Ha iniziato la sua carriera in campionati di rilievo nel 1983, quando ha preso parte all'Europeo Velocità nella classe 250, che ha chiuso al quattordicesimo posto guidando una Yamaha.[1]
Dopo una breve carriera senza successi nelle gare di velocità del motomondiale, nelle edizioni 1984 e 1985 della quarto di litro,[2] ha poi partecipato al campionato Italiano e al campionato mondiale Superbike, nel periodo di transizione e sperimentazione della categoria delle moto di serie a quattro tempi da 750 cm³, inizialmente chiamata TT1, poi F1 e infine Superbike: ha vinto il titolo italiano F1 nel 1987 e, nella stagione 1988, anno in cui la categoria è diventata definitivamente Superbike, 5 gare con la Bimota YB4.
In particolare, Tardozzi è il vincitore della prima gara della storia del mondiale Superbike a Donington Park nel 1988, curiosamente però questa vittoria non gli ha fruttato alcun punto nella classifica generale del campionato, in quanto gli organizzatori dell'evento avevano deciso di assegnare i punti basandosi sulla sommatoria dei tempi delle due gare: il ravennate, vincitore in gara 1 ma caduto a poche curve dal termine quando stava per andare a trionfare anche in gara 2, non si è visto assegnare alcun punto proprio perché non è riuscito a tagliare il traguardo di quest'ultima manche. Numerose sono state le polemiche nel dopogara, anche perché il regolamento della Federazione Internazionale prevedeva di assegnare i punti alle singole manche e non di sommare i tempi (infatti questa modalità di assegnazione non è mai più stata utilizzata in seguito), ma tutti i ricorsi presentati dalla Bimota sono stati respinti. A ulteriore beffa, a fine campionato Tardozzi ha perso il titolo per sole 7,5 lunghezze da Fred Merkel, quando i dieci punti della gara di Donington Park gli avrebbero consentito di laurearsi campione del mondo.[3][4]
Sul finire del 1989 è passato in Ducati, iniziando un lungo sodalizio che si protrarrà prima in sella e poi ai box.[5] Con la casa di Borgo Panigale ha vinto il Campionato Europeo Velocità 1991,[6] prima di essere costretto ad abbandonare l'attività agonistica per i postumi di un incidente al Mugello, che gli ha lasciato una menomazione al braccio sinistro.[7]
Dopo il ritiro dalle corse è rimasto in Ducati, inizialmente come collaudatore, occupandosi in particolare dello sviluppo dei modelli Supermono e 916 – «Non tutti lo sanno, ma l'impronta delle ginocchia sul serbatoio della 916 è mia».[5] Quindi i fratelli Castiglioni, all'epoca proprietari dell'azienda bolognese, gli hanno proposto il ruolo di team manager in seno a squadre Ducati private nel mondiale Superbike.
Nel 1996, con il team austriaco Promotor, ha portato Troy Corser alla vittoria del titolo avendo la meglio, tra gli altri, di John Kocinski della squadra ufficiale Ducati.[8] Quindi nel decennio a seguire, stavolta con il factory team di Borgo Panigale, si è ripetuto con piloti quali Carl Fogarty, Troy Bayliss, Neil Hodgson e James Toseland[7] per un totale di otto mondiali tra le derivate di serie.
Al termine del campionato 2009, dopo un ventennio in Ducati e causa mancanza di ulteriori stimoli, ha lasciato il marchio bolognese[9] per accasarsi al team BMW Motorrad,[10] dove tuttavia è rimasto per la sola stagione 2010, a fronte di sopraggiunte divergenze con la casa madre.[11]
Dopo un quadriennio sabbatico, dal 2014 è tornato in Ducati, stavolta in qualità di team manager della squadra ufficiale in MotoGP.[12] Nel campionato 2022 ha festeggiato la vittoria del mondiale con Francesco Bagnaia, il primo titolo piloti per Tardozzi tra i prototipi;[13] successo bissato nella stagione 2023.[14]