Erisittone (tessalo)

re di Tessaglia nella mitologia greca, figlio di Triopa

Erisittone (in greco antico: Ἐρυσίχθων?, Erysíchthōn) è un personaggio della mitologia greca, re di Tessaglia, figlio di Triopa.

Erisittone vende sua figlia Mestra. Incisione di Bauer

Viene citato da Dante nel canto XXIII del Purgatorio.

Mitologia modifica

Empio e violento, Erisittone non temeva la collera degli dei: arrivò persino ad abbattere deliberatamente un bosco sacro a Demetra, con l'intenzione di costruirsi una sala da pranzo. Per punire la sua empietà, la dea lo condannò ad una fame inesauribile. Per cibarsi, Erisittone dilapidò tutte le ricchezze della sua famiglia, e vendette persino sua figlia Mestra al mercato; lo fece più volte in quanto il suo amante Poseidone le aveva dato il dono di prendere qualsiasi forma, il che le consentiva di mutarsi in un animale diverso ogni giorno per essere venduta e sfuggire poi ai suoi padroni.

«La volpe multiforme e lasciva che, con il guadagno di tutti i giorni, provvedeva alla fame smisurata del padre.»

Alla fine, Erisittone, per placare la sua fame, finì per divorare se stesso.

Nel VI Inno di Callimaco è citato Erisittone, ma non la figlia. Callimaco racconta che Demetra, assunte le sembianze della sacerdotessa Nicippe, esortò Erisittone a non tagliare gli alberi che le erano sacri, ma quando questi la minacciò e continuò con la sua opera, Demetra ridivenne Dea e lo condannò alla fame perenne; e Erisittone, una volta dilapidato il suo patrimonio, fu costretto a divenire un mendicante.

«Nei crocicchi stette il figlio del re, seduto, a chiedere avanzi e rimasugli delle mense.»

La narrazione più completa del mito di Erisittone si trova nelle Metamorfosi di Ovidio, VIII, 738-878. Sono da segnalare in particolare i versi 877-878:

(LA)

«ipse suos artos lacero divellere morsu
coepit et infelix minuendo corpus alebat»

(IT)

«egli stesso cominciò a lacerarsi gli arti a morsi
e l'infelice si nutriva a prezzo del suo corpo»

Nella letteratura modifica

Epoca bizantina modifica

Interessante l'uso del mito che fa lo scrittore bizantino (VI sec. d.C.) Agazia, nelle sue Storie, II,3,6-7 (probabilmente ispirato direttamente o de relato da Ovidio) dove applica la tragica sorte autofagica di Erisittone ad un dux Alamanno, Leutari che sarebbe morto a Ceneda, attuale Vittorio Veneto, nel 554 d.C. (vd. Leutari). La ragione della morte è indicata scopertamente, dallo storico bizantino, come la punizione divina per i saccheggi delle chiese cristiane perpetrati dagli Alamanni nel corso della loro incursione (si possono utilmente vedere: R.C. McCail, Erysichthon, Sin and Autophagy, Mnemosyne, 17, 1964, p. 162; A. Kaldellis, Things are not what they are: Agathias Mythistoricus and the last Laugh of Classical Culture, Classical Quarterly, 53, 1, 2003, pp. 295-300; A. Alexakis, Two verses of Ovid liberally translated by Agathias of Myrina (Metamorphoses 8.877-878 and Historiae 2.3.7), Byzantinische Zeitschrift, 101, 2, 2009, pp. 609-616).

Lo stesso Agazia, tuttavia, in un epigramma ironico che ora si legge nell'Antologia Palatina XI, 379, aveva saputo servirsi comicamente del mito di Erisittone:

(GRC)

«Οὔ τις ἀλοιητῆραϛ ἰδεῖν τέτληκεν ὀδόντας
ὑμετέρουϛ͵ ἵνα σοῖς ἐν μεγάροις πελάσῃ·
εἰ γὰρ ἀεὶ βούβρωστιν ἔχεις Ἐρυσίχθονος αὐτοῦ͵
ναὶ τάχα δαρδάψεις καὶ φίλον ὃν καλέεις.
ἀλλ' οὑ σεῖο μέλαθρά με δέξεται· οὑ γὰρ ἔγωγε
βήσομαι ὑμετέρῃ γαστρὶ φυλαξόμενος.
εἰ δὲ ποτ' ἐς τεὸν οἶκον ἐλεύσομαι͵ οὑ μέγ' ἂνυσσεν
Λαρτιάδης Σκύλλης χάσμασιν ἀντιάσας·
ἀλλ' ἔσομαι πολύτλαϛ τις ἐγὼ πλέον͵ εἰ σὲ περήσω͵
Κύκλωποϛ κρυεροῦ μηδὴν ἐλαφθρότερον»

(IT)

«Nessuno sopporta la vista dei tuoi denti molari, tanto
da avvicinarsi a casa sua; ché, se hai sempre la fame
vorace d'Erisittone stesso, sì, finirai per mangiare
anche l'amico che inviti. Ma la tua dimora non m'accoglierà:
io non entrerò per farmi ospitare dal tuo ventre.
E se mai verrò a casa tua, non tanta prodezza compì
il Laerziade affrontando le gole di Scilla,
ma più di lui sarò “l'eroe paziente”, se m'appresserò a te,
del Ciclope agghiacciante per nulla più mite»

Medioevo modifica

Anche Dante Alighieri - sempre servendosi delle Metamorfosi ovidiane - nomina Erisittone, e precisamente nel Purgatorio.

«Non credo che così a buccia strema
Erisittone fosse fatto secco,
per digiunar, quando più n'ebbe tema.»

Bibliografia modifica

Fonti primarie
Fonti secondarie
  • Luisa Biondetti, Dizionario di Mitologia Classica. Dei, eroi, feste., Milano, Euroclub, 1998.

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