa dove nel [[1641]] Tommaso Aniello sposò poi la sedicenne Bernardina Pisa. Lo storico [[Giuseppe Galasso]] ipotizza che l'equivoco «sia stato agevolato e incoraggiato da un consapevole atteggiamento del potere e della [[cultura ufficiale]] della Napoli spagnola. Nella ''fedelissima città'' [...] non si doveva e non si poteva ammettere la presenza di un ''infedele'', di un ribelle come colui che aveva messo in questione il governo spagnolo a Napoli».<ref>{{cita news|autore=[[Giuseppe Galasso]]|titolo=Masaniello e Maradona|pubblicazione=[[Il Mattino]]|giorno=5|mese=7|anno=1987|pagina=12}} cit. in {{cita|Musi|p. 92}}.</ref>
Il 7 luglio [[1997]], in occasione del 350º anniversario della sommossa popolare, il Comune di Napoli ha posto un'iscrizione a Vico Rotto in onore di Masaniello.
 
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Napoli era all'epoca, con circa 250.000 abitanti,<ref>Dato riportato in {{cita libro|Giuseppe Maria|Galanti|wkautore=Giuseppe Maria Galanti|Della descrizione geografica e politica delle Sicilie tomo I|url=http://books.google.it/books?id=lGk5AAAAcAAJ&source=gbs_navlinks_s|accesso=10 agosto 2009|1793||Napoli}} p. 224.</ref> una delle metropoli più popolose dell'[[Impero spagnolo]] e di tutta [[Europa]]; e [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]], nei cui dintorni Masaniello trascorse tutta la sua vita, ne era il centro nevralgico. Ospitava bancarelle che vendevano ogni sorta di merce, palchi da cui i saltimbanchi si esibivano per i popolani ed era, come ai tempi di [[Corradino di Svevia]], il luogo preposto alle esecuzioni capitali. Essendo il principale centro di commercio della città, in piazza aveva luogo la riscossione delle imposte da parte degli ''arrendatori''<ref>La parola deriva dallo [[lingua spagnola|spagnolo]] ''arrendar'' ed indica la riscossione delle gabelle, ufficio che veniva affidato in [[appalto]] a privati.</ref> al servizio del governo spagnolo.
 
Nel corso degli [[anni 1640|anni quaranta]] del [[Seicento]], la [[Spagna degli Asburgo|Spagna asburgica]] si trovava a dover affrontare una lunga serie di conflitti rovinosi: la [[guerra degli ottant'anni|rivolta dei Paesi Bassi]] ([[1568]]-[[1648]]), la [[guerra dei trent'anni]] ([[1618]]-[[1648]]), la [[sollevazione della Catalogna]] ([[1640]]-[[1659]]), la [[Giuseppe D'Alesi|rivolta siciliana]] ([[1647]]) e la [[guerra di restaurazione portoghese|secessione del Portogallo]] ([[1640]]-[[1668]]). Per sostenere lo sforzo bellico, il regno [[Penisola iberica|iberico]] impose una forte pressione fiscale al [[Regno di Napoli#Ferdinando il Cattolico e l'istituzione del vicereame|Vicereame di Napoli]] allo scopo di risanare le casse del [[Impero spagnolo|suo enorme impero]], il cui ''[[Siglo de Oro]]'' stava fatalmente volgendo al termine.
 
Masaniello, pescatore e pescivendolo come il padre, era descritto così dai suoi contemporanei:
 
[[File:Micco Spadaro - Punizione dei ladri al tempo di Masaniello.jpg|upright=1.4|thumb|''Punizione dei ladri al tempo di Masaniello'', [[Micco Spadaro]], 1647 ca.<ref name=museo>Opera esposta nel [[Museo di San Martino]] a Napoli.</ref>]]
{{Citazione|''Era un giovine di ventisette anni, d'aspetto bello e grazioso, il viso l'aveva bruno ed alquanto arso dal sole: l'occhio nero, i capelli biondi, i quali disposti in vago zazzerino gli scendevano giù per lo collo. Vestiva alla marinaresca; ma d'una foggia sua propria, la quale, [...] alla mezzana, ma svelta sua persona molto di gaio e di pellegrino aggiungeva.''<ref>{{cita|Musi|p. 17}}.</ref>}} Spesso, per evadere la gabella, portava il pesce direttamente nelle case dei notabili, ma veniva quasi sempre ripagato male o colto sul fatto dai gabellieri ed imprigionato. La sua principale attività era però il [[contrabbando]], tanto che nel [[1646]] la sua fama di abile contrabbandiere era già ampiamente consolidata nell'ambiente del Mercato. Lavorava principalmente per la nobiltà feudale, tra cui la marchesa di [[Brienza]] e don [[Diomede Carafa, V duca di Maddaloni|Diomede Carafa]], duca di [[Maddaloni]], dal quale era trattato come uno schiavo.<ref name="cita|Musi||Musi2"/> Anche la moglie Bernardina, arrestata per aver introdotto in città una calza piena di farina evadendo il dazio, fu imprigionata per otto giorni. Per ottenerne il rilascio, Masaniello fu costretto a pagare un riscatto di cento [[scudo (moneta)|scudi]], che racimolò indebitandosi. Secondo la tradizione, fu proprio questo episodio a scatenare in lui il desiderio di vendicare la popolazione dagli oppressori.
 
{{Citazione|Era un giovine di ventisette anni, d'aspetto bello e grazioso, il viso l'aveva bruno ed alquanto arso dal sole: l'occhio nero, i capelli biondi, i quali disposti in vago zazzerino gli scendevano giù per lo collo. Vestiva alla marinaresca; ma d'una foggia sua propria, la quale, [...] alla mezzana, ma svelta sua persona molto di gaio e di pellegrino aggiungeva.<ref>{{cita|Musi|p. 17}}.</ref>}}
[[File:Giulio Genoino e Masaniello.jpg|upright=1.1|thumb|left|[[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]] e Masaniello in un'illustrazione del [[XVIII secolo|'700]].]]
 
{{Citazione|''Era un giovine di ventisette anni, d'aspetto bello e grazioso, il viso l'aveva bruno ed alquanto arso dal sole: l'occhio nero, i capelli biondi, i quali disposti in vago zazzerino gli scendevano giù per lo collo. Vestiva alla marinaresca; ma d'una foggia sua propria, la quale, [...] alla mezzana, ma svelta sua persona molto di gaio e di pellegrino aggiungeva.''<ref>{{cita|Musi|p. 17}}.</ref>}} Spesso, per evadere la gabella, portava il pesce direttamente nelle case dei notabili, ma veniva quasi sempre ripagato male o colto sul fatto dai gabellieri ed imprigionato. La sua principale attività era però il [[contrabbando]], tanto che nel [[1646]] la sua fama di abile contrabbandiere era già ampiamente consolidata nell'ambiente del Mercato. Lavorava principalmente per la nobiltà feudale, tra cui la marchesa di [[Brienza]] e don [[Diomede Carafa, V duca di Maddaloni|Diomede Carafa]], duca di [[Maddaloni]], dal quale era trattato come uno schiavo.<ref name="cita|Musi||Musi2"/> Anche la moglie Bernardina, arrestata per aver introdotto in città una calza piena di farina evadendo il dazio, fu imprigionata per otto giorni. Per ottenerne il rilascio, Masaniello fu costretto a pagare un riscatto di cento [[scudo (moneta)|scudi]], che racimolò indebitandosi. Secondo la tradizione, fu proprio questo episodio a scatenare in lui il desiderio di vendicare la popolazione dagli oppressori.
 
[[File:Giulio Genoino e Masaniello.jpg|upright=1.1|thumb|left|[[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]] e Masaniello in un'illustrazione del [[XVIII secolo|'700]].]]
 
Durante uno dei soggiorni in prigione incontrò, nel carcere del Grande Ammiraglio, il giovane [[Cava de' Tirreni|cavese]] e dottore in legge [[Marco Vitale (1647)|Marco Vitale]], figlio illegittimo di un noto avvocato, che lo mise in contatto con alcuni esponenti del ceto medio stanchi dei continui soprusi dei gabellieri e dei privilegi della nobiltà. Masaniello divenne allievo del letterato don [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]], prete ultraottantenne con un passato da difensore del popolo.
 
Nel [[1619]], durante il mandato del [[viceré di Napoli|viceré]] don [[Pedro Téllez-Girón, III duca di Osuna|Pedro Téllez-Girón]], [[duca di Osuna]], Genoino era stato chiamato due volte a rappresentare gli interessi del popolo contro la nobiltà, svolgendo in sostanza la funzione di un antico [[tribuno della plebe]]. Nel [[1620]] fu però fatto destituire dal [[Consiglio Collaterale]] ed incarcerato lontano da Napoli.
 
Rientrato in città nel [[1639]], tornò subito a combattere per i diritti del popolo e formò intorno a sé un nutrito gruppo di agitatori, composto da: [[Francesco Antonio Arpaja]], suo vecchio e fidato collaboratore; il frate [[carmelitano]] Savino Boccardo; il già citato Marco Vitale; i vari ''capitani delle ottine''<ref>Le ''ottine'' erano gli antichi quartieri di Napoli. La città era divisa in 29 ottine, ognuna aveva un capitano il cui compito era mediare tra il governo vicereale spagnolo e le istituzioni locali.</ref> della città; ed una numerosa schiera di ''[[lazzari]]''. Il vecchio ecclesiastico, logorato nel fisico, ma non negli intenti rivoluzionari, trovò nel giovane e ignorante Masaniello il suo braccio armato.
 
==La rivolta==
[[File:Casa di Masaniello.png|upright=1.4|thumb|La casa di Masaniello, dal quadro di [[Micco Spadaro]]]]
Il peso delle tasse diminuì lievemente sotto il viceré [[Giovanni Alfonso Enriquez de Cabrera|Juan Alfonso Enríquez de Cabrera]] che revocò alcune imposte e che, sollecitato da [[Madrid]] a reperire un milione di [[ducato (moneta)|ducati]] per finanziare la guerra contro la Francia, chiese a re [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]] di essere sostituito.<ref>{{cita|Gleijeses|pp. 450-451}}.</ref> La situazione si aggravò quando il suo successore, [[Rodrigo Ponce de León]], [[Ducato di Arcos|duca d'Arcos]], descritto dai contemporanei come un uomo dedito alla vita mondana, frivolo e senza esperienza di governo, reintrodusse nel [[1646]] una gravosa gabella sulla frutta, all'epoca l'alimento più consumato dai ceti umili. Lo stesso provvedimento nel [[1620]], ai tempi di [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Genoino]], aveva già scatenato gravi tumulti in città. La [[vigilia di Natale]], uscendo dalla [[Basilica del Carmine]], il duca d'Arcos fu circondato da un gruppo di [[lazzari]] che gli estorse la promessa di abolire le tasse sugli alimenti di necessario consumo. Tornato a [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo Reale]], il viceré fu però convinto dai nobili, ai quali era stata affidata la riscossione delle tasse, a non abolire la gabella sulla frutta.<ref>{{cita|Gleijeses|p. 454}}.</ref> Il popolo, sempre più provato dalla prepotenza dei gabellieri, attese invano per sei mesi l'abolizione dell'imposta.
 
Alla situazione già esplosiva si aggiunse l'esempio della [[Sicilia]], dove nel biennio [[1646]]-[[1647]] il malcontento popolare verso la forte tassazione provocò una serie di gravi tumulti cittadini. Il 24 agosto [[1646]], [[Messina]] fu la prima città siciliana sotto il dominio spagnolo ad insorgere contro le gabelle. Nel maggio dell'anno successivo scoppiarono poi i moti di [[Catania]] e [[Palermo]], i cui buoni risultati contribuirono a spingere i popolani napoletani alla rivolta.<ref>{{cita|Gleijeses|p. 455}}.</ref>
 
[[File:Aniello Falcone - Ritratto di Masaniello.jpg|upright=0.9|thumb|left|Masaniello ritratto da [[Aniello Falcone]], 1647.]]
 
Il 6 giugno [[1647]], alcuni popolani guidati da Masaniello e dal fratello Giovanni bruciarono i banchi del dazio a [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]]. Domenica 30 giugno, durante le prime celebrazioni per la festa della [[Madonna del Carmine]], il giovane pescatore radunò un gruppo di [[lazzari]] vestiti da arabi ed armati di canne come lance, i cosiddetti ''alarbi'', che durante la sfilata davanti al [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo Reale]] rivolsero ogni genere di imprecazione ai notabili spagnoli affacciati al balcone.
 
La domenica seguente, il 7 luglio, dopo essere stati incoraggiati da [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Genoino]], un gruppo di [[lazzari]] si riunì nei pressi di [[Chiesa di Sant'Eligio Maggiore|Sant'Eligio]] allo scopo di sostenere il cognato di Masaniello, il [[Pozzuoli|puteolano]] Maso Carrese, che capeggiava un gruppo di fruttivendoli decisi a non pagare la gabella sulla frutta. Per calmare gli animi fu chiamato l'eletto del popolo Andrea Naclerio, un ricco mercante, che, nonostante il suo ruolo, si schierò dalla parte dei gabellieri. Ci fu quindi una zuffa tra il mercante e Carrese, che si concluse con la morte di quest'ultimo. Questa fu la scintilla che scatenò la ribellione, e Masaniello ed i suoi alarbi sollevarono la popolazione, ed al grido di: «Viva 'o Rre 'e Spagna, mora 'o malgoverno» la guidarono fino alla reggia dove, sbaragliati i soldati spagnoli ed i mercenari tedeschi di guardia, giunsero fino alle stanze della viceregina.<ref>{{cita|Gleijeses|pp. 456-457}}.</ref>
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[[File:Cardinale Filomarino.jpg|upright=0.9|thumb|Il cardinale [[Ascanio Filomarino|Filomarino]], ritratto in un mosaico a pasta vitrea di Giovan Battista Calandra del 1642. [[Chiesa dei Santi Apostoli (Napoli)|Chiesa dei Santi Apostoli]], Napoli.]]
 
Ottenuta l'abolizione di tutte le gabelle come voleva Masaniello, Genoino, che perseguiva un progetto rivoluzionario più ambizioso, chiese il riconoscimento di un vecchio [[privilegio (diritto comune)|privilegio]] concesso nel [[1517]] da [[Carlo V]] (popolarmente chiamato ''Colaquinto'') al popolo napoletano. Il privilegio avrebbe dovuto sancire per il popolo una rappresentanza uguale a quella dei nobili, oltre alla riduzione ed equa ripartizione delle tasse tra le classi sociali. Il cardinale Filomarino, da sempre amico della plebe ed inviso alla nobiltà, si propose come mediatore per il riconoscimento del documento appoggiando apertamente le rivendicazioni dei rivoltosi.<ref>{{cita|Filomarino|lettera a papa Innocenzo X dell'8 luglio, p. 380}}.</ref>
 
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[[File:Micco Spadaro - L'uccisione di Don Giuseppe Carafa.jpg|upright=1.4|thumb|left|''L'uccisione di Don [[Giuseppe Carafa]]'', [[Micco Spadaro]], 1647 ca.<ref name=museo/>]]
 
Il 10 luglio, la quarta giornata di rivolta, Masaniello si era procurato già molti nemici. Il duca di Maddaloni allo scopo di attentare alla sua vita fece introdurre trecento banditi nella Basilica del Carmine, ritrovo dei rivoltosi. I banditi in realtà, servendo la nobiltà ai danni dei più umili, erano molto più simili ai ''[[Bravi (I promessi sposi)|bravi manzoniani]]'' manzoniani che a dei semplici fuorilegge. Dopo la lettura in pubblico dei capitoli del privilegio, i sicari si avventarono contro il capopopolo, ma l'attentato fallì. La folla inferocita catturò ed uccise il noto bandito Domenico Perrone, ede anche altri furono rincorsi e linciati, tra cui un certo Antimo Grasso che prima di morire confessò di essere al soldo del duca di Maddaloni. La plebe allora si vendicò sul fratello del duca, don [[Diomede V Carafa|Giuseppe Carafa]], che dopo essere stato ucciso fu decapitato, affinché si potesse portare la sua testa in trionfo da Masaniello.
 
Lo stesso giorno si addentrarono nel [[golfo di Napoli]] le [[galee]] spagnole di stanza a [[Genova]] agli ordini dell'ammiraglio [[Giannettino Doria (XVII secolo)|Giannettino Doria]]. Temendo uno sbarco, Masaniello ordinò che la flotta stesse lontana almeno un [[miglio (unità di misura)|miglio]] dalla terra ferma, costringendo l'ammiraglio Doria ad inviargli un messaggero per ottenere almeno la possibilità di fare scorta di viveri per gli equipaggi. Il messaggero supplicò il pescatore di Vico Rotto, a cui si rivolse chiamandolo «Sua Signoria illustrissima», di concedere vettovaglie alla flotta e Masaniello accettò ordinando di provvedere alla richiesta con quattrocento ''palate'' (pezzi) di pane.<ref>{{cita|Capecelatro}}, [http://books.google.it/books?id=5r4JAAAAQAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_summary_r&cad=0#PRA1-PA52,M1 annotazioni e documenti, pp. 52-53].</ref>
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[[File:Domenico Gargiulo - Presumed portrait of Masaniello.jpg|thumb|upright=0.9|Presunto ritratto di Masaniello nelle vesti di capitano generale. Dipinto di [[Micco Spadaro]]. Collezione privata.]]
 
{{Citazione|''Questo Masaniello è pervenuto a segno tale di autorità, di comando, di rispetto e di ubbidienza, in questi pochi giorni, che ha fatto tremare tutta la città con li suoi ordini, li quali sono stati eseguiti da' suoi seguaci con ogni puntualità e rigore: ha dimostrato prudenza, giudizio e moderazione; insomma era divenuto un re in questa città, e il più glorioso e trionfante che abbia avuto il mondo. Chi non l'ha veduto, non può figurarselo nell'idea; e chi l'ha veduto non può essere sufficiente a rappresentarlo perfettamente ad altri. Non vestiva altro abito che una camicia e calzoni di tela bianca ad uso di pescatore, scalzo e senza alcuna cosa in testa; né ha voluto mutar vestito, se non nella gita dal Viceré.<ref>{{cita|Filomarino|lettera del 12 luglio, p. 383}}.''</ref>}}
 
Iniziò da questo momento a frequentare la corte spagnola e fu coperto di onori dai nobili e dallo stesso duca d'Arcos. I suoi abiti non erano più quelli di un pescivendolo ma quelli di un nobiluomo, e sotto la sua casa a Vico Rotto venne eretto un palco dal quale poteva legiferare a suo piacimento in nome del re di Spagna. Fu più volte ricevuto a Palazzo Reale con la moglie Bernardina, che si presentò come "viceregina delle popolane" alla duchessa d'Arcos,<ref>{{cita|Campolieti|p. 165}}.</ref> e la sorella Grazia.
Line 99 ⟶ 107:
Dopo essersi spogliato ed essere stato deriso dai presenti fu invitato a calmarsi dall'arcivescovo e fatto accompagnare in una delle celle del convento. Qui venne raggiunto da alcuni capitani delle ottine corrotti dagli spagnoli: Carlo e Salvatore Catania, Andrea Rama, Andrea Cocozza e Michelangelo Ardizzone. Sentita la voce amica di quest'ultimo, Masaniello aprì la porta della cella e fu freddato con una serie di [[archibugio|archibugiate]]. Il corpo fu decapitato, trascinato per le strade del Lavinaio, e gettato in un fosso tra [[Porta del Carmine]] e [[Porta Nolana]] vicino ai rifiuti, mentre la testa fu portata al viceré come prova della sua morte.
 
I capitani delle ottine coinvolti nella congiura, come rivelano alcuni documenti conservati nell'[[Archivo General de Simancas|Archivo General]] a [[Simancas]], furono ampiamente ricompensati dalla Corona di Spagna. Carlo Catania chiese la ''capitania a guerra'' della città di Napoli e cinquecento scudi; Salvatore Catania, la carica di ''Percettore di [[Terra di Lavoro]]''; Andrea Cocozza, la ''capitania a guerra'' di [[Nicastro]] ed una pensione di trecento [[scudo (moneta)|scudi]] per il figlio. Le loro aspirazioni furono coronate il 17 giugno [[1648]], quando ricevettero tutti il ''privilegio di nobiltà'' ed il compito di governare per sei anni, rispettivamente, i territori di [[Modugno]], [[Cava de' Tirreni|Cava]] e [[Catanzaro]], con venticinque scudi mensili di pensione ad incarico compiuto.<ref>{{cita|Musi|p 119}}.</ref>
 
[[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]] fu invece premiato con le nomine, conferitegli il giorno dopo la fucilazione di Masaniello, a ''Presidente Decano della [[Regia Camera della Sommaria|Sommaria]]'' ed a ''Presidente del Collegio dei Dottori'', trovandosi così al vertice dell'ordinamento forense del regno.<ref>{{cita|Musi|pp. 119-120}}.</ref> Il servigio reso alla monarchia iberica non risparmiò l'anziano prete quando, procuratosi di nuovo l'ostilità degli spagnoli, fu arrestato per l'ultima volta. Genoino morì a [[Mahón]] sull'isola di [[Minorca]], durante il viaggio verso la prigione di [[Malaga]].
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Le autorità spagnole, temendo l'infuriare di una nuova sommossa, ordinarono di assecondare tutte le manifestazioni di devozione verso il capopopolo assassinato. Il cardinale Filomarino, supplicato di celebrare i funerali, scrisse al papa:
 
{{Citazione|''Da questo incidente del pane n'è risultato, che dove la morte del Masaniello non era stata sentita più che tanto, né avea fatta grande impressione negli animi de' suoi seguaci (perché con la sua pazzia s'era reso a tutti esoso); il mercoledì l'incominciarono a piangere, a sospirare, esaltare e preconizzare; e desiderando la sua sepoltura, di cui prima non si curavano, vennero a chiedermela in grazia, timorosi che per gli uffici fatti io non fossi per concedercela; ma gliela concedei di buona voglia, e prontamente.''<ref>{{cita|Filomarino|lettera del 19 luglio, p. 389}}.</ref>}}
 
Dopo aver accettato, Filomarino ordinò che tutti i preti sotto la sua giurisdizione partecipassero il 18 luglio alla celebrazione. Il corteo funebre, uscito dalla [[Basilica del Carmine]] due ore prima del tramonto, era seguito da decine di migliaia di persone,<ref>{{cita|Musi|p 127}}.</ref> mentre da tutte le finestre venivano esposte coperte e lumi come tributo d'onore. Il feretro, avvolto in un lenzuolo di seta bianco ed in una coltre di velluto nero, con alla destra una spada ed alla sinistra il bastone di capitano generale, fu portato in processione per tutta la città quasi si trattasse delle spoglie di un santo. Attraversò tutti i sei seggi di giustizia della città, seguendo l'itinerario della rituale cavalcata che i viceré tenevano al momento dell'insediamento.<ref name="cita|Musi|p. 128">{{cita|Musi|p. 128}}.</ref> Dopo aver attraversato [[via Toledo]], passando di fronte al [[Palazzo Reale di Napoli|Palazzo Reale]], il duca d'Arcos ordinò di abbassare le bandiere spagnole in segno di lutto.<ref>{{cita|Gurgo|p. 107}}.</ref>
Line 116 ⟶ 124:
[[File:Lapide Masaniello.jpg|upright=0.9|thumb|Lapide commemorativa nella [[Basilica del Carmine]].]]
Un anonimo poeta compose:
<div align="center">{{Citazione|''È muorto chi lu Nobile ha smaccato,<br />È muorto chi ha cresciuto li panelle,<br />È muorto chi ha strette li Gabelle,<br />È muorto chi nu Regno ha sorzellato.<br />Napole scuso tene e derropato<br />Chi l'ha fatto saglì 'ncopp' a li stelle;<br />L'accise co na mano de rebbelle<br />Nu panettiere<ref>Salvatore Catania, uno dei congiurati, era un panettiere.</ref> suggeco frustrato.<br />Che sbarione! S'amma stammatina,<br />Sta sera s'odia e se le fa gran guerra.<br />Mprimma s'onora, appriesso s'assassina.<br />Hoje se vede senza capa 'nterra,<br />Pe tutta la cetate se trascina;<br />Craje da Generalissimo s'attera.<ref>È morto colui che ha dato smacco al Nobile, / È morto colui che ha fatto crescereaccresciuto il peso delle panellepane, / È morto colui che ha abbattuto le gabelle, / È morto colui che ha sollevato un Regno. / Napoli tiene nascosto e abbandonato / Colui che l'ha fatta salire alle stelle; / Lo ha ucciso con mano da congiurato / Un panettiere soggetto frustrato. / Quale errore! Si ama stamattina, / Stasera si odia e si fa gran guerra. / Prima si onora e poi si uccide. / Oggi si vede senza testa in giù, / E si trascina per tutta la città; / Domani da Generalissimo si seppellisce.'' ({{cita|Campolieti|p. 211}}; {{cita|Gurgo|pp. 108-109}}).</ref>}}</div>
 
Il corpo del capopopolo fu oggetto di una forma di venerazione religiosa: la [[litanie dei santi|litania]] che la folla recitò comprendeva anche un «Sancte Mas'anelle, ora pro nobis»<ref>{{cita|Campolieti|p. 206}}.</ref>; ed alcune donne, invocandolo come un redentore, cercarono di toccarne il corpo e di staccarne i capelli per conservarli come reliquie.<ref name="cita|Musi|p. 128"/> Alle tre del mattino, finita la processione, fu data sepoltura al feretro nella Basilica del Carmine, dove i resti di Masaniello rimasero fino al [[1799]]. In quell'anno, dopo aver represso violentemente la [[Repubblica Napoletana (1799)|rivoluzione napoletana]], [[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV di Borbone]] ne ordinò la rimozione e la dispersione allo scopo di cancellare il ricordo di ogni opposizione al potere regio. Sul luogo c'è oggi una lapide commemorativa fatta apporre dai [[Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo|Frati carmelitani]] nel [[1961]], in occasione del centenario dell'[[Unità d'Italia]].
 
[[File:Carlo Coppola - Resa di Napoli a Don Giovanni d'Austria nel 1648.jpg|thumb|left|upright=1.4|''Resa di Napoli a [[Don Giovanni d'Austria (1629-1679)|Don Giovanni d'Austria]] nel 1648'', Carlo Coppola, 1648.<ref name=museo/>]]
 
La moglie Bernardina, la sorella Grazia e la madre Antonia fuggirono a [[Gaeta]], dove le ultime due furono uccise. Bernardina, risparmiata perché incinta, tornò a Napoli dove, ridotta alla più assoluta povertà, fu costretta a prostituirsi in un vicolo del [[Borgo Sant'Antonio Abate]]. Qui venne più volte picchiata e derubata per sfregio dai soldati spagnoli suoi clienti.<ref>{{cita|Campolieti|p. 263}}.</ref> Morì di [[peste]] durante l'[[peste del 1656|epidemia del 1656]].
 
Con la fine di Masaniello la rivolta tuttavia non si spense ed anzi assunse, sotto la guida del nuovo capopopolo [[Gennaro Annese]], un marcato carattere antispagnolo. Gli scontri contro la nobiltà ed i soldati si susseguirono violentissimi nei mesi successivi, fino alla cacciata degli spagnoli dalla città. Il 17 dicembre fu infine proclamata la [[Real Repubblica Napoletana]] sotto la guida del duca francese [[Enrico II di Guisa]], che in qualità di discendente di [[Renato d'Angiò]] rivendicava diritti dinastici sul trono di Napoli. L'esempio di Masaniello fu poi seguito anche da popolani di altre città: da [[Giuseppe d'Alesi]] a [[Palermo]], e da [[Ippolito di Pastina]] a [[Salerno]]. La parentesi rivoluzionaria si concluse solo il 6 aprile [[1648]], quando [[don Giovanni d'Austria (1629-1679)|don Giovanni d'Austria]], figlio naturale di [[Filippo IV di Spagna|Filippo IV]], alla guida di una flotta proveniente dalla Spagna riprese il controllo della città.
 
Nel [[1701]], più di cinquant'anni dopo la rivolta popolare, ci fu un altro tentativo di insurrezione contro il governo spagnolo, ma stavolta da parte della nobiltà: la [[congiura di Macchia]]. In questo periodo, il ricordo di Masaniello fu rievocato in chiave antispagnola: tra varie iscrizioni apparse in città contro il re [[Filippo V di Spagna|Filippo V di Borbone]], ne apparve una sul sepolcro del capopopolo nella Basilica del Carmine, recante il verso del vangelo ''Lazare veni foras'', pronunciato da Gesù nell'atto di resuscitare [[Lazzaro di Betania|Lazzaro]]<ref>Angelo Granito, principe di Belmonte, ''[http://books.google.it/books?id=o5dJAAAAMAAJ&pg=PA66 Storia della congiura del principe di Macchia e della occupazione fatta dalle armi austriache del regno di Napoli nel 1707]'', 1861, vol. I, p. 66.</ref>. La ribellione nobiliare fallì anche a causa di una scarsa partecipazione dei ceti umili, memori dell'ostilità dei nobili durante la rivolta del 1647. Quando l'[[eletto del popolo]] cercò di sollevare la popolazione contro gli spagnoli arringando la folla a [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]], un anziano popolano prese la parola e disse:
 
{{Citazione|''Voi, Eletto, e voi, popolo, ascoltate. Sono molti anni che il mal governo spagnuolo fu da noi scosso, movendoci Masaniello popolano. Stettero i nobili o contra noi o in disparte, e spesso vennero ad aringare (come ora il nuovo Eletto) per ricondurci alla servitù, chiamandola quiete. Io, giovinetto, seguitai le parti del popolo; vidi le fraudi de' signori, le tradigioni del governo, le morti date a' miei parenti ed amici. Io vecchio che ora parlo, e assennato dal tempo, credo che in questa congiura di nobili debba il popolo abbandonarli, come nella congiura di Masaniello fu da nobili abbandonato.'' [...]<ref>{{cita libro|Pietro|Colletta|wkautore=Pietro Colletta|Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 vol. I|url=http://books.google.com/books?id=hQsMAAAAYAAJ&printsec=titlepage&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA41|accesso=27 ottobre 2009|1834|Tipografia Elvetica|Capolago}} p. 41.</ref>}}
 
Fallita anche la congiura di Macchia, il dominio spagnolo su Napoli continuò senza più opposizioni fino al [[1707]],<ref>La Corona di Spagna cedette ufficialmente il Regno di Napoli con il [[trattato di Utrecht]] del [[1713]].</ref> anno in cui la [[guerra di successione spagnola]] pose fine al viceregno iberico sostituendogli [[Regno di Napoli#Il vicereame degli Asburgo|quello austriaco]].
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===L'eco della rivolta di Masaniello in Europa===
[[File:Masaniello - Pieter de Jode.jpg|thumb|Masaniello raffigurato dall'incisore olandese Pieter de Jode, 1660 ca.]]
 
La notizia della ribellione guidata dal pescivendolo napoletano varcò i confini del regno ed attraversò rapidamente tutta l'Europa. La Francia, all'epoca saldamente guidata dal cardinale [[Giulio Mazarino|Mazzarino]], sostenne la rivolta in funzione antispagnola ed appoggiò l'impresa di [[Enrico II di Guisa]] allo scopo di far rientrare il [[Regno di Napoli]] sotto l'influenza francese.
 
L'eco degli eventi napoletani giunse fino in [[Inghilterra]] dove [[Oliver Cromwell]], dopo la [[guerra civile inglese]], instaurò la [[Commonwealth of England|repubblica]] nel [[1649]]. La figura di Cromwell e quella di Masaniello venivano spesso accostate: nei [[Paesi Bassi]] fu coniata una [[medaglia]] raffigurante da un lato il volto di Cromwell incoronato da due soldati, e dall'altro quello di Masaniello incoronato da due marinai. Le iscrizioni sotto i due volti recitano: <small>OLIVAR CROMWEL PROTECTOR V. ENGEL: SCHOTL: YRLAN 1658</small> (''Oliver Cromwell protettore d'Inghilterra, Scozia e Irlanda 1658''), e <small>MASANIELLO VISSCHER EN CONINCK V. NAPELS 1647</small> (''Masaniello pescatore e re di Napoli 1647'').<ref>Vedi la [http://www.historicalartmedals.com/MEDAL%20WEB%20ENTRIES/THE%20NETHERLANDS/MULLER-CROMWELL%20&%20MASANIELLO-BW178.htm scheda numismatica] URL consultato il 20-7-2008.</ref>
 
Il filosofo [[Baruch Spinoza|Benedetto Spinoza]], come testimoniato dal suo biografo Johannes Colerus,<ref>Nella biografia del filosofo, Colerus scrive: «Ho tra le mani un libro intero di ritratti simili dove si trovano diverse persone distinte e che lui conosceva o che avevano avuto occasione di recargli visita. Tra questi ritratti, trovo al quarto foglio un pescatore disegnato in camicia, con la rete sulla spalla destra, assolutamente somigliante, per l'attitudine al famoso capo di ribelli di Napoli, Masaniello, come viene rappresentato nella storia. A proposito del disegno in questione non devo omettere che il signor Van der Spyck, presso cui alloggiava Spinoza al momento della sua morte, mi ha assicurato che il bozzetto ritratto assomigliava perfettamente a Spinoza, e che l'aveva senza dubbio disegnato prendendo se stesso a modello».</ref> era talmente affascinato dalla figura del capopopolo napoletano da ritrarlo spesso con le proprie sembianze considerandosi il "Masaniello della [[metafisica]]".<ref>{{cita libro|Ausonio|Franchi|wkautore=Cristoforo Bonavino|Letture su la storia della filosofia moderna: Bacone, Descartes, Spinoza, Malebranche vol. II|url=http://books.google.it/books?id=25INAAAAYAAJ&printsec=titlepage&source=gbs_summary_r&cad=0#PPA120|accesso=24 maggio 2009|1863|Fratelli Ferrario|Milano}} p. 120.</ref>
 
=== Critica storiografica ===
Nel [[Settecento]], in un'Europa attraversata dai valori liberali dell'[[Illuminismo]], diversi intellettuali esaltarono la figura del capopopolo napoletano. A Napoli, durante l'[[Repubblica Napoletana (1799)|esperienza repubblicana del 1799]], Masaniello fu spesso erroneamente celebrato dai rivoluzionari come il «primo Repubblicano di Napoli», e per questo motivo gli fu intitolato il quartiere [[Mercato (Napoli)|Mercato]] con il nome di ''Cantone Masaniello''.<ref>[http://www.repubblicanapoletana.it/mon9.htm Monitore Napoletano n.9].</ref> Il presidente della Repubblica [[Carlo Lauberg]] scrisse: «La presente rivoluzione altro non è che quello stesso che volle fare, e per il tradimento della tirannia non poté eseguire, Masaniello».<ref>{{cita|Gurgo|p. 263}}.</ref> Il giacobino Giovanni Pastore, in una lettera pubblicata sul ''[[Monitore Napoletano]]'' di [[Eleonora Pimentel Fonseca]], lo descrisse come un combattente per i [[diritti dell'uomo]], capace di trascinare proprio quella popolazione umile della città che invece nel [[1799]] mostrava ostilità verso il governo repubblicano:
 
{{Citazione|Qual biasimevole contrasto opponete ora Voi a' vostri avoli de' tempi del gran Masaniello! Senza tanto lume di dottrine e di esempj, quanti ora ne avete, diè Napoli le mosse, proseguirono i vosti avoli, insorsero da per tutto contra il dispotismo, gridarono la Repubblica, tentarono stabilir la democrazia, e per solo ragionevole istinto reclamarono i diritti dell'Uomo. Ora proclamano l'uguaglianza, e la democrazia i nobili, la sdegnano le popolazioni!<ref>[http://www.repubblicanapoletana.it/mon11.htm Monitore Napoletano n.11].</ref>}}
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L'attaccamento al mito dimostrato dai rivoluzionari del 1799 probabilmente provocò quella sorta di ''[[damnatio memoriae]]'' a cui Masaniello fu condannato durante la restaurazione borbonica ([[Ferdinando I delle Due Sicilie|Ferdinando IV di Borbone]] ne ordinò la dispersione dei resti), e quindi la conseguente riscoperta in chiave risorgimentale. Durante il [[Risorgimento]] infatti, gli storici interpretavano gli eventi della storia italiana preunitaria alla luce del processo di unificazione in corso, caricandoli spesso di valori patriottici che in realtà non possedevano. Masaniello incarnò l'ideale indipendentista diventando un eroe che combatteva contro la dominazione straniera.
 
Al termine della stagione risorgimentale il mito del capopopolo decadde progressivamente fino alla provincializzazione del personaggio. [[Michelangelo Schipa]] e [[Benedetto Croce]] contribuirono enormemente al ridimensionamento dei moti del [[1647]], ed alla banalizzazione della figura del pescatore-rivoluzionario. Schipa descrisse Masaniello come «strumento d'altri» che «divenne presto d'impaccio», mettendo invece in risalto il ruolo del giurista [[Giulio Genoino (XVII secolo)|Giulio Genoino]], che secondo lo storico pugliese fu la «vera mente» dei moti.<ref>{{cita|Schipa|p. 72}} cit. in {{cita|Musi|p. 23}}.</ref> Croce definì la rivolta come «uno dei tanti moti plebei senza bussola e senza freno, senza capo né coda, senza presente e senza avvenire», attribuendone il grande successo storiografico «al naturale effetto della poesia pronta a prorompere dai petti umani a ogni favilla o parvenza di libertà».<ref>{{cita|Croce|pp. 32-33}}.</ref>
 
Il giudizio dei due grandi storici intaccò pesantemente la figura di Masaniello, tanto che finì per personificare tutti quegli stereotipi e pregiudizi che volevano il popolano napoletano rozzo, incolto, furbo, prepotente con i deboli, e servile con i potenti, finendo per essere accostato alla figura di [[Pulcinella]]. È da questa visione del personaggio che deriva il modo di dire ''"essere un Masaniello''" o ''"fare il Masaniello''", rivolto a coloro che incitano le folle con argomenti ritenuti di facile [[demagogia]] e [[populismo]]. Gli storici del [[Novecento]], tra cui il [[meridionalista]] [[Giuseppe Galasso]], che ha definito il giudizio crociano «deludente» e dettato da un «tono sprezzante»,<ref>Giuseppe Galasso, ''prefazione'' a {{cita|Musi|pp. 9-10}}.</ref> hanno rilanciato la ricerca storica sugli eventi del 1647.
 
===Arte, letteratura, spettacolo ed altro===
[[File:Onofrio Palumbo - Masaniello.jpg|upright|thumb|''Masaniello precocemente invecchiato''. Dipinto di Onofrio Palumbo, 1647 ca.<ref name=museo/>]]
 
[[File:Jmw turner, ondina che dà l'anello a masaniello, pescatore napoletano, ante 1846.jpg|upright|thumb|File:Jmw turner, ondina che dà l'anello a masaniello, pescatore napoletano, ante 1846.jpg|[[William Turner]], ''[[Ondina (mitologia)|Ondina]] che dà l'anello a Masaniello, pescatore napoletano'', prima del 1846, [[Tate Britain]]]]
 
I pittori napoletani [[Aniello Falcone]], [[Salvator Rosa]], [[Micco Spadaro]] e [[Andrea di Leone]], appartenenti alla cosiddetta "Compagnia della Morte",<ref>Alla compagnia fu dato questo nome perché Aniello Falcone giurò di vendicare un amico ucciso da un soldato spagnolo uccidendo tutti gli spagnoli presenti in città.</ref> rappresentarono Masaniello e le vicende della rivolta nei propri dipinti. Alcune delle opere sopravvissute sono conservate nel [[Museo di San Martino]] a Napoli.
 
Intorno al 1846 il pittore romantico inglese [[William Turner]] realizzò il dipinto ''[[Ondina (mitologia)|Ondina]] che dà l'anello a Masaniello, pescatore napoletano'', esposto al [[Tate Britain]].
Nel [[1846]] lo scultore [[Alessandro Puttinati]] realizzò una statua in marmo raffigurante il capopopolo, che ora è esposta nella [[Galleria d'arte moderna (Milano)|Galleria d'arte moderna di Milano]].
 
NelSempre nel [[1846]] lo scultore [[Alessandro Puttinati]] realizzò una statua in marmo raffigurante il capopopolo, che ora è esposta nella [[Galleria d'arte moderna (Milano)|Galleria d'arte moderna di Milano]].
 
La rivolta di Masaniello nel corso dei secoli è stata rappresentata in numerose opere teatrali europee, tra cui:
*[[ 1669]]. ''Op- en ondergang van Mas Anjello of Napelse beroerte'', di [[Thomas Asselijn]].
*[[ 1682]]. ''Trauer-Spiel von dem Neapolitanischen Haupt-Rebellen Masaniello'', di [[Christian Weise]].
*[[ 1706]]. ''Die Neapolitanische Fischer-Empörung oder Masagniello furioso'', di [[Reinhard Keiser]].
*[[ 1828]]. ''La muette de Portici'' (''[[La muta di Portici]]''), opera di [[Daniel Auber]] su libretto di [[Eugène Scribe]]. Rappresentata a [[Bruxelles]] nel [[1829]] con grande successo di pubblico ebbe una certa influenza sulla [[Rivoluzione belga]] del [[1830]]-[[1831]].
*[[ 1874]]. ''[[Salvator Rosa (opera)|Salvator Rosa]]'', di [[Antônio Carlos Gomes]] su libretto di [[Antonio Ghislanzoni]]. Masaniello (baritono) è uno dei due protagonisti.
*[[ 1963]]. ''[[Tommaso d'Amalfi]]'', di [[Eduardo De Filippo]], il cui interprete è stato [[Domenico Modugno]]. L'opera è presente nella raccolta chiamata ''[[Cantata dei giorni dispari]]''.
*[[ 1974]]. ''Masaniello'', di Elvio Porta ed Armando Pugliese, con le musiche di [[Roberto De Simone]] e interpretato da [[Mariano Rigillo]], Angela Pagano e [[Lina Sastri]].
*[[ 1996]]. ''Masaniello-il musical'', di [[Tato Russo]], in cui il protagonista è stato prima interpretato da [[Gigi Finizio]], poi da [[Gianni Fiorellino]] e quindi da Antonio Murro.<ref>[http://www.masaniellomusical.net// ''Masaniello-il musical''] sito del musical di Tato Russo.</ref>
 
Una versione assai romanzata del personaggio è presente inoltre nell'opera ''Il Corricolo'' ([[1853]]) di [[Alexandre Dumas padre]].
 
Masaniello è presente in ''Miserere coi fichi'' di [[Vittorio Giovanni Rossi]], dove la rivolta viene descritta in modo ironico, secondo lo stile dello scrittore, dal protagonista-narratore, un venditore milanese in viaggio di lavoro a Napoli.
 
Il ribelle napoletano è protagonista di due canzoni della [[Nuova Compagnia di Canto Popolare]]: '''O cunto 'e Masaniello'', tratta dall'album ''Li Sarracini Adorano lu Sole'' ([[1974]]), e ''Dint' 'o mercato'', dall'album ''Aggio Girato Lu Munno'' ([[1978]])''. Viene inoltre citato in ''Canto allo Scugnizzo'' dei [[Musicanova]] (da ''Musicanova'', [[1978]]) e quindi nella [[cover]] ''Scugnizzi'' dei [[24 Grana]] (da ''Loop live'', [[1998]]), in ''Je so' pazzo'' di [[Pino Daniele]] (da ''Je so' pazzo/Putesse essere allero'', [[1979]]), ed in ''Quel Giorno a Primavera'' dei [[Modena City Ramblers]] (da ''[[Dopo il lungo inverno]]'', [[2006]]).
 
Una particolare varietà di ''[[Nymphaea]]'' (ninfea) porta il nome di ''Nymphaea Masaniello''.<ref>Vedi la {{en}} {{collegamento interrotto|1=[http://zipcodezoo.com/Plants/N/Nymphaea_Masaniello/default.asp scheda descrittiva] |date=marzo 2018 |bot=InternetArchiveBot }} ed un'[[commons:Image:Nymphaea 'Masaniello' - botanic garden adelaide.jpg|immagine su Commons]].</ref>
 
==Strade, piazze e monumenti==
A Masaniello sono state intitolate centinaia di strade e piazze in diverse città italiane ma, proprio a Napoli, nessuna fino agli [[anni 1970|anni settanta]]. Per questa mancanza protestò anche il famoso scrittore [[Luciano De Crescenzo]] nel romanzo ''[[Così parlò Bellavista (romanzo)|Così parlò Bellavista]]'' del [[1977]].<ref>{{cita|De Crescenzo|p. 215}}.</ref> In realtà esisteva una via Masaniello proprio a sud di [[Piazza del Mercato (Napoli)|piazza del Mercato]], aperta cento anni prima della denuncia di De Crescenzo: [[1877]]. La strada fu cancellata dalla costruzione del palazzo Ottieri, imponente casermone frutto degli anni della speculazione edilizia, sorto nel [[1958]]. Comunque, a Masaniello fu dedicata la piccola piazzetta proprio ai piedi del palazzo Ottieri, riottenendo grossomodo il luogo originario.
 
Nella [[Basilica del Carmine]], oltre all'iscrizione sull'antico luogo di sepoltura, è presente una statua del capopopolo nel chiostro.
 
La [[fontana dei Delfini (Cerreto Sannita)|fontana di piazza del Mercato]], dalla quale si dice Masaniello arringasse la folla, fu acquistata nel [[1812]] dal Comune di [[Cerreto Sannita]] ed è oggi situata nella piazza centrale del paese.<ref>{{cita libro|Nicola|Rotondi|Memorie storiche di Cerreto Sannita vol. II|1870||Cerreto Sannita}} p. 9.</ref>
 
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{{Portale|biografie|Due Sicilie|storia}}
 
[[Categoria:StoriaRegno di Napoli]]
[[Categoria:Assassinati con arma da fuoco]]
[[Categoria:Personaggi legati a un'antonomasia]]