Andrea Perrucci

drammaturgo, librettista e gesuita italiano

Andrea Perrucci, alias Casmiro Rugiero Ocone[1] o Enrico Preudarca[2] (Palermo, 1º giugno 1651[3][4]Napoli, 6 maggio 1704[3]), è stato un drammaturgo, librettista e gesuita italiano, autore e teorizzatore della commedia dell'arte, attivo anche nel teatro religioso[5]. Fu inoltre, pur con esiti modesti, poeta in latino e in vari idiomi vernacolari[5].

Perrucci è ricordato anche come canonizzatore della commedia dell'arte, qui in una raffigurazione fiamminga di fine Cinquecento (Hieronymus Francken I, Compagnia dei comici Gelosi)

Biografia modifica

Nacque a Palermo, nel Regno di Sicilia, figlio di Francesco Perrucci, ufficiale della Squadra marittima, e di Anna Fardella, una nobildonna trapanese, appartenente a uno dei più antichi ed illustri casati isolani[6]. Visse sin dall'adolescenza a Napoli, dove avviò gli studi di Gramatica presso i Gesuiti; studiò poi con i Frati Predicatori e quindi diritto civile e diritto canonico con Pulcarelli e de Philippis, acquisendo il titolo di Utriusque Iuris Doctor (V.I.D.) presso il Collegio napoletano dei dottori. I suoi studi furono un po' contrastati dall'opposizione del padre, che li riteneva inutili (e si esprimeva sulla inanità dello sforzo mutuando le parole del genitore nella Tristia di Ovidio: studium quid inutile temptas?[7] "Perché tenti uno studio inutile?"), ma anche dalla cattiva salute e dalle avversità della vita. Ritornò per un po' in Sicilia per cercare, senza successo, di rientrare in possesso dei beni di famiglia. Per la delusione patita, Perrucci farà ritorno a Napoli senza mai più rimetter piede nella terra che gli aveva dato i natali.

Tra i primissimi letterati che a Napoli si dedicarono al melodramma, Perrucci fu il primo nel Regno a cimentarsi come librettista, arte alla quale si dedicò in più riprese, manifestando una particolare e stravagante vena creativa che sortì l'effetto di risvegliare l'interesse di altri autori, dando impulso alla nascita dell'opera buffa[8].

Come autore teatrale, Perrucci è ricordato soprattutto per La Cantata dei pastori, l'opera sua più fortunata[5], di cui per secoli si è perpetuata la tradizione rappresentativa nei teatri popolari in occasione del Natale. Al suo lavoro di teorico, invece, si deve il notevole trattato Dell'arte rappresentativa, premeditata e all'improvviso[5], in cui egli si occupava del genere improvvisativo, tramandandoci così un'importante testimonianza scritta sul genere teatrale della commedia dell'arte.

Dottore in diritto canonico e civile (Utriusque Iuris Doctor), Perrucci fu membro dell'Accademia dei Raccesi di Palermo e quindi della napoletana Accademia dei Rozzi, frequentata da Biagio Cusano, della quale fu anche segretario. Fu inoltre accademico dei Pellegrini a Roma, con il nome di Rolmidero dell'Oreto, e censore promotoriale degli Spensierati di Rossano.[9]

Fu per molti anni poeta del teatro degli Armonici di San Bartolomeo[5][10], posizione a cui fu elevato da vari viceré di Napoli, Fernando Fajardo y Álvarez de Toledo marchese de los Vélez, Gaspar Méndez de Haro marchese di El Carpio, Francisco de Benavides conte di Santisteban, e dal Gran Connestabile del Regno Filippo II Colonna.

La Cantata dei pastori modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: La Cantata dei pastori.

È noto soprattutto per il dramma sacro Il vero lume tra le ombre, ovvero la spelonca arricchita per la nascita del verbo incarnato (o La nascita del verbo umanato), meglio nota come La Cantata dei pastori, scritta nel 1698, sotto lo pseudonimo di Casimiro Ruggiero Ugone. L'opera, articolata in tre atti di notevole durata, fu portata in scena l'anno dopo e nei due secoli successivi poté godere di una notevole fortuna nei teatri popolari napoletani, venendo regolarmente rappresentata nella Notte di Natale, fino all'Ottocento,[5] con una tradizione popolare che è viva e si rinnova ancora oggi.[11]

 
Raffigurazione seicentesca di una compagnia itinerante della commedia dell'arte (Karel Dujardin, 1657)

Dell'arte rappresentativa, premeditata e all'improvviso modifica

Fu autore del notevole trattato Dell'arte rappresentativa, premeditata e all'improvviso, importante opera teorica sulla rappresentazione teatrale e sui metodi di lavoro della Commedia dell'arte, alla quale egli stesso si era dedicato anche se, come egli tiene a precisare, solo per diletto con gli amici e non per professione.[12]

Scritto nel 1699, il trattato contribuì a disciplinare e sistematizzare il genere improvvisativo[13]. L'opera, infatti, non può essere semplicemente considerata come un'importante summa teatrale dello stato dell'arte di quel genere comico, peraltro l'unica del genere, ma deve essere valutata appieno nel suo intento 'prescrittivo', programmaticamente dichiarato dall'autore:

«Io però se prendo a dar norma d'arte rappresentativa, mi protesto di quella voler scrivere, che chiamò Tullio: Imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis;[14] e che serva ad morum salubrem expurgationem, come autenticò lo Stagirita, che vaglia ad erudire le menti, a far detestare i vizii, & ad abbracciare le virtù, con portare sulle scene, gli esempi dell'enormità punite, e dell'azioni gloriose premiate»

Perrucci, con il suo scritto, è testimone delle difficoltà in cui alla sua epoca si dibatteva quel genere teatrale, per l'inaridimento della vena performativa, delle idee, invenzioni, trovate sceniche.[15] Al centro delle sue preoccupazioni era la sopravvivenza stessa di quella forma recitativa, la cui sostenibilità sociale e morale egli voleva fondare su prospettive nuove, quelle di un'arte in grado di trasmettere modelli educativi ed esemplari: questo ruolo potenziale egli intendeva garantire proprio attraverso una forma di istituzionalizzazione.

Il carattere 'normativo' dell'opera fornì una base teorica al processo di canonizzazione del genere improvvisativo, precisando le regole alle quali doveva sottostare l'utilizzo scenico di testi, canovacci, e repertori di trovate e lazzi. Seppur indirettamente, però, la volontà normativa di Perrucci favorì in modo inconsapevole il processo di 'omologazione' e impoverimento dell'"improvvisa", un fenomeno che accompagnò, e al tempo stesso causò, il declino di quel genere teatrale.[13]

 
Facciata dell'ex teatro San Bartolomeo, ora sede del centro di musica da camera CERSIM

Fioritura a Napoli della vena comica operistica modifica

La vena creativa di Perrucci, con i suoi libretti «ampollosi e strani»[8] ebbe l'effetto di risvegliare la vita musicale del Regno di Napoli: non appena iniziò a comporre i suoi "poveri melodrammi", altri artisti si affollarono attorno a lui[8]. Francesco Maria Paglia e Silvio Stampiglia di Civita Lavinia riempiono le sale dei teatri napoletani con le loro opere bizzarre, in cui l'esagerazione si allea con la naturalità, e le invenzioni più stravaganti si legano alle osservazioni del vero[16]. Fu così che a Napoli la vena comica e buffa andò a fiorire, ancor più che a Venezia, e lo fece proprio insinuandosi nelle trame dell'opera seria[16].

Fu autore di recitativi, serenate, canzoni, ma anche librettista di vari oratori in musica[3][17]: L'Arca del Testamento in Gerico (1704, Napoli) e Il zelo animato ovvero il Sant'Elia profeta (1733, Napoli), musicati da Francesco Mancini (1672-1737)[18]; Il Gedeone di Nicola Porpora.

Altre opere modifica

Andrea Perrucci fu autore fecondo e prolifico in vari campi, anche al di fuori della scrittura teatrale. Fu poeta marinista di modesta estrazione in vari idiomi, poeta vernacolare, librettista melodrammatico, traduttore dal latino, e finanche prosecutore dell'opera poetica incompiuta di Claudiano.

Poesia modifica

Oltre che autore di teatro religioso (sul modello delle comedias de santos della letteratura teatrale spagnola[5]), fu a lungo poeta del Teatro degli Armonici di San Bartolomeo[5][10] .

Poeta di ispirazione marinista, Perrucci si cimentò, con esiti assai modesti[5], nella composizione di liriche in vari idiomi (toscano, siciliano, calabrese, napoletano[5]) e in lingua latina[5][10], di cui pubblicò nel 1665 la raccolta Idee delle Muse.

Nel 1678 scrisse il poema eroicomico dialettale L'Agnano zeffonato, poemma aroico[3][10], contenente una breve satira sui cattivi poeti, che traeva spunto da un'antichissima tradizione popolare napoletana di un'antica città sprofondata, a causa di un'eruzione vulcanica, sotto la superficie di quello che nel Seicento era il lago vulcanico di Agnano (non più esistente poiché prosciugato nell'Ottocento).

Traduzione e poesia latina modifica

Fu traduttore del terzo libro del poema mitologico De raptu Proserpinae di Claudio Claudiano, opera con cui volle portare a termine una traduzione lasciata incompleta da altro autore[12]. Si propose inoltre di colmare l'incompiutezza del poema, scrivendone di propria mano il terzo volume[12].

Teatro modifica

 
Frontespizio del Dom Juan di Molière, ed. 1682

Il convitato di pietra modifica

Di lui è noto anche Il convitato di pietra del 1678[19], una rielaborazione della leggenda archetipica di Don Juan. Si trattava di un rimaneggiamento del Don Giovanni o Il convitato di pietra di Molière[5], che egli pubblicò con lo pseudonimo anagrammatico di Enrico Preudarca[2].

L'huomo redento modifica

 
Eglon van der Neer (1675-1680): scena clou della vicenda di Candaule, di cui il gesuita Perrucci fu librettista, per Pietro Andrea Ziani

Presso la Biblioteca Nazionale di Napoli è conservato il manoscritto di un'opera in tre atti appartenente al filone del dramma sacro-farsesco, L'huomo redento, firmato con lo pseudonimo di Casmiro Rogiero Ocone, definito dall'autore come “opera scenica simbolico-sacra".

Melodramma e oratori modifica

Perrucci fu anche tra i precursori della cultura del melodramma a Napoli[5], città nella quale fu il primo a scrivere libretti d'opera: fu librettista per Chi tal nasce tal vive, ovvero L'Alessandro Bala (1678)[8] e per Candaule re di Lidia (1679), entrambe del compositore Pietro Andrea Ziani[20], L'Epaminonda[10] di Severo De Luca (1685), ma ancor prima per l'opera in tre atti Difendere l'offensore ovvero La Stellidaura vendicata, scritta in stile monteverdiano da Francesco Provenzale nel 1674[21] (Romain Rolland, che trovò l'opera alla biblioteca Santa Cecilia di Roma, riporta la data del 1670.[3][22]), il cui libretto fu il primo di origine napoletana[8].

Edizioni cartacee e materiali on-line modifica

Cantata dei pastori
  • Il vero lume tra le ombre, ovvero La Cantata dei pastori, pastorale sacra, Napoli, Paci, 1698, in dodicesimo.
  • La Cantata dei pastori, a cura di Roberto De Simone, con illustrazioni di Gennaro Vallifuoco, Einaudi. ISBN 88-06-15632-2
Dell'arte rappresentativa...
Il convitato di pietra
L'huomo redento
L'Agnano zeffonato
  • L'Agnano zeffonato, poema giocoso napoletano, Paci, 1678.
La Debbora, profetessa guerriera

Note modifica

  1. ^ Casmiro Rugiero Ocone era lo pseudonimo da lui talvolta utilizzato. Si veda il manoscritto dell'opera in tre atti, L'huomo redento[collegamento interrotto] conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli e scaricabile in formato PDF
  2. ^ a b Lo pseudonimo è infatti l'anagramma di Andrea Perruccio
  3. ^ a b c d e Romain Rolland, Les origines du théâtre lyrique moderne. Histoire de l'opéra en Europe avant Lully et Scarlatti, E. Thorin, Parigi, 1895 p. 178 nota 3 (da Internet Archive)
  4. ^ La tradizione biografica riporta anche l'ora di nascita, le 13 di un giovedì, Si veda Giacinto Gimma, Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, publicati da Gaetano Tremigliozzi, colle memorie storiche della Società, Napoli, presso Carlo Troise stampatore accademico, 1703, p. 52.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m «Perrucci, Andrea», in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, Roma (on line)
  6. ^ Giacinto Gimma, Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, publicati da Gaetano Tremigliozzi, colle memorie storiche della Società, presso Carlo Troise stampatore accademico, Napoli, 1703, p. 53.
  7. ^ Ovidio, Tristia, IV.X.21
  8. ^ a b c d e Romain Rolland, Les origines du théâtre lyrique moderne. Histoire de l'opéra en Europe avant Lully et Scarlatti, E. Thorin, Parigi, 1895, p. 178 (da Internet Archive)
  9. ^ Giacinto Gimma, Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, publicati da Gaetano Tremigliozzi, colle memorie storiche della Società, Napoli, presso Carlo Troise stampatore accademico, 1703, p. 52, 54, 55.
  10. ^ a b c d e Giacinto Gimma, Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, pubblicati da Gaetano Tremigliozzi, colle memorie storiche della Società, presso Carlo Troise stampatore accademico, Napoli, 1703, p. 55.
  11. ^ La Cantata dei pastori, a cura di Roberto De Simone, con illustrazioni di Gennaro Vallifuco, Einaudi, ISBN 88-06-15632-2.
  12. ^ a b c Giacinto Gimma, Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, p. 58
  13. ^ a b Silvio d'Amico, Storia del teatro drammatico, Garzanti, Milano, 1960, vol. II, pp. 117-118.
  14. ^ La frase, frequentemente citata, rimanda al tema della mimesis. Essa è, per esteso, Comoedia est imitatio vitae, speculum consuetudinis, imago veritatis ("la commedia è imitazione della vita, specchio dei costumi e immagine della realtà"). La frase, per noi perduta, è generalmente attribuita a Cicerone (De re publica, IV. 11), anche se non vi è certezza sull'appartenenza a quest'ultima opera. L'attribuzione a Cicerone è fatta da Elio Donato (De Comoedia et Tragoedia, edizione Wessner, I. 22.), il cui testo era facilmente fruibile nel Rinascimento perché incorporato come prefazione a Terentii Comoedia, un'edizione delle commedie di Terenzio del 1546.
  15. ^ Anna Maria Testaverde, Introduzione Archiviato il 22 luglio 2011 in Internet Archive. al volume I canovacci della Commedia dell'Arte, a cura di Anna Maria Testaverde, Torino, Einaudi, 2007.
  16. ^ a b Romain Rolland, Les origines du théâtre lyrique moderne. Histoire de l'opéra en Europe avant Lully et Scarlatti, E. Thorin, Parigi, 1895, p. 179 (da Internet Archive)
  17. ^ Giacinto Gimma, Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, pubblicati da Gaetano Tremigliozzi, colle memorie storiche della Società, presso Carlo Troise stampatore accademico, Napoli, 1703, p. 56.
  18. ^ Resoconto Archiviato il 13 giugno 2007 in Internet Archive. del 13º convegno annuale della Società italiana di musicologia - SIdM
  19. ^ 1678 è la data riportata dal Dizionario biografico degli italiani. Giacinto Gimma riporta invece la data del 1690 (cfr. Elogj accademici della Società degli Spensierati di Rossano, p. 60
  20. ^ Libretti a stampa di Pietro Andrea Ziani
  21. ^ «Provenzale, Francesco», in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
  22. ^ Romain Rolland, Les origines du théâtre lyrique moderne. Histoire de l'opéra en Europe avant Lully et Scarlatti, E. Thorin, Parigi, 1895, p. 188, nota 2 (da Internet Archive)

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