Cirsium vulgare

specie di pianta della famiglia Asteraceae

Il cardo asinino (nome scientifico Cirsium vulgare (Savi) Tenore, 1835) è una pianta erbacea biennale angiosperma dicotiledone, abbastanza robusta e caratteristicamente spinosa, appartenente alla famiglia delle Asteraceae.[1][2]

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Cardo asinino
Stato di conservazione
Rischio minimo
Classificazione APG IV
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
(clade) Angiosperme
(clade) Mesangiosperme
(clade) Eudicotiledoni
(clade) Eudicotiledoni centrali
(clade) Superasteridi
(clade) Asteridi
(clade) Euasteridi
(clade) Campanulidi
Ordine Asterales
Famiglia Asteraceae
Sottofamiglia Carduoideae
Tribù Cardueae
Sottotribù Carduinae
Genere Cirsium
Specie C. vulgare
Classificazione Cronquist
Dominio Eukaryota
Regno Plantae
Sottoregno Tracheobionta
Superdivisione Spermatophyta
Divisione Magnoliophyta
Classe Magnoliopsida
Sottoclasse Asteridae
Ordine Asterales
Famiglia Asteraceae
Sottofamiglia Cichorioideae
Tribù Cardueae
Sottotribù Carduinae
Genere Cirsium
Specie C. vulgare
Nomenclatura binomiale
Cirsium vulgare
(Savi) Tenore, 1835
Nomi comuni

Stoppione maggiore
Spione maggiore
Cardoncello maggiore
Cirsio comune

Etimologia modifica

Il nome del genere (cirsium) deriva dalla parola greca kirsos = varice; da questa radice deriva poi la denominazione Kirsion, un vocabolo che sembra servisse a identificare una pianta usata per curare questo tipo di malattia. Da kirsion in tempi moderni il botanico francese Tournefort (1656 - 708) derivò il nome Cirsium dell'attuale genere.[3][4]
Il nome italiano “cardo” è abbastanza generico in quanto nel linguaggio comune si riferisce a diversi generi e specie di piante. Tra i generi che vengono chiamati direttamente “cardo”, oppure hanno una o più specie che comunemente si chiamano con questo nome citiamo: Carduus, Carduncellus, Carlina, Centaurea, Cnicus, Cynara, Echinops, Galactites, Jurinea, Onopordum, Scolymus, Silybum, Tyrimnus, tutti della famiglia delle Asteraceae. Ma anche in altre famiglie abbiamo dei generi con delle specie che volgarmente vengono chiamate “cardi” : il genere Eryngium della famiglia delle Apiaceae o il genere Dipsacus della famiglia delle Dipsacaceae.
Il binomio scientifico della pianta di questa voce è stato proposto in via definitiva dal botanico italiano Michele Tenore (Napoli, 5 maggio 1780 – Napoli, 19 luglio 1861) nella pubblicazione ” Flora Napolitana, Napoli, 1-5, Stamperia Reale; Napoli, Tipografia del Giornale Enciclopedico; Napoli, Stamperia Francese.”http://www.ortobotaniconapoli.it/paginadimenu.htm[collegamento interrotto] del 1835-1838.[5]
L'epiteto specifico (vulgare) significa “comune” e fa riferimento alla sua distribuzione.[6]

Descrizione modifica

 
Descrizione delle parti della pianta
 

La pianta può raggiungere l'altezza di 1,5 m (ma a volte può superare anche i 2 m fino a 3 m) normalmente è alta sui 50-70 cm. È pelosa (peli tipo tricomi), molto robusta e pungente. È considerata una pianta arbustiva. La forma biologica della specie è emicriptofita biennale ("H bienn"'); sono piante a ciclo riproduttivo biennale per mezzo di gemme poste al suolo. Nel corso del primo anno presentano solamente una rosetta fogliare mentre nel secondo anno fioriscono completamente. Per questa pianta è possibile anche la forma biologica terofita scaposa (T scap), sono piante erbacee che differiscono dalle altre forme biologiche poiché, essendo annuali, superano la stagione avversa sotto forma di seme e sono munite di asse fiorale eretto e spesso privo di foglie.[7][8][9][10][11][12][13][14][15]

Fusto modifica

Il fusto si presenta con molti steli eretti a rami divaricati e alato a causa dei margini inferiori delle foglie che sono decorrenti (ossia che decorrono lungo il fusto) e dentato-pungenti. Il fusto, pubescente, è completamente ricoperto di aculei patenti e lunghi fino a 3 mm; la sua sezione è angolosa, mentre all'interno contiene del midollo.

Foglie modifica

Le foglie sono rade e rigide con forme da pennatosette a pennatopartite profondamente incise con segmenti triangolari-lanceolati e distanziati tra loro. Tali segmenti, ineguali, terminano in un aculeo robusto e giallastro. Le foglie basali sono picciolate (con picciolo alato). La disposizione delle foglie superiori lungo il fusto è alterna, sono inoltre sessili e decorrenti per tutto l'internodo. Quelle più distali sono progressivamente più piccole. Le foglie sulla pagina superiore sono verdi e glabrescenti con un fitto strato di fini aculei cornei; su quella inferiore sono fittamente bianco - ragnatelose (quasi tomentose). I peli lungo le venature sono del tipo a tricoma. Dimensione delle foglie: larghezza 7-10 cm (massimo 15 cm); lunghezza 20-30 cm (massimo 40 cm); lunghezza delle spine: 1-1,5 cm

Infiorescenza modifica

L'infiorescenza è composta da diversi grandi capolini sub - sessili, ovoidi, solitari posti all'apice di peduncoli in formazioni corimbose o panicolate (tipo pannocchia). Non sono presenti le brattee fogliacee. La struttura del capolino è composta da un involucro a forma globosa – piriforme (a forma di fiamma) formato (e circondato) da numerosissime brattee (10 – 12 ranghi di squame embricate) a forma lineare-lanceolata (quelle interne sono più lineari) e terminanti con una punta triangolare e spinosa (lunga da 2 a 5 mm), riflessa (ripiegata lievemente all'indietro man mano che si procede verso il basso). All'interno dell'involucro è presente il ricettacolo che fa da supporto ai fiori centrali: fiori del disco (quelli periferici, i fiori del raggio, in questo genere di piante è assente). Dimensione totale del capolino: 2-4 cm di diametro. Lunghezza dei peduncoli: 1-6 cm. Dimensione dell'involucro: larghezza 2,5 cm; lunghezza 3 cm.

Fiori modifica

 
Il fiore

I fiori sono ermafroditi (a volte quelli più periferici sono sterili) e tutti di forma tubulosa (il tipo ligulato, come nella maggioranza delle Asteraceae, è assente). Possono essere presenti fino a 200 fiori tubulosi per ogni capolino. Sono inoltre tetraciclici (calicecorollaandroceogineceo) e pentameri.

  • /x K  , [C (5), A (5)], G 2 (infero), achenio[16]

Frutti modifica

 
Il pappo

Il frutto è un achenio di 3,5-5 mm di colore marrone chiaro con striature più scure e un collare apicale, con un pappo bianco piumoso-setoloso di circa 2-3 cm. Il pappo ha la funzione di aiutare la dispersione del seme portato quindi dal vento. Un individuo adulto ha la capacità di produrre decine di migliaia di semi. Studi fatti indicano che la maggior parte delle sementi ricadono entro un metro dalla pianta madre, ma almeno il 10% possono arrivare anche a 300 metri distanti anche con vento debole.

Biologia modifica

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama) o eventualmente ad opera del vento (impollinazione anemogama). Tra gli insetti si possono citare le farfalle e soprattutto le api: queste piante sono delle buone mellifere.
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi cadendo a terra (dopo essere stati trasportati per alcuni metri dal vento per merito del pappo – disseminazione anemocora) sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).

Distribuzione e habitat modifica

 
Distribuzione della pianta (Distribuzione regionale[17] – Distribuzione alpina[18])
  • Geoelemento: il tipo corologico è “Paleotemperato”; e “Euroasiatico” in senso lato in quanto è una specie che è ricomparsa anche nel Nord dell'Africa. Può ormai considerarsi “Subcosmopolita”.
  • Distribuzione: questa specie è diffusa in Europa, in Asia occidentale e nell'America. In Italia è comune sia in pianura che nelle Alpi e negli Appennini. Sugli altri rilievi europei si trova ovunque a parte nelle Alpi Dinariche.
  • Habitat: questa pianta si può trovare tra le macerie (ambienti ruderali) e luoghi incolti, ai margini dei sentieri e fossati o nei terreni disboscati e nelle praterie. Il substrato preferito è calcareo ma anche siliceo con pH neutro, alti valori nutrizionali del terreno che deve essere mediamente umido.[18]
  • Distribuzione altitudinale: dal piano fino a 1.700 m s.l.m.; frequenta quindi i piani vegetazionali montano e collinare oltre a quello planiziale (a livello del mare).

Fitosociologia modifica

Dal punto di vista fitosociologico alpino Cirsium vulgare appartiene alla seguente comunità vegetale:[18]

Formazione: delle comunità perenni nitrofile
Classe: Artemisietea vulgaris

In generale il C. vulgare è una specie euriecia (specie con un ampio grado di adattabilità) frequente su suoli alluvionali umidi. Le seguenti comunità vegetali rappresentano gli habitat più naturali per questa specie:[15]

  • POPULETALIA ALBAE Br.-Bl. ex Tchou, 1948[19] (nei margini della vegetazione).
  • NERIO-TAMARICETEA Br.-Bl. & O. Bolòs, 1958[20] (in ambienti e areali mediterranei).
  • ARTEMISIETEA Lohmeyer, Preising & Tüxen ex Von Rochow, 1951[21] (in aree sinantropiche, ai margini di colture irrigue, cunette stradali e altro).
  • GALLIO-URTICETEA Passage ex Kopecky, 1969[22] (in aree sinantropiche, ai margini di colture irrigue, cunette stradali e altro).

Tassonomia modifica

La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sud America, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23.000 specie distribuite su 1.535 generi[23], oppure 22.750 specie e 1.530 generi secondo altre fonti[24] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1.679 generi)[25]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie.[1][10][26]

Cardueae è una delle 4 tribù della sottofamiglia Carduoideae. La tribù Cardueae a sua volta è suddivisa in 12 sottotribù (la sottotribù Carduinae è una di queste). Il genere Cirsium elenca 435 specie con una distribuzione cosmopolita, 35 delle quali sono presenti spontaneamente sul territorio italiano.[2][10][11][12][27][28]

Filogenesi modifica

Il genere di questa voce è inserito nel gruppo tassonomico della sottotribù Carduinae.[12] In precedenza provvisoriamente era inserito nel gruppo tassonomico informale "Carduus-Cirsium Group".[10] La posizione filogenetica di questo gruppo nell'ambito della sottotribù è abbastanza vicina al "core" della sottotribù (con il genere Carduus forma un "gruppo fratello") e dalle analisi molecolari è stato calcolato in 7,2 milioni di anni fa la separazione di questo genere dal resto del gruppo (è stato l'ultimo a separarsi).[27][28]
Il genere Cirsium spesso viene botanicamente “confuso” con altri generi come quello del Carduus o Cnicus (e di altri ancora). Le specie del primo genere ad esempio sono molto simili a quelle del Cirsium, anche se una certa distinzione è possibile servendosi dell'aspetto del pappo (in Cirsium è formato da setole piumose; mentre in Carduus è composto da pagliette denticolate scabre).
Il problema della classificazione di queste piante è appesantito inoltre dell'alto grado di fecondazione intraspecifica della specie (basta vedere l'elenco degli ibridi di questo paragrafo). Anche se in alcuni ibridi la fertilità è ridotta, in altri è notevolmente sviluppata indicando la mancanza delle normali barriere intraspecifiche; si crea così un buon potenziale per l'emergere di nuove combinazioni di caratteri. In effetti più di qualche ibrido può non essere riconosciuto come tale e trattato come variante o addirittura come taxa autonomo.
Il numero cromosomico di C. vulgare è: 2n = 68 e 102.[15][29][30]
Il basionimo per questa specie è: Carduus vulgaris Savi, 1798.[18]

I caratteri distintivi di questa specie nell'ambito del genere sono:[31][32]

  • la corolla è colorata di rosso-purpureo;
  • la faccia superiore delle foglie è ricoperta da spinule cornee lunghe 1 - 1,5 mm;
  • i fusti sono alati.

Questi caratteri sono condivisi con la seguente specie (sono indicati alcuni caratteri distintivi della specie):[32]

  • Cirsium italicum (Savi) DC. - Cardo italico: ha i capolini più piccoli ed inoltre ha delle foglie bratteali molto lunghe, mentre le squame sono carenate con un callo dorsale di colore brunastro. Si trova al centro e al sud dell'Italia (al nord è raro).

Variabilità modifica

Nell'elenco seguente sono indicate le sottospecie riconosciute valide per il C. vulgare:[33]

  • Cirsium vulgare subsp. crinitum (Boiss) Arènes, 1948: ha i capolini più grossi; le brattee inferiori dell'involucro sono vistosamente patenti. Distribuzione: Penisola Iberica e Francia (per alcune checklist è presente anche in Italia[34])
  • Cirsium vulgare subsp. sylvaticum (Tausch) Arènes & Dostal, 1948: la pagina inferiore delle foglie è molto tomentosa; l'involucro è subsferico. Questa sottospecie è indicata da Sandro Pignatti molto rara e misconosciuta; attualmente le checklist della flora spontanea italiana non la indicano più presente in Italia (oppure viene indicata come sinonimo della specie principale). Distribuzione: Francia, parte centro-nord della Penisola Balcanica, Algeria (per alcune checklis è presente anche in Italia[35])
  • Cirsium vulgare subsp. vulgare : (è la varietà presente in Italia) ha le foglie con la pagina inferiore più o meno pelosa, ma di colore verde; il frutto è lievemente più grande e l'involucro è di forma ovoide.
  • Cirsium vulgare var. litorale P.D.Sell, 2006 - Distribuzione: Gran Bretagna.[2]


In altre parti dell'Italia (specialmente meridionale) sono state segnalate diverse varietà o specie[13]; taxon che attualmente sono tutti considerati sinonimi di C. vulgare:

Ibridi modifica

Nell'elenco seguente sono indicati alcuni ibridi intraspecifici:

Sinonimi modifica

Le difficoltà di classificazione del “Cardo asinino” nel tempo ha generato un considerevole numero di sinonimi. Nel box di approfondimento sono elencati alcuni.[33]

Usi modifica

  Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Farmacia modifica

Per la medicina popolare questa pianta ha le seguenti proprietà medicamentose:[36]

  • antiemorroidale (attenua i dolori dovuti al prolasso della mucosa del retto);
  • antireumatica (attenua i dolori dovuti all'infiammazione delle articolazioni);
  • cataplasmatica (medicamento pastoso per usi esterni con capacità emolliente).

Le parti usate sono soprattutto le foglie sotto forma di un impiastro.

Cucina modifica

In alcune zone vengono usate per scopi alimentari i fiori, le foglie e le radici. Il capolino cotto ha un gusto che ricorda un po' il carciofo. Le radici in genere sono utilizzate insieme ad altre verdure, oppure essiccate per la conservazione. Le radici sono ricche di amido inulina per cui l'utilizzo è in parte sconsigliato. I giovani steli possono essere mangiati cotti dopo un bagno di 24 ore nell'acqua salata, ma vanno privati dalle spine.[36]

Industria modifica

Dalla pianta si può ricavare della carta (ottenuta da una fibra interna del fusto) e dell'olio (ottenuto dai semi).[36]

Altre notizie modifica

  • Il Cardo vulgare in altre lingue viene chiamata nei seguenti modi:
  • (DE) Gewöhnliche Kratzdistel
  • (FR) Cirse vulgaire
  • (EN) Spear Thistle
  • Negli Stati Uniti in più di qualche pubblicazione, questa pianta, viene considerata “erbaccia invasiva” che facilmente forma densi boschetti soppiantando altri tipi di vegetazione più utili come il foraggio dei pascoli; inoltre non è gradita al bestiame e risulta sgradevole anche alla fauna selvatica come cervi e alci (questo a causa della spinosità della pianta). Inoltre la presenza di queste specie nel fieno diminuisce il suo valore di alimentazione e riduce il prezzo di mercato. La pianta non è nativa dell'America e si pensa sia stata introdotta durante il periodo coloniale negli Stati Uniti verso la fine del 1800 come contaminante di sementi varie.
  • Il cardo è il simbolo della Scozia.

Galleria d'immagini modifica

Note modifica

  1. ^ a b (EN) The Angiosperm Phylogeny Group, An update of the Angiosperm Phylogeny Group classification for the ordines and families of flowering plants: APG IV, in Botanical Journal of the Linnean Society, vol. 181, n. 1, 2016, pp. 1–20.
  2. ^ a b c World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 6 febbraio 2021.
  3. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 26 febbraio 2012.
  4. ^ Motta 1960, Vol. 1 - pag. 617.
  5. ^ Tropicos Database, su tropicos.org. URL consultato il 29 gennaio 2012.
  6. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 29 gennaio 2012.
  7. ^ Pignatti 1982, vol.3 pag.1.
  8. ^ Strasburger 2007, pag. 860.
  9. ^ Judd 2007, pag.517.
  10. ^ a b c d Kadereit & Jeffrey 2007, pag. 132.
  11. ^ a b Funk & Susanna 2009, pag. 300.
  12. ^ a b c Herrando et al. 2019.
  13. ^ a b Pignatti 1982, Vol. 3 - pag. 155.
  14. ^ eFloras - Flora of North America, su efloras.org. URL consultato il 30 gennaio 2012.
  15. ^ a b c Pignatti 2018, vol.3 pag.948.
  16. ^ Judd-Campbell-Kellogg-Stevens-Donoghue, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 520, ISBN 978-88-299-1824-9.
  17. ^ Checklist of the Italian Vascular Flora, p. 78.
  18. ^ a b c d Flora Alpina, Vol. 2 - p. 582.
  19. ^ Prodromo della vegetazione italiana, su prodromo-vegetazione-italia.org. URL consultato il 7 luglio 2021.
  20. ^ Prodromo della vegetazione italiana, su prodromo-vegetazione-italia.org. URL consultato il 7 luglio 2021.
  21. ^ Prodromo della vegetazione italiana, su prodromo-vegetazione-italia.org. URL consultato il 7 luglio 2021.
  22. ^ Prodromo della vegetazione italiana, su prodromo-vegetazione-italia.org. URL consultato il 7 luglio 2021.
  23. ^ Judd 2007, pag. 520.
  24. ^ Strasburger 2007, pag. 858.
  25. ^ World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 18 marzo 2021.
  26. ^ Funk & Susanna 2009, pag. 293.
  27. ^ a b Barres et al. 2013.
  28. ^ a b Ackerfield et al. 2020.
  29. ^ Bureš P. et al, Pollen viability and natural hybridization of Central European species of Cirsium (PDF), in Preslia 2010; 82: 391–422.
  30. ^ Tropicos Database, su tropicos.org. URL consultato il 30 gennaio 2012.
  31. ^ Pignatti 2018, Vol. 3 pag. 930.
  32. ^ a b Pignatti 2018, Vol. 4 pag. 883.
  33. ^ a b Global Compositae Checklist [collegamento interrotto], su compositae.landcareresearch.co.nz. URL consultato il 30 gennaio 2012.
  34. ^ EURO MED - PlantBase, su ww2.bgbm.org. URL consultato il 30 gennaio 2012.
  35. ^ EURO MED - PlantBase, su ww2.bgbm.org. URL consultato il 30 gennaio 2012.
  36. ^ a b c Plants For A Future, su pfaf.org. URL consultato il 30 gennaio 2012.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Collegamenti esterni modifica

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