Idealismo soggettivo

Filosofia secondo cui solo le menti e le idee sono reali

L'idealismo soggettivo in filosofia, a differenza di quello oggettivo, nega l'esistenza di una realtà indipendente dall'Io, sia essa di natura ideale o materiale, riconducendola all'attività interiore del soggetto.[1] Si oppone dunque, a seconda delle accezioni, al realismo, al naturalismo, e a qualunque presupposto dogmatico della conoscenza.

Accezioni del termine modifica

 
George Berkeley

Tra le forme di idealismo soggettivo inaugurate dalla filosofia moderna viene fatta rientrare in particolare la dottrina immaterialistica di George Berkeley,[2] secondo la quale non esistono oggetti al di fuori delle nostre rappresentazioni soggettive: un oggetto è reale fintantoché è percepito da una mente (esse est percipi).[3]

Immanuel Kant contrappose a Berkeley il proprio «idealismo trascendentale», o criticismo, secondo cui l'attività del soggetto costituisce soltanto l'aspetto formale della conoscenza, mentre quello oggettivo proviene da un'indipendente «cosa in sé» o noumeno.[1] Egli giudicò dogmatica la concezione idealista di chi si ferma all'apparenza dei fenomeni, ritenendo non vi sia nient'altro al di là di questi, come nel caso di Berkeley, oppure limitando gli orizzonti della conoscenza umana alle nostre idee o sensazioni interiori, come avevano fatto Cartesio e Locke da opposti punti di vista. Berkeley riteneva che i fenomeni naturali fossero segni voluti da Dio che rinviano alla Sua presenza, essendo il linguaggio visivo divino strettamente connesso con le leggi della natura.[4]

Kant designò queste posizioni come «idealismo empirico» o «materiale», per le quali il soggetto crea la materia stessa del conoscere, cadendo nel solipsismo, o aprendo la via allo scetticismo di Hume.[5]

 
Johann G. Fichte

Affermando tuttavia l'inconoscibilità della cosa in sé, il criticismo kantiano fu accusato a sua volta di rinchiudersi nel soggettivismo che voleva combattere, ricadendo nel dogmatismo. Johann Gottlieb Fichte cercherà pertanto di andare al di là delle aporie di Kant, costituite appunto dal dualismo tra fenomeno e noumeno, a favore di una visione completamente incentrata sul soggetto: un idealismo soggettivo assoluto e al contempo trascendendentale.[6] L'Io infatti viene concepito da Fichte non come una realtà empirica, bensì come un atto, un agire dinamico, una suprema attività pensante in cui consiste l'unità originaria e immediata sia della forma che del contenuto,[7] e nella quale l'oggetto, cioè il non-io, che di una tale attività è il prodotto, viene posto in maniera inconscia dal soggetto stesso, per rispondere a un'esigenza di natura altamente etica. Per scongiurare infatti la dissoluzione della realtà in un mondo di finzioni arbitrarie, Fichte ricorse alla kantiana immaginazione produttiva per spiegare come la creazione dell'oggetto operi pur sempre inconsciamente, e vi si debba accedere per una via diversa da quella teoretica.[8]

Non potendo esserci oggetto senza soggetto, ma anche viceversa, Friedrich Schelling approderà a un idealismo declinato maggiormente in senso «oggettivo, in cui i due poli dell'Assoluto, Io e non-io, avessero pari dignità, e in cui il criticismo risultasse complementare, non più contrapposto, al dogmatismo.[9] Nella stessa direzione si mosse Friedrich Hegel che farà dell'idea il principio non solo soggettivo, ma anche oggettivo della realtà assoluta.

Nel contesto dell'idealismo italiano, l'hegeliano Bertrando Spaventa cercò di conciliare le due accezioni, soggettiva e oggettiva, dell'idealismo, anteponendo l'attività pensante dello Spirito allo sviluppo triadico dell'Idea hegeliana, riconducendo quell'attività all'Io trascendentale kantiano, principio non solo soggettivo, ma anche oggettivo d'esperienza.

«L'errore di Kant è di affermare che l'oggetto dell'esperienza sia fenomeno solo per noi, e non già in se stesso e in conseguenza anche per noi. È verissima l'osservazione fatta da altri su questo punto; gli oggetti dell'esperienza sono in sé fenomeni, perché hanno il principio e la radice della loro esistenza non in se stessi, ma in un altro; quest'altro è l'Idea divina universale. Questa maniera di vedere le cose è idealismo; ma non è lo stesso dell'idealismo di Kant (idealismo soggettivo). Nell'idealismo soggettivo il principio delle cose è solamente in noi; nel vero idealismo le cose sono in sé quello che sono per noi, perché il loro principio è l'universalità dell'Idea, che è in noi e nelle cose.»

Sviluppando fino in fondo l'hegelismo di Spaventa, l'attualismo di Giovanni Gentile, per il quale ogni realtà esiste solo nell'atto che la pensa, è stato interpretato come un idealismo soggettivo, sebbene il suo autore tendesse a respingere tale definizione,[11] non essendo quell'atto preceduto né dal soggetto né tantomeno dall'oggetto, bensì coincidente con l'Idea stessa, e a differenza di Fichte, immanente all'esperienza proprio perché creatore dell'esperienza.[12]

Altre ambiguità del termine risultano talora dal fatto che quando un approccio idealistico è ritenuto incapace di confrontarsi con la complessità del reale, possa essere qualificato genericamente come idealismo soggettivo, inteso come sinonimo di soggettivismo.[13] Il termine può venire accostato anche al relativismo,[14] e al costruttivismo.[15]

Note modifica

  1. ^ a b Idealismo, su treccani.it.
  2. ^ AA.VV., Dizionario di filosofia: gli autori, le correnti, i concetti, le opere, alla voce "idealismo", Milano, BUR, 1999.
  3. ^ Si tratta comunque di accezioni variabili a seconda della prospettiva filosofica con cui le si guarda. Pasquale Galluppi, ad esempio, chiamava soggettivo quell'idealismo che «riguardando le nostre sensazioni come derivanti necessariamente dallo spirito stesso, consiste nel non ammettere alcun oggetto esterno, o di limitarsi ad ammettere gratuitamente l'esistenza solamente degli altri spiriti, e negare quella de' corpi», attribuendolo a Leibniz; mentre considerava oggettivo l'idealismo di Berkeley perché «riguardando le sensazioni come prodotte in noi da una causa esterna, pone che questa causa non sono mica i corpi, ma uno spirito infinito, cioè Dio» (Pasquale Galluppi, Saggio filosofico sulla critica della conoscenza, o sia analisi distinta del pensiere umano con un esame delle più importanti quistioni dell'ideologia, del kantismo, e della filosofia trascendentale, tomo VI, capo III, 3ª edizione, Napoli, Gabinetto Letterario, 1846, pp. 63-64).
  4. ^ Bruno Marciano, Il rapporto estetico con la natura nella filosofia di Berkeley, in Rivista di estetica, n. 55, 1º marzo 2014, pp. 247–270, DOI:10.4000/estetica.1020. URL consultato il 18 aprile 2024.
  5. ^ Dario Sacchi, Necessità e oggettività nell'analitica kantiana: saggio sulla deduzione trascendentale delle categorie, Vita e Pensiero, 1995, pp. 28-62.
  6. ^ La denominazione dell'idealismo di Fichte come «soggettivo», utilizzata da Hegel per contrapporlo a quello «oggettivo» di Schelling, sarà comunque ritenuta appropriata (Massimo Mori, Storia della filosofia moderna, Roma-Bari, Laterza, 2005, § 17.6).
  7. ^ Giovanni Cesca, L'idealismo soggettivo di I.G. Fichte, Fratelli Drucker, 1895.
  8. ^ «Le istanze teoriche fatte valere da Fichte vanno valutate alla luce della riflessione propriamente etica. [...] La contrapposizione finito-infinito, che non può essere risolta dalla ragion teoretica perché sfugge ad ogni dimostrazione, viene risolta dalla ragion pratica» (Francesca Caputo, Etica e pedagogia, vol. II, Linee di teorizzazione etica e pedagogica dal Rinascimento a Nietzsche, Cosenza, Pellegrini, 2005, pp. 124-126).
  9. ^ Friedrich W. Schelling, Lettere filosofiche su dommatismo e criticismo, a cura di G. Semerari, Laterza, 1995.
  10. ^ Ripubbl. in Bertrando Spaventa, Opere, a cura di Francesco Valagussa, postfazione di Vincenzo Vitiello, Bompiani, Milano 2009.
  11. ^ Bruno Minozzi, Saggio di una teoria dell'essere come presenza pura, Il Mulino, 1960, p. 114.
  12. ^ Gentile cioè contestava a Fichte la trascendenza dell'Io assoluto rispetto al non-io, e di restare così in un dualismo che non viene mai superato dall'attualità del pensiero, ma solo da un agire pratico dilatato all'infinito, fermo alla contrapposizione fra teoria e prassi, per la quale Fichte «s'irretisce in un idealismo soggettivo in cui invano l'Io si sforza di uscire da sé» (Giovanni Gentile, Discorsi di religione, Firenze, Sansoni, 1935, pp. 53-55).
  13. ^ Gianna Gigliotti, Avventure e disavventure del trascendentale, pag. 224, Guida Editori, 1989.
  14. ^ Sergio Soresi, Il soggetto del pensiero, Verifiche, 2012, p. 207.
  15. ^ Rolf Breuer, La realtà inventata: contributi al costruttivismo, a cura di Paul Watzlawick, Feltrinelli, 2006, p. 34.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

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