Emilio Lussu

scrittore, militare e politico italiano (1890-1975)

Emilio Lussu (Armungia, 4 dicembre 1890Roma, 5 marzo 1975) è stato uno scrittore, militare e politico italiano, eletto più volte al Parlamento e due volte ministro. Fondatore del Partito Sardo d'Azione e del movimento Giustizia e Libertà. Antifascista, fu aggredito, ferito e poi confinato a Lipari; infine, una volta evaso, fu profugo all'estero per circa quattordici anni. Prese parte come ufficiale alla prima guerra mondiale, dove fu più volte decorato, alla Guerra civile spagnola come dirigente politico e alla Resistenza italiana.

Emilio Lussu

Ministro dell'assistenza postbellica
Durata mandato21 giugno 1945 –
10 dicembre 1945
Capo del governoFerruccio Parri
PredecessoreCarica di nuova istituzione
SuccessoreLuigi Gasparotto

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato11 giugno 1921 –
9 novembre 1926
LegislaturaXXVI, XXVII
CircoscrizioneSardegna
CollegioCagliari
Sito istituzionale

Deputato dell'Assemblea Costituente
Gruppo
parlamentare
Autonomista
CollegioCagliari
Incarichi parlamentari
  • Componente della Commissione per la Costituzione
  • Componente della Seconda Sottocommissione
  • Componente della Commissione speciale per l'esame dei bozzetti per l'emblema della Repubblica
Sito istituzionale

Senatore della Repubblica Italiana
Durata mandato8 maggio 1948 –
4 giugno 1968
LegislaturaI, II, III, IV
Gruppo
parlamentare
Gruppo Democratico di Sinistra (I legislatura, sino al 31/12/1948);
Socialista (I legislatura, dall'1/1/1949; II-III-IV, sino all'11/3/1964);
Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (IV, dall'11/3/1964)
CircoscrizioneCagliari (I-IV); Iglesias (II-III)
Sito istituzionale

Ministro per la Consulta Nazionale
Durata mandato10 dicembre 1945 –
20 febbraio 1946 (dal 22 dicembre 1945 come Ministro senza portafoglio)
Capo del governoAlcide De Gasperi
PredecessoreManlio Brosio
SuccessoreAlberto Cianca

Dati generali
Partito politicoPartito Sardo d'Azione (1921-1929)
Giustizia e Libertà (1929-1942)
Partito d'Azione (1942-1947)
Partito Sardo d'Azione (1943-1948)
Partito Sardo d'Azione Socialista (1948-1949)
Partito Socialista Italiano (1949-1964)
Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1964-1968)
Titolo di studiolaurea in giurisprudenza
Professioneavvocato e giornalista
Emilio Lussu
Emilio Lussu tenente nella prima guerra mondiale
NascitaArmungia, 4 dicembre 1890
MorteRoma, 5 marzo 1975
Luogo di sepolturaCimitero acattolico di Roma
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Spagna
Comitato di Liberazione Nazionale
Forza armata Regio Esercito
Colonna Italiana
ArmaFanteria
Unità151º Reggimento fanteria "Sassari"
152º Reggimento fanteria "Sassari"
Anni di servizio1915 - 1918
1936 - 1939
1943 - 1945
GradoCapitano
FeriteNumerose ferite riportate nei combattimenti
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra civile spagnola
Seconda guerra mondiale
CampagneFronte italiano (1915-1918)
Guerra di liberazione italiana
BattaglieBattaglia degli Altipiani
Battaglie delle Melette
Mancata difesa di Roma
AzioniScontri sul Monte Zebio
DecorazioniMedaglia d'argento al valor militare (2)
Medaglia di bronzo al valor militare (2)
vedi sotto
PubblicazioniUn anno sull'Altipiano
Marcia su Roma e dintorni
vedi sotto
Altre caricheMinistro dell'assistenza postbellica
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Biografia modifica

Ambiente familiare e formazione democratica modifica

La famiglia di Emilio Lussu apparteneva al ceto contadino benestante di Armungia (piccolo centro situato nel territorio detto il Gerrei, nel sud-est della Sardegna). Il paese di Armungia è stato spesso presentato da Lussu sotto un'aura mitologica, come luogo di formazione dei suoi valori più profondi (rispetto dell'uomo e del lavoro, partecipazione democratica) e, in definitiva, della sua identità sarda (la lingua natale, le tradizioni, l'orgoglio delle radici e la loro difesa). Questo patrimonio iniziale si rafforzò in una prospettiva più consapevolmente politica nel rapporto con le correnti repubblicane e socialiste del Novecento, a Cagliari, Roma e Parigi ma mai in senso indipendentista[1][2].

Dopo aver compiuto gli studi superiori presso il collegio salesiano di Lanusei e il liceo Terenzio Mamiani di Roma, nel 1915 Lussu si laureò in giurisprudenza a Cagliari[3]. Nel periodo universitario assolse il servizio militare come ufficiale di fanteria, prima a Torino e poi a Cagliari[3].

Lussu e la Grande Guerra modifica

Allo scoppio della prima guerra mondiale, Lussu si schierò con gli interventisti democratici (repubblicani e salveminiani), perché l'Italia entrasse nel conflitto contro gli imperi tedesco e austroungarico. Prese parte direttamente alla Grande Guerra come ufficiale di complemento: valoroso combattente, venne decorato quattro volte al valor militare e fu promosso fino al grado di capitano nel 151º fanteria della Brigata Sassari, composta per la maggior parte da contadini e pastori sardi. I due reggimenti 151° e 152° che formavano la brigata, durante il conflitto, furono decorati entrambi per due volte con la medaglia d'oro al valor militare.

Nel 1916 la brigata fu inviata sulle montagne intorno ad Asiago per creare un fronte che resistesse a qualunque costo alla discesa degli austriaci verso Vicenza e Verona. Le vittorie della brigata nei primi scontri furono seguite da un potente contrattacco che la impegnò sino al luglio dell'anno successivo sul Monte Zebio e sulle Melette, in una sfiancante e sanguinosa lotta che, più che per avanzare, si conduceva per la tenuta delle posizioni.

Un anno sull'Altipiano modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Un anno sull'Altipiano.

Questa esperienza ispirò a Lussu il capolavoro per il quale è principalmente noto, Un anno sull'Altipiano, scritto nel 1937 (di quest'opera è stata fatta una libera riduzione cinematografica ad opera di Francesco Rosi dal titolo Uomini contro del 1970); si tratta di un'importantissima testimonianza, di un prezioso documento sulla vita dei soldati italiani in trincea che, per la prima volta nella letteratura italiana, descrive l'irrazionalità della guerra, della gerarchia e l'esasperata disciplina militare in uso al tempo. La vicenda bellica lo portò ad avvicinarsi alle tesi del capo socialista Filippo Turati, che condannava la guerra come strumento per raggiungere la pace. Come scrisse nel suo libro: «è da oltre un anno che io faccio la guerra, un po' su tutti i fronti, e finora non ho visto in faccia un solo austriaco. Eppure ci uccidiamo a vicenda, tutti i giorni. Uccidersi senza conoscersi, senza neppure vedersi! È orribile!» Condannò poi i giornalisti per essere «come Ariosto: descrissero cento battaglie senza vederne una sola».

Dotato di un algido razionalismo, l'autore poté lucidamente dimostrare nel suo scritto la profonda differenza fra ciò che davvero accadeva ai soldati e quanto invece ne conosceva l'opinione pubblica; dipinse in tutti i suoi drammatici aspetti quanto fosse inutilmente crudele la disciplina militare applicata a poveri contadini analfabeti e quanto spesso fosse infondato il rispetto dovuto ai generali e agli ufficiali superiori, i quali avevano e a volte usavano un eccessivo arbitrio. In un brano di notevole efficacia, descrisse il silenzioso terrore dei momenti che precedevano l'attacco, il drammatico abbandono della "sicura" trincea per proiettarsi verso un ignoto, rischioso, indefinito mondo esterno: «[...] tutte le mitragliatrici ci stanno aspettando».

Si è detto che l'opera stia costantemente guadagnando in modernità, se non proprio attualità, e che il suo contenuto stia con pari costanza guadagnando comprensibilità e condivisibilità man mano che la comune considerazione della guerra evolve nel senso di generale riprovazione. Effettivamente, molti dei concetti espressi nel libro hanno trovato postumo suffragio in movimenti culturali, ideologie politiche e sentimenti popolari di epoche successive, specialmente dopo la seconda guerra mondiale e altri conflitti minori. Al libro sono stati attribuiti diversi significati politici, talora per meri fini strumentali, ma essenzialmente è scritto in forma di memoriale, a mezza via fra il resoconto giornalistico e un diario; le riflessioni contenute o suggerite sono piuttosto ad un livello morale o filosofico. Essendo stato, prima della stesura dell'opera, un interventista e un rivoluzionario, Lussu sembrò in qualche modo compiere un'inversione di marcia rispetto ai convincimenti precedenti, descrivendo con sobrietà che cosa davvero sia, nei suoi momenti più crudeli, la guerra. Al libro si riconosce la capacità, anche estetica, di tenere insieme la ripulsa della guerra e l'etica del combattente coraggioso.

Non rimase fuori dalla narrazione il tema sociale riguardante il modo in cui le classi inferiori venivano "usate" a fini bellici. La partecipazione delle masse contadine sarde alla Grande Guerra fu in effetti un momento di passaggio fondamentale che pose in termini completamente nuovi la "questione sarda". Alla luce delle lotte condotte dal movimento socialista dell'epoca (la rivoluzione russa fu essenzialmente una rivoluzione contadina) essa divenne infatti il leitmotiv di un imponente moto di popolo che, nell'immediato dopoguerra, coinvolse ampi strati delle classi lavoratrici sarde. Fra i suoi organizzatori, Lussu fu uno dei più attivi e amati[4].

L'antifascista e il politico modifica

Il primo dopoguerra modifica

l 17 luglio 1921, Emilio Lussu, insieme a Camillo Bellieni e altri reduci, fondò il Partito Sardo d'Azione, dopo averne posto le basi nel movimento dei combattenti e, in particolare, nella Federazione sarda dell'Associazione nazionale combattenti e reduci, il cui statuto, redatto da Lussu, era stato approvato a Macomer il 9 agosto 1920[5]. Era un movimento di massa che coinvolgeva i contadini e i pastori sardi in nome della distribuzione delle terre e dei pascoli, contro i ricchi possidenti agrari e i partiti politici da loro sostenuti; si caratterizzò fin dall'inizio come autonomista e federalista in ambito repubblicano[5], ponendo al centro della sua azione politica la "questione sarda".

Alle elezioni politiche del maggio del 1921 il movimento dei combattenti si rivelò come il primo partito sardo, con circa 1/3 dei consensi elettorali dell'isola, corrispondenti a più del doppio dei voti socialisti (12,4%) e quasi tre volte quelli del PPI (11,3%). Anche Emilio Lussu fece il suo ingresso alla Camera dei deputati[6].

Dopo la Marcia su Roma (1922), si ebbero incidenti e tafferugli tra sardisti e fascisti; lo stesso Lussu fu aggredito e ferito[7] e il combattente sardo Efisio Melis ucciso[8]. Benito Mussolini, già Capo del governo, inviò allora in Sardegna, in qualità di prefetto, il generale Asclepia Gandolfo, con l'incarico di trattare un'eventuale fusione tra il Partito Sardo d'Azione e il Partito Nazionale Fascista, in nome di una comune estrazione combattente. Il vertice del PSd'Az indicò Lussu quale negoziatore ma, nel corso delle trattative, questi si ritirò dall'incarico[6]. La trattativa, proseguita da esponenti come Paolo Pili, non ebbe l'appoggio di altri intellettuali e dirigenti del partito come Camillo Bellieni, Francesco Fancello e dello stesso Lussu, la cui contrarietà alla fusione fu tra le più radicali e nette.[9]

Nel 1923, la federazione sarda dell'ANC, controllata da Lussu, aderì in blocco all'associazione repubblicana di ex-combattenti antifascisti Italia libera. Alle elezioni politiche dell'anno dopo, Lussu fu rieletto alla Camera dei deputati e fu in seguito tra i deputati della "secessione dell'Aventino", nota forma di protesta messa in atto dall'opposizione parlamentare dopo il delitto Matteotti.

Le aggressioni fasciste, il confino, la guerra civile spagnola, la lotta partigiana modifica

Il 1º novembre 1926, giorno successivo al fallito attentato a Mussolini a Bologna[10][11], l'abitazione cagliaritana di Lussu fu assaltata dagli squadristi. Il diciannovenne Battista Porrà scalò una ringhiera. Lussu aprì il fuoco e lo colpì ripetutamente, uccidendolo: Lussu fu perciò arrestato e processato, ma anche il tribunale gli riconobbe la circostanza della legittima difesa[12]. In Marcia su Roma e dintorni, Lussu racconta la sua versione di questo episodio[7].

Contemporaneamente, il fascismo, con l'appoggio della monarchia, provvide alla soppressione in Italia di tutti i partiti di opposizione, compreso il Partito Sardo d'Azione (R.D. n. 1848/26). Il 9 novembre 1926 Lussu fu dichiarato decaduto da deputato insieme agli altri aventiniani,[13] e il 27 ottobre 1927 fu condannato a 5 anni di confino a Lipari dal Tribunale Speciale, dipendente direttamente dallo Stato fascista.[14]

Dal confino, nel 1929, Lussu evase insieme a Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti grazie all'aiuto di Gioacchino Dolci e del socialista Italo Oxilia che, con un motoscafo, li portò a Tunisi[15]. Da Tunisi, i fuggitivi raggiunsero Parigi, dove Lussu scrisse un libro sugli avvenimenti di quel decennio (La catena) e Nitti narrerà l'avventurosa evasione nel libro Le nostre prigioni e la nostra evasione pubblicato in edizione italiana solo nel 1946 (del 1929 è la prima edizione in inglese col titolo di Escape).

Nell'agosto 1929, per iniziativa di Carlo e Nello Rosselli, di Lussu, Francesco Fausto e Vincenzo Nitti, Gaetano Salvemini, Alberto Tarchiani, Alberto Cianca e altri fuorusciti, all'Hôtel du Nord de Champagne di Montmartre (Parigi), si formò il movimento antifascista "Giustizia e Libertà", ideologicamente orientato in senso liberal socialista ma, soprattutto, antifascista e di matrice repubblicana. GL proponeva metodi rivoluzionari per abbattere il regime fascista e sradicare dalla società italiana le sue cause (culturali, economiche, politiche). Lussu compì attività clandestine con il nome in codice di "Mister Mill".

Nel 1931 scrisse Marcia su Roma e dintorni riguardante gli avvenimenti che lo videro protagonista a partire dal dopoguerra fino all'evasione da Lipari.

«Il fascismo non veniva considerato un partito politico ma una forma di brigantaggio protetto dallo Stato. I grossi proprietari s'iscrivevano ai fasci, ma nel restante della popolazione aumentava ogni giorno il disprezzo. Una simile situazione non poteva riuscire gradita al governo. Occorrevano grandi consensi popolari, soprattutto l'adesione degli ex combattenti di cui Mussolini si proclamava rappresentante diretto. Perciò, improvvisamente, fu mutata politica. I prefetti furono sostituiti e in Sardegna fu mandato, in qualità di rappresentante del fascismo e del governo, il generale Gandolfo, prefetto munito di pieni poteri.»

  Lo stesso argomento in dettaglio: Marcia su Roma e dintorni.
 
Bandiera della Colonna Italiana, nota anche come Centuria Giustizia e Libertà, che sostenne i repubblicani nella guerra civile spagnola

Nel 1936 prese parte per breve tempo alla guerra civile spagnola nel fronte antifranchista, ma soltanto con funzioni di dirigente politico della Colonna Italiana Rosselli[16], a causa delle sue cattive condizioni di salute. Successivamente fu in Svizzera per curare la tubercolosi contratta in prigionia e qui scrisse un libro di stile manualistico sulla teoria dell'insurrezione e il libro Un anno sull'Altipiano.

Dopo l'omicidio dei fratelli Rosselli, Lussu assunse la guida del movimento Giustizia e Libertà, al quale impresse una forte impronta socialista. Ciò provocò il dissenso e il distacco di numerosi componenti, tra i quali Alberto Tarchiani. Nel 1938, durante l'esilio, incontrò Joyce Salvadori, che diverrà la sua seconda moglie.

Con l'ingresso delle truppe tedesche in Francia, anche Lussu, nel giugno del 1940, fu costretto a lasciare la Francia per il Portogallo e quindi per il Regno Unito. Rientrò clandestinamente in Francia nel luglio 1942 e si incontrò con esponenti socialisti e comunisti per un patto d'unità d'azione dei partiti italiani di sinistra. L'accordo fu firmato il 3 marzo 1943 a Lione e fissava il quadro di un impegno programmatico a costituire un Comitato d'azione per l'unione del popolo italiano, alle cui decisioni i militanti dei tre partiti dovevano essere vincolati[17].

 
Emilio Lussu nel 1944.

In Italia, nel frattempo, alcuni componenti di GL, il 4 giugno 1942, avevano fondato il Partito d'Azione (dal nome dell'omonimo partito mazziniano del 1853); al suo ritorno in Italia, Lussu fu subito inserito negli organismi di vertice del Partito d'Azione. Tale operazione fu una precisa scelta politica del gruppo dirigente azionista, in particolare di Ugo La Malfa[18].

Il 10 settembre Lussu partecipò alla Resistenza a Roma. La fusione di Giustizia e Libertà con il Partito d'Azione fu sancita da una sua nota del 29 ottobre 1943, nella quale l'uomo politico di Armungia scriveva al centro meridionale del Partito d'Azione che mai il partito avrebbe collaborato con Badoglio e con la monarchia e di non preoccuparsi che GL scompaia, perché GL e PdA sono la stessa cosa e sarebbe fuori luogo ora far questione di denominazione[19].

Dopo la liberazione della Capitale, Lussu realizzò l'affiliazione del ricostituito Partito Sardo d'Azione nel Pd'A[3].

Il secondo dopoguerra modifica

 
Riunione del primo governo De Gasperi con il Presidente Alcide De Gasperi (DC), Pietro Nenni (PSIUP), Palmiro Togliatti (PCI), Leone Cattani (PLI) ed Emilio Lussu (PdA).

Nel 1945, Lussu fu Ministro dell'assistenza postbellica nel primo governo di unità nazionale dell'Italia libera, quello presieduto per breve tempo dall'azionista Ferruccio Parri e nel successivo governo del democristiano Alcide De Gasperi, come ministro senza portafoglio per i rapporti con la Consulta. Come esponente di punta dell'ala filosocialista del Partito d'Azione, guidò lo scontro avverso la corrente liberaldemocratica di Ugo La Malfa, spingendola ad abbandonare il partito, nonostante la mediazione proposta da Riccardo Lombardi e Vittorio Foa. I fuoriusciti dettero vita alla Concentrazione Democratica Repubblicana, che successivamente confluirà nel Partito Repubblicano[20].

La scissione fu un duro colpo per il PdA, che iniziò a dissolversi. Alle elezioni del 2 giugno 1946 per la Costituente, Lussu si presentò a Cagliari, nella lista della componente sarda del partito ma, complessivamente, le due formazioni elessero soltanto nove deputati e riuscirono a formare un gruppo parlamentare Autonomista solo con l'apporto del valdostano Giulio Bordon[21]. Ciò non pose fine al conflitto interno che proseguì e fu la causa scatenante della scomparsa della formazione politica, con la confluenza dell'ala filosocialista maggioritaria nel PSI e di quella liberaldemocratica nel PRI. Rimasto in vita il Partito Sardo d'Azione, Lussu ebbe un tormentato rapporto anche con la sua dirigenza moderata e conservatrice e, dopo pochi mesi, la sua corrente fondò il Partito Sardo d'Azione Socialista, che confluì di lì a poco anch'esso nel PSI.

Si deve ad Emilio Lussu la proposta, accolta dall'assemblea, di sostituire nell'articolo 9 della Costituzione italiana alla parola Stato la parola Repubblica per lasciare “impregiudicata la questione dell’autonomia regionale” (Assemblea costituente 1951, 3423) .[1][22][2]

Nella seduta alla Camera del 13 dicembre 1947, i deputati Alberto Cianca e Lussu avevano mosso delle accuse nei confronti di Francesco Chieffi: il primo l'aveva nominato «collaboratore dei tedeschi», e il secondo aveva dichiarato che Chieffi era stato «fornitore di donne ai tedeschi». Il 22 dicembre, un'apposita Commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta da Luigi Gasparotto, concluse che le accuse erano senza fondamento sotto ogni profilo[23].

 
La tomba di Emilio Lussu e Joyce (Gioconda Beatrice) Salvadori Paleotti nel cimitero acattolico di Roma.

Emilio Lussu fu eletto altre quattro volte al Senato, tra il 1948 e il 1963, nelle liste del Partito Socialista Italiano, di cui entrò anche a far parte della direzione. Nel 1964 partecipò alla scissione da cui nacque il PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) contro la politica di intese con la Democrazia Cristiana avviata da Nenni. Man mano che il PSIUP entrò nell'orbita del PCI, tuttavia, guardò con crescente distacco anche a questa nuova esperienza.

Dopo il 1968, per motivi di salute, si ritirò dalla vita politica attiva. Nella vecchiaia operosa scrisse importanti pagine di storia, fra le quali quelle dedicate alla vicenda del Partito d'Azione, e mantenne sempre il contatto con l'isola natia, dei cui problemi discusse fino all'ultimo. Morì a Roma nel 1975. Riposa, insieme alla moglie Joyce Salvadori, al cimitero acattolico di Roma.

Vita privata modifica

Lussu sposò Joyce Salvadori, fiorentina di nascita, ma di origine marchigiana[24], poetessa, scrittrice, traduttrice, intellettuale, partigiana (capitano delle Brigate Giustizia e Libertà) e medaglia d'argento al valor militare. Le opere maggiori di Joyce sono i libri autobiografici L'olivastro e l'innesto e Fronti e frontiere, e le traduzioni del poeta turco Nazım Hikmet. Il loro figlio unico Giovanni Lussu oggi è un affermato grafico editoriale.

Ad Armungia, il 7 agosto 2009, è stato inaugurato il museo "Emilio e Joyce Lussu", dove sono molte immagini, scritti e video[25].

Tra gli amici di Emilio Lussu, si ricordano in special modo Silvio Mastio, Emilio Cuccu, Graziano Mastino, suo collega di università e sottotenente nella Grande Guerra, morto a 23 anni sull'Altopiano dei Sette Comuni, e l'eroe tempiese Alfredo Graziani, già "Tenente Grisoni" nel libro Un anno sull'altipiano[senza fonte].

La complessità dell'uomo modifica

Il cambiamento di posizione concettuale rispetto alla guerra fu oggetto di intensa discussione nel mondo politico, più che in quello letterario: prima giovanissimo interventista, poi svogliato negoziatore della ventilata fusione del Partito Sardo d'Azione con il Partito Fascista, poi ancora, nell'esilio imposto dai fascisti, autore di un manuale sull'insurrezione contro la tirannide (Teoria dell'insurrezione), e poco tempo dopo autore di un testo che sarebbe difficile non definire come pacifista; poi ancora volontario in Spagna, Lussu consegnava ai critici un'impostazione ideologica ed etica originale, anche se non priva di aspetti problematici. Su di essi gli avversari politici (dai fascisti agli indipendentisti sardi reazionari; dai clericali agli stalinisti) tentarono di speculare per mettere in ombra il suo percorso politico ed umano, improntato ad uno schietto ed intransigente socialismo liberale dalle forti tinte libertarie, federalista e sardista.

Fu interventista democratico (e non nazionalista, come molti di coloro che poi confluirono nel movimento fascista nel periodo interbellico) all'età di 23-24 anni: l'esperienza drammatica della guerra gli fece capire l'assurdità di quella grande carneficina e ne trasse una serie di insegnamenti che poi ispirarono molta parte delle sue successive scelte politiche. Lottò, infatti, al fianco dei contadini e pastori sardi per il loro riscatto e si oppose alle dittature fasciste e naziste in nome dei principi di giustizia sociale, libertà, autonomia. In quest'ultimo caso, fu consapevole che la vittoria sarebbe stata raggiunta (come in effetti fu) soltanto militarmente: da qui l'organizzazione armata delle "camicie grigie sardiste" contro gli squadristi fascisti; la progettazione di un'insurrezione antifascista e repubblicana in Sardegna; l'intervento nella guerra civile spagnola con le Brigate internazionali e la partecipazione alla lotta di liberazione nelle file del Partito d'Azione.

Non rinnegò mai le sue radici sarde e disprezzò sempre chi lo fece; Lussu tuttavia non fu un indipendentista e la sua azione politica non può essere confusa o assimilata a questa opzione netta[26]; restò in contatto sia personale sia epistolare con numerosi esponenti del mondo politico sardo (compresi quei sardisti dai quali si era allontanato al momento della scissione); visitò, anche in qualità di uomo politico, numerose volte l'isola e il paese natale di Armungia; in parlamento difese le pur deboli prerogative concesse dallo statuto autonomista sardo (consapevole che si trattava di ben poca cosa rispetto all'autogoverno derivante dalla trasformazione federalista dello Stato, obiettivo per cui lottò una vita) e richiamò l'attenzione del governo e delle altre forze politiche sulla necessità di migliorare le condizioni economiche e sociali delle classi lavoratrici e proletarie della sua isola (si vedano i due volumi dei suoi Discorsi parlamentari e la raccolta postuma di interventi Essere a sinistra).

Opere di Emilio Lussu modifica

Volumi modifica

  • 1930 La catena, Parigi.
  • 1932 Marcia su Roma e dintorni, Parigi.
  • 1936 Marcia su Roma e dintorni, Roma.
  • 1936 Teoria dell'insurrezione, Parigi.
  • 1936 Per l'Italia dall'esilio, Cagliari.
  • 1938 Un anno sull'Altipiano, Parigi.
  • 1950 Teoria dell'insurrezione: saggio critico, Roma.
  • 1956 "Diplomazia clandestina", Firenze.
  • 1958 La clericalizzazione dello Stato e l'arcivescovo di Cagliari, Roma.
  • 1968 Sul Partito d'azione e gli altri, Milano.
  • 1976 Il cinghiale del diavolo e altri scritti sulla Sardegna, Torino.
  • 1976 Essere a sinistra: democrazia, autonomia e socialismo in cinquant'anni di lotte, Milano.
  • 1979 Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti di Giustizia e libertà, Sassari.
  • 1986 Discorsi parlamentari, Roma.
  • 1987 La difesa di Roma, Cagliari.
  • 1991 Alba Rossa Un libro di Joyce ed Emilio Lussu, Ancona.
  • 2008 Teoria dell'insurrezione, Camerano.

Articoli pubblicati sulla rivista Il Ponte modifica

  • 1947 Perché i ministeri non funzionano?
  • 1949 Una Tortura
  • 1950 Chiarezza sul Federalismo
  • 1951 Inchiesta sul Partito d'Azione
  • 1951 L'avvenire della Sardegna di Emilio Lussu (da Il Ponte, 1951)
  • 1951 La Brigata Sassari e il Psd'Az di Emilio Lussu (da Il Ponte, 1951)
  • 1951 La Sardegna (da Il Ponte, 1951)
  • 1952 L'Antemarcia di Emilio Lussu (da Il Ponte, 1952)
  • 1954 Brigantaggio Sardo di Emilio Lussu (da Il Ponte, 1954)
  • 1955 25° della morte di Livio Bianco - di Emilio Lussu (da Il Ponte)

Opere di Emilio Lussu tradotte in altre lingue modifica

In inglese modifica

  • 1932 The March on Rome and Thereabouts (Marcia su Roma e dintorni)
  • 1936 Theory of Insurrection (Teoria dell'insurrezione)
  • 1938 Road to exile: the story of a Sardinian patriot (Review in Time Magazine) (Per l'Italia dall'esilio)
  • 1938 A Year on the High Plateau, Sardinian Brigade (Un anno sull'altipiano)
  • 2000 Sardinian Brigade 2015, A Soldier on the Southern Front (Un anno sull'altipiano)

In francese modifica

  • 1935 La Marche sur Rome et autres lieux (Marcia su Roma e dintorni)
  • 1971 Théorie de l'insurrection (Teoria dell'insurrezione), tradotto da Alice Théron
  • 1995 Les Hommes contre (Un anno sull'altipiano), tradotto da Emmanuelle Genevois e Josette Monfort
  • 2014 La chaîne - L'évasion de Lipari (La catena), tradotto da Francis Pascal
  • 2014 Le sanglier du diable (Il cinghiale del diavolo), tradotto da Francis Pascal

In tedesco modifica

  • 1968 Ein Jahr auf der Hochebene (Un anno sull'altipiano), tradotto da Claus Gatterer
  • 1971 Marsch auf Rom und Umgebung (Marcia su Roma e Dintorni), tradotto da Claus Gatterer
  • 1974 Theorie des Aufstands (Teoria dell'insurrezione), tradotto da Anton Zahorsky-Suchodolsky e Gertraud Kanda

In sardo modifica

  • 2003 Su sirboni de su dimoniu: unu contu de cassa e de magia (Il cinghiale del diavolo), Cagliari.
  • 2005 Sa Brigata Tatari. Un'annu in gherra (Un anno sull'altipiano)

Onorificenze modifica

«Comandante di una compagnia con suo mirabile esempio di sprezzo del pericolo, trascinava i suoi dipendenti oltrepassando le linee nemiche, spinto dalla sua audacia con pochi uomini impegnatasi con un gruppo nemico riuscendo a catturarlo. Rimasto ferito lasciava il suo reparto solo quando il dolore lo vinse, mirabile fulgido esempio delle più elevate virtù militari.»
— Col del Rosso, 28 gennaio 1918
«Ardito comandante di una compagnia, era sempre primo nel pericolo, dando esempio di slancio e di coraggio ai suoi dipendenti. In un critico momento circondato da soverchianti forze nemiche, disponeva il suo reparto in quadrato, resistendo per più di un'ora ai furibondi attacchi eseguiti dall'avversario con la baionetta e le bombe a mano. Esaurite le munizioni e ricevuto l'ordine di ripiegare, si svincolava dalla stretta con impetuosa lotta all'arma bianca, e raggiungeva gli altri reparti del reggimento. Mirabile esempio di coraggio e fermezza.»
— Campo d'argine (Piave),16 giugno 1918
«Fu costante e prezioso aiuto al proprio comandante di battaglione ed esempio ai dipendenti, sia conducendo gli arditi a far brillare i tubi esplosivi nei reticolati nemici, sia a portarsi con sprezzo del pericolo, nei punti più battuti dal fuoco avversario, per incoraggiare i combattenti e per recapitare ordini importanti.»
— Altipiano di Asiago, luglio 1916
«Coadiutore intelligente del comandante di battaglione,dimostrò,in varie circostanze,non comune ardimento nell'adempiere gli svariati compiti quale aiutante maggiore in 2° e nei momenti dell'azione,fu a tutti di esempio per la calma e coraggio.»
— Trincea della Frasche, 10-14 novembre 1915

Note modifica

  1. ^ Giuseppe Fiori, Il cavaliere dei rossomori, Einaudi
  2. ^ Emilio Lussu, Il cinghiale del diavolo (romanzo autobiografico).
  3. ^ a b c Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)
  4. ^ Emilio Lussu e la cultura popolare in Sardegna. Convegno di studio. Nuoro 25-27 aprile 1980, Nuoro, Istituto Superiore Regionale Etnografico, 1983. URL consultato il 31 maggio 2017.
  5. ^ a b Dal Movimento dei Combattenti alla fondazione del Partito Sardo d'Azione
  6. ^ a b Il Sardismo e l'avvento del Fascismo
  7. ^ a b Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, Mondadori, Milano, 1974, pp. 75-80
  8. ^ Emilio Lussu, cit., p. 97
  9. ^ «Emilio Lussu scriveva che gli ex combattenti erano tutti dei socialisti potenziali: avevano maturato una concezione internazionalista in trincea… Per capire la contraddittorietà, ma anche la sincerità di quelle tensioni ideali, pensa alle simpatie che la rivoluzione russa riscuote tra molti legionari Fiumani!… Si tratta di una pagina di storia che poi è stata “accomodata” e nascosta, ma fa pensare… Perché per il fascismo era importante appropriarsi anche dell'esperienza fiumana? È semplice: perché il fascismo non aveva la storia del partito socialista, non aveva dietro di sé la cultura cattolica del partito popolare, non aveva neppure le vecchie tradizioni risorgimentali dei liberali; si trattava di un movimento nuovo, che si muoveva solo nella logica della presa del potere, privo di solide radici ideologiche o simboliche, che cercava di “mettere il cappello” ad un'ampia fetta di popolazione in cui era percepibile un disagio istintivo… Il fascismo aveva, insomma, l'esigenza di appropriarsi di una “storia” altrui, non avendone una propria...». Ivano Tagliaferri, in Francesco Barilli, Le origini dell'antifascismo. Recensione di "Morte alla Morte – Arditi del Popolo a Piacenza 1921-1922" (Edizioni Vicolo del Pavone – euro 10,00) ed intervista con l’autore, Ivano Tagliaferri, su Ecomancina.com, 27 giugno 2004. URL consultato il 31 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  10. ^ Il 31 ottobre 1926, Anteo Zamboni sparò al duce fallendo il bersaglio. Il giovane quindicenne venne poi linciato dagli squadristi presenti.
  11. ^ Secondo Storia d'Italia. Cronologia 1815-1990, Novara, De Agostini, 1991, pp. 414-415, ISBN 88-402-9440-6.
  12. ^ "Nel 1927 – quando già erano state emanate le “leggi fascistissime”, sciolti i partiti, chiusi i giornali non allineati, istituito il Tribunale speciale, revocati tutti i passaporti − la sezione istruttoria della Corte di appello di Cagliari assolse per legittima difesa Emilio Lussu che undici mesi prima, con un colpo di fucile alla tempia, aveva fulminato uno dei fascisti che stavano dando l’assalto alla sua casa": Paolo Borgna, La magistratura resistente, Questione giustizia, 11 luglio 2019.
  13. ^ Tornata di martedì 9 novembre 1926 (PDF), su storia.camera.it, Camera dei deputati, p. 6389-6394. URL consultato il 23 marzo 2015.
  14. ^ Commissione di Cagliari, ordinanza del 27.10.1927 contro Emilio Lussu ("Massimo esponente del Partito Sardo d'Azione, deputato, dichiarato decaduto nel novembre 1926"). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. IV, p. 1727
  15. ^ Per la biografia di Italo Oxilia si rimandano alle seguenti opere di Antonio Martino: "Fuorusciti e confinati dopo l'espatrio clandestino di Filippo Turati nelle carte della R. Questura di Savona" in Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, n.s., vol. XLIII, Savona 2007, pp. 453-516. e Pertini e altri socialisti savonesi nelle carte della R.Questura, Gruppo editoriale L'espresso, Roma, 2009.
  16. ^ Le quattromila biografie dei combattenti italiani, AICVAS, p. 275
  17. ^ Giovanni De Luna, Storia del Partito d'Azione, UTET, Torino, 2006, p. 26-27
  18. ^ Giovanni De Luna, cit., p. 71-72
  19. ^ AA.VV, Le formazioni GL nella resistenza, Franco Angeli, Milano, 1985, pp. 46-48
  20. ^ Nel 1953, durante una tumultuosa seduta al Senato, Lussu schiaffeggiò La Malfa. Storia d'Italia. Cronologia 1815-1990, Novara, De Agostini, 1991, p. 559, ISBN 88-402-9440-6.
  21. ^ Legislature precedenti della Camera. Assemblea Costituente. Gruppo Autonomista, su La Camera dei Deputati. URL consultato il 31 maggio 2017.
  22. ^ Carlo Pavolini, Una riflessione sull’Articolo Nove della Costituzione, in Testo & Senso, n. 18, 2017, p. 8.
  23. ^ Relazione della Commissione d'indagine sulle accuse mosse al deputato Chieffi (PDF), su La Camera dei Deputati, 22 dicembre 1947. URL consultato il 31 maggio 2017.
  24. ^ Asmae Dachan, I conti Salvadori Paleotti, in MLmagazine. Le Marche da leggere, 5 luglio 2013. URL consultato il 31 maggio 2017 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2016).
  25. ^ Museo storico “Emilio e Joyce Lussu”, su Armungia musei. I musei di Armungia. URL consultato il 31 maggio 2017.
  26. ^ Giulio Angioni, Emilio Lussu e i sardi, in Il dito alzato, Palermo, Sellerio, 2012

Bibliografia modifica

  • Giuseppe Sircana, LUSSU, Emilio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 66, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2006.
  • Giuseppe Fiori, Il cavaliere dei Rossomori. Vita di Emilio Lussu, Giulio Einaudi Editore, 2010, ISBN 88-642-9024-9.
  • Giuseppe Dessì, Un'immagine-simbolo, in La scelta, Milano, Mondadori, 1978, pagg. 116-120.
  • Giulio Angioni, Emilio Lussu e i sardi, in Il dito alzato, Palermo, Sellerio, 2012, pagg. 100-126.
  • 2008 Emilio Lussu. Tutte le opere. Vol. 1: Da Armungia al Sardismo 1890-1926. A cura di G.G. Ortu. Aisara, Cagliari.
  • 2010 Emilio Lussu. Tutte le opere. Vol. 2: L'esilio antifascista 1927-1943. A cura di Manlio Brigaglia. Aisara, Cagliari.
  • Enzo Enriques Agnoletti, Giulio Angioni et al., Emilio Lussu e la cultura popolare della Sardegna, Nuoro, ISRE e RAS, 1983.
  • Francesco Casula, Emilio Lussu in Uomini e donne di Sardegna, Alfa Editrice, Quartu Sant'Elena, 2010, pagg. 282-330.
  • Francesco Casula, Letteratura e civiltà della Sardegna, vol.I, Grafica del Parteolla Editore, Dolianova, 2011, pagg. 146-164.
  • Adriano Bomboi, L'indipendentismo sardo. Le ragioni, la storia, i protagonisti, Condaghes, Cagliari 2014, pp. 100, 111, 117. 125, 189, 196, 231.

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