Basilica di San Martino (Alzano Lombardo)

chiesa nel comune italiano di Alzano Lombardo

La basilica di San Martino è una chiesa di Alzano Lombardo situata nel centro storico in piazza Italia, alla confluenza delle vie Fantoni e Roma, che per secoli sono state le principali direttrici viarie del borgo. Nell'agosto del 1922 papa Pio XI l'ha elevata alla dignità di basilica minore.[1][2]

Basilica di San Martino di Tours
Facciata della basilica di San Martino
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàAlzano Lombardo
IndirizzoPiazza Italia
Coordinate45°44′01.43″N 9°43′50.77″E / 45.73373°N 9.73077°E45.73373; 9.73077
Religionecattolica
TitolareSan Martino
Diocesi Bergamo
ArchitettoGerolamo Quadrio
Inizio costruzione1659

Storia modifica

Situato poco fuori Bergamo verso la val Seriana, Alzano, l'antico praedium Alicianum, all'inizio dell'XI secolo era una modesta borgata. Così come modesta sorge, forse nel 1023, la sua prima chiesa, romanica, probabilmente a una sola navata con copertura a travatura in legno, dedicata a san Martino.[3] Nei secoli successivi Alzano assunse maggiore importanza, anche se solo nel 1457, dopo lunghe controversie protrattesi circa un secolo, diventa parrocchia autonoma svincolandosi dalla potente pieve di Nembro alla quale era stata fino ad allora soggetta dal punto di vista religioso.

Tra il 1421 e il 1442, viene costruito un nuovo edificio più ampio[2] con l'aggiunta nel 1486 di una torre campanaria in pietra viva.[2] Sarà questa chiesa che san Carlo Borromeo, nella sua visita apostolica del 1575, descrisse: “a forma quadrata, disposta a tre navate, di cui quella di mezzo a soffitto di legno che, benché dipinto, non sorte bell’effetto; inoltre la nave minaccia rovina e deve essere assicurata. Ha la facciata ancora grezza e il presbiterio incompiuto".

Alcuni lavori di adeguamento furono subito iniziati, ma solo nel 1656 un grosso lascito di 70.000 ducati d'oro destinato alla “fabbrica“ della chiesa di San Martino da parte di un ricco mercante locale, Nicolò Valle, permette alla Fabbriceria, che opererà molto saggiamente, di decidere il completo rinnovamento della struttura esistente.[4] Il progetto è affidato all'architetto Gerolamo Quadrio, interprete del barocco lombardo,[5] soprintendente per alcuni anni alla fabbrica del Duomo di Milano. Nel 1659 iniziano i lavori: il progetto, pur tenendo conto del preesistente impianto impianto murario , del quale sono ancora visibili scarsi tratti degli antiche strutture in grossi blocchi di pietra squadrata e alcuni elementi architettonici, prevede il rifacimento della navata centrale con l'aggiunta di un ampio volume laterale, la cappella del Rosario, e la definizione della facciata. I vecchi pilastri in muratura nel 1667 sono sostituiti con eleganti colonne monolitiche abbinate in marmo di Zandobbio. Nel 1669 la volta è completamente rifatta e successivamente ricoperta di stucchi, mentre le strutture di copertura vengono eseguite con notevoli opere di carpenteria in legno. Nel periodo seguente e fino agli ultimi anni del 1700, alla caduta della Repubblica di Venezia, è un continuo operare per il completamento e l’abbellimento dell’edificio. Nel 1676 è realizzata la cappella del Rosario e a partire dal 1677 le tre sacrestie vengono completate con gli arredi e le decorazioni dei Fantoni e dei Caniana. Nel 1711 nasce il magnifico pulpito in marmi policromi.

Nel 1751 viene eseguita la pavimentazione con lastroni a losanga di marmi locali: bianco di Zandobbio, nero di Gazzaniga e rosa di Entratico. La chiesa fu ultimata con la realizzazione, nel corso del Settecento, di altari laterali, di stucchi, di affreschi e con il rifacimento del presbiterio e del coro. Fu rimandato solo il rinnovamento della facciata lasciata per 200 anni con la muratura in cotto a vista nella parte superiore, grezza. Solo alla fine del 1800 i tre portali in marmo sono inquadrati nell'esecuzione di tutta la facciata su progetto dell'architetto Virginio Muzio a compimento finale dell'opera.

Il lungo periodo trascorso dall'inizio all'ultimazione dell'opera presenta la coesistenza di stili diversi. Il risultato risponde alla concezione figurativa barocca: la chiesa è a tre navate di cui più ricca quella centrale. Il presbiterio e il coro, opera di Giacomo Caniana, sono in stile neoclassico, ben risolti per dare un assenso di spaziosità a una certa ristrettezza piantistica. La laterale cappella del Rosario, splendida realizzazione a impianto ottagonale, dalla verticalità accentuata da quattro scomparti sovrapposti verso la volta a calotta, è ricca di marmi, stucchi dorati, affreschi e grandi tele. All'interno figurano opere di notevole pregio: magnifici stucchi dorati, affreschi e grandi tele. L'interno conserva opere di notevole pregio: magnifici stucchi in alto rilievo dei ticinesi Sala, Affreschi del genovese Paolo Raggi e degli Orelli. L'altare della cappella del Rosario è lavoro di Giovan Battista Caniana e presenta il bassorilievo in marmo, la Natività di Maria di Andrea Fantoni[6] e una lunga serie di opere pittoriche. Infine una ricca raccolta, comprendente arredi sacri preziosi, paramenti e stendardi, codici e corali con miniature, messali, documenti e decreti in pergamena, disegni originali la tavola

 
Palmail Vecchio-Martirio di San Pietro

di Jacopo Palma il Vecchio Martirio di San Pietro da Verona del 1520,[7] quadri e semplici oggetti antichi, è in dotazione del Museo d'Arte Sacra nei locali restaurati e ristrutturati dall'attivo ex-palazzo Pelliccioli.

Descrizione modifica

Esterno modifica

Il problema legato alla realizzazione di una facciata monumentale per la Chiesa di San Martino rimase a lungo non risolto per la mancanza di adeguati mezzi finanziari, ma anche per le difficoltà di scelta tra i vari progetti presentati. Esistono ancora i progetti a disegno acquerellato realizzati dal Quadrio, dal Caniana, dal Fantoni e dal Preda, oggi conservati nel Museo San Martino adiacente la Basilica. L’antica solenne facciata, rimasta al grezzo nella parte superiore per oltre due secoli, aveva le murature in cotto. Nel 1751 furono realizzati ad opera degli scultori Dodesino e Mazzetti e su disegni del Quadrio, i tre portali in marmo di Zandobbio. Questi sono sormontati dalle statue dei santi protettori: San Martino sopra il portale centrale, i Santi Bonifacio e Felicita sulle due porte laterali. Le sculture sono opera settecentesca di Antonio Maria Pirovano, nativo di Sforzatica, che operò anche a Vertova, Stezzano, Ponte San Pietro e a Bergamo, in particolare nelle chiese di Santa Caterina e Santo Spirito. Sono realizzate in ceppo di Brembate e l’estrema friabilità di questa pietra, soggetta a fenomeni di sfaldamento a causa degli agenti atmosferici, ha richiesto recentemente lunghi e delicati lavori di restauro (1998). Tuttavia, dopo lunghe discussioni e fasi preparatorie, solo a fine ottocento venne costituito uno speciale comitato che studiasse gli aspetti tecnici e quelli amministrativi legati al completamento della facciata. A questo proposito si diede il via ad una sottoscrizione pubblica a cui il paese intero rispose con una grande generosità. Tra i vari progetti presentati venne prescelto quello dell’architetto Virginio Muzio, che inoltre si avvicinava molto a quello originario settecentesco del Quadrio, e al principio del 1896, finalmente i lavori ebbero inizio. Direttore dei lavori fu l’ingegner Giovanni Verzieri di Alzano. L'opera venne inaugurata il 9 ottobre 1898. La facciata così completata presenta un forte senso di simmetria e una buona armonia fra le varie membrature, che le dà un tono classicheggiante. La parte inferiore rialzata su di una scalinata di accesso è scandita dai tre portali settecenteschi racchiusi in specchiature e fasce a cornice in marmo perlaceo bianco e occhialino di Val Camonica. Gli spazi sono misurati da lesene poggianti su una base modanata e terminanti in capitelli compositi. Una larga trabeazione segna nettamente il passaggio alla parte superiore, costituita da un corpo centrale, scompartito anch'esso da lesene e presentante nella specchiatura centrale un finestrone archivoltato e in quelle laterali due edicole a timpano; il tutto concluso da un classico frontone, con cornice aggettante e timpano, e da statue di coronamento. A raccordo con la parte inferiore della facciata due tratti balaustrati. Nella parete laterale destra appare ben visibile la copertura a salienti, in parte occultata nella facciata. La parte inferiore, in laterizio, presenta una serie di arcate e paraste che ben evidenziano la presenza delle cappelle laterali; in quella superiore, intonacata, sono evidenti le grandi finestre sormontate da un timpano che danno luce alla navata centrale. La parte absidale appare monumentale. Il campanile è una snella torre quadrata in pietra viva dell’altezza di 32 m, divisa da fasce marcapiano in cinque scomparti e coronata dalla cella campanaria. Si tratta della parte più antica dell’intero complesso della Basilica, infatti risulta costruita nell’anno 1486, data che si evince da un decreto redatto a Bergamo recante l’approvazione della sua elevazione. In passato presso l’alta torre esisteva una porta che veniva chiusa di notte per impedire l’accesso in paese a persone indesiderate. Il Comune usava poi contribuire alla manutenzione del campanile stesso riservandosi il diritto del suono della campana grossa per scopi e ricorrenze civili.

Interno modifica

L’interno della basilica di San Martino, in stile barocco, ha la pianta suddivisa in tre navate, una maggiore assai più ampia e solenne, e due laterali, più composti ed eleganti, affiancata da una serie di cappelle, che, con loro deciso il risultato strutturale, danno forte plasticità alle pareti di contenimento. La lunghezza totale è di metri e 47,10 × 1 larghezza di metri 23,50, mentre l’altezza è di metri 17,85 per la navata centrale e di metri 9,35 per quelle laterali. Gli elementi architettonici, colonne, capitelli, archi, porte, pur nell’uso di stili diversi che vanno dal dorico, allo ionico, al corinzio, al composito, presentano nell’insieme una forte armonia. La divisione fra le navate è ottenuta dalla presenza di quattro robusti pilastri, agli angoli, presso la controfacciata e verso il presbiterio, e da una serie di colonne di marmo di Zandobbio (realizzate in un unico blocco di marmo, misurano 6,10 m di altezza e 0,62 m di diametro), isolate quelle verso le pilastrate e binate quelle mediane. I capitelli a volute ioniche, pur nella simmetria nella compostezza classicheggiante che li contraddistingue, presentano una decorazione a cherubini molto cara alla sensibilità barocca. Gli archi che uniscono le colonne sono poi poggianti su elementi trabeati, che, nelle colonne isolate ricordano il "pulvino" bizantino e danno slancio verticale snellendo la colonna stessa; in quelle binate, raccordandole, formano l’elemento unificante. Si ritrovano quindi insieme elementi degli schemi strutturali architravato e voltato. Ne consegue un’estrema varietà e leggerezza di impianto, che ammorbidisce l’imponenza delle dimensioni e tende a dilatare la percezione degli spazi. Gli archi sono chiusi superiormente da un cornicione che, con il suo deciso aggetto, scandisce la divisione spaziale verticale e serve di imposta alla copertura voltata. Tra le colonne della navata centrale e il cornicione corre una ricca fascia decorata con bellissimi stucchi del ticinese Giovanni va Angelo Sala. Si passa da elementi a basso rilievo nei sottarchi e nei registri superiori caratterizzati da un fregio geometrico, da una fascia a decorazione vegetale e da un sottostante architrave tripartito, ad una serie di notevoli statue ad alto rilievo, con figure allegoriche a grandezza quasi naturale, che ornano le ghiere degli archi e gli spazi tra essi intermedi. Partendo dall’ingresso, sul fianco destro della navata si riconoscono le rappresentazioni della Rassegnazione, dell’Amore Divino, della Contrizione, del Martirio, della Cordialità, della Scienza, della Rettitudine, dell’Eternità, della Sapienza e della Contemplazione. Nella parete di fronte, questa volta a partire dal presbiterio, si incontra per prima la figura dell’Angelo Custode, segue una figura di incerta interpretazione e quindi la Prudenza, la Carità, la Preghiera, la Penitenza, la Giustizia, la Mortificazione, la Fortezza e, infine, ritornati presso l’ingresso della Basilica, la personificazione del Disprezzo del Mondo. La volta centrale, divisa in tre grandi campate e scompartita in riquadri, è ornata anche essa di stucchi che letteralmente sommergono le membrature architettoniche. Si tratta di una complessa decorazione allegorica che assume aspetti ridondanti e stupefacenti, che ben si legano alla sensibilità barocca del periodo, che tende con l’arte a comunicare i messaggi, anche assai complessi, rinunciando ad un discorso composto e razionale, ma parlando ai sentimenti, emozionando e lasciando sbalordito l’osservatore, in una visione altamente teatrale e scenografica. L’autore del complesso apparato decorativo della volta è ancora Giovanni Angelo Sala, che sappiamo attivo in bergamasca tra il 1653 e il 1676. Di lui, che lasciò opere di particolare interesse anche nella Chiesa di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo, il Bongiani, nelle sue memorie conservate nell’Archivio parrocchiale dice che “le sue opere sono eccellentissime“ e ancora “in tal genere di lavoro si levò proprio a gran grido... quale aquila sopra tutti i suoi contemporanei”. La famiglia Sala, di origini ticinesi, annoverò tutta una serie di artisti particolarmente abili nell’arte dello stucco, i quali operarono anche in importanti chiese cittadine, come Santa Maria Maggiore. Qui e là compaiono tra cornici, fregi elementi di decorazione ad alto o bassorilievo, parti di figurazione “a risparmio", cioè solamente dipinte simulando lo stucco, tipiche proprio di queste maestranze ticinesi ed in grado, oltre che di creare un vero e proprio risparmio economico, di rendere ancora più profonda la spazialità delle immagini. Al centro di ogni campata è inserita tra la decorazione a stucco una grande tela in un medaglione di formato ovale. Si tratta di tre tele raffiguranti episodi miracolosi di San Martino, opera di Pier Paolo Raggi, un pittore nato a Vienna nel 1646, ma di origini genovesi, e stabilitosi a Bergamo nel 1690, data corrispondente alla messa in loco dei dipinti per la Basilica di Alzano. Le tele del pittore genovese sono caratterizzate dall’uso di colori vivaci e da un disegno netto e deciso, che richiama alla mente i modi dell’Accademia degli Incamminati e la maniera dei Carracci, che con il suo ritorno alle forme equilibrate del classicismo aveva aperto agli inizi del secolo un filone tra i più fecondi dell’intero periodo Barocco. Sopra i peducci all'imposta delle volte e sopra i finestroni delle pareti laterali sta una serie di lunette nelle quali sono dipinti 12 affreschi di Giuseppe Pozzi, pittore di origine svizzera. Rappresentano episodi e scene di martirio legate alla vita degli Apostoli e altri santi. Tutti questi affreschi sono caratterizzati da tinte chiare e vivaci, tipiche del linguaggio pittorico tardo barocco. Le due navate laterali sono divise ognuna in cinque campate e appaiono anch’esse caratterizzate da volte ornate da stucchi, festoni e fregi, ancora opere del ticinese Sala. Gli sfondi, come evidenziato da recenti opere di restauro di una campata della navata laterale destra, si contraddistinguono per le tenui tinte rosate e verde chiaro, dall’effetto aggraziato ed elegante, tipico ormai del gusto rococò. Sulle campate di ciascuna navatella si aprono poi le cappelle laterali con i rispettivi altari. Le decorazioni a stucco sono qui di un altro artista ticinese, Eugenio Camuzio, che realizzo pure i Dodici Profeti e gli stucchi per la Cappella del Rosario. Quella dei Camuzio è un’altra famiglia di artisti ticinesi, famosa per la realizzazione di raffinate e sempre eleganti opere decorative a stucco, oltre che ad Alzano, a Bergamo, nella Cappella Colleoni e in San Bartolomeo, a Serina, San Pellegrino, Grumello del Monte, Sforzatica e Locate. Secondo le indicazioni del Bongiani, Eugenio Camuzio avrebbe lasciato la sua firma e la data 1764 su di una banderuola del primo pilastro di destra della Cappella del Rosario, che riporterebbe a questa data anche gli stucchi delle navate laterali. Queste quindi rispetto alle decorazioni analoghe del Sala nella navata centrale sono databili al secolo seguente e segnano il passaggio a forme stilistiche ormai tipiche dell’estrema fase tardo barocca, caratterizzata da forme meno monumentali e più mosse. Ad un’epoca ancora più tarda appartengono gli affreschi che ornano le due navate laterali, eseguiti da Vincenzo Orelli, anch'egli facente parte di una fiorente botteghe di artisti ticinesi operanti tra la metà del Settecento e il primo quarto dell’Ottocento. Numerosissime sono le opere degli Orelli in chiese e palazzi bergamaschi. Nella sola Alzano, oltre ai 40 affreschi delle volte e ad un’annunciazione del presbiterio della Basilica di San Martino, eseguirono anche gli affreschi nella Chiesa delle Salesiane.

Pulpito modifica

Fra i molti “arredi” di grande interesse conservante nella basilica, il più interessante è sicuramente il pulpito situato nella navata centrale, a ridosso del colonnato divisorio con la navata destra. Fu commissionato nel 1711 dalla Fabbriceria di San Martino a Gian Battista Caniana, dopo un concorso indetto nel 1700 a cui avevano partecipato alcune delle più importanti botteghe operanti nel cantiere albanese, dai Fantoni ai Manni ai Mocetti. La ricchissima opera venne disegnata dal Caniana, che vi realizzò anche direttamente alcuni lavori di intarsio; buona parte delle opere scultoree principali vennero però eseguite da Andrea Fantoni, la cui collaborazione era stata richiesta espressamente dal progettista. Venne posto in opera tra 1713 e 1714, anche se le rifiniture, ad opera anche di altre maestranze, si prolungarono fino al 1751. Stando al Fornoni, che segue in questo Pasino Locatelli, il Caniana dovette superare molte difficoltà per far accettare ai fabbricieri della Basilica le sue originali scelte progettuali, in particolare riguardo all’ubicazione e alla concezione fortemente simbolica dell’insieme, e dovette arrendersi al volere dei committenti per la realizzazione di particolari anche di una certa importanza, come la forma e l’ornamentazione del capocielo. Nell’archivio della Curia Vescovile di Bergamo esiste una copia della corrispondenza Caniana-Fantoni sulle opere eseguite ad Alzano e si trovano altri documenti in proposito dei quali si evince come le due famiglie di artisti, che collaborarono anche nei lavori delle Sagrestie e di alcune delle cappelle, ebbero una perfetta comunanza di intenti nella realizzazione del pulpito. In particolare si può dire che Andrea Fantoni, che aveva fatto il suo debutto come scultore ad Alzano a 21 anni, nel 1679, con la statua di Sant’Ambrogio nella Prima Sagrestia e aveva poi continuato la sua preziosa opera per la Basilica con vari lavori per la Cappella del Rosario e le Sacrestia stesse, raggiunge qui l’apice della sua notevole carriera di artista.

Cappella del Rosario modifica

La Cappella del Rosario, la cui ideazione progettuale va sempre ricondotta all’attività del Quadrio, si presenta come una vera e propria chiesa nella chiesa. La richiesta di autorizzazione inoltrata alla Curia di Bergamo relativa alla completa ristrutturazione e all’ingrandimento degli spazi adibiti in precedenza a sacrestia risale al 1676 ed è congiunta a quella riguardante l’edificazione delle tre nuove sagrestie e a quella inerente l’ampliamento del coro della chiesa. La Cappella, terminata nella parte muraria già l’anno successivo, si presenta con una forma ottagonale (numero che richiama simbolicamente il tema della Resurrezione). Già nell’arco di accesso si evidenzia la tematica Mariana che contraddistingue tutto il complesso apparato decorativo. Racchiusi in eleganti cornici dorate, opera stucco del luganesi Vincenzo Camuzio, stanno i 15 medaglioni dipinti a fresco da parte del milanese Federico Ferrario. In queste immagini rappresentanti i “Misteri del Rosario“ e caratterizzate dalla scioltezza e sicurezza della pennellata, il pittore milanese, aggiornatosi proprio Bergamo sull’opera di grandi maestri veneti come Piazzetta e Tiepolo, ha lasciato un’opera di altissimo livello. Otto grandi finestre scandiscono la parte superiore, mentre la parte inferiore è coperta da una, più tarda, ricca decorazione in stucco, datata al 1764 e opere dell’artista Vincenzo Camuzio di Lugano. Addossati alle pareti stanno gli stalli lignei disegnati nel 1791 da Giacomo Caniana e da lui eseguiti in collaborazione col fratello Francesco. Le tarsie che li coronano, raffiguranti i Sette dolori della Madonna, sono però opera di Giulio Masnaga, detto Fra Topolino, e datano alla fine del XIX secolo. La volta, anche essa scandita da complessi stucchi del Camuzio, è dipinta a fresco nella parte centrale, baroccamente mistilinea, con la raffigurazione dell’Incoronazione della Vergine, che nello studio prospettico e coloristico accentua illusionisticamente lo sfondamento verso l’alto dello spazio reale. L’affresco, già attribuito a Giuseppe Antonio Orelli, recentemente è stato spostato nel catalogo delle opere del di lui figlio Vincenzo Angelo Orelli che fu lungamente attivo nella Basilica alzanese. Sempre ad affresco Giuseppe Antonio Orelli dipinse all’intorno, sopra gli stucchi della volta, le figure dei profeti Daniele, Ezechiele, Geremia, Isaia, Salomone, Davide, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, cioè di coloro che secondo la tradizione predissero in varie modalità l’avvenuta di Maria. Al centro della cappella è situato un altare di forme monumentali, la cui prima esecuzione venne affidata, nel 1698, ad Andrea Fantoni, che si avvalse della collaborazione del ticinese Pietro Mazzetti. L’altare venne poi ridisegnato da Giuseppe Caniana, nel 1754, e l’esecuzione delle nuove figurazioni affidate a varie scultori di provenienza milanesi e bresciana. Dell’iniziale opera dei frontoni restano il bellissimo paliotto con raffigurata la nascita della Vergine e uno degli angeli in marmo di Carrara ai suoi lati; dei Mazzetti l’altro angelo laterale e quelli del tabernacolo. Sempre alla bottega di Andrea Fantoni va attribuita poi anche la Madonna in legno posta sopra la mensa dell’altare. Si ricorda che qui sono conservati veri e propri capolavori di artisti famosi che vanno dalle opere seicentesche del Cavagna e settecentesche del Capella, ad opere dei maggiori artisti del Neoclassicismo, dai lombardi Diotti, Appiani, al romano Camuccini, fino ad uno degli artisti che segnano in modo più definitivo il passaggio alle nuove formule del Romanticismo, Giovanni Carnovali, detto “Il Piccio”, con la bellissima tela con Agar e Ismaele, che il critico d’arte Giulio Carlo Argan ebbe definire il suo capolavoro.

Museo d'arte sacra San Martino modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Museo d'arte sacra San Martino.

Attiguo alla Basilica si trova il Museo d'arte sacra San Martino. Questo è collocato nella struttura denominata il Palazzo, edificata nel XVI secolo come residenza della famiglia Tasso, poi passata alla famiglia Pelliccioli e quindi ai conti Gritti-Morlacchi. La struttura esternamente si presenta come un palazzo nobiliare tipico del XVII secolo, e si sviluppa su tre piani che si distribuiscono attorno ad una piazzetta interna (Piazza Partigiani).

Nel 1866 venne adibita a palazzo comunale, mentre nel 1953 venne acquistata dalla parrocchia, con l'intenzione di costruirvi un museo che comprendesse le grandi ricchezze artistiche e storiche possedute dalla basilica stessa.

 
Il Palazzo, sede del Museo d'arte sacra

Dopo un lungo restauro, nel 1994 venne inaugurato il museo, basato su un percorso di quattordici sale che ripercorre i periodi storici nei quali la Basilica ha visto la nascita ed il proprio sviluppo.

Sagrestie modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sagrestie di Alzano Lombardo.

Le Sagrestie sono una sezione del Museo d'arte sacra. Inserite nel corpo strutturale della basilica, vennero edificate nel 1676 al fine adibire i nuovi locali ad ambienti volti ad ospitare riunioni clericali, ma anche atti alla preparazione della preghiera, sia per il clero locale che per il popolo, nelle processioni. La progettazione, affidata all'architetto Gerolamo Quadrio, stabilì la costruzione di tre sale in una planimetria ad "elle rovesciata". All'interno si trovano una serie di sculture, intarsi, stucchi ed affreschi risalenti al XVII secolo dei migliori esponenti del barocco lombardo, tra cui Andrea Fantoni, Giovan Battista Caniana, Antonio Cifrondi, Giulio Quaglio il Giovane, Giovanni Angelo Sala e del figlio Gerolamo.

Note modifica

  1. ^ (EN) Catholic.org Basilicas in Italy
  2. ^ a b c Basilica di San Martino <Alzano Lombardo>, su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana.
  3. ^ Alzano bellissima città.Complesso della basilica di San Martino Vescovo, su comune.alzano.bg.it, Comune di Alzano. URL consultato il 20 agosto 2023.
  4. ^ La Basilica, su museosanmartino.org, Museo di San Martino. URL consultato il 20 agosto 2023.
  5. ^ Quadrio Gerolamo, su treccani.it, Treccani. URL consultato il 20 agosto 2023.
  6. ^ Andrea Fantoni La nascita della Vergine, su museosanmartino.org, Museo Ssan Martino. URL consultato il 20 agosto 2023.
  7. ^ Mauro Zanchi, Palma il Vecchio, in Inserto redazionale allegato a Art e dossier, n. 319 (mar. 2015), Firenze, Giunti, 2015, ISBN 978-88-09-99360-0.

Bibliografia modifica

  • Luigi Pagnoni, Chiese parrocchiali bergamasche: appunti di storia e arte, Bergamo 1992, 324.
  • A. Mandelli, Alzano nei secoli, Bergamo, 1988
  • Riccardo Panigada, La Basilica di San Martino e le sue Sagrestie, Normaeditrice, 2009.

Altri progetti modifica