Ambrogio Calepio

linguista italiano

Ambrogio Calepio (Castelli Calepio, 1435 circa[1]Bergamo, 1511) è stato un umanista e latinista italiano, noto per il Dictionarium latinum, una monumentale opera di natura lessicografica ed enciclopedica sulla lingua latina.

Busto di Ambrogio Calepio, Biblioteca Angelo Mai, Bergamo

Biografia modifica

Ambrogio Calepio (detto Calepino), il cui nome di battesimo era Giacomo (ma universalmente conosciuto come Ambrogio), era figlio naturale del conte Trussardo di Calepio e di Caterina de Bucellenis[2] di ricca e nobile famiglia di Bergamo in una data che, in mancanza di documenti certi, viene collocata tra il 1435 e il 1440, nella vicinia di san Michele al Pozzo Bianco. Giacomo ebbe due fratelli: Marco, pure figlio naturale, e Nicolino al quale passarono per eredità i beni della famiglia.[3] Il conte Trussardo garantì un'istruzione di buon livello al figlio lasciandogli un patrimonio di duemila lire vincolati al compimento dei suoi venticinque anni, come i centocinquanta scudi d'oro lasciati in deposito presso la congregazione della Misericordia Maggiore lasciatigli da Giovanni di Marco da Rudiano, sempre al raggiungimento del venticinquesimo compleanno[4], il quale, seguendo la tradizione per i cadetti delle famiglie nobili, nel 1458 entrò nel convento dell'ordine degli eremitani di Sant'Agostino, dove prese il nome di Ambrogio. Visse il periodo della riforma cattolica con le riforme degli ordini inserendosi nella promozione della riforma.

Dopo avere svolto il noviziato in numerosi monasteri di città lombarde (Milano, Cremona, Brescia e Mantova), ritornò nella propria città natale dove ebbe modo di affinare le proprie conoscenze, tanto che cominciò a dedicarsi alla preparazione di un vocabolario.

La prima edizione del Dictionarium latinum fu pubblicata nel 1502 dal tipografo emiliano Dionigi Bertocchi, ma fu considerata incompleta a causa di omissioni e aggiunte inopportune eseguite dal tipografo stesso. Il Calepio si mise subito al lavoro per migliorare e completare la sua opera, realizzandone in breve tempo una seconda edizione.

Nella prima edizione il dizionario era monolingue in latino e conteneva molte citazioni. La seconda edizione, pubblicata nel 1509, era invece in quattro lingue: ebraico, greco, latino e italiano. Calepio continuò la sua opera lessicografica ma, anche a causa della sopraggiunta cecità, non riuscì a vedere il risultato finale delle sue fatiche.

Morì nel suo convento nel 1511 e la sua opera fu portata a termine dai suoi confratelli. I risultati si videro nel 1520, quando il bergamasco Bernardino Benaglio stampò la ventiquattresima edizione del vocabolario, considerata quella definitiva. L'opera divenne famosa in tutta Europa come «Calepino», in onore del suo autore, e la sua ampia notorietà fu dovuta anche al fatto che, successivamente, assunse un carattere poliglotta, con versioni in numerose lingue moderne. Ben duecentoundici furono le riedizioni stampate dal 1502 al 1779, stampe che portarono l'opera a subire numerosi cambiamenti.

Nella lingua italiana la parola "calepino" è divenuto termine antonomasico per "vocabolario", usato anche in contesti scherzosi[5][6].

Note modifica

  1. ^ Gigliola Soldi Rondinini, Tullio De Mauro, CALEPIO, Ambrogio, detto il Calepino, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)
  2. ^ Ambrogio da calepio e il suo Caelepinus, su larivistadibergamo.it, Rivista69. URL consultato il 18 novembre 2018.
  3. ^ AA.VV., Società, cultura, luoghi al tempo di Ambrogio di Calepio, Bergamo, Edizioni dell'Atereo, 2005, p. 13.
  4. ^ Gianmario Petrò, Le trasformazioni della chiesa e del convento di S. Agostino tra il XV e il XVI secolo, Bergamo, Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo – Studi, 2005, p. 119-119.
  5. ^ Calepino, Vocabolario Treccani on line, Istituto dell'Enciclopedia italiana
  6. ^ Calepino, Sinonimi e contrari, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani

Bibliografia modifica

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Collegamenti esterni modifica

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