Antonio Giolitti

politico e partigiano italiano (1915-2010)

Antonio Giolitti (Roma, 12 febbraio 1915Roma, 8 febbraio 2010) è stato un politico e partigiano italiano.

Antonio Giolitti

Commissario europeo per la politica regionale
Durata mandato6 gennaio 1977 –
5 gennaio 1985
PresidenteRoy Jenkins
Gaston Thorn
PredecessoreGeorge Thomson
SuccessoreGrigoris Varfis

Ministro del bilancio
Durata mandato5 dicembre 1963 –
23 luglio 1964
Capo del governoAldo Moro
PredecessoreGiuseppe Medici
SuccessoreGiovanni Pieraccini

Ministro del bilancio e della programmazione economica
Durata mandato28 marzo 1970 –
18 febbraio 1972
Capo del governoMariano Rumor
Emilio Colombo
PredecessoreGiuseppe Caron
SuccessorePaolo Emilio Taviani

Durata mandato8 luglio 1973 –
23 novembre 1974
Capo del governoMariano Rumor
PredecessorePaolo Emilio Taviani
SuccessoreGiulio Andreotti

Sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri
Durata mandato14 luglio 1946 –
18 ottobre 1946
ContitolareGiuseppe Lupis
Capo del governoAlcide De Gasperi
PredecessoreRenato Morelli
Celeste Negarville
SuccessoreGiuseppe Brusasca

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato25 giugno 1946 –
11 gennaio 1977
LegislaturaAC, I, II, III, IV, V, VI, VII
Gruppo
parlamentare
AC-I: Comunista
II:
- Comunista (fino al 18/09/1957)
- Misto (dal 18/09/1957 al 04/10/1957)
- PSI (dal 04/10/1957)
III: PSI
IV:
- PSI (fino al 17/11/1966)
- PSI-PSDI Unificati (dal 17/11/1966)
V: PSI
CircoscrizioneAC; II-VII: Cuneo
I: CUN
Sito istituzionale

Senatore della Repubblica Italiana
Durata mandato2 luglio 1987 –
22 aprile 1992
LegislaturaI, II, III, IV, V, VI, VII, X
Gruppo
parlamentare
Sinistra Indipendente
CircoscrizioneLombardia
CollegioPavia
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPCI (1940-1957)
PSI (1957-1985)
Ind. di Sx (1987-1991)
Titolo di studioLaurea in Giurisprudenza
ProfessioneConsulente editoriale

È stato sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri dal 8 luglio 1946 al 23 novembre 1946 nel secondo governo De Gasperi, ministro del bilancio dal 5 dicembre 1963 al 23 luglio 1964 nel primo governo Moro, ministro del bilancio e della programmazione economica dal 28 marzo 1970 al 18 febbraio 1972 e dall'8 luglio 1973 al 23 novembre 1974 nei governi Rumor III, Colombo, Rumor IV e Rumor V, e Commissario europeo.

Biografia modifica

Studi e famiglia modifica

Nipote dello statista liberale Giovanni Giolitti, dopo la laurea in legge nel 1940 s'iscrisse al Partito Comunista Italiano (PCI), allora in clandestinità, e nel 1941 venne arrestato dalla polizia con l'accusa di attività eversiva, ma venne successivamente assolto dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943) per insufficienza di prove.

Partecipazione alla Resistenza Italiana modifica

Da quel momento in poi il suo impegno nella resistenza antifascista divenne ancora più intenso[1]. Insieme a Gian Carlo Pajetta fu uno dei fondatori delle brigate Garibaldi, che diedero un contributo fondamentale alla Liberazione e alla lotta antinazista e antifascista in Italia e, in particolare, in Piemonte. Commissario politico di una Brigata Garibaldi, fu gravemente ferito in un incidente motociclistico nel 1944, e si fece curare in Francia. Tornato in Italia nell'aprile del 1945, riprese l'impegno politico.

Solamente dopo la sua morte, la figlia Rosa ha rintracciato un diario di Giolitti scritto durante l'esperienza partigiana, che è stato pubblicato nel 2015.[2]

Sottosegretario per il PCI e l'uscita dal partito modifica

Nel 1945 fu sottosegretario agli Esteri nel governo di Ferruccio Parri. Venne quindi eletto membro dell'Assemblea costituente nel 1946 e deputato del PCI dal 1948 al 1957.

Nel 1957, in seguito ai rivolta ungherese del 1956, abbandonò il PCI. Il discorso che pronunciò al Congresso del PCI nel 1956, accanto ad un attonito Palmiro Togliatti, fu per anni ricordato come il richiamo etico contro la politica.[3]

Adesione al PSI e ministro nei relativi governi modifica

Aderì quindi al Partito Socialista Italiano (PSI), nelle cui liste fu rieletto deputato dal 1958 al 1976, quando si dimise nel 1977, in seguito alla nomina a commissario europeo.

Fu ministro del Bilancio dal 4 dicembre 1963 al 22 luglio 1964, nel primo governo di centrosinistra con la partecipazione di ministri socialisti. A causa del raffreddarsi dell'impegno riformista, rifiutò di far parte del successivo secondo governo Moro.

Contrario all'unificazione socialista, fino al 1969 mantenne un atteggiamento critico nei confronti della dirigenza del partito ma, una volta ricostituito il gruppo socialista alla Camera nell'agosto 1969, accettò di assumerne la presidenza.[4] Dal 27 marzo 1970 al 17 febbraio 1972 e dal 7 luglio 1973 al 23 novembre 1974 fu ministro del Bilancio e della Programmazione economica nei governi di centrosinistra organico guidati da Mariano Rumor e da Emilio Colombo. Giolitti fu uno dei principali ispiratori della programmazione economica avvalendosi della collaborazione di Giorgio Ruffolo in qualità di Segretario Generale alla Programmazione.

Impegno presso la Commissione europea modifica

Dal 1977 al 1985 fu commissario presso la Comunità economica europea, con la responsabilità della politica regionale europea. In tale qualità, seguì con particolare interesse la strategia dell'allargamento della Comunità Europea nei confronti di Spagna e Portogallo, instaurando un rapporto diretto con l'allora primo ministro spagnolo, il socialista Felipe González.

La polemica col segretario e le dimissioni dal PSI modifica

Nel 1985, in polemica con Bettino Craxi e la sua politica, abbandonò pubblicamente il PSI, da cui aveva incominciato a prendere le distanze già dal 1982,[5] e nel 1987 ritornò ad avvicinarsi al PCI, nelle cui liste fu eletto senatore come indipendente. Al termine della legislatura nel 1992 si ritirò definitivamente dalla politica attiva.

Decesso e funerali modifica

Muore l'8 febbraio 2010, pochi giorni prima di compiere 95 anni.[6][7][8] Le orazioni funebri furono tenute presso la Camera dei Deputati, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, da due noti esponenti della corrente giolittiana: Giorgio Ruffolo e Giuliano Amato.

Impegno intellettuale modifica

Oltre all'impegno politico, Giolitti ebbe anche un fecondo impegno intellettuale, iniziatosi con la collaborazione con la Giulio Einaudi Editore. Grazie alla sua padronanza di diverse lingue (inglese, tedesco e francese), suggerì spesso la traduzione di saggi di economia. Fu lui stesso traduttore di alcuni saggi: tra di essi i saggi di Max Weber sulla politica e la scienza come professione. Sua moglie, Elena D'Amico in Giolitti, fu anche lei traduttrice dal francese per l'Einaudi di varie opere, tra le quali Sodoma e Gomorra, uno dei sette volumi della Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust.

La sua uscita dal Pci dopo i fatti d'Ungheria provocò notevole dibattito, anche intellettuale, nella sinistra italiana, anche a causa dell'autorevolezza e della sobrietà di Giolitti.[9]

Negli anni sessanta diresse, sempre per l'Einaudi, la prestigiosa Serie di politica economica. Intorno alla sua corrente socialista si raccolse un gruppo di audaci intellettuali riformisti, tra i quali Giuliano Amato, Franco Archibugi, Luciano Cafagna, Manin Carabba, Giuseppe Carbone, Federico Coen, Furio Diaz, Gino Giugni, Franco Momigliano, Carlo Ripa di Meana, Giorgio Ruffolo, Luigi Spaventa e Paolo Sylos Labini. Tra il 1958 e il 1960 fu il promotore della rivista Passato e Presente. Giolitti collaborò anche a numerose riviste politiche e culturali, tra le quali Il calendario del popolo, Rinascita, Mondoperaio e Lettera internazionale.

Antonio Giolitti scrisse importanti saggi politici. Nel 1992 pubblicò Lettere a Marta (Il Mulino), un volume autobiografico di riflessioni e ricordi personali indirizzati alla nipote Marta Craveri, che spesso lo interrogava sulle vicende storiche alle quali egli aveva partecipato.

Riconoscimenti modifica

Nel 2006, in occasione dell'anniversario dei fatti d'Ungheria del 1956, Giolitti ricevette l'omaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale, recandosi personalmente nella sua abitazione romana, riconobbe che cinquant'anni prima la ragione stava dalla sua parte. Nel 1956 Giolitti e Napolitano erano entrambi membri del Partito Comunista Italiano[10] e, nel relativo dibattito sviluppatosi nella sinistra italiana, presero posizioni opposte.

Opere modifica

Traduzioni modifica

  • Otto von Gierke, Giovanni Althusius e lo sviluppo storico delle teorie politiche giusnaturalistiche, Torino, Einaudi, 1943.
  • Julius Binder, La fondazione della filosofia del diritto, Torino, Einaudi, 1945.
  • Max Weber, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1948.

Scritti su Antonio Giolitti modifica

Onorificenze modifica

«Di iniziativa del Presidente della Repubblica»
— Roma, 27 ottobre 2006[12]

Note modifica

  1. ^ Si veda il profilo biografico dell'Istituto Piemonte per la storia della resistenza e della società contemporanea ( Profilo biografico: Antonio Giolitti, su metarchivi.istoreto.it, 7 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2014)). Si veda anche il profilo dell'ANPI ( Antonio Giolitti, su anpi.it. URL consultato il 18 ottobre 2023).
  2. ^ Antonio Giolitti, Di guerra e di pace. Diario partigiano (1944-45), a cura di Rosa Giolitti e Mariuccia Salvati, Roma, Donzelli editore, 2015. Si veda anche la recensione di Mirella Serri, Antonio Giolitti, la Resistenza dal buco della serratura, La Stampa, 27 febbraio 2015. La presentazione del volume, cui hanno partecipato Giuliano Amato, Giorgio Napolitano e Alfredo Reichlin, presso l'Enciclopedia Treccani, si è svolta il 23 febbraio 2015
  3. ^ Il discorso fu ripubblicato successivamente sulla rivista MicroMega: L'intervento di Antonio Giolitti al congresso del Pci nel 1956, n.2, 2006.
  4. ^ Antonio Giolitti: Lettere a Marta - Ricordi e riflessioni, Il Mulino 1992, pagg. da 143 a 149 e da 158 a 167
  5. ^ Francesco Erbani, Antonio Giolitti e la banda degli onesti, in La Repubblica, 21 novembre 1996.
  6. ^ Morto Antonio Giolitti, padre della Costituzione ed ex ministro, in La Stampa, 8 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2010).
  7. ^ Morto a Roma Antonio Giolitti, in ANSA, 8 febbraio 2010.
  8. ^ È morto Antonio Giolitti, in Sky TG24, 8 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  9. ^ Si veda, per esempio, Il carteggio Cantimori-Giolitti a cura di Dario Borso, 'Italia Contemporanea', n. 265, 2011, DOI: 10.3280/IC2011-265003
  10. ^ Fabrizio Roncone, L'autocritica di Napolitano: Ungheria, Nenni aveva ragione, Corriere della Sera, 30 agosto 2006.
  11. ^ Si veda, su questo volume, la recensione di Francesco Erbani, Antonio Giolitti e la banda degli onesti, La Repubblica, 21 novembre 1996.
  12. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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