Frits Staal

indologo e filosofo olandese

Johan Frederik Staal (Amsterdam, 3 novembre 1930Chiang Mai, 19 febbraio 2012) è stato un indologo e filosofo olandese.

Johan Frederik Staal

Vita modifica

Dopo gli studi giovanili di matematica, fisica e filosofia presso la Università di Amsterdam, Johan Frederik Staal, universalmente poi noto col soprannome di Frits, continuò i suoi studi di filosofia indiana e sanscrito presso la Benares Hindu University e la University of Madras, dove si addottorò nel 1957.[1]

Nella sua prolifica carriera Staal ricoprì numerosi incarichi universitari come professore ordinario e come professore associato presso diverse università: Londra, Pennsylvania, Amsterdam, Berkeley.[1]

Frits Staal è stato, nel 1973, il fondatore nonché primo presidente del Department of South and Southeast Asian Studies.[1]

Dopo il ritiro dell'insegnamento, nel 1991 Staal si trasferì nel nord della Thailandia, presso la città di Chiang Mai, con la sua compagna Wangchai. Ivi morì ventun anni più tardi.[1]

Impegno modifica

Gli studi e le pubblicazioni di Frits Staal riguardano soprattutto la grammatica sanscrita, il misticismo e il rito, con particolare attenzione al periodo vedico.[1]

Il suo approccio agli argomenti è stato caratterizzato dall'interdisciplinarità.[2] La comparazione delle discipline della logica e della linguistica gli permise di evidenziare nel grammatico indiano Pāṇini (vissuto fra il VII e il III sec. a.e.v.) interessanti risultati sulla concezione che i grammatici indiani avevano della lingua sanscrita come metalinguaggio formale; risultati che sono poi stati riscoperti da studiosi moderni quali il logico Emil Post e il linguista Noam Chomsky con la sua grammatica generativa.[3]

Nel 1975 Staal, con l'aiuto dei brahmani Nambūṭiri, organizzò nello stato del Kerala un antico sacrificio vedico, l'Athirathram, o Agnicayana.[4] In Altar of Fire, egli filmò l'intera preparazione e la seguente cerimonia, producendo così una notevole testimonianza di questo rito antichissimo quanto solenne. Il suo intento, oltre che scientifico, era anche quello di aiutare i brahmani nel cercare di preservare le antiche tradizioni: il rito, della durata di dodici giorni, non era più attuato dal lontano 1956. Nell'intento di Staal questo significava dimostrare il trionfo dello spirito umano sui segni del tempo.[3]

Opere modifica

  • Advaita and Neoplatonism, University of Madras, 1961.
  • Nambudiri Veda Recitation, The Hague, Mouton, 1961.
  • Euclid and Pāṇini, Philosophy East and West, 1965.
  • Word Order in Sanskrit and Universal Grammar, Reidel, Dordrecht 1967.
  • A Reader on the Sanskrit Grammarians, Cambridge, MIT, 1972.
  • Exploring Mysticism. A Methodological Essay, Penguin Books; University of California Press, 1975.
  • The Science of Ritual, Bhandarkar Oriental Research Institute, 1982.
  • (con C. V. Somayajipad e Itti Ravi Nambudiri), AGNI - The Vedic Ritual of the Fire Altar, voll. I-II, Asian Humanities Press, 1983.
  • The Stamps of Jammu and Kashmir, The Collectors Club, New York 1983.
  • Universals. Studies in Indian Logic and Linguistics, University of Chicago, Chicago and London 1988.
  • Rules Without Meaning. Ritual, Mantras and the Human Sciences, New York-Bern-Frankfurt am Main-Paris, 1989.
  • Concepts of Science in Europe and Asia, International Institute of Asian Studies, Leiden 1993, 1994.
  • Mantras between Fire and Water. Reflections on a Balinese Rite, Royal Netherlands Academy of Sciences/North-Holland, Amsterdam 1995.
  • "There Is No Religion There." in: The Craft of Religious Studies, Stone, St. Martin's Press, New York 1998, 52-75.
  • Artificial Languages across Sciences and Civilizations, Journal of Indian Philosophy 34, 2006, 89-141.
  • Discovering the Vedas: Origins, Mantras, Rituals, Insights, Penguin Books, India, 2008.

Note modifica

  1. ^ a b c d e sseas.berkeley.edu, cit.
  2. ^ Goldman, cit.
  3. ^ a b Santosh, cit.
  4. ^ La civiltà vedica risale a un'epoca che si situa intorno al III-II millennio a.e.v.

Bibliografia modifica

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Controllo di autoritàVIAF (EN108300390 · ISNI (EN0000 0001 1697 5775 · LCCN (ENn81066911 · GND (DE1082134708 · BNF (FRcb127356364 (data) · J9U (ENHE987007299785405171 · NDL (ENJA00457408 · CONOR.SI (SL249284195 · WorldCat Identities (ENlccn-n81066911