Artabano (Istaspe)

fratello di Dario I

Artabano figlio di Istaspe (VI secolo a.C. – dopo il 480 a.C.) è stato un dignitario persiano, fratello minore di Dario I e zio di Serse, che tentò di impedire al primo di combattere in Scizia e al secondo di intraprendere la seconda guerra persiana.

Biografia modifica

Era noto nelle opere di Ctesia di Cnido come Artapano.[1] Le prime notizie biografiche a suo riguardo rinvenute nella Storie erodotee lo identificano con la caratteristica che più gli sarà conveniente: quella dell'essere un saggio consigliere[1]: sconsigliò a Dario di intraprendere la campagna contro gli Sciti.[2] La spedizione fu poi un fallimento: dopo essere avanzato per alcune settimane nelle steppe della Ucraina Dario fu costretto ad ordinare il ritorno senza aver raggiunto gli obiettivi prefissati.[3] Artabano era satrapo della Battriana, provincia di cospicua importanza, e ciò voleva dire che, finché il figlio di suo fratello non fosse stato abbastanza anziano per governare, sarebbe stato potenzialmente successore del fratello.[1]

Considerato che secondo Erodoto era stato Mardonio a indurre il giovane sovrano a dichiarare guerra[4], quest'ultimo decise di sottoporre la decisione a un consiglio di nobili[5]: solo Artabano osò contraddire Mardonio,[6] affermando che la campagna, poi fallimentare, era troppo rischiosa, e accusando Mardonio e Serse di calunniare gli Elleni.[7] Serse lo riprese duramente[8], ma durante la notte, meditando, arrivò a condividere la sua opinione. Il giorno dopo, nonostante la notte stessa una visione gli avesse sconsigliato di dar ragione ad Artabano[9], affermò che voleva rinunciare alla spedizione.[10] Il giorno successivo, decise di consultarsi con Artabano[11], poiché quella stessa visione l'aveva minacciato.[10] Artabano dunque si finse il re, e pure lui ebbe la visione notturna: dopo di ciò, mutò parere e divenne un sostenitore della campagna.[12]

Durante l'attraversamento dell'Ellesponto, si dice che Serse abbia avuto dei repentini mutamenti d'umore.[13] Notato ciò, Artabano gli domandò perché piangesse, dopo essere stato felice: ne nasce una discussione, durante la quale Artabano afferma che non è tanto la brevità della vita a renderla triste, quanto il fatto che sia piena di tormenti.[14] A questo punto, Serse domandò ad Artabano se fosse stata la sola visione a fargli cambiare parere: risponderà di avere quest'ultimo ancora due dubbi circa la riuscita della spedizione, pur sperando nel successo.[14] Serse domandò quindi ad Artabano se ritenesse che le truppe raccolte fossero troppo poco numerose.[15] Al contrario, Artabano affermò che aumentando il numero delle truppe i problemi sarebbero aumentati, essendo i principali avversari la terra e il mare della Grecia: più precisamente, in caso di tempesta nessun porto sarebbe stato in grado di ospitare l'immensa flotta, e anche edificandone uno di ampissime dimensioni ciò sarebbe stato inutile, poiché la flotta doveva potersi spostare; inoltre, proseguendo la marcia, sarebbe stato più difficile trovare viveri per le truppe.[16] Tale discorso sembra confarsi a una delle costanti della narrazione erodotea: ogni eccesso umano è punito dalla volontà divina. Serse ribatté affermando che, se per ogni spedizione si dovessero temere tutti gli inconvenienti, mai se ne farebbe una; al contrario, effettuandola, ci si espone sì al rischio, ma parallelamente si ha l'opportunità che metà delle avversità non si verifichi: secondo Serse, solo rischiando i suoi antenati sono riusciti a procurarsi un così vasto impero, e il problema alimentare si sarebbe risolto sfruttando il grano coltivato dagli Elleni.[17] Quindi consigliò a Serse di assoldare gli Ioni per la spedizione, per non farli combattere contro il loro compatrioti: se essi infatti si fossero schierati cogli Elleni, grandi sarebbero stati i danni per i Persiani, mentre i contingenti achemenidi sarebbero riusciti a raggiungere il loro scopo prefisso anche senza l'aiuto dei Greci.[18] Serse non accolse il suo parere, perché gli Ioni si erano dimostrati decisivi nella campagna condotta da Dario in Scizia e perché lasciando i parenti e gli averi sotto il potere persiano mai avrebbero secondo lui ordito di ribellarsi; Serse fece quindi tornare a Susa Artabano come reggente.[19] I suoi figli, noti coi nomi di Artyphius, Ariomardus, Bassaces, Tigranes e Tritantaechmes, presero invece parte alla spedizione.[1]

Note modifica

  1. ^ a b c d (EN) Artabanus, su livius.org. URL consultato il 16 luglio 2014 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2009).
  2. ^ Erodoto, IV, 83.
  3. ^ Erodoto, IV, 118-144.
  4. ^ Erodoto, VII, 5.
  5. ^ Erodoto, VII, 8.
  6. ^ Erodoto, VII, 9.
  7. ^ Erodoto, VII, 10.
  8. ^ Erodoto, VII, 11.
  9. ^ Erodoto, VII, 12.
  10. ^ a b Erodoto, VII, 14.
  11. ^ Erodoto, VII, 15.
  12. ^ Erodoto, VII, 17.
  13. ^ Erodoto, VII, 45.
  14. ^ a b Erodoto, VII, 46.
  15. ^ Erodoto, VII, 47.
  16. ^ Erodoto, VII, 49.
  17. ^ Erodoto, VII, 50.
  18. ^ Erodoto, VII, 51.
  19. ^ Erodoto, VII, 52.

Bibliografia modifica