Apollo 13

missione del programma spaziale statunitense Apollo
Disambiguazione – Se stai cercando il film ispirato alla missione spaziale, vedi Apollo 13 (film).

Apollo 13 è stata una missione spaziale statunitense, parte del programma Apollo decollata l'11 aprile 1970 alle ore 13:13 CST dal Kennedy Space Center (Pad 39)[1]. Doveva essere la terza missione a sbarcare sulla Luna dopo quelle di Apollo 11 e Apollo 12, ma è diventata celebre per il guasto che impedì l'allunaggio e rese difficoltoso il rientro sulla Terra. Un'esplosione nel modulo di servizio danneggiò molti equipaggiamenti, riducendo notevolmente la disponibilità di energia elettrica e di ossigeno[2]. Con il Modulo di Servizio seriamente danneggiato dall'esplosione, i tre astronauti furono costretti a trasferirsi nel Modulo Lunare "Aquarius", utilizzandolo come navicella per il ritorno anziché come mezzo per atterrare sulla Luna.

Apollo 13
Emblema missione
Dati della missione
OperatoreNASA
NSSDC ID1970-029A
SCN04371
Nome veicoloApollo 13 Command and Service Module e Aquarius
Modulo di comandoCM-109
Modulo di servizioSM-109
Modulo lunareLM-7
VettoreSaturn V SA-508
Codice chiamatamodulo comando:
Odyssey
modulo lunare:
Aquarius
Lancio11 aprile 1970
19:13:00 UTC
Luogo lancioJohn F. Kennedy Space Center
Allunaggioannullato causa esplosione fuoribordo
Ammaraggio17 aprile 1970
18:07:41 UTC
Oceano Pacifico
21°38′S 165°22′W / 21.633333°S 165.366667°W-21.633333; -165.366667
Sito ammaraggioOceano Pacifico
Nave da recuperoUSS Iwo Jima
Durata5 giorni, 22 ore, 54 minuti e 41 secondi
Proprietà del veicolo spaziale
CostruttoreNorth American Aviation e Grumman
Parametri orbitali
Numero orbite lunarinessuna, fly-by lunare il 15 aprile 1970 00:21:00 UTC
Equipaggio
Numero3
MembriJim Lovell
Jack Swigert
Fred Haise
Da sinistra a destra: Lovell, Swigert e Haise, 29 Aprile 1970.
Programma Apollo
Missione precedenteMissione successiva
Apollo 12 Apollo 14

Sfruttando una traiettoria di rientro libero attorno alla Luna volò a una distanza di 254 chilometri dalla superficie della faccia nascosta della Luna, stabilendo così il record, tutt'oggi detenuto[3], della massima distanza raggiunta da un essere umano dalla Terra: 400 171 km[4]. Dopo avere affrontato numerose difficoltà la navicella rientrò sulla Terra il 17 aprile. Durante il rientro in atmosfera il blackout radio durò per 86 secondi più del previsto, uno dei blackout radio più lunghi del programma Apollo[5].

Il ritorno, durato quattro giorni, fu freddo, scomodo e teso. La missione Apollo 13 è tuttavia servita per dimostrare la capacità del programma di affrontare situazioni di crisi imprevedibili, portando in salvo tutto l'equipaggio.

Contesto modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Corsa allo spazio e Programma Apollo.

Nel 1961, il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy annunciò che la sua nazione avrebbe mandato degli astronauti sulla Luna, entro la fine del decennio, facendoli tornare sulla Terra in sicurezza.[6] La NASA lavorò intensamente per raggiungere questo obiettivo attraverso diverse tappe, prima con i voli dei programmi preliminari Mercury e Gemini e poi con il programma Apollo.[7] L'obiettivo venne raggiunto con la missione Apollo 11, allunata il 20 luglio 1969, in cui gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin hanno camminato sulla superficie lunare mentre il collega Michael Collins orbitava attorno alla Luna nel modulo di comando e servizio Columbia. La missione fece ritorno sulla Terra il 24 luglio successivo con pieno successo.[6]

Per raggiungere l'obiettivo, la NASA aveva stipulato un contratto per quindici razzi vettore Saturn V in un momento in cui nessuno sapeva quante missioni sarebbero state necessarie.[8] Quando nel 1969 venne colto il successo grazie al sesto Saturn V utilizzato nella missione Apollo 11, nove missili erano rimasti disponibili per un totale di dieci sbarchi complessivi possibili. Dopo il grande entusiasmo suscitato da Apollo 11, il grande pubblico iniziò a provare disinteresse nei confronti del programma spaziale e il Congresso degli Stati Uniti continuò a tagliare il bilancio della NASA, arrivando a cancellare la missione Apollo 20.[9][10]

Ancor prima che il primo astronauta americano andasse nello spazio nel 1961, era iniziata la pianificazione di una struttura centralizzata per comunicare con il veicolo spaziale e dove monitorarne le prestazioni, in gran parte ideata da Christopher C. Kraft, che divenne il primo direttore di volo della NASA. Durante la missione Mercury Friendship 7 di John Glenn avvenuta nel febbraio 1962 (il primo volo orbitale con equipaggio degli Stati Uniti), una delle decisioni di Kraft fu annullata dai dirigenti della NASA. Questo conflitto gerarchico venne rivendicato nell'analisi post-missione e attuata una regola secondo la cui durante una missione la parola del direttore di volo era assoluta,[11] e per annullarla, la NASA avrebbe dovuto licenziarlo sul posto.[11] I direttori di volo in servizio durante le missioni Apollo avevano una descrizione del lavoro raccolta in una frase, "Il direttore di volo può intraprendere qualsiasi azione necessaria per la sicurezza dell'equipaggio e per il successo della missione."[12]

Nel 1965 fu aperto il Centro di controllo missione, a Houston, in parte progettato dallo stesso Kraft.[11] In esso, ogni controllore di volo, oltre al monitoraggio della telemetria del veicolo spaziale, si trovava in comunicazione con gli specialisti in una stanza di supporto del personale, e si concentrava su specifici sistemi dei veicoli spaziali.[13]

L'Apollo 13 doveva essere la seconda missione H, destinata a dimostrare la capacità di eseguire allunaggi di precisione ed esplorare siti specifici sulla Luna.[14] Con l'obiettivo di Kennedy già raggiunto da Apollo 11 e Apollo 12 si poté attribuire, per Apollo 13, un ruolo maggiore per la scienza, specialmente per la geologia, un aspetto enfatizzato dal motto della missione, Ex luna, scientia (Dalla Luna, conoscenza).[15]

L'equipaggio modifica

 
L'equipaggio originale da sinistra, Lovell, Mattingly e Haise

Il 6 agosto 1969, poco dopo l'allunaggio dell'Apollo 11, missione in cui l'umanità approdò per la prima volta sul suolo lunare, la NASA diede l'annuncio ufficiale degli equipaggi previsti per le missioni Apollo 13 e Apollo 14.

Venne designato comandante dell'Apollo 13 l'astronauta James Lovell, in sostituzione di Alan Shepard, nominato in un primo momento, a causa di un'infezione all'apparato uditivo che aveva colpito Shepard. Per Lovell, che aveva già volato su Gemini 7, Gemini 12 e Apollo 8, si trattò del quarto volo nello spazio, primo uomo a raggiungere tale traguardo. Shepard fu poi comandante della missione Apollo 14.

Pilota del modulo di comando fu nominato, in un primo momento, Ken Mattingly, mentre l'incarico di pilota del modulo lunare venne conferito a Fred Haise. Sia Haise sia Mattingly facevano parte del quinto gruppo scelto dalla NASA e tale incarico significò per entrambi la possibilità del primo volo nello spazio di astronauti di questo gruppo.

Grado Astronauta
Comandante James A. Lovell, Jr. (4)
Pilota del CSM Ken Mattingly (4)
Pilota del LM Fred W. Haise, Jr. (2)

dove, tra parentesi, è indicato il numero di missioni a cui hanno preso parte, inclusa questa.

N.B.: Fred Haise, pur avendo partecipato al programma ALT dello Space Shuttle, non è più tornato nello spazio

Equipaggio di riserva modifica

Come comandante dell'equipaggio di riserva (Back Up Crew) venne nominato John Young, affiancato da John "Jack" Swigert come pilota di riserva del modulo di comando e da Charles Duke come pilota di riserva del modulo lunare.

Grado Astronauta
Comandante John W. Young
Pilota del CSM John L. Swigert
Pilota del LM Charles M. Duke, Jr.

L'equipaggio di supporto (Support Crew) era composto da Jack Lousma, William Pogue e Vance Brand. Tutti i tre astronauti ebbero precedenti esperienze quali membri dell'equipaggio di supporto o con il ruolo di Capcom.

Il 6 aprile 1970, cioè pochi giorni prima del lancio, previsto per l'11 aprile, si scoprì che il pilota di riserva del modulo lunare, Charles Duke, era stato esposto alla rosolia[16]. Ken Mattingly fu l'unico degli astronauti a non risultare immune a questa malattia. Per non correre il rischio che Mattingly si ammalasse durante la missione contagiando gli altri membri dell'equipaggio, il 9 aprile venne reso noto definitivamente che sarebbe stato sostituito dal pilota di riserva del modulo di comando Swigert[17]. Alla fine Mattingly non contrasse mai questa malattia, e giocò un ruolo fondamentale durante la crisi dell'Apollo 13, compiendo numerosi test al simulatore e aiutando l'equipaggio a tornare sano e salvo[18].

Equipaggio effettivo modifica

Grado Astronauta
Comandante James A. Lovell, Jr.
Pilota del CSM John L. Swigert
Pilota del LM Fred W. Haise, Jr.

Mattingly fece parte dell'equipaggio della missione Apollo 16, per la quale, in un primo momento, era previsto Swigert, e comandò successivamente due missioni Shuttle.

Direttori di volo modifica

Emblema della missione modifica

Analogamente all'equipaggio dell'Apollo 11, gli astronauti dell'Apollo 13 rinunciarono all'indicazione dei loro nomi sull'emblema della missione, volendo così sottolineare che un allunaggio era sempre merito di un gran gruppo di persone e non di tre soli astronauti. Pertanto non fu necessario modificare lo stemma quando venne deciso di far volare Swigert al posto di Mattingly. Sull'emblema della missione Apollo 13 sono dunque raffigurati solo tre cavalli che volano, il motto Ex luna, scientia (Dalla Luna, conoscenza) e il numero della missione in caratteri romani. Gli equipaggi delle missioni successive avrebbero invece insistito per avere i propri nomi sull'emblema della missione.

Razzo vettore e veicoli spaziali modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Saturn V e Navicella spaziale Apollo.
 
Il CSM-109 Odyssey nell'Operations and Checkout Building

Il razzo Saturn V, destinato a portare la missione Apollo 13 sulla Luna, era numerato SA-508 ed era quasi identico a quelli usati nelle missioni da Apollo 8 ad Apollo 12.[19] Comprensivo della navicella spaziale Apollo, il razzo pesava 2 949 136 chilogrammi.[20] I motori del primo stadio S-IC sono stati riconosciuti per generare una spinta totale inferiore di 440 000 newton alla precedente missione Apollo 12, sebbene siano rimasti entro le specifiche. È stato testato l'utilizzo di propellente extra poiché le future missioni J sulla Luna ne avrebbero richiesto di più per via del loro carico utile più pesante e ciò rese il veicolo il più pesante mai lanciato dalla NASA; proprio per questo Apollo 13 fu visibilmente più lento a lasciare la rampa di lancio rispetto alle precedenti missioni.[21]

La navicella spaziale Apollo 13 era composta dal modulo di comando (CM) 109 e dal modulo di servizio (SM) 109 (insieme CSM-109), chiamato Odyssey e dal modulo lunare 7 (LEM-7), chiamato Aquarius. Faceva parte del complesso anche il launch escape system, un sistema progettato per spingere il modulo di comando (CM), dove risiedevano gli astronauti, lontano dal razzo in sicurezza in caso di problemi durante il decollo, e l'adattatore veicolo spaziale-LEM, numerato come SLA-16, che ospitava il modulo lunare (LEM) durante le prime ore della missione.[22][23]

Gli stadi LEM, CM e SM arrivarono al Kennedy Space Center (KSC) nel giugno 1969; le parti del razzo Saturn V giunsero, a loro volta, tra giugno e luglio. Successivamente, i test e l'assemblaggio continuarono, arrivando al montaggio del veicolo spaziale in cima al razzo vettore il 15 dicembre 1969.[22] La partenza di Apollo 13 era originariamente prevista per il 12 marzo 1970; nel gennaio di quell'anno la NASA annunciò che la missione sarebbe stata rinviata all'11 aprile, sia per concedere più tempo alla pianificazione sia per spalmare le missioni Apollo su un periodo di tempo più lungo.[24] Il piano prevedeva due missioni all'anno rispondendo ai vincoli di bilancio[25] che avevano visto di recente l'annullamento di Apollo 20.[26]

Formazione e preparazione modifica

 
Jim Lovell in addestramento

L'equipaggio principale dell'Apollo 13 è stato sottoposto a oltre 1 000 ore di addestramento specifico per la missione, più di cinque ore per ogni ora prevista nei dieci giorni della missione. Ogni membro dell'equipaggio principale ha effettuato oltre 400 ore nei simulatori del modulo di comando e del LEM, in alcune di queste simulazioni hanno partecipato anche i controllori di volo del centro di controllo,[27] permettendo la simulazione di problemi che sarebbero potuti accadere durante la missione, insegnando agli equipaggi di reagire in caso di emergenza.[13] Vennero, inoltre, utilizzati simulatori specifici.[27]

Gli astronauti dell'Apollo 11 avevano dedicato un tempo molto limitato all'addestramento riguardante la geologia, dovendo impegnarne maggiormente per altre attività a priorità più elevate.[28] All'equipaggio di Apollo 12 venne assegnato un maggiore addestramento di questo tipo, comprese alcune attività di pratica sul campo.[29] Lo scienziato-astronauta Harrison Schmitt osservò che gli astronauti avevano un interesse piuttosto limitato nel campo della geologia e allora propose di ricorrere a un insegnante che potesse essere di maggiore ispirazione. Ottenne così che Lovell e Haise incontrassero il suo vecchio professore, Lee Silver, con cui fecero a loro spese una gita di una settimana per compiere osservazioni geologiche. Alla fine dell'esperienza, Lovell adottò Silver come loro insegnante di geologia coinvolgendolo ampiamente nella pianificazione dell'attività geologica della missione.[30] Nello stesso momento, Farouk El-Baz supervisionò l'addestramento di Ken Mattingly e della sua riserva, Jack Swigert, insegnando loro a compiere attività di fotografia e descrizione della superficie lunare grazie a simulazioni di volo attraverso aerei.[31] El-Baz fece descrivere a tutti e tre gli astronauti dell'equipaggio principale le caratteristiche geologiche che vedevano durante i loro voli tra Houston e il Kennedy Space Center; l'entusiasmo riportato da Mattingly indusse altri astronauti, come il pilota del CSM di Apollo 14, Stuart Roosa, a cercare El-Baz come insegnante.[32]

Preoccupati per il pochissimo propellente rimasto su LEM di Apollo 11 durante la discesa sulla Luna, i pianificatori della missione decisero che a partire dall'Apollo 13 il modulo di comando e servizio avrebbe portato il LEM in un'orbita lunare molto più bassa da cui poi sarebbe iniziato il tentativo di allunaggio. Tale cambiamento faceva parte di uno sforzo per aumentare la quantità di tempo di volo disponibile per gli astronauti mentre le missioni si dirigevano verso terreni più accidentati.[33]

Il piano della missione riguardo ai compiti da svolgere sulla superficie lunare prevedeva di dedicare la prima delle due attività extraveicolari previste al dispiego dell'Apollo Lunar Surface Experiments Package (ALSEP), mentre nella successiva, Lovell e Haise avrebbero indagato sul cratere, vicino al sito di atterraggio programmato.[34] I due astronauti indossarono le tute spaziali per circa 20 sedute di addestramento che compresero tra l'altro la simulazione di raccolta di campioni e l'uso di vari strumenti e altre attrezzature. Eseguirono dei voli parabolici per simulare le condizioni di microgravità o di gravità lunare. Per prepararsi alla discesa sulla superficie della Luna, Lovell pilotò il Lunar Landing Training Vehicle (LLTV).[35] Nonostante il fatto che quattro dei cinque LLTV si siano schiantati durante gli addestramenti del programma Apollo, i comandanti delle missioni hanno sempre considerato che le simulazioni attraverso di essi fossero un'esperienza insostituibile.[36]

La missione modifica

Lancio e iniezione translunare modifica

 
Il lancio, 11 aprile 1970

La missione Apollo 13 decollò all'ora prevista, alle 14:13 EST (19:13:00 UTC) dell'11 aprile 1970 da Cape Canaveral, Florida. Durante le prime fasi del volo, mentre il razzo stava spingendo la navetta verso l'orbita terrestre, si verificò un'anomalia in quanto il motore centrale (J-2) del secondo stadio del Saturn V si spense con circa due minuti di anticipo,[37][38] a causa di forti oscillazioni pogo. A partire da Apollo 10, il sistema di guida del razzo era stato progettato per spegnere il motore in risposta alle escursioni della pressione nella camera di combustione.[39] Le oscillazioni pogo si erano già verificate sui razzi Titan, usati durante il programma Gemini, e nelle precedenti missioni Apollo,[40][41] ma su Apollo 13 risultarono amplificate da un'interazione con la cavitazione della turbopompa.[42][43] Una soluzione per prevenire questo fenomeno era già presente, ma il calendario già programmato non ne permetteva l'integrazione in Apollo 13.[39][44] Un'indagine post-volo rivelò che il motore era arrivato vicino a un guasto catastrofico.[39] Per sopperire alla mancanza di spinta il controllo missione decise di far funzionare i rimanenti quattro motori più a lungo del previsto. Anche il motore J-2 del terzo stadio del razzo vettore venne fatto funzionare più a lungo e, nonostante il problema precedentemente descritto, la deviazione dalla traiettoria dell'orbita prevista fu minima e ininfluente per il proseguimento della missione. Circa due ore dopo, venne effettuata un'ulteriore accensione per raggiungere una traiettoria di inserzione lunare (TLI), dando il via al viaggio verso la Luna.[37][38]

Dopo la TLI, Swigert eseguì le manovre per separarsi dal terzo stadio del Saturn V e per riallinearsi a esso per attraccare il modulo di comando e servizio al LEM.[45] Una volta che il veicolo spaziale Apollo completo si allontanò dal terzo stadio del razzo Saturn V il motore di quest'ultimo venne acceso nuovamente dai controllori di volo a Houston affinché si raggiungesse una rotta che lo portasse a schiantarsi sulla Luna; l'impatto, avvenuto poco più di tre giorni dopo, venne registrato dal sismometro lasciato sulla superficie lunare da Apollo 12, fornendo così dati scientifici sulla struttura del Luna.[46]

Dopo 30 ore 40 minuti e 50 secondi dall'inizio della missione, l'equipaggio eseguì un'accensione del motore principale del modulo di servizio per posizionare la navetta su una traiettoria ibrida. Prima, Apollo 13 si trovava in una traiettoria di ritorno libero, e cioè che se nel caso non ci fossero state accensioni del motore, la navetta sarebbe ritornata sulla Terra dopo aver circumnavigato la Luna. Inoltre, con una traiettoria di ritorno libero l'equipaggio poteva raggiungere solo i siti di allunaggio più vicini all'equatore lunare, mentre con una traiettoria ibrida, che poteva essere intrapresa in qualsiasi momento dopo la manovra di TLI, consentiva di raggiungere siti con latitudini più elevate, come lo era il cratere Fra Mauro.[47] Durante la trasmissione televisiva in diretta, Swigert confessò di aver omesso di presentare la sua dichiarazione dei redditi federale (prevista per il 15 aprile) e, tra le risate dei controllori della missione, chiese come avrebbe potuto ottenere una proroga. Successivamente gli venne concessa una posticipazione di 60 giorni per il fatto di essere stato fuori dal paese alla scadenza.[48]

L'ingresso al LEM per testare i suoi sistemi era stato programmato a 58 ore dall'inizio della missione; quando l'equipaggio si svegliò il terzo giorno della missione, furono informati che era stato posticipato di tre ore e in seguito di un'ulteriore ora. A 55 ore era stata inoltre prevista una diretta televisiva; Lovell, in qualità di comandante, mostrò al pubblico gli interni del loro veicolo spaziale.[49] Il pubblico della trasmissione fu, tuttavia, alquanto limitato, poiché lo scarso interesse da parte del pubblico aveva portato le reti televisive a rifiutare la dirette,[50] costringendo Marilyn Lovell, la moglie di Jim Lovell, a recarsi nella sala VIP del centro controllo missione per guardare il marito e i suoi compagni di equipaggio.[51]

L'incidente modifica

 
Il centro di controllo missione durante la trasmissione televisiva poco prima dell'incidente
 
Da sinistra: Deke Slayton, Ken Mattingly, Vance Brand, Jack Lousma, John Young, durante l'incidente

Circa sei minuti e mezzo dopo la trasmissione televisiva, a quasi 56 ore dal decollo da Terra, Apollo 13 si trovava a circa 330 000 km dalla Terra.[52] In quel momento, Haise stava completando l'arresto dei sistemi del LEM dopo averli testati mentre Lovell riponeva la telecamera. Da Terra, il CAPCOM Jack Lousma inviò a Swigert alcune istruzioni di carattere minore, tra cui quella di cambiare l'assetto della navetta per facilitare la fotografia della cometa C/1969 Y1 Bennett.[52][53]

Il sensore di pressione di uno dei serbatoi di ossigeno del modulo di servizio era apparso in precedenza mal funzionante e quindi Seymour Liebergot, il controllore incaricato di monitorare il sistema elettrico, richiese l'attivazione dei mescolatori dei serbatoi. Normalmente questa azione veniva eseguita una volta al giorno per rendere più accurate le letture della pressione.[52] Il direttore di volo, Gene Kranz, fece aspettare la richiesta di Liebergot per alcuni minuti, affinché l'equipaggio si sistemasse dopo la fine della trasmissione televisiva,[54] poi Lousma trasmise la richiesta a Swigert che attivò gli interruttori che controllavano i sistemi.[52][53]

Novantacinque secondi dopo che Swigert ebbe attivato questi interruttori,[54] gli astronauti sentirono un "botto piuttosto grande", accompagnato da fluttuazioni di energia elettrica e dall'accensione dei propulsori di controllo dell'assetto.[55][56] Per 1,8 secondi vennero perse le comunicazioni e la telemetria verso la Terra, che vennero ripristinate grazie alla commutazione automatica dell'antenna in banda S ad alto guadagno, utilizzata per le comunicazioni translunari, dalla modalità a fascio stretto a quella a fascio largo.[57] L'incidente avvenne dopo 55 ore 54 minuti e 53 secondi (alle ore 03:08 UTC del 14 aprile, 22:08 EST, 13 aprile). 26 secondi dopo, Swigert si rivolse al centro di controllo dicendo una frase che, a posteriori, rimarrà molto famosa: "Okay, Houston, abbiamo avuto un problema qui". Subito dopo Lovell gli fece eco: "Houston, abbiamo avuto un problema. Abbiamo avuto un calo di tensione sul pannello principale B."[52][58]

Il pensiero iniziale di Lovell nel sentire il rumore fu che Haise avesse attivato la valvola di ripressurizzazione della cabina della LEM, la quale produceva un botto, ma subito si accorse che lo stesso suo compagno non avesse idea di cosa fosse successo. Swigert inizialmente pensò che forse un meteoroide avesse potuto colpire il LEM, ma fu immediatamente chiaro che non vi erano delle perdite.[59] La sottotensione del pannello principale B significava che non vi era tensione sufficiente dalle tre celle a combustibile del modulo di servizio (alimentate da idrogeno e ossigeno provenienti dai rispettivi serbatoi) al secondo dei due sistemi di distribuzione di energia elettrica. Quasi tutte le apparecchiature presenti nel CSM richiedevano energia. Sebbene il bus fosse tornato momentaneamente allo stato normale, presto entrambi i bus A e B si rivelarono in sottotensione. Haise verificò lo stato delle celle a combustibile e scoprì che due di esse erano scariche. Le regole della missione proibivano l'ingresso nell'orbita lunare se non vi fossero state tutte le celle a combustibile operative.[60]

 
Il modulo di servizio danneggiato (dopo essere stato espulso poco prima della fine della missione), si nota il pannello mancante staccatosi a seguito dell'incidente

Nei minuti successivi all'incidente, ci furono diverse letture insolite della strumentazione, che mostravano che il serbatoio 2 era vuoto e che la pressione del serbatoio 1 diminuiva lentamente, che il computer sul veicolo spaziale si era ripristinato e che l'antenna ad alto guadagno non funzionava. A causa della tensione del momento, inizialmente Liebergot non si accorse dei preoccupanti valori relativi al serbatoio 2, concentrandosi maggiormente sul serbatoio 1 e credendo che i valori di quest'ultimo valessero anche per il secondo, un errore che fecero anche gli specialisti che lo supportavano. Quando il direttore del volo Kranz gli chiese in merito alla situazione, Liebergot rispose che potevano esserci state delle false letture a causa di un problema di strumentazione.[13] Tuttavia, Lovell, guardando fuori dal finestrino, riferì che "un gas di qualche tipo" si stava disperdendo nello spazio, chiarendo così che vi fosse un problema serio.[61]

Dato che le celle a combustibile avevano bisogno dell'ossigeno per funzionare, quando il serbatoio di ossigeno 1 fosse rimasto vuoto, la cella a combustibile si sarebbe spenta, facendo sì che le uniche fonti significative di energia della navetta sarebbero state le batterie del modulo di comando. Queste sarebbero state necessarie per le ultime ore della missione, ma la cella a combustibile rimanente del modulo di servizio stava già attingendo dai serbatoi del modulo di comando. Kranz, allora, ordinò l'isolamento del serbatoio di ossigeno del modulo di comando, al fine di risparmiarlo, ma ciò significò che la cella a combustibile rimanente si sarebbe esaurita entro due ore, poiché l'ossigeno nel serbatoio 1 veniva consumato e si disperdeva.[60] Inoltre, lo spazio intorno alla navetta spaziale si riempì di piccoli frammenti di detriti provenienti dall'esplosione, rendendo complicato qualsiasi tentativo di usare le stelle per la navigazione.[62] Con questa situazione l'obiettivo della missione divenne, quindi, semplicemente riportare in vita gli astronauti sulla Terra.[63]

L'esperimento Saturn-Crash modifica

 
I sismografi registrano l'impatto del terzo stadio del Saturn V

Sullo sfondo della tragedia scampata di poco, si decise di compiere un esperimento che consisteva nel far collidere il terzo stadio del razzo Saturn con la Luna, in breve nominato Saturn-Crash. Poco dopo che il modulo di comando si era staccato e aveva effettuato con successo la manovra d'aggancio del modulo lunare, venne riacceso il motore di questo terzo stadio del razzo vettore Saturn per portarlo su una traiettoria di collisione con la Luna. Tale manovra riuscì perfettamente e tre giorni più tardi, con una massa di circa 14 tonnellate, lo stadio precipitò sulla Luna a circa 120 chilometri a nord-ovest del punto di allunaggio dell'Apollo 12 con una velocità d'impatto di circa 2,5 chilometri al secondo (9 000 km/h).

L'impatto aveva una forza paragonabile a quella di un'esplosione generata da circa 10 tonnellate di TNT. Dopo circa 30 secondi, il sismografo posizionato dall'equipaggio dell'Apollo 12 registrò l'impatto. Il conseguente terremoto lunare durò per oltre tre ore. Già prima dell'impatto, il misuratore della ionosfera, anche questo montato durante la missione precedente, registrò la fuga di una nube gassosa visibile e dimostrabile per oltre un minuto. Si presume che l'impatto abbia scagliato delle particelle della superficie lunare fino a un'altezza di 60 chilometri, dove furono ionizzate dalla luce del Sole.

Conseguenze dell'incidente modifica

 
Operazioni di emergenza; quando l'unica speranza per sopravvivere era usare le pile a combustibile e le scorte di ossigeno del Modulo lunare, qui Swigert alle prese con la modifica per depurare l'aria del LEM usando il Portable Life Support System (PLSS) e i filtri del CSM

A causa della perdita di due serbatoi dell'ossigeno del Modulo di Servizio e considerata la quantità di ossigeno richiesta dalle apparecchiature della navicella Apollo, si decise l'interruzione immediata della missione. Stante l'incertezza circa l'integrità dell'unico propulsore che equipaggiava il CSM, fu scelto di eseguire un passaggio attorno alla Luna e di riprendere la rotta verso la Terra, utilizzando quindi una traiettoria circumlunare di ritorno libero. Considerando la grande pressione a cui erano sottoposti sia i tre astronauti a bordo sia i tecnici a terra, fu necessaria una considerevole ingegnosità per portare in salvo l'equipaggio, con tutto il mondo che seguiva l'avvicendarsi dei drammatici eventi in televisione. Il rifugio che salvò la vita all'equipaggio fu il Modulo Lunare (attraccato al Modulo di Comando e utilizzato come "scialuppa di salvataggio"). Uno dei problemi principali del salvataggio fu che il LEM, che era predisposto per ospitare due persone per due giorni, si ritrovava invece a dover ospitare tre persone per quattro giorni di viaggio. I filtri dell'anidride carbonica del LEM non erano sufficienti per un carico di lavoro simile e i filtri di ricambio del Modulo di Comando non erano compatibili al LEM; un adattatore fu costruito dagli astronauti con i materiali presenti sulla navicella. Fu scelto di utilizzare il LEM come modulo di salvataggio perché il Modulo di Comando (che sarebbe stato teoricamente preferibile) aveva subito gravi danni al sistema di alimentazione e quindi sarebbe stato impossibile renderlo operativo. Le batterie di emergenza avevano una durata di dieci ore, quindi il Modulo di Comando sarebbe stato utilizzabile solo nella fase di rientro in atmosfera.

Per compiere un ritorno sicuro sulla Terra, la traiettoria della navicella venne cambiata notevolmente. Tale cambio di rotta non sarebbe stato difficile utilizzando la propulsione del motore del Modulo di Servizio. Tuttavia i controllori dalla Terra, non sapendo l'esatta entità del danno, preferirono evitare l'uso di tale propulsore, e per correggere la traiettoria del rientro venne utilizzato il motore di discesa del Modulo Lunare. Solo dopo lunghe ed estenuanti discussioni gli ingegneri decisero che era fattibile una manovra di quel tipo, quindi gli astronauti accesero una prima volta il motore del LEM dopo l'attraversamento della Luna, per acquistare velocità, e una seconda per una correzione in corsa. Questo destò non poche preoccupazioni, dato che il motore di discesa del LEM non era stato progettato per essere acceso più di una volta.

 
La traiettoria seguita da Apollo 13

Durante la traiettoria di ritorno, mentre sorvolava la faccia nascosta della Luna, l'altitudine dell'Apollo 13 rispetto al suolo lunare era di circa 100 km più elevata di tutte le successive e precedenti missioni Apollo. Questo rappresenta tuttora il record di distanza dalla Terra per un volo con equipaggio: 400 171 km (248 655 miglia)[64], ma fu solo un caso, in quanto la variazione della distanza tra la Terra e la Luna, a causa dell'eccentricità dell'orbita lunare, è molto maggiore di 100 km.

 
La Luna fotografata da Apollo 13

Il rientro in atmosfera richiese un inusuale punto di sgancio e di uscita fuori bordo dal modulo lunare, dato che era stato mantenuto per tutto il volo. Ci fu un certo timore per le temperature ridotte durante il ritorno, che avrebbero potuto produrre condensa e conseguentemente danneggiare l'elettronica del modulo di comando, ma l'apparecchiatura funzionò perfettamente anche in quelle circostanze impreviste.

L'equipaggio ritornò incolume a terra, anche se Haise ebbe un'infiammazione all'apparato urinario, causata dalla mancanza di acqua potabile e dal divieto di espulsione di materiale di scarto (tra cui l'urina) dal veicolo per evitare deviazioni dalla traiettoria pianificata. Il punto di atterraggio in mare fu a 21 gradi 38' S, 165 gradi 22' W, a sud-est delle Samoa Americane e a 6,5 km dalla nave di recupero.

Successivamente è stato notato che, nonostante l'equipaggio sia stato molto sfortunato nel complesso, è anche stato fortunato nell'avere avuto il problema all'inizio della missione, in un momento in cui era disponibile il massimo di rifornimenti, attrezzature e alimentazione da usare nell'emergenza. Infatti, se l'esplosione del serbatoio si fosse verificata nella fase di ritorno, molto probabilmente non si sarebbero mai salvati, soprattutto perché non avrebbero avuto la possibilità di usare il Modulo Lunare.

Rientro e ammaraggio modifica

 
Apollo 13 ammara nell'Oceano Pacifico il 17 aprile 1970

Nonostante l'accuratezza della traiettoria di inserzione terrestre, la navetta spaziale si allontanò lentamente dalla rotta, richiedendo un'ulteriore correzione. Dato che il sistema di guida della LEM era stato spento dopo l'accensione PC+2, all'equipaggio fu chiesto di utilizzare come riferimento la linea tra la notte e il giorno sulla Terra, una tecnica già usata dalla NASA nelle missioni in orbita terrestre, ma mai durante il viaggio di ritorno dalla Luna.[65] Questa accensione, avvenuta a 105 ore, 18 minuti e 42 secondi, durata in tutto 14 secondi, riportò l'angolo di traiettoria di volo entro i limiti sicuri. Ciononostante, venne richiesta una nuova accensione a 137 ore, 40 minuti e 13 secondi, questa volta effettuata utilizzando i motori del sistema di controllo dell'assetto RCS del LEM, che rimasero accesi 21,5 secondi. Meno di mezz'ora dopo, l'equipaggio abbandonò il modulo di servizio, permettendogli di osservare per la prima volta il danno conseguente all'incidente e di fotografarlo. Gli astronauti riferirono la mancanza di un intero pannello dall'esterno del modulo di servizio, che le celle a combustibile poste sopra il serbatoio di ossigeno si erano inclinate, che l'antenna ad alto guadagno era danneggiata e che c'era una notevole quantità di detriti intorno.[66] Haise vide dei probabili danni alla campana del motore, convalidando la decisione presa da Kranz di non usarlo.[65]

 
Operazioni di recupero, qui Swigert

L'ultimo problema da risolvere fu quello di come separare il modulo lunare a una distanza di sicurezza dal modulo di comando poco prima del rientro. La normale procedura, da effettuarsi in orbita lunare, era quella di rilasciare il LEM e quindi utilizzare l'RCS del modulo di servizio per allontanarsi, ma in quel momento il modulo di servizio era già stato abbandonato. La Grumman, l'azienda produttrice del LEM, incaricò un team di ingegneri dell'Università di Toronto, guidato dallo scienziato Bernard Etkin, di risolvere il problema della quantità di pressione dell'aria da utilizzare per separare i moduli e gli astronauti applicarono la soluzione con successo.[67] Il LEM venne, quindi, abbandonato e rientrò nell'atmosfera terrestre bruciando e disintegrandosi con i pochi pezzi integri che precipitarono nell'oceano.[68][69]

 
Lovell, Swigert e Haise mentre vengono accolti con entusiasmo dall'equipaggio dell'USS Iwo Jima
 
Equipaggio dell'Apollo 13 con Richard Nixon appena dopo la premiazione con la Medaglia presidenziale della libertà

Col modulo bruciò anche la stazione ALSEP, con le sue pile atomiche contenenti 3,9 kg di plutonio-238. Per evitare il rischio di rilascio di materiale radioattivo, su richiesta della Commissione per l'energia atomica degli Stati Uniti d'America, fu scelto come punto di rientro un'area sovrastante l'oceano Pacifico; la pila era stata comunque progettata per resistere al rientro nell'atmosfera terrestre e ammarò al largo di Tonga, uno dei punti più profondi dell'oceano. Rilievi effettuati successivamente per mezzo di elicotteri non mostrarono alcuna perdita di radioattività.[65] La ionizzazione dell'atmosfera attorno al modulo di comando durante il rientro, comportava un'interruzione nelle comunicazioni della durata, generalmente, di quattro minuti. La particolare traiettoria di rientro dell'Apollo 13 allungò questo tempo a sei minuti, più a lungo del previsto; i controllori temettero che lo scudo termico del modulo di comando avesse ceduto.[70] Apollo 13 riacquistò il contatto radio e si ammarò in sicurezza nell'oceano Pacifico meridionale, a 21°38′24″ S 165°21′42" O,[71] a sud-est delle Samoa americane e a 6,5 km dalla nave di recupero, l'USS Iwo Jima.[72] Sebbene provato, l'equipaggio si trovò in buone condizioni con l'eccezione di Haise, che soffriva di una grave infezione del tratto urinario a causa dell'insufficiente assunzione di acqua.[73] L'equipaggio trascorse la notte sulla nave e volò a Pago Pago, il giorno successivo. Successivamente si recarono alle Hawaii, dove il presidente Richard Nixon assegnò loro la medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza civile.[74] Il giorno dopo furono riportati in aereo a Houston.[75]

Sulla strada per Honolulu, il presidente Nixon fece tappa a Houston per assegnare la medaglia presidenziale della libertà al team delle operazioni dell'Apollo 13.[76] Inizialmente il programma prevedeva di assegnare il premio all'amministratore della NASA, Thomas O. Paine, ma Paine stesso raccomandò di conferirlo al team.[77] Solo durante l'ispezione post-atterraggio si scoprì un ulteriore malfunzionamento: un cedimento meccanico di un o-ring, non installato correttamente, che portò all'apertura di una falla nel serbatoio contenente il gas propulsivo necessario all'espulsione della copertura dei paracadute. L'ugello relativo non funzionò, ma grazie alla ridondanza del sistema gli altri ugelli riuscirono comunque a espellere la pesante copertura metallica[78].

Indagini e modifiche modifica

Indagini sull'incidente modifica

 
Principio di incendio che ha successivamente causato l'esplosione, riprodotto post-volo in laboratorio[79]

Dopo questa missione si svolse una lunga indagine sulle cause dell'incidente e la navicella Apollo venne modificata per evitare lo stesso problema in seguito. L'inchiesta, diretta da Edgar Cortright, ricostruì chiaramente la catena di eventi che portò all'incidente (nessuno dei quali, preso singolarmente, era grave). Tutto ciò è riportato anche nel citato libro di Lovell e Kluger. Dai registri di manutenzione risultava che il serbatoio di ossigeno n. 2, durante alcuni lavori eseguiti due anni prima, aveva subito un leggero urto che apparentemente non aveva provocato danni.

Due settimane prima del lancio venne effettuata la prova generale di conto alla rovescia, durante la quale vennero compiute tutte le operazioni (compreso il riempimento dei serbatoi) che poi sarebbero state ripetute prima del vero lancio. A prova conclusa i serbatoi dovevano essere svuotati; in particolare l'ossigeno liquido avrebbe dovuto essere spinto fuori dal serbatoio da ossigeno gassoso pompato attraverso un apposito tubo costruito per quell'unico scopo. Conseguentemente ci si accorse che il serbatoio n. 2 non riuscì a svuotarsi; evidentemente il tubo di drenaggio si era danneggiato nell'urto di due anni prima. Considerando che comunque quell'inconveniente non avrebbe influito sul funzionamento in volo e che una sostituzione del serbatoio avrebbe provocato un ritardo leggero ma sufficiente a far perdere la "finestra" di lancio, venne decisa una procedura alternativa: far uscire l'ossigeno (tenuto normalmente a temperature inferiori a -200 ºC) riscaldandolo oltre la sua temperatura di ebollizione accendendo le resistenze interne al serbatoio. Lo stesso Lovell, a cui spettava la decisione finale in qualità di comandante, autorizzò la procedura.

L'impianto elettrico del modulo di servizio funzionava normalmente con la tensione a 28 volt fornita dalle celle a combustibile, ma durante i collaudi (e durante questa operazione imprevista) veniva alimentato con una tensione di 65 volt fornita dalla torre di lancio; ciò era possibile grazie a una modifica di progetto eseguita nel 1965. Tuttavia non erano stati adeguati i termostati. Quando la temperatura raggiunse i 26 °C il termostato si bruciò per la sovratensione, le resistenze non si spensero e presumibilmente fecero aumentare la temperatura a oltre 500 °C, valore sufficiente a danneggiare il rivestimento in teflon dei cavi elettrici. Questo creò il rischio di scintille e di fatto le produsse quando fu azionata l'alimentazione elettrica al sistema di rimescolamento dell'ossigeno.

Modifiche intraprese modifica

Per Apollo 14 e le successive missioni del programma, il serbatoio dell'ossigeno venne riprogettato e i termostati vennero modificati per essere in grado di gestire la corretta tensione. I riscaldatori vennero mantenuti poiché erano necessari per mantenere la pressione dell'ossigeno. I mescolatori, con i loro motori non sigillati, vennero rimossi, il che significò che l'indicatore della quantità di ossigeno non poteva essere più preciso e ciò richiese l'aggiunta di un terzo serbatoio in modo che nessuno di essi scendesse al di sotto della metà.[80] Il terzo serbatoio è stato posizionato nell'alloggiamento 1 del modulo di servizio, sul lato opposto rispetto agli altri due, ed è stato fornito di una valvola di isolamento in grado di isolarlo dalle celle a combustibile e dagli altri due serbatoi di ossigeno in caso di emergenza, consentendogli di rifornire solamente il sistema ambientale del modulo di comando. La sonda quantitativa venne aggiornata, passando dall'utilizzo dell'alluminio all'acciaio inossidabile.[81]

Tutti i cavi elettrici presenti nell'alloggiamento 4 vennero rivestiti in acciaio inossidabile. Le valvole di alimentazione dell'ossigeno delle celle a combustibile subirono una riprogettazione finalizzata a isolare il cablaggio rivestito in teflon dall'ossigeno. La navicella spaziale e i sistemi di telemetria del centro di controllo missione vennero modificati per fornire avvisi più immediati e maggiormente visibili in caso di anomalia.[80] Una scorta di emergenza di 19 litri di acqua venne immagazzinata nel modulo di comando e una batteria di emergenza, identica a quella di alimentazione del modulo di discesa del LEM, fu collocata nella modulo di servizio. Venne, inoltre, modificato il LEM per facilitare il trasferimento di energia da esso al modulo di comando.[82] Infine, vennero collocati nel secondo stadio S-II del razzo Saturn V alcuni dispositivi per contrastare le oscillazioni pogo.[83]

Conseguenze modifica

Il 5 febbraio 1971, il LEM di Apollo 14, toccò la superficie lunare con a bordo gli astronauti Alan Shepard ed Edgar Mitchell, nella formazione Fra Mauro, vicino al cratere Fra Mauro, il sito che avrebbe dovuto esplorare Apollo 13[84] con Haise che servì come CAPCOM durante la discesa sulla Luna,[85] e durante la seconda EVA nella quale Shepard e Mitchell esplorarono le vicinanze del cratere.[86]

Nessuno degli astronauti dell'Apollo 13 volò nuovamente nello spazio. Lovell si ritirò dalla NASA e dalla Marina nel 1973, passando al settore privato.[87] Swigert avrebbe dovuto prendere parte nel 1975 alla missione Apollo-Sojuz test project (la prima missione congiunta con l'Unione Sovietica) ma venne rimosso a causa delle conseguenze delle controversie riguardo alle buste postali di Apollo 15; nel 1973 si congedò dalla NASA per entrare in politica, venendo eletto alla Camera dei rappresentanti nel 1982, ma morì di tumore prima di prendere l'incarico.[88] Haise doveva essere il comandante della missione Apollo 19, poi cancellata, e volò nell'Approach and Landing Tests del programma Space Shuttle prima di ritirarsi dalla NASA nel 1979.[89]

Nonostante Apollo 13 non fosse allunata, vennero comunque completati numerosi esperimenti.[90] Uno riguardava il terzo stadio S-IVB del razzo vettore Saturn V che nelle precedenti missioni veniva inviato in orbita solare una volta abbandonato. Il sismometro lasciato dalla missione Apollo 12 aveva rilevato frequenti impatti di piccoli oggetti sulla Luna, ma un impatto più grande avrebbe prodotto maggiori informazioni sulla crosta lunare, quindi si decise che a partire da Apollo 13, l'S-IVB sarebbe stato fatto schiantare sulla Luna.[91] L'impatto avvenne a 77 ore 56 minuti e 40 secondi dalla partenza della missione e produsse abbastanza energia che l'amplificazione del sismometro posto a 117 chilometri dall'impatto, dovette essere ridotta.[46] Una serie di fotografie della Terra, scattate per dimostrare se l'altezza della nuvole potesse essere determinata da satelliti sincroni, hanno ottenuto i risultati desiderati.[90]

Dopo il rientro della missione, il modulo di comando Apollo 13, Odyssey, venne smontato per effettuare alcuni test e i suoi vari componenti rimasero in magazzino per anni; alcuni vennero utilizzati come test per la missione di salvataggio di Skylab. Successivamente venne esposto al Kentucky Science Center. Ora si trova esposto a Hutchinson in Kansas.[92]

Lovell dichiarò che Apollo 13 fu un "fallimento di successo",[93] Michael Massimino, un astronauta dello Space Shuttle, ha dichiarato che Apollo 13 "ha mostrato il lavoro di squadra, il cameratismo e ciò di cui la NASA era veramente fatta". La risposta all'incidente è stata ripetutamente chiamata "l'ora più bella della NASA";[94][95][96][97][98] è ancora vista in questo modo.[94] L'autore Colin Burgess scrisse: "il volo della vita o della morte di Apollo 13 ha drammaticamente dimostrato i colossali rischi insiti nel volo spaziale con equipaggio. Quindi, con l'equipaggio al sicuro sulla Terra, l'apatia pubblica è tornata nuovamente".[99]

William Compton, nel suo libro sul Programma Apollo, disse dell'Apollo 13, "Solo uno sforzo eroico di improvvisazione in tempo reale da parte delle squadre delle operazioni di missione ha salvato l'equipaggio".[100] Rick Houston e Milt Heflin, nella loro storia sul Centro di Controllo Missione, hanno dichiarato, "Apollo 13 ha dimostrato come il Mission Control abbia potuto riportare quei viaggiatori spaziali a casa quando le loro vite erano in pericolo."[101] L'ex storico capo della NASA Roger Launius ha scritto: "Più di ogni altro incidente nella storia del volo spaziale, la risoluzione di questo incidente ha rafforzato la fiducia del mondo nelle capacità della NASA ".[102] Tuttavia, l'incidente ha convinto alcuni funzionari, come il direttore del Manned Spaceflight Center Gilruth, che se la NASA avesse continuato a inviare astronauti nelle missioni Apollo, alcuni sarebbero rimasti inevitabilmente uccisi e chiesero la fine più rapida possibile del programma.[102] I consiglieri di Nixon raccomandarono di annullare le rimanenti missioni lunari, dicendo che un disastro nello spazio gli sarebbe costato molto in termini politici.[103] I tagli di bilancio hanno reso più facile una tale decisione e durante la pausa dopo l'Apollo 13, due missioni furono annullate facendo sì che il programma si concludesse con il volo di Apollo 17 nel dicembre 1972.[102][104]

Galleria d'immagini modifica

Film modifica

Il libro di Jim Lovell e Jeffrey Kluger sulla missione, Lost Moon, è stato trasformato in un film di successo, Apollo 13, diretto da Ron Howard, con Tom Hanks nei panni di Lovell. Jim Lovell compare nel film in un cameo nel ruolo di capitano della nave di recupero Iwo Jima.

Parametri della missione modifica

Distanza minima dalla Luna modifica

  • 15 aprile 1970, 00:21:00 UTC
    • 254,3 km sopra la superficie lunare;
    • a 400 171 km dalla Terra (record).

Esplosione del serbatoio d'ossigeno modifica

  • 14 aprile 1970, 03:07:53 UTC (13 aprile, 21:07:53 CST) (55:54:53 g.e.t.[105])
  • 321 860 km dalla Terra.

Note modifica

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Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

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