Filippo Argenti

politico fiorentino (XIII sec.)

Filippo Cavicciuoli, conosciuto anche come Filippo Argenti o Argente (... – ...; fl. XIII secolo), era un membro della famiglia fiorentina degli Adimari ai tempi di Dante Alighieri: viene citato da quest'ultimo nell'VIII Canto dell'Inferno nella Divina Commedia.

Virgilio scaccia Filippo Argenti che tenta di aggrapparsi alla barca, illustrazione di Gustave Doré.

Filippo Argenti appare anche nel Decameron di Boccaccio, nell'ottava novella della nona giornata.

Notizie storiche modifica

Filippo Cavicciuoli, soprannominato "Argenti" o "Argente" a causa del vezzo borioso di ferrare il cavallo con ferratura d'argento, veniva descritto come "uomo grande e nerboruto, e (...) iracundo e bizzarro più che altro, e dotato di pugna (...) che parevan di ferro" (Boccaccio, Decamerone, ottava novella del nono giorno).

Sempre nei racconti dell'epoca si narra di come una volta prese a schiaffi Dante e di come la sua famiglia si oppose alla revoca del bando a carico del Poeta. Si narra anche che avesse incamerato i beni di Dante finiti sotto confisca. I due bambini di Filippo, Giovanni e Salvatore, nacquero a Firenze. Il piccolo Salvatore Argenti si stanziò sembra a Barcellona, suo nipote si spostò fino a Valencia e la sua discendenza si dice abiti a Navarrés.[senza fonte]

La disputa tra la famiglia Alighieri e quella degli Adimari nacque quando l'Argenti chiese a Dante, suo vicino di casa, di andare dal giudice e mettere una buona parola al fine di risollevarlo da certi problemi giudiziari; ma Dante, che già all'epoca non vedeva di buon occhio l'Argenti, fece il contrario, aggiungendo ai già esistenti capi d'accusa quello di reiterata usurpazione del suolo pubblico: il che gli fece raddoppiare l'ammenda. Esiste anche una leggenda riguardante l'Argenti: si dice che girasse a cavallo per le vie di Firenze tenendo le gambe ben aperte, in modo da colpire in faccia qualsiasi persona capitasse vicino a lui.

La gente, esasperata da questo comportamento, andò a reclamare in Comune chiedendo che l'Argenti cavalcasse con le gambe più chiuse possibile; la richiesta venne approvata, ma Filippo sfrontatamente continuò a comportarsi come se nulla fosse. Dante scoprì anche un caso di corruzione all'interno della politica gestionale dell'urbe toscana, in cui era coinvolto proprio Filippo Argenti.

Alcune teorie dicono sia nato intorno al 1266-1267 e morto nel 1298 circa.[senza fonte] Siccome Dante lo colloca all'Inferno nella Commedia (7 aprile 1300) e rimane piuttosto fedele con la presenza dei defunti nell'Oltretomba (esclusi Frate Alberigo e Branca Doria, comunque giustificati all'Inferno anzitempo essendo i loro corpi mossi nel mondo reale da demoni) e anche nel caso di Guido Cavalcanti (morto nell'agosto 1300, viene da Dante ricordato a Farinata degli Uberti come vivo essendo l'Inferno attraversato in aprile), è presumibile credere -sebbene non sia un concreto indizio storico- che l'Argenti sia deceduto prima del 7 aprile 1300.

Filippo Cavicciuoli fu un politico schierato dalla parte dei guelfi neri, plausibile motivo in più per odiare Dante e per essere odiato a sua volta.[senza fonte][1]

La citazione fra i dannati modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Inferno - Canto ottavo.

Filippo Argenti o Argente viene presentato da Dante nella sua Divina Commedia (Inf VIII, 52-63) con uno tra i più violenti e drammatici passaggi dell'intero Inferno. Da secoli lettori e commentatori cercano di spiegare la violenza con la quale sia Dante che Virgilio trattano questo dannato: da un lato si avanza l'ipotesi che, trovandosi nel girone degli Iracondi, Dante entri in contatto con il peccato stesso dell'ira, quasi per comprenderlo a fondo e purificarsi da esso; dall'altro bisogna invece osservare che tale spiegazione non basta a giustificare la ferocia dell'intera scena. Oltretutto, se vogliamo dar retta ai novellatori di Firenze della fine del XIV secolo, si può concludere con sufficiente sicurezza come in questo episodio entri in gioco la vita personale del poeta.

«E io: "Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago".

Ed elli a me: "Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio:
di tal disïo convien che tu goda".

Dopo ciò poco vid' io quello strazio
far di costui a le fangose genti,
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.

Tutti gridavano: "A Filippo Argenti!";
e 'l fiorentino spirito bizzarro
in sé medesmo si volvea co' denti.»

Citazioni moderne modifica

Il rapper italiano Caparezza nella canzone Argenti vive (2014) immagina un dialogo "di ritorno" tra Filippo Argenti e Dante: «Ciao Dante, ti ricordi di me? / Sono Filippo Argenti, / Il vicino di casa che nella Commedia ponesti tra questi violenti [...]». Sempre Michele Salvemini cita Argenti in "Canthology", brano presente in "Exuvia" del 2021

Note modifica

  1. ^ Filippo Argenti - Treccani, su Treccani. URL consultato il 14 gennaio 2024.
    «"Secondo le Chiose Selmi (XLII 14) "una volta, avendo questione con Dante, diede uno schiaffo a Dante perché erano di diverse e contrarie parti. E sempre fu inimicizia massima tra loro due"»

Bibliografia modifica

  • Giovanni Boccaccio, Il Comento alla Divina Commedia, II, a cura di Domenico Guerri, Bari 1918, p. 276.
  • Alessandro Adimari, Memorie appartenenti alla famiglia degli Adimari, in Delizie degli Eruditi toscani, XI, Firenze 1778, pp. 233, 244-245.
  • Antonio Carrannante, Implicazioni dantesche: Filippo Argenti (Inf. VIII 1-64), in Letteratura italiana antica, 2010, pp.355-372.
  • Vittorio Sermonti, Inferno, Rizzoli 2001.
  • Umberto Bosco e Giovanni Reggio, La Divina Commedia - Inferno, Le Monnier 1988.

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