Chiesa di San Salvador

edificio religioso italiano in Venezia

La chiesa del Santissimo Salvatore, vulgo San Salvador, è un luogo di culto cattolico di Venezia, situato in campo San Salvador, nel sestiere di San Marco, non lontano dal ponte di Rialto.

Chiesa del Santissimo Salvatore
Chiesa di San Salvador
La facciata
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneVeneto
LocalitàVenezia
Coordinate45°26′11.76″N 12°20′11.4″E / 45.4366°N 12.3365°E45.4366; 12.3365
Religionecattolica di rito romano
TitolareGesù Salvatore
Patriarcato Venezia
ArchitettoTullio Lombardo, Giorgio Spavento e Giuseppe Sardi
Stile architettonicoRinascimentale
Inizio costruzione1507
Completamento1534
Sito webwww.chiesasansalvador.it
Interno

Storia modifica

Come tutte le chiese veneziane più antiche, anche le origini di San Salvador sono intrise di leggenda. La tradizione la vorrebbe fondata nel 638 da san Magno, nativo di Altino e vescovo di Oderzo, con l'appoggio delle famiglie Carosio e Gattaloso. Poco dopo avrebbe assunto le prerogative di pieve.

Stando ai documenti, invece, la prima attestazione di San Salvador è del 1141. In quell'anno, grazie all'iniziativa del pievano Bonfilio Zusto, la chiesa veniva trasformata da parrocchiale a collegiata riformata, pervenendo a un gruppo di canonici votati alla regola di Sant'Agostino. Sin dall'inizio incorse in una serie di dispute con il vescovo di Castello e le parrocchie vicine, ma vennero presto superate grazie al riconoscimento di papa Innocenzo II che nello stesso 1141 concedeva alla comunità la protezione apostolica, il diritto all'elezione del proprio priore e le decime che già spettavano alla vecchia parrocchia.

Forte di queste prerogative, negli anni successivi San Salvador tentò a sua volta di espandere i propri confini a discapito delle pievi contermini, in particolare San Bartolomeo. Solo nel 1299 le liti tra le due parti furono risolte grazie a un accordo che ridefiniva i limiti dei rispettivi territori e la partizione delle decime (raccolte dai Procuratori di San Marco e da questi suddivisi alle due parrocchie).

Tra il Trecento e il Quattrocento la spinta riformistica che aveva animato i secoli precedenti venne meno e la comunità attraversò un periodo di decadenza spirituale e materiale. Nel 1441, tuttavia, grazie all'interessamento di papa Eugenio IV (il veneziano Gabriele Condulmer) la comunità venne rinnovata con l'insediamento dei canonici regolari della Congregazione del Santissimo Salvatore lateranense.

Con l'avvento di Napoleone, nel 1807, anche la canonica di San Salvador fu soppressa. I suoi beni passarono al demanio e il monastero fu convertito in caserma, mentre la chiesa divenne parrocchiale sotto la giurisdizione del patriarcato di Venezia. Nel 1810 estese la giurisdizione sul territorio che era stato di San Bartolomeo[1].

 
Il proietto inserito nel lato sinistro della facciata

Descrizione modifica

L'edificio cinquecentesco fu progettato da Giorgio Spavento e completato da Tullio Lombardo per quanto riguarda gli interni, la facciata fu invece realizzata nel Seicento da Giuseppe Sardi.

Esterno

La facciata della chiesa presenta la suddivisione verticale in due ordini e una tripartizione orizzontale con la parte centrale più ampia delle altre.

L'ordine inferiore imposta le quattro possenti colonne di ordine composito su alti plinti. Contribuiscono a sottolineare la monumentalità delle semicolonne le coppie di lesene che le affiancano che, in minor rilievo, le affiancano. Dei festoni e delle protomi leonine ornano la cornice all'altezza dei capitelli sotto una trabeazione conclusa da una dentellatura che sostiene l'ultima modanatura fortemente aggettante.

Il portale segue la monumentalità della facciata, con un timpano triangolare che si imposta sulla trabeazione sostenuta da due semicolonne affiancate, questa volta solo verso l'esterno, da lesene leggermente accennate. Le ali laterali sono aperte da finestre rettangolari timpanate sopra cui sono collocate delle lapidi commemorative.

L'ordine superiore riprende con meno rilievo l'armonia dell'inferiore. In corrispondenza delle quattro semicolonne sottostanti sono collocate quattro statue allegoriche delle virtù; sopra ciascuna è inserita nel semipilastro la testa di putto che sostiene un inconsueto modiglione raccordato alla dentellatura soprastante. Al centro troviamo una finestra definita da due archi concentrici impostati su quattro pilastri.

Il timpano sommitale interessa solo la parte centrale, mentre cinque statue, santi ai lati e il Salvatore all'apice del timpano, sono distribuite su tutta la larghezza. Sia le statue sommitali che quelle sopra le semicolonne sono attribuibili a Bernardo Falconi[2].

All'origine la facciata era ancora più carica di statue con figure giacenti su tutti i timpani delle aperture oltre a due putti eretti sopra le semicolonne del portale. Ce lo documentano le incisioni del Carlevarijs e del Visentini,

Sul lato sinistro della facciata, alla base della prima colonna, si può notare incastrata nel muro una palla di cannone. La chiesa infatti fu colpita nell'assedio del 1849 durante uno dei tanti bombardamenti che le truppe austriache inflissero dal forte Marghera alla città, autoproclamatasi repubblica indipendente sotto la guida di Daniele Manin. Il proiettile si conficcò nel punto dove ancora oggi è visibile, senza arrecare ulteriori danni alla struttura. Un'incisione sopra la palla di cannone rievoca l'episodio.

Un'ulteriore entrata della chiesa si trova sul fianco sinistro, presso Marzaria San Salvador.

Interno modifica

L'interno segue la tripartizione orizzontale della facciata, con tre cupole dello stesso diametro impostate lungo l'asse longitudinale della chiesa. Le cupole seguono uno schema a quinconce, detto anche a quincunx. Ogni cupola prevede quattro cupole minori poste ai vertici del quadrato sul quale poggia il perimetro di imposta delle cupole principali. Queste ultime hanno in comune le cupole interne della pianta, raggiungendo così il numero di otto cupole minori poste nelle navate laterali della chiesa. Lo schema a quincunx è legato all'architettura bizantina e conseguentemente alle origini dell'architettura veneziana: altri esempi veneziani di questa disposizione sono la Chiesa di San Giovanni Grisostomo e la Chiesa di San Nicolò di Castello (distrutta con le soppressioni napoleoniche del 1810)[3].

Questo schema viene completato da un transetto e da tre absidi semicircolari, di cui una, la maggiore, completa la navata centrale.

Gli archi che sostengono le cupole sono impostati su un totale di sedici pilastri di ordine composito, otto per parte, che dividono la chiesa in tre navate.

Nella chiesa è sepolta Caterina Cornaro, regina di Cipro, all'interno del Monumento funebre a lei dedicato. Vi sono sepolti anche tre dogi del Cinquecento : il doge Francesco Venier, in un monumento di Jacopo Sansovino, e due dogi della famiglia Priuli, Lorenzo e Girolamo, riuniti nello stesso monumento. L'altare maggiore e l'altare di San Girolamo sono opera del tagliapietra Guglielmo dei Grigi, detto Guglielmo Bergamasco, datati alla prima metà del XVI secolo. Nella chiesa si trovano due tele del Tiziano, l'Annunciazione (1559-1564) e la Trasfigurazione, sull'altare maggiore. Sul primo altare a sinistra si trova invece una pala di Giovanni Battista Piazzetta.

Note modifica

  1. ^ Parrocchia del Santissimo Salvatore, Venezia, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. URL consultato il 16 luglio 2014.
  2. ^ Lorenzetti, p. 388.
  3. ^ Tafuri 1985, p. 47.

Bibliografia modifica

  • Elena Bassi, Architettura del Sei e Settecento a Venezia, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1962.
  • Giulio Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1963.
  • Umberto Franzoi e Dina Di Stefano, Le chiese di Venezia, Venezia, Alfieri, 1976.
  • Manfredo Tafuri, Venezia e il Rinascimento - Religione, scienza, architettura, Torino, Einaudi, 1985.
  • Norbert Huse e Wolfgang Wolters, Venezia l'arte del Rinascimento : Architettura, scultura, pittura 1460-1590, Venezia, Arsenale, 1986.
  • Ennio Concina, Storia dell'architettura di Venezia dal 7º al 20º secolo, Milano, Electa, 1995.
  • Andrea Guerra, Manuela M. Morresi e Richard Schofield (a cura di), I Lombardo: architettura e scuItura a Venezia tra '400 e '500, Venezia, Marsilio, 2006.
  • Augusto Roca de Amicis (a cura di), Storia dell'architettura nel Veneto – Il Seicento, Venezia, Marsilio, 2008.
  • Andrea Savio e Gianmario Guidarelli, Venezia, in Donata Battilotti, Guido Beltramini, Edoardo Demo e Walter Panciera (a cura di), Storia dell'architettura nel Veneto - Il Cinquecento, Venezia, Marsilio, 2016.

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