Bona di Savoia

duchessa consorte di Milano
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Bona di Savoia (Avigliana, 10 agosto 1449Fossano, 17 novembre 1503) fu duchessa consorte di Milano, reggente per pochi anni dopo la morte del marito. "Femme de petit sens", la definì lo storico Filippo di Comines, ossia donnicciola di poco intelletto.[1] In linguaggio cifrato fu anche soprannominata Malhora.[2]

Bona di Savoia
Bona di Savoia ritratta nel 1471, Pinacoteca del Castello Sforzesco, Milano
Duchessa consorte di Milano
Stemma
Stemma
In carica7 luglio 1468 –
26 dicembre 1476
PredecessoreBianca Maria Visconti
SuccessoreIsabella d'Aragona
Altri titoliPrincipessa di Savoia
NascitaAvigliana, 10 agosto 1449
MorteFossano, 17 novembre 1503
DinastiaSavoia per nascita
Sforza per matrimonio
PadreLudovico di Savoia
MadreAnna di Lusignano
Consorte diGaleazzo Maria Sforza
FigliGian Galeazzo Maria
Ermes Maria
Bianca Maria
Anna Maria
ReligioneCattolicesimo

Biografia modifica

Origini modifica

Principessa savoiarda alla corte di Francia modifica

Bona nacque nel castello di Avigliana, undicesima figlia di Ludovico di Savoia e Anna di Lusignano, il giorno 10 agosto del 1449[3]. Rimasta nel 1462 orfana della madre, crebbe alla corte di Luigi XI di Francia[3]. In quel periodo il Ducato di Savoia stava cadendo nell'area d'influenza francese[4]: la posizione del ducato era un ottimo avamposto per future mire militari in Italia. Infatti Luigi, quando era ancora delfino, sposò nel 1451[5] la sorella di Bona, Carlotta di Savoia, con l'intento di rafforzare tale stato di dipendenza.

Le lunghe trattative matrimoniali modifica

 
Ludovico di Savoia, incisione di P. Giffart da disegno di F.I.D. Lange

Negli anni '60 del Quattrocento il duca di Milano Francesco Sforza aveva stabilito dei buoni rapporti diplomatici con la corte francese[6], in quanto conscio della pericolosità dello stato transalpino per l'equilibrio politico italiano. Pertanto, seguendo una sensata politica di real politik (facilitata anche dall'accondiscendenza del primogenito Galeazzo Maria, riluttante a sposare Dorotea Gonzaga[7]), lo Sforza propose a re Luigi il matrimonio del primogenito con Bona[3][8]. Tali trattative si rivelarono molto lunghe e le motivazioni si possono riscontrare in una serie di impedimenti:

  1. Negli impegni militari di Galeazzo Maria, posto al comando di una spedizione militare volta a sostenere re Luigi contro Carlo di Borgogna[7].
  2. La morte del duca Francesco Sforza nel 1466[6], evento che rallentò le trattative matrimoniali.
  3. L'ostilità dei Savoia verso gli Sforza. I Savoia, infatti, ritenevano gli Sforza dei parvenus e degli usurpatori del trono meneghino[9], un tempo occupato, nel ruolo di duchessa consorte di Filippo Maria, da Maria di Savoia. Entrato in conflitto con Francesco Sforza, Ludovico non riuscì però a prendere il trono di Milano. Da quel momento i Savoia si sentirono soffocati tra la Francia e gli Sforza.

Dal punto terzo si può comprendere il fallito tentativo di rapire, da parte di Amedeo IX, Galeazzo Maria mentre cercava di ritornare in patria per prendere possesso del suo trono[7]. In seguito però alle pressioni di Luigi di Francia sul piccolo Stato, Amedeo acconsentì al matrimonio della nipote: il matrimonio per procura fu celebrato ad Amboise il 12 maggio 1468[3], mentre quello religioso a Milano il 7 luglio[3].

La bellezza di Bona modifica

 
Bona di Savoia, Museo d'arte antica, Castello Sforzesco, Milano

Ovviamente, Galeazzo Maria si informò bene sulle fattezze della futura sposa. All'inizio del 1468 inviò il suo pittore Zanetto Bugatti in Francia[10] per ritrarre la futura consorte e vedere se fosse di suo gradimento. Quando il pittore ritornò a marzo[10], Galeazzo poté mostrare la sua soddisfazione. Quando poi i due consorti si conobbero per la prima volta, Galeazzo poté confermare ciò che vide nel dipinto:

«I rapporti inviati a Galeazzo su di lei in questo periodo la descrivono alta, ben proporzionata, di bella carnagione, con vita sottile, bei lineamenti e un carattere gentile. Lo stesso Galeazzo, che la incontrò a Novi e l'accompagnò a Vigevano per gli sponsali, dichiarò di essere "tanto contenti et consolati, che non lo posiamo ad sufficientiam dire né scrivere"»

Duchessa consorte di Milano modifica

Una vita appartata modifica

Negli otto anni in cui rivestì il ruolo di duchessa consorte, Bona di Savoia non si intromise mai negli affari politici del marito[11]. Al contrario della precedente duchessa consorte, la suocera Bianca Maria Visconti, Bona si dedicò quasi esclusivamente alla crescita dei figli e ad essere nei loro confronti una madre premurosa e dolce. Mentre era in vita il marito, Bona si sforzò di mantenere buoni i rapporti tra Savoia e Sforza e compì due visite di stato: l'una insieme alla famiglia ducale a Firenze nel 1471, l'altra a Mantova.

Infedeltà (forse) reciproca modifica

Bona era tradita continuamente dal marito, il quale possedeva numerosissime amanti; ma, stando all'opinione dello storico Antonio Perria, sulla base di una serie di studi condotti, l'infedeltà coniugale sarebbe stata reciproca. Bona, infatti, avrebbe scelto "la strada più tranquilla e più sordida della ripicca, tradendo cioè il duca". Galeazzo aveva regalato alla moglie un chitarrista spagnolo, tale Mattia, di bell'aspetto. Nel giro di un anno questi finì in carcere sotto accusa imprecisata, ma che riguardava comunque i suoi rapporti con la duchessa e le signore di corte. Che fosse scoppiato uno scandalo sarebbe provato dal fatto che, quando Galeazzo decise di recarsi in pompa magna a Firenze, pregò il marchese di Mantova di prestargli alcuni musici, poiché i suoi erano finiti in galera "per qualche mal fatto".[12] Bona "non rivolse la sua attenzione a un gentiluomo di nobili natali o a un soldato valoroso [...] scelse i suoi amanti molto in basso". La sua nota relazione col cameriere Antonio Tassino, che fu la chiacchiera preferita di tutte le corti italiane, a parere del Perria sarebbe iniziata ben prima della morte del duca. Per questo motivo Galeazzo per ben tre anni, dal 1472 al 1475, avrebbe evitato di frequentare la moglie, dicendo che gli era venuta a noia. "Il fatto che lei se la spassasse non lo turbò. In fondo questo gli permetteva di scaricarsi la coscienza e di non provare rimorso per ciò che egli andava facendo".[13]

Duchessa vedova modifica

La tormentata reggenza (1476-1479) modifica
  Lo stesso argomento in dettaglio: Gian Galeazzo Maria Sforza.

Rimasta prematuramente vedova dopo l'assassinio di Galeazzo Maria il 26 dicembre 1476[7], Bona si affidò alla competenza illuminata del segretario ducale Cicco Simonetta e fu proclamata reggente il 9 gennaio del 1477[3][14] in nome del figlio novenne. La sua posizione, la quale fu rinsaldata dall'abile Simonetta, fu però contestata dai cognati, desiderosi di poter controllare la volontà del giovane duca.[15]

Questi (tra i quali spiccava l'ambizioso Sforza Maria) cercarono nel maggio del 1477 di estromettere Bona e Simonetta dalla tutela di Gian Galeazzo Maria, ma il Simonetta riuscì a precederli e ad esiliarli (25 maggio[3][14]). La rivalsa dei cognati non tardò però a farsi aspettare: aiutati dal condottiero Roberto Sanseverino, i giovani Sforza allestirono un esercito che invase il Ducato, conquistando tra il 1478 e il 1479 Genova e Tortona[3]. A facilitare le loro imprese fu anche la progressiva caduta in disgrazia del Simonetta davanti agli occhi di Bona. Quest'ultima, nel frattempo, aveva intrapreso una relazione sentimentale con un suo cameriere ferrarese, Antonio Tassino. Sebbene non sia chiaro quando l'uomo divenne suo amante, dopo la morte del duca acquistò in breve tempo un enorme potere e influenza su Bona, divenendo perciò nemico personale di Cicco.[3][16]

«Antonio Tassino ferrarese, il quale, nato di vile condizione, venuto a Milano, pervenne alle mani del duca Galeazzo, e alla duchessa sua donna per cameriere lo concesse. Questi, o per essere bello di corpo, o per altra sua segreta virtù, dopo la morte del Duca salì in tanta reputazione apresso alla Duchessa, che quasi lo stato governava»

Dopo la morte di Sforza Maria, forse avvelenato dalla stessa Bona e dal Simonetta, Antonio Tassino persuase l'amante a concedere all'altro cognato, Ludovico, il rientro a Milano, nella speranza che ciò bastasse a liberarlo dalla scomoda presenza di Cicco. Bona accettò la sua richiesta e l'8 settembre si riconciliò con il cognato, condannando di fatto il fedele Cicco Simonetta alla pena capitale.[3][16]

 
Cicco Simonetta

«Eccellenza illustrissima a me sarà tagliato il capo e voi in processo di tempo perderete lo stato»

La caduta (1480) modifica

La frase pronunciata dal Simonetta non poté essere che veritiera: benché rimanesse ufficialmente ancora la reggente, coadiuvata dal nuovo cancelliere ducale Bartolomeo Calco[3], Ludovico il Moro aveva in mano la situazione politica dello Stato. Il 7 ottobre del 1480[3], infatti, Ludovico, col pretesto di proteggere la vita del nipote dalle mire di Antonio Tassino[17], lo fece trasportare nella "Rocchetta", l'area più imprendibile del Castello Sforzesco, quindi costrinse la cognata a firmare la condanna all'esilio per Antonio Tassino e i suoi familiari, che dovettero tornare in patria a Ferrara.[18]

A causa della separazione forzata dall'amante, Bona cominciò a dare segni di isteria. Pretese di abbandonare il ducato e di tornare in Piemonte o in Francia, dov'era cresciuta, e minacciò il suicidio quando Ludovico e Roberto Sanseverino tentarono di impedirglielo, cosicché i due si videro costretti a cedere.[19][20]

«La Bona per la partita di costui entrò in tanta furia, che dimenticato ogni suo honore, et dignità, ancor lei deliberò partirsi, et passare oltra i monti, et da questo pessimo proposito mai non si poté rivocare; ma, scordandosi ogni filiale amore, in mano di Lodovico Sforza rinonciò la tutela dei figliuoli et dello stato.»

Dunque Bona firmò la rinuncia formale alla reggenza del figlio e partì alla volta della Francia, ma per le insistenze del piccolo figlio si accontentò poi di fermarsi ad abitare nel castello di Abbiategrasso, con un seguito costituito principalmente da spie del Moro.[3][18]

Il piccolo Gian Galeazzo firmò un documento[21] con cui proclamava suo tutore lo zio in luogo della madre assente, così com'era disposto nel testamento del defunto Galeazzo Maria nel caso in cui Bona non avesse voluto o potuto assumersi la responsabilità della reggenza. Ludovico concentrò in tal modo quasi tutto il potere politico nelle proprie mani.[18]

L'esilio modifica

I dissapori con il Moro e la morte del figlio modifica

Nonostante fosse stata esiliata ad Abbiategrasso, il trattamento riservato alla duchessa madre indignò profondamente sia i suoi parenti savoiardi, sia Luigi XI di Francia[3]. Se da un lato questi fecero pressione sul nuovo reggente perché le fosse concessa più libertà, dall'altro essa patrocinò, senza però pur prendervi parte direttamente, a dei complotti contro il Moro nel 1481 e nel 1483[3]. Quest'ultimo attentato, però, relegò Bona in una prigionia ancor più dura, dalla quale riuscì a liberarsi soltanto verso la fine degli anni '80, quando assistette al matrimonio del figlio duca e della figlia Bianca Maria. Fu al fianco di Gian Galeazzo[3] nel castello di Pavia, quando morì il 21 settembre del 1494[14].

 
Lastra tombale raffigurante una suora, forse usata come lapide per Bona di Savoia, XIV secolo, Museo d'arte antica nel Castello Sforzesco, Milano

La fuga in Francia e la morte modifica

Con l'arrivo di Carlo VIII in Italia, successore di Luigi sul trono francese, Bona fuggì in Francia alla corte di Amboise[22]: non si sentiva più al sicuro a Milano, con l'odiato cognato diventato finalmente duca. L'antico amante Antonio Tassino, che per anni si era dato alla macchia, costretto a fuggire dalle spie che lo inseguivano per ordine del Moro, si era nel mentre sposato e trasferito nella natia Ferrara, dove viveva felicemente. Nel 1495, sospettando che Bona volesse ricongiungersi ad Antonio, tanta era la sua insistenza di partire, Ludovico scrisse al suocero Ercole d'Este per indagare sugli spostamenti dell'uomo. Il duca, nella sua risposta del 30 novembre, lo rassicurò che Antonio non aveva alcuna intenzione d'immischiarsi negli affari della vecchia amante e che anzi desiderava vivere tranquillo nella sua natia Ferrara.[23][24]

Non trovandosi però a suo agio alla corte francese, Bona chiese ed ottenne dal nipote Filiberto II di Savoia asilo nella patria d'origine[3]. Le fu concesso un feudo a Fossano, ove Bona spirò il 17 novembre 1503[3][22], dimenticata anche dal mondo. Fu sepolta nella chiesa di San Giuliano a Savigliano[3].

Discendenza modifica

Gelosa del marito, che aveva un gran numero di amanti, accettò soltanto i figli illegittimi che lui ebbe prima del loro matrimonio.

Diede al marito quattro figli:

Ascendenza modifica

Contea e Ducato di Savoia
Branca Ducale

Casa Savoia
 
Amedeo V il Conte Grande
Edoardo il Liberale
Figli
Aimone il Pacifico
Amedeo VI il Conte Verde
Amedeo VII il Conte Rosso
Amedeo VIII il Pacifico (antipapa Felice V)
Figli
Ludovico il Generoso
Figli
Amedeo IX il Beato
Carlo I il Guerriero
Figli
Carlo II
Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Amedeo VII di Savoia Amedeo VI di Savoia  
 
Bona di Borbone  
Amedeo VIII di Savoia  
Bona di Berry Giovanni I di Berry  
 
Giovanna d'Armagnac  
Ludovico di Savoia  
Filippo II di Borgogna Giovanni II di Francia  
 
Bona di Lussemburgo  
Maria di Borgogna  
Margherita III delle Fiandre Luigi II di Fiandra  
 
Margherita di Fiandra  
Bona di Savoia  
Giacomo I di Cipro Ugo IV di Cipro  
 
Alice d'Ibelin  
Giano di Lusignano  
Helvis di Brunswick-Grubenhagen Filippo di Brunswick-Grubenhagen  
 
Helvis de Dampierre  
Anna di Lusignano  
Giovanni I di Borbone-La Marche Giacomo I di Borbone-La Marche  
 
Giovanna di Châtillon-Saint Paul  
Carlotta di Borbone  
Caterina di Vendôme Giovanni VI di Vendôme  
 
Giovanna di Ponthieu  
 

Note modifica

  1. ^ La destruction des mythes dans les mémoires de Ph. de Commynes, Jean Dufournet. Librairie Droz, 1966, p. 388.
  2. ^ Da un documento adespoto e senza data rinvenuto nell'archivio di stato di Napoli, ma datato tra il 1482 e il 1483. (Rivista delle biblioteche e degli archivi, periodico di biblioteconomia e di bibliografia, d. paleografia e di archivistica, Volumi 14-16, 1903, pp. 178-180; Malaguzzi Valeri, p. 462; Archivio storico lombardo, Volume 3;Volume 32, Società storica lombarda, 1905, p. 432).
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s Daniel M. Bueno De Mesquita, Bona di Savoia in Dizionario Biografico degli Italiani, su treccani.it, vol. 1969, Treccani, 1969. URL consultato il 27 dicembre 2014.
  4. ^ Il 27 ottobre 1452 Luigi, ancora delfino, impose al duca Ludovico il trattato di Cleppié, con il quale il Ducato di Savoia veniva legato da un vincolo di alleanza alla Francia. Cfr. Francesco Cognasso, Ludovico di Savoia, in Enciclopedia Italiana online, Treccani, 1934
  5. ^ Angela Dillon Bussi, Carlotta di Savoia in Dizionario Biografico degli Italiani, su treccani.it, vol. 20, Treccani, 1977. URL consultato il 27 dicembre 2014.
  6. ^ a b Cfr. Francesco Sforza
  7. ^ a b c d Cfr. Galeazzo Maria Sforza
  8. ^ G. Lopez, I Signori di Milano - dai Visconti agli Sforza, Milano, Newton&Compton Editore, 2013, p. 86.
  9. ^ "Nel 1447 alla morte di Filippo Maria Visconti, seguendo le direttive paterne, (Ludovico, N.d.A) agì con le armi e la diplomazia per essere riconosciuto signore dai Milanesi." in Francesco Cognasso, Ludovico di Savoia, cit.
  10. ^ a b Caterina Santoro, Gli Sforza: La casata nobiliare che resse il Ducato di Milano dal 1450 al 1535, su books.google.it, Lampi di stampa, 1999, p. 118. URL consultato il 27 dicembre 2014.
  11. ^ Caterina Santoro, Gli Sforza: La casata nobiliare che resse il Ducato di Milano dal 1450 al 1535, Milano, Lampi di Stampa, 1999, p. 174.
  12. ^ Antonio Perria, I terribili Sforza, Longanesi & C., 1973, p. 155.
  13. ^ Antonio Perria, I terribili Sforza, Longanesi & C., 1973, pp. 116-117 e 168.
  14. ^ a b c Cfr. Gian Galeazzo Maria Sforza
  15. ^ Santoro, pp. 179-190.
  16. ^ a b Santoro, pp. 208-219.
  17. ^ C. Santoro, Gli Sforza, pp. 217-219.
  18. ^ a b c Santoro, pp. 220-228.
  19. ^ Santoro, pp. 224-225.
  20. ^ Corio, pp. 998-999.
  21. ^ C. Santoro, Gli Sforza, p. 218.
  22. ^ a b C.Santoro, Gli Sforza, p. 307.
  23. ^ Dell'istoria di Milano del cavaliere Carlo de' Rosmini roveretano. Tomo 1, p. 94
  24. ^ Notizie intorno alla vita di Bona di Savoia moglie di Galeazzo Maria Sforza duca di Milano confermate con documenti autentici dal marchese Felice di San Tommaso, p. 84.

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