Bābak Khurramdīn (in persiano بابك خرمدين‎, Bābak Khurramdīn o Pāpak Khorramī; medio-persiano Pāpak Khorramī,[1] vissuto tra il 795 (o il 798 secondo alcune fonti) e gennaio dell'838[2] è stato uno dei più importanti riformatori religiosi persiani[3][4][5] del movimento iranico della Khurramiyya (in persiano خرم دین‎, khorram dīn), religione gioiosa; (in arabo خرمية?, khuramiyya): un movimento indipendentistico dell'Iran da poco conquistato dagli Arabi musulmani, che lottava contro il califfato arabo degli Abbasidi.

Storia modifica

Esordi modifica

Nel 755, Abū Muslim al-Khurāsāni, che era stato l'anima della daʿwa abbaside contro gli Omayyadi, fu assassinato dal califfo abbaside al-Manṣūr (assai probabilmente geloso e preoccupato del suo enorme ascendente e potere in Khorasan). Gli abitanti di questa ricca regione iranica, da cui era partita la "Rivoluzione abbaside", accolsero malamente tale assassinio, interpretandolo logicamente come la negazione del loro ruolo egemonico nella vittoria abbaside (l'esercito califfale era chiamato, non a caso, Khurāsaniyya). Ciò provocò numerose rivolte, puntualmente represse nel sangue da al-Manṣūr.

L'insurrezione modifica

 
La fortezza di Babak.

Testimone delle sanguinose pressioni subite dai suoi compatrioti, Bābak raggiunse il movimento religioso della Khurramiya. Ṭabarī così faziosamente descrive Bābak:

«Bābak è il fondatore della dottrine khurramita, sorta di eresia il cui solo insegnamento positivo consisteva nel respingere l'Islam, nel dichiarare lecito tutto ciò che è vietato dalla religione - il vino, la fornicazione, l'uso di alimenti proibiti - e nell'affrancare gli uomini da ogni legge. Questa dottrina, predicata da Bābak, era gradita al suo popolo; un gran numero di persone l'abbracciò e cominciarono a uccidere i musulmani. Insediato in un luogo fortificato tra gole inaccessibili alle truppe, Bābak sfidava ogni attacco degli eserciti governativi. Esse, per contro, erano esposte ad aggressioni notturne, dopo le quali egli si ritirava senza che fosse possibile inseguirlo.[6]»

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Il califfo al-Muʿtaṣim designò un generale d'origine persiana, di nome Afshīn Khaydar ibn Kawus, per affrontare militarmente Bābak. Afshīn aveva la responsabilità dell'Armenia e dell'Azerbaigian. Afshīn con seguì un primo successo contro le forze di Bābak e inviò le teste di cento ufficiali nemici al califfo. Afshīn si diresse poi su Ardabil e vi restò un mese. Edificò un campo trincerato all'ingresso delle gole che portavano alla fortezza di Bābak e attese senza intraprendere alcuna azione. Mise a punto uno stratagemma per invogliare Bābak a uscire dal suo riparo ben difeso, facendo trapelare la notizia che un trasporto della paga dei suoi soldati era in procinto di lasciare Ardabil un giorno preciso. Lasciò poi sgombero l'accesso alle gole e, quando Bābak uscì dalla fortezza per impadronirsi di quelle somme, cadde nella trappola tesa da Afshīn. Bābak riuscì però a sfuggire alla cattura.

Durante l'inverno Afshīn provò invano ad accerchiare le gole che portavano al rifugio di Bābak, passando per le cime delle montagne coperte di neve ma il freddo paralizzò le sue truppe. In primavera Afshīn ricevette però rinforzi in uomini e materiali.

Bābak ebbe allora l'idea di domandare l'aiuto dell'Imperatore di Bisanzio. Questi giunse passando in Cilicia e riprese la città di Tarso. Al-Muʿtaṣim fece allora appello alle città di Mosul, di Samarrāʾ, di Baghdad e di tutto l'Iraq, Radunò un esercito di circa 100 000 uomini per riprendere il controllo della città di Tarso, che da sempre era stata uno dei principali porti della flotta califfale nel mar Mediterraneo.

Malgrado i rischi, Afshīn risalì le gole e giunse a porre sotto assedio la fortezza di Bābak. Dopo numerose scaramucce e tentativi d'assalto, la fortezza però resisteva ancora. Bābak finì tuttavia col chiedere un colloquio con Afshīn. Lasciandogli il figlio come ostaggio, chiese al generale abbaside di rimanere nella sua fortezza finché la grazia del califfo non gli fosse stata graziosamente accordata con una missiva recante il suo sigillo. Bābak approfittò della notte per fuggire con alcuni uomini. La grazia del califfo giunse dieci giorni più tardi.

Nella sua fuga, Bābak fu tradito da uno dei suoi antichi partigiani, Sahl Smbatean. Fu catturato e portato al califfo per essere immediatamente giustiziato.[7].

Esecuzione modifica

Bābak fu giustiziato il 4 gennaio del 838 nell'allora capitale califfale di Samarrāʾ.[2]

«Ci si recò a prendere Bābak e lo si condusse al Palazzo sul dorso di un elefante, perché ognuno potesse vederlo. Il califfo gli fece quindi amputare entrambe le mani e i piedi dai chirurghi, squarciare il ventre e tagliare la gola. Il cadavere, mutilato, fu appeso in un gabbione a Samarrāʾ, e la testa - dopo essere stata condotta in giro per tutte le città dell'Iraq - fu inviata nel Khorasan, in cui il tahiride ʿAbd Allāh la fece esporre del pari in ogni città della regione da lui amministrata. Infine essa fu infilzata su un palo a Nishapur.
Il fratello di Bābak fu inviato a Baghdad, dove il governatore della città lo fece giustiziare alla stessa maniera.[8]

Note modifica

  1. ^ «Bāpak», in Encyclopedia Iranica.
  2. ^ a b 3 Safar 223 A.H.
  3. ^ M. Whittow, The Making of Byzantium: 600-1025, Berkeley, University of California Press, pp. 195, 203, 215: «Azerbaijan was the scene of frequent anti-caliphal and anti-Arab revolts during the eighth and ninth centuries, and Byzantine sources talk of Persian warriors seeking refuge in the 830s from the caliph's armies by taking service under the Byzantine emperor Theophilos. [...] Azerbaijan had a Persian population and was a traditional centre of the Zoroastrian religion. [...] The Khurramites were a [...] Persian sect, influenced by Shiite doctrines, but with their roots in a pre-Islamic Persian religious movement».
  4. ^ Lo storico armeno Vardan Areweltsʻi (ca. 1198-1271) scrisse: «In these days, a man of the Persian race, named Bab, who had went from Baltat killed many of the race of Ismayil (what Armenians called Arabs) by sword and took many slaves and thought himself to be immortal. ... Ma'mun for 7 years was battling in the Greek territorties and ... came back to Mesopotamia». Si veda anche "La domination arabe en Arménie", della Histoire universelle de Vardan, traduzione dall'armeno e annotato da J. Muyldermans, Louvain e Parigi, 1927, p. 119: «En ces jours-là, un homme de la race Perse, nommé Bab, sortant de Baltat, faiser passer par le fil de l’épée beaucoup de la race d’Ismayēl tandis qu’il... »
  5. ^ Lo storico arabo Ibn Hazm (994-1064) ricorda le differenti rivolte iraniche contro il califfato nel suo libro al-Faṣl fī l-milal wa l-nihal, e scrive «The Persians had the great land expanse and were greater than all other people and thought of themselves as better... after their defeated by Arabs, they rose up to fight against Islam, but God did not give them victory. Among their leaders were Sanbadh, Muqanna', Ostadsis and Babak and others». In lingua araba:
    «أن الفرس كانوا من سعة الملك وعلو اليد على جميع الأمم وجلالة الخطير في أنفسهم حتى أنهم كانوا يسمون أنفسهم الأحرار والأبناء وكانوا يعدون سائر الناس عبيداً لهم فلما امتحنوا بزوال الدولة عنهم على أيدي العرب وكانت العرب أقل الأمم عند الفرس خطراً تعاظمهم الأمر وتضاعفت لديهم المصيبة وراموا كيد الإسلام بالمحاربة في أوقات شتى ففي كل ذلك يظهر الله سبحانه وتعالى الحق وكان من قائمتهم سنبادة واستاسيس والمقنع وبابك وغيرهم ». Si veda al-Faṣl fī al-milal wa-l-ahwāʾ wa-l-niḥal / taʾlīf Abī Muḥammad ʿAlī ibn Aḥmad al-maʿrūf bi-Ibn Ḥazm al-Ẓāhirī; taḥqīq Muḥammad Ibrāhīm Naṣr, ʿAbd al-Raḥmān ʿUmayra. Jiddah, Sharikat Maktabāt ʿUkāẓ, 1982.
  6. ^ Tabari, La Chronique (volume II, L'Âge d'or des Abbassides), Parigi, Actes Sud / Sindbad, 2001, p. 181, ISBN 9782742733187.
  7. ^ Tabari, ibidem, pp. 181-197
  8. ^ Tabari, op. cit., p. 197

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